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ANALISI
DEL CONTESTO NELLA REGIONE LAZIO
I
mutamenti nel mercato del lavoro del Lazio
Negli ultimi anni si è assistito ad una significativa modifica della struttura del mercato del lavoro del Lazio. Dal lato della offerta di lavoro i fenomeni che hanno caratterizzato il cambiamento sono due:
1. si è ridotta, anche se di poco, l’offerta di lavoro maschile (-3mila gli occupati tra il 1995 ed il 1998), probabilmente a causa del progressivo invecchiamento della popolazione residente; 2. è aumentata sensibilmente la partecipazione femminile al mercato del lavoro (+34mila le donne lavoratrici tra il 1995 ed il 1998) a testimonianza, tra l’altro, di una crescente competitività delle donne nei confronti dell’offerta di lavoro maschile. Va sottolineato come ciò sia vero soprattutto per le donne adulte (25 e più anni), il cui tasso di attività, in continua crescita (dal 34,8% del ’95 al 36% del 1998), è di soli 2,6 punti percentuali inferiore al valore del Centro - nord [1] (38,6%). Viceversa il tasso di attività delle donne fino a 24 anni non solo risulta di quasi 14 punti percentuali inferiore al valore del Centro - nord, ma è anche in diminuzione (dal 26,7% del 1995 al 24,8% del 1998), a segnalare che, anche per le giovani, la scelta, volontaria o indotta dalla scarsa probabilità di trovare un’occupazione, è quella di proseguire gli studi. Nel corso del 1998 le donne lavoratrici sono state in media 658mila, pari a circa 1/3 degli occupati totali.
Dal lato della domanda di lavoro le dinamiche più rilevanti sono state:
1. una crescita, seppur contenuta della domanda complessiva di lavoro (in quattro anni gli occupati aumentano di 31mila unità, passando dal 1.800.000 del 1995 al 1.831.000 del 1998); 2. la tendenza a sostituire lavoro “stabile” con lavoro “flessibile” (tra il 1995 ed il 1998 gli occupati a tempo parziale sono aumentati di 19mila unità, i dipendenti con occupazione temporanea di 26mila unità e i lavoratori autonomi di 21mila unità).
E’ forse il caso di sottolineare come nel Lazio la domanda di lavoro venga espressa da un sistema economico che, malgrado la fortissima crisi strutturale subita tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, rimane ancora caratterizzato dalle seguenti specificità:
1. una spiccata vocazione terziaria (complessivamente 3 posti di lavoro su 4 sono in attività terziarie), che è andata rafforzandosi anche negli ultimi anni (tra il 1995 ed il 1998 si registrano aumenti occupazionali in tutti i servizi, tranne che nell’aggregato “Trasporti, comunicazioni, intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliare”); 2. un peso predominante, all’interno del terziario, del settore pubblico (nel terziario 1 occupato su 2 è un dipendente pubblico); 3. un assetto regionale marcatamente “monocentrico” (a seconda degli indicatori che si scelgono, Roma rappresenta tra il 70 e l’80% della realtà regionale; il che significa che anche il 70-80% dei problemi relativi al mercato del lavoro vanno affrontati nel contesto dell’“urbe”); 4. malgrado gli aumenti delle esportazioni registrate negli ultimi anni, il sistema economico regionale continua ad essere sostanzialmente orientato verso il mercato interno (nel 1996 solo l’8% del valore aggiunto laziale è dovuto alle esportazioni, contro il 26,4% del Centro-Nord e l’8,2% del Mezzogiorno). Nel periodo 1995-'98, a fronte di un
lieve aumento della popolazione con oltre 15 anni (nel Lazio la
crescita è stata del +1,3%, contro il +0,8% dell'Italia e il +0,7
del Centro-Nord) si registra un analogo incremento delle forze di
lavoro nel complesso pari al 1,3%; all’interno del dato si
registra una lieve flessione della componente maschile (-0.2% sul
totale dei maschi), ed uno incremento di quella femminile (+3.7% del
totale delle donne). In questo, il Lazio presenta un andamento
simile a quello del Centro-Nord dove le forze di lavoro tendono a
crescere sia per la forte immissione di donne sul mercato del lavoro
sia per la minore diminuzione di uomini. L’incremento delle forze di lavoro si coniuga con una crescita, seppure
di minore intensità (+1%) delle non forze di lavoro. Il fenomeno,
non sconosciuto nel resto d'Italia e nella stessa ripartizione
centro - settentrionale, nel Lazio assume, tuttavia, caratteri
decisamente più marcati, con specifiche caratterizzazioni di genere
e di età:
·
tra gli uomini si assiste ad un
sensibile incremento delle non forze di lavoro - nel triennio
considerato - sia in età di lavoro (15-69 anni) (+2.4%) , sia in
età non lavorativa, ma unicamente per gli ultra 70enni (+7,9%);
·
per le donne l'aumento delle non
forze di lavoro riguarda soltanto le ultra 70enni, mentre tra i 15 e
i 69 anni si verifica un lieve decremento (-1,8%).
Questi dati di scenario aiutano a comprendere la struttura interna al mercato del lavoro della regione, nella quale si registra - in riferimento al periodo 1995-'98 - una dinamica di sostanziale “tenuta”, segnalata dall’andamento dei principali indicatori (+0,2% per il tasso di occupazione ed una invarianza per quello di attività). Si riduce inoltre dello 0,5% il tasso di disoccupazione, in misura lievemente più accentuata di quanto avvenuto nel Centro-Nord. Attraverso l'analisi dei dati relativi al 1998 forniti dagli uffici decentrati del Ministero del Lavoro , si rileva, in assonanza con i dati resi noti dall'ISTAT, un minore aumento, per la prima volta da molti anni a questa parte, del numero di iscritti agli uffici di collocamento ed un incremento consistente di avviamenti al lavoro (+12,4% nel ’98 rispetto all’anno precedente).
Le dinamiche per
genere e per età
Dissimili sono le
dinamiche occupazionali tra i generi. A caratterizzare il triennio
è, infatti, un andamento dell'occupazione femminile decisamente
positivo che riesce a compensare la perdita di lavoro tra gli
uomini:
· l'aumento del tasso di occupazione femminile è dell’1.1%, mentre quello maschile si è ridotto dello 0,8%; · il tasso di attività femminile appare lievemente aumentato (+0,7%, inferiore alla media nazionale), mentre quello maschile è nettamente diminuito (-0,9%); · diminuisce - nel medio periodo - la disoccupazione per le donne (-1,4%), in misura più rilevante di quanto di registra al Centro Nord (-0,6%), ed aumenta il tasso di disoccupazione maschile, seppure di poco (+0,1%).
Dal punto di
vista della composizione per età, i tassi di occupazione, mettono
in evidenza come le perdite siano tutte a carico della popolazione
adulta, mentre tra i più giovani l'occupazione cresce (+0,4%), con
la sola eccezione delle donne che, nel Lazio, vedono aumentare i
propri livelli occupazionali, incrementando in particolare il tasso
di occupazione tra le ultra 25enni di più di un punto percentuale,
in coerenza con il trend medio del Centro-Nord. In riferimento ai
tassi di attività, il calo più sensibile - in linea con le
tendenze del Centro-Nord - si rileva tra le forze di lavoro in
giovane età (-1%). Presente, sebbene meno marcata, una diminuzione
dei livelli di attività anche tra gli adulti, interamente da
addebitare alla componente maschile (-1,6%) dal momento che, al
contrario, le donne con oltre 25 anni premono in misura crescente
sul mercato del lavoro, facendo registrare un incremento dei loro
tassi di attività (+1,2%). Riguardo ai tassi di disoccupazione, si osserva una sensibile diminuzione tra i giovani. Nel Lazio si rileva, infatti, soprattutto una forte diminuzione della disoccupazione tra le giovani donne, con un –3,6%, diminuzione coerente ma assai più marcata di quanto rilevato nel Centro-Nord (-2,5%) e, soprattutto, dell'Italia nel complesso (-0,5%). Tra gli adulti - uomini e donne - si assiste invece ad un lieve incremento dei tassi di disoccupazione (+0,3), tuttavia meno marcato di quanto rilevato a livello nazionale (+0,6%) E’ diminuito nel 1998, rispetto al valore del 1997, il tasso di disoccupazione di lunga durata laziale (1998: 8.9%; 1997: 9.2%), anche se continua a mantenersi, di poco, al di sopra del valore medio nazionale (8.5%) e, in misura più consistente, al di sopra del valore del Centro (6,6%). Il divario riguarda sia la componente maschile che quella femminile.
Le
caratteristiche della disoccupazione
Negli ultimi anni lo squilibrio tra domanda e offerta di lavoro nel Lazio è andato lentamente diminuendo. Le persone in cerca di lavoro sono passate dalle 263mila unità del 1995 alle 258mila del 1998 ( –5mila unità). Nel 1998 la composizione per genere è stata perfettamente paritaria: 129mila i maschi e 129mila le femmine. Le persone in cerca di prima occupazione sono, secondo i dati del 1998, 123 mila unità. Gli inoccupati di lungo periodo (12 o più mesi di ricerca) ammontano a 186mila unità e rappresentano quasi i ¾ degli inoccupati totali. Gli adulti (25 o più anni) in cerca di occupazione sono 167mila, mentre i giovani (fino a 24 anni) ammontano a 91mila unità. Quasi 1 disoccupato su 2 è un adulto e con alle spalle più di un anno di disoccupazione (126mila nel 1998). Sintetizzando, si può affermare che nel Lazio le persone in cerca di occupazione sono costituite per la maggior parte da adulti con nessuna o poche esperienze di lavoro e un titolo di studio medio-alto. E’ interessante osservare come gli inoccupati laziali manifestano una disponibilità alla mobilità piuttosto elevata. Circa il 25% degli inoccupati si dichiara disponibile a lavorare ovunque, sia in Italia che all’estero e tra chi ha una aspettativa di reddito superiore a 1,5 milioni mensili, tale disponibilità è condivisa dal 40% dei soggetti. Alla
fine del periodo esaminato, nonostante alcuni trend positivi
rispetto a quanto avvenuto nel Centro-Nord, permangono tuttavia
divari significativi:
·
i tassi di occupazione, attività e
disoccupazione fanno registrare valori medi peggiori di quelli del
Centro-Nord, con scarti compresi tra il 2,2% e il 4,8% che si sono
ridotti, rispetto al 1995, solo per il tasso di disoccupazione;
·
il dato più rilevante è il permanere di
un forte divario di genere, anche se nel periodo 1995-1998 il gap si
è leggermente ridotto, come avvenuto nella media del Centro-Nord.
Nel Lazio, sia la disoccupazione maschile che quella femminile
superano notevolmente quella del Centro-Nord, ma il tasso di
disoccupazione maschile, nel 1998, supera anche il valore medio
nazionale, mentre la disoccupazione femminile è inferiore, nella
regione, a quella nazionale. Le dinamiche positive che interessano
il segmento femminile delle forze di lavoro non riescono però a
colmare il profondo divario che separa la partecipazione delle donne
alle attività produttive;
·
è tendenzialmente aumentato il divario
generazionale, poiché i giovani fanno registrare miglioramenti
relativi rispetto agli adulti (con la sola eccezione del tasso di
attività).
La distribuzione
dei disoccupati in relazione alla durata della ricerca di lavoro
mette in evidenza - per il 1998 - un andamento, per il Lazio,
notevolmente più accentuato di quello della ripartizione geografica
di riferimento. Appare, rispetto a questa, molto più ampia la
classe di durata della ricerca superiore ai 12 mesi (quest'ultimo
raggruppamento riunisce il 73,4% dei disoccupati, contro il 60.3%
dell'intero Centro-Nord). Nell'ambito della disoccupazione di lunga
durata (ricerca del lavoro superiore a 12 mesi) il divario tra
uomini e donne risulta più accentuato che nella media del
Centro-Nord.
Le caratteristiche
dell'occupazione
Dal punto di vista delle dinamiche settoriali, l'occupazione risulta in flessione sia nell’agricoltura, sia nell'industria (pari, rispettivamente, al –5% ed al –6% tra il 1998 ed il 1995). L'unico settore in cui si è registrato un incremento occupazionale è quello dei servizi che, tra il 1995 e il 1998 ha conosciuto una costante crescita di addetti (incremento del 4%, equivalente a 58.000 occupati in più). Il settore agricolo resta, tuttavia, caratterizzato da minore densità occupazionale, sia nel confronto con il dato nazionale, sia riguardo a quello del Centro-Nord. Proprio la modesta incidenza dell'agricoltura sull'occupazione complessiva della regione (4,2% sul totale nel 1998, 4,5% nel 1995) conduce a ritenere che l'agricoltura non possa contribuire - se non in minima parte - ad un riequilibrio del mercato del lavoro regionale. Molto distante dai livelli occupazionali non solo del Centro-Nord, ma anche della media nazionale è il settore industriale, caratterizzato nel Lazio da quote di occupati per più di 16 punti inferiori al valore del Centro Nord e di quasi 13 punti inferiori alla media nazionale. (Valutazione sul periodo 1997-1998). All’interno del
settore industriale i livelli occupazionali dell'edilizia si sono
ridotti fortemente (-4.9%, pari a 6.000 addetti in meno), quelli
dell'industria in senso stretto hanno subito un decremento (-1.4%,
equivalente al saldo negativo di 3.000 occupati, che deriva dalla
perdita di 2.000 posti di lavoro a carattere autonomo e da quella di
1.000 lavoratori dipendenti).
E’ nel settore terziario che nella regione si realizza un forte incremento occupazionale (+1,9% rispetto al 1997, pari a +26.000 posti di lavoro). La crescita è da attribuire anzitutto al comparto dei servizi alle imprese ed altre attività professionali ed imprenditoriali (+7,7%, pari a +10.000 unità), ma anche il commercio, alberghi e ristoranti e la Pubblica Amministrazione hanno conosciuto un buon incremento (rispettivamente +2,7%, pari a +10.000 unità e +2,6%, pari a +16.000 unità), mentre i settori dei trasporti e comunicazioni e dell’intermediazione monetaria fanno registrare un decremento occupazionale consistente (-4,5%, tra il 1998 e l'anno precedente, pari a -10.000 addetti). Se si eccettuano questi ultimi settori, hanno dunque trovato riscontro le aspettative di ripresa dell'occupazione terziaria, in funzione di traino dell'intero mercato del lavoro regionale. Riguardo alla ripartizione tra occupati alle dipendenze e occupati autonomi si osserva come nel periodo 1997-‘98 la composizione sia rimasta pressoché invariata, con una lieve diminuzione dell'occupazione dipendente che si assesta nel 1998 al 73,7% del complesso, rispetto al 74,5% dell’anno precedente. Emerge dunque una particolare debolezza dell'occupazione autonoma nel Lazio, dove le posizioni lavorative indipendenti rappresentano strutturalmente, nel 1998, una quota esigua dell'occupazione totale (26,3%), inferiore a quella delle altre aree più sviluppate (Centro – nord: 28% e 28,4% media nazionale). Nel corso del '98
si è tuttavia registrato un incremento del lavoro autonomo pari a
+4,1% (corrispondente a +19.000 unità) rispetto all'anno
precedente, grazie soprattutto allo sviluppo di imprenditorialità e
professionalità autonome nell'area dei servizi (+9,8% nel
commercio, +5% nei servizi alle imprese, +7,7% nella Pubblica
Amministrazione e nei servizi alle persone). Nel caso del
terziario si è assistito, inoltre, ad importanti segnali di
ripresa, anche occupazionale, nel commercio, dopo un biennio di
serie difficoltà in numerose microattività di vendita al
dettaglio. Sembra dunque assorbito, in forza di un migliore
andamento dei consumi interni, l'impatto dovuto alla nascita di
grandi centri commerciali che, negli anni recenti, in parte aveva
rappresentato un fattore critico per le fascie di attività più
fragili. Nell'occupazione autonoma dell'industria pesa, invece, negativamente la
scomparsa di microimprese artigiane (-6,9% di occupati indipendenti
nell’industria di trasformazione) e la debolezza del settore edile
(-2,2%). Rilevante, in proposito, la riduzione delle ditte
individuali registrata dalle Camere di commercio della regione,
flessione probabilmente da addebitarsi alle razionalizzazioni
produttive e di marketing operate all'interno delle imprese
committenti e alle difficoltà di ricambio generazionale
particolarmente avvertite nelle imprese artigiane. In relazione al
genere, si osserva inoltre come le donne incontrino maggiori
difficoltà nel campo dell'occupazione autonoma, soprattutto perché
impegnate nei settori più marginali ed esposti a modifiche
organizzative o distributive come il commercio e alcune
microattività di artigianato industriale per conto terzi, mentre i
migliori risultati si osservano sul piano dell'impiego alle
dipendenze. Tuttavia nel 1998 va registrato, rispetto all’anno
precedente, un notevole incremento di occupazione femminile sia
indipendente (+6,6%) che alle dipendenze (+1,2%). Riguardo all'occupazione alle
dipendenze si è assistito ad un lieve decremento (-0,4%)
esclusivamente imputabile all'andamento del primario e dell’industria.
Significativo, invece, l'incremento registrato nel 1998 nei servizi,
in modo particolare nei servizi alle imprese (+10,3%) e nella
Pubblica amministrazione e servizi alle persone (+2,1%).
Un
quadro previsionale sugli andamenti del mercato del lavoro
Secondo le ultime previsioni demografiche pubblicate dall’Istat (1996), la popolazione laziale è destinata a subire, nei prossimi anni, un progressivo invecchiamento. Tra il 1997 ed il
2005 le classi di età giovanili (15-24 anni) scenderanno da 682.490
a 528.867 unità con un calo di -153.623 unità (pari al –22,5%).
Viceversa gli adulti con meno di 65 anni aumenteranno di 96.728
unità. Per tradurre questi valori in termini di offerta di lavoro è necessario fare delle ipotesi circa i futuri tassi di attività. Considerato che negli ultimi quattro anni la tendenza regionale è stata di una sostanziale invarianza della partecipazione al mercato del lavoro, si può ragionevolmente ipotizzare che i tassi di attività quanto meno non aumenteranno, una ipotesi, comunque, che non tiene conto del peso certamente non marginale rappresentato nel Lazio dal lavoro sommerso. Per quanto riguarda i giovani tale aspettativa è rafforzata da altre tre osservazioni: 1) l’orientamento politico di innalzare l’istruzione obbligatoria a 16 anni (già portata a 15 anni); 2) l’introduzione dell’obbligo formativo a 18 anni; 3) il settore che, in generale, con la propria domanda esercita lo stimolo maggiore sull’offerta di lavoro dei 15-19enni è quello industriale, che nel Lazio ha un peso assai ridotto. Alla luce di quanto detto si può stimare una riduzione dell’offerta di lavoro giovanile al 2005 pari a –52mila unità ed un aumento dell’offerta di lavoro da parte degli adulti di +60mila unità. Se la domanda di lavoro verso i giovani rimanesse invariata, le dinamiche demografiche in atto porterebbero entro il 2005 a dimezzare il numero dei giovani in cerca di occupazione, che passerebbero dagli attuali 91mila a 39mila. Viceversa i disoccupati adulti, sempre a parità di domanda di lavoro, salirebbero da 167mila a 227mila. Nel complesso, sono impegnati in lavori con orario ridotto 120.000 lavoratori della regione (ossia, il 6,6% degli occupati nel complesso), con un incremento dell’8,1% rispetto al 1997, anche in questo caso principalmente rappresentati da forza lavoro femminile e presenti soprattutto in agricoltura e nel terziario. Nel Lazio si concentrano oltre il 9% delle collaborazioni coordinate e continuative attivate a livello nazionale (pari a 145.511 unità nel 1998), che costituiscono l’8% degli occupati regionali. Superiore a quanto registrato al Centro Nord ed in Italia l’incremento del fenomeno nel Lazio: +45.6% tra il ’98 ed il ’97, e +92.5% tra il ’98 ed il ’96. Lenta invece la
diffusione del lavoro interinale: nell'intero 1998 sono state
realizzate nella regione circa 3.900 missioni (pari al 7,5% delle
occasioni di lavoro interinale attivate sull'intero territorio
nazionale).
Le disparità dei mercati del lavoro sub-regionali
Le
province
Le distanze -
soprattutto riguardo ai livelli di occupazione e disoccupazione -
tra le diverse aree provinciali appaiono marcate, sebbene tra il
1998 e l'anno precedente si osservino timidi segnali di riduzione
delle disparità. Le province caratterizzate dai livelli più elevati di disoccupazione (Viterbo e Frosinone, entrambe con valori superiori al 13%) vedono la prima (Viterbo) con una riduzione di questo fenomeno (-1,7%), l’altra (Frosinone) con un marcato incremento (+2%). Tuttavia, in entrambi i casi si assiste ad una parallela flessione dell'occupazione che scende di un punto percentuale a Viterbo e del 2,1% a Frosinone. In queste provincie - assieme a Rieti, sebbene in misura più ridotta - si verifica dunque un fenomeno di ritiro dal mercato del lavoro associato ad una ripresa della domanda di lavoro tuttavia non ancora sufficiente a colmare i deficit occupazionali. I
tassi di disoccupazione diminuiscono, oltre che a Viterbo, nelle
province di Latina (in misura dell’1,5%) e in quella di Roma (in
misura assai più modesta: -0,1%). In entrambe i casi, si osserva un
parallelo incremento dell'occupazione. Aumentano invece i livelli di disoccupazione nella provincia di Rieti (+0.8%) dove, tuttavia, cresce il tasso di occupazione (+2,5%). E’ rimasto invariato, rispetto al
valore del 1997, il tasso di attività laziale nel 1998 (47.3%), pur
collocandosi di circa tre punti al di sotto del tasso di attività
del Nord ovest del Paese, di quasi quattro punti al di sotto del
Nord est, ma sostanzialmente sullo stesso livello del Centro
(47.4%). Complessivamente il tasso di attività del Lazio continua a
rimanere leggermente al di sotto del valore medio nazionale (47.6%). Nel 1998, rispetto all’anno precedente,
è cresciuto il tasso di attività a Rieti (46.2% nel 1998: era 43%
nel 1997) ed a Roma (1997: 47.9%; 1998: 48.1%), è rimasto quasi
stazionario a Latina (47.4%, con una diminuzione dello 0.2%), è
diminuito a Frosinone (42.9%, con un decremento di 1,2 punti
percentuali) ed ancor più a Viterbo (44.6%, con un decremento del
2.1%). Ha subito un lievissimo incremento,
rispetto al valore del 1997, il tasso di occupazione laziale nel
1998 (1998: 41.5%; 1997: 41.4%), pur collocandosi di circa cinque
punti al di sotto del tasso di occupazione del Nord ovest del Paese,
di ben sette punti al di sotto del Nord est, di 1.2 punti al di
sotto del Centro (42.7%). Complessivamente il tasso di occupazione
del Lazio continua a rimanere leggermente al di sotto del valore
medio nazionale (41.8%). E’
cresciuto il tasso di occupazione a Rieti (41.5% nel 1998: era 39%
nel 1997), a Roma (1997: 42%; 1998: 42.2%) ed a Latina (41.7%, con
un incremento dello 0.6%), ma è diminuito a Frosinone (37.1%, con
un decremento di 2.1 punti percentuali) ed a Viterbo (38.2%, con un
decremento di un punto). E’
diminuito, rispetto al valore del 1997, il tasso di disoccupazione
laziale (1998: 12.3%; 1997: 12.5%): il rapporto tra persone in cerca
di occupazione e forza lavoro è dunque migliorato, pur collocandosi
di circa cinque punti al di sopra del tasso di disoccupazione del
Nord ovest del Paese, di ben sette punti al di sopra del Nord est,
di 2.3 punti al di sopra del Centro (10%). Complessivamente il tasso
di disoccupazione del Lazio si attesta nel 1998 sullo stesso valore
medio nazionale (12.3%). Nel 1998
conosce un lieve incremento, rispetto all’anno precedente, il
tasso di disoccupazione laziale per i maschi (1997: 9.7%; 1998:
9.9%), che continua a collocarsi al di sopra del valore medio
nazionale (9.5%), al di sopra del Centro (7.2%). Il tasso
di disoccupazione femminile nel 1998, rispetto all’anno
precedente, nel Lazio fa registrare un significativo decremento (dal
17.2% del ’97 al 16.4% del ’98), collocandosi al di sotto del
valore medio nazionale (16.8%) ma al di sopra di tutte le
ripartizioni geografiche del Centro nord. Al
livello dei territori provinciali della nostra regione, nel 1998,
rispetto all’anno precedente, è cresciuto il tasso di
disoccupazione a Rieti (10.1% nel 1998: era 9.3% nel 1997) ed a
Frosinone (13.5%, con un incremento di 2 punti percentuali), ma è
diminuito a Roma (1997:
12.3%; 1998: 12.2%), a Latina (12.1%, con un decremento dell’1.5%),
ed a Viterbo (14.3%, con un decremento di 1.7 punti). Valori
inferiori alla media regionale presentano i territori delle province
di Rieti, di Roma e di Latina. E’
diminuito, rispetto al valore del 1997, il tasso di disoccupazione
di lunga durata laziale (1998: 8.9%; 1997: 9.2%), anche se continua
a mantenersi, seppur di poco, al di sopra del valore medio nazionale
(8.5%). Il decremento riguarda entrambi i sessi,
anche se per le donne il valore rimane rilevante (Lazio: 12.2%;
Italia: 11.7%). Al livello dei territori provinciali
della nostra regione, nel 1998, tassi di disoccupazione di lunga
durata particolarmente alti si riscontrano a Viterbo (10.2%) ed a
Frosinone (9.8%); migliori della media regionale risultano i valori
per le province di Latina e di Rieti (7.8% per entrambe), mentre la
provincia di Roma (1998: 8,9%) si attesta sul valore medio laziale. I tassi di attività giovanili nella nostra regione, pur manifestando una consistente tendenza alla crescita (1997: 26.9%; 1998: 28.5%), nel 1998 continuano a posizionarsi nettamente al di sotto della media nazionale (37.1%) e di tutte le aree geografiche del Paese, incluso il Mezzogiorno (32.5%). Il fenomeno è da ricondurre al ritardato ingresso nel mercato del lavoro dei 15 – 24enni per effetto di una più lunga permanenza nell’area degli studi: si noti, in proposito, che nel Lazio più del 50% della forza lavoro è fornita di diploma di scuola secondaria superiore e di laurea, con un differenziale rispetto alla media nazionale di ben 11.2 punti (Lazio: 52.4%; Italia: 41.2%). D’altra parte la struttura prevalentemente terziaria dell’economia laziale implica un ritardato ingresso nel m.d.l. dei giovani, rispetto ad altre regioni del Centro nord a prevalente vocazione industriale, e alle regioni del Sud, a forte componente agricola.
Analogo ragionamento riguarda l’evoluzione del tasso di occupazione giovanile del Lazio: pur manifestando una consistente tendenza alla crescita (1997: 14.8%; 1998: 16%), nel 1998 continua a posizionarsi nettamente al di sotto della media nazionale (24.5%) e di tutte le aree geografiche del Paese, con l’eccezione del Mezzogiorno (14.1%). Tra le province, valori superiori alla media regionale si riscontrano a Viterbo (23.2%), a Latina (19.6%) ed a Rieti (19.1%). Tassi di occupazione giovanile inferiori alla media laziale si registrano a Frosinone (14.8%) ed a Roma (15.1%). I tassi di disoccupazione giovanile nella nostra regione, infine, pur manifestando una consistente tendenza alla diminuzione (1997: 44.9%; 1998: 43.7%), nel 1998 continuano a posizionarsi nettamente al di sopra della media nazionale (34.1%) e di tutte le aree geografiche del Paese, escluso il Mezzogiorno (56.5%). Dall’analisi
dei tassi provinciali di disoccupazione giovanile si ricava che
notevolmente superiori al dato medio laziale risultano solo a Roma
(45.8%), mentre a Frosinone (43.4%), a Viterbo (42.7%) ed a
Rieti (40%) sono al di sotto del valore regionale, e a Latina
(33.4%) inferiori per più di nove punti.
Il
Comune di Roma
Il ruolo ed il peso che assume il Comune di Roma nell’economia e nelle dinamiche del mercato del lavoro laziale, rendono necessaria una specifica valutazione. Nel 1998, rispetto all’anno precedente,
è cresciuto di 0,4 punti il tasso di attività romano (1997: 47.7%;
1998: 48.1%), che continua a posizionarsi al di sopra sia del tasso
medio regionale che di quello del Centro, ma al di sotto di circa 3
punti rispetto al Nord. Per le donne il differenziale con la media
regionale è più accentuato (+2,2 punti). Anche l’andamento del
tasso di attività giovanile, nel biennio, risulta nel complesso
positivo (+0,5 punti percentuali), anche se assume valori inferiori
alla media regionale (Comune di Roma: 26,3%; Lazio: 28,5%). Ha fatto registrare un incremento
(+0,6%), rispetto al valore del 1997, il tasso di occupazione romano
(1998: 42.5%; 1997: 41.9%), che si colloca di un punto al di sopra
del tasso di occupazione laziale e lievemente al di sotto al valore
del Centro. Il tasso femminile è superiore di circa 3 punti al
valore medio regionale. In crescita il tasso di occupazione
giovanile (+1%) che tuttavia risulta inferiore a quello della
regione. E’ diminuito a Roma, rispetto al valore del 1997, il tasso di disoccupazione (1998: 11,6%; 1997: 12,1%), che continua a mantenersi, seppur di poco, al di sotto del valore medio regionale (12,3%). In particolare ridimensionamento il tasso femminile, che passa dal 15% del 1997 al 13,8% del 1998, con un discreto scarto rispetto al valore del Centro (14,2%). Decresce di quasi due punti e mezzo il tasso di disoccupazione giovanile (1998: 46,6%; 1997: 49%), in misura più accentuata per le donne (-6%). Anche il tasso di disoccupazione di lunga
durata, per il territorio del Comune di Roma, conosce, nel biennio
considerato, una flessione (-0,4%, che per le donne diviene –0,9%),
che lo colloca al disotto del valore regionale (Roma: 8,6%; Lazio:
8,9%). I livelli di istruzione e formazione
Il Lazio appare caratterizzato da fenomeni positivi riguardo ai livelli di istruzione e formazione. Da un lato è infatti notevolmente contenuta - in relazione al Centro-Nord - l'area di persone (donne, in particolare) prive della licenza media (Lazio: 31,2%; Centro Nord: 36,9%). D'altro canto, è elevata la percentuale di soggetti in possesso di diploma secondario superiore (26,2% Lazio; 20,5% Centro Nord). Positivo, infine, il dato riguardante i laureati (6,4% sul totale della popolazione laziale), presenti in misura percentualmente superiore nel Lazio non soltanto nel confronto con il Centro-Nord (5,4%), ma anche con l'intero territorio nazionale (5,1%). Indagini
realizzate in ambito regionale e l’analisi dei dati Istat hanno
messo in evidenza i momenti critici e gli ostacoli che si
frappongono alla prosecuzione degli iter formativi: su 100 studenti
che si iscrivono alla media inferiore nel Lazio, 88 concludono
positivamente la scuola dell’obbligo (Italia: 86), 82 passano alla
media superiore (Italia: 74), 61 conseguono la maturità (Italia:
55), 57 si iscrivono alla
università (Italia: 40). Se dunque quasi la totalità dei giovani
prosegue il proprio percorso formativo dopo l’obbligo scolastico,
numerose sono invece le perdite che si verificano nella secondaria
superiore e all'università, anche se in misura più contenuta della
media nazionale. Rispetto all’Italia
nel Lazio si osserva un tasso più elevato di passaggio dalla media
inferiore a quella superiore (99,1% contro il 92,6%). Anche il tasso di
scolarità laziale risulta particolarmente elevato, superando di
quasi dieci punti il tasso nazionale e di circa sei punti quello del
Centro – Nord. Oltre il 72,7% degli studenti giunge alla maturità
entro il 19esimo anno di età (valore questo di nove punti
percentuali superiore al dato nazionale). Pertanto nella regione si
registra una percentuale di dispersione scolastica inferiore alla
media nazionale. Fa eccezione la scuola secondaria superiore ove i
valori di bocciatura e di abbandono nel biennio sono relativamente
elevati, in modo particolare negli Istituti Tecnici e Professionali.
E' in quest'ultimo tipo di scuola che i tassi di bocciatura e di
abbandono appaiono i più alti in assoluto: 25% di bocciati nel
Lazio (24% in Italia) al primo anno, 20% di bocciati nel Lazio (18%
in Italia) al secondo anno. Questo fenomeno di dispersione risulta
comunque contenuto negli effetti complessivi grazie al numero
elevato degli iscritti e dei frequentanti le scuole secondarie nel
Lazio. Riguardo alla formazione professionale i corsi programmati dalla regione rappresentano il 9,1% di quelli messi in cantiere nell'intera ripartizione geografica del Centro-Nord. Dalla distribuzione dei dati si osserva inoltre come la formazione professionale nel Lazio sia finalizzata principalmente alla realizzazione di corsi di I livello (37,8% del totale, contro il 24,4% della media nazionale e il 18% dell'insieme delle regioni del Centro-Nord) e destinati alla riqualificazione dei disoccupati (24,9%, valore questo quasi doppio di quello della ripartizione geografica di riferimento). Tuttavia all'incremento della qualificazione non fa riscontro una adeguata domanda occupazionale. Uno dei fenomeni più rilevanti, nel Lazio è rappresentato, infatti, dalla presenza di un potenziale di lavoro non impiegato, con livelli crescenti di istruzione. Negli
ultimi anni si è assistito ad una diminuzione del tasso di
occupazione tra coloro hanno solo la licenza elementare (-2 punti
percentuali) e, sia pure in misura minore, tra i diplomati (-0,7
punti percentuali). Sono invece cresciuti i livelli occupazionali
dei laureati (+0,3 punti percentuali) e, soprattutto, delle persone
con licenza media inferiore (+0,9 punti percentuali). Si tratta di
variazioni con segno algebrico in linea con quelle del Centro-Nord.
La differenza è che nel Centro-Nord la occupabilità sembra essere
aumentata in misura quantitativamente più elevata nella classe dei
laureati. Se
ne deduce quindi l'opportunità di creare le condizioni necessarie
per stimolare una maggiore qualificazione delle domande di lavoro. ll disagio sociale
Gli immigrati
Al 31.12.1997 il numero di stranieri soggiornanti nel Lazio era di 232.611, di cui l’84,3% extracomunitari. La presenza straniera nella Regione costituisce la quota della popolazione residente (4,4%, che nella provincia di Roma diviene del 5,5%) più alta rispetto alle altre Regioni del Centro-Nord e naturalmente, della media nazionale (2,2%). Gli extracomunitari nel Lazio, in particolare, rappresentano il 18,3% del totale nazionale, superati solo dalla regione Lombardia (20,1%). Consistente anche la presenza femminile di extracomunitari (47,4%) che, seppure leggermente inferiore alla media del Centro (47,5%), è notevolmente superiore a quella nazionale (43,2%). Stazionario il numero di alunni stranieri delle scuole materne (pari a circa mille unità), mentre risultano in crescita quelli delle scuole elementari (+29,2% tra gli anni scolastici 1994-95 e 1995-96). Cresce la pressione dei cittadini extracomunitari sul mercato del lavoro: nel 1998 rispetto all’anno precedente si riscontra un incremento di iscritti al collocamento del 13,1%, superiore ai valori di tutte le regioni del Centro Nord e a quello medio nazionale (+11%). Tra il 1995 ed il 1998 è più che raddoppiato il numero di iscritti al collocamento extracomunitari (Lazio: +125%; Italia: +105%). Basso il numero di extracomunitari avviati al lavoro attraverso le strutture del collocamento, rispetto agli iscritti (26,3%, rispetto al 94,4% nazionale nel 1998), il che autorizza a supporre una forte quota di lavoro irregolare. La considerazione è rafforzata dall’alta incidenza di irregolari stranieri nei servizi Significativa
la presenza di nomadi, soprattutto nella città di Roma, ove
raggiungono nel ‘98, sulla base di stime della “Caritas”,
circa 5.000 unità, di cui il 49.4% è costituito da minori.
Gli
invalidi
Nella regione si osserva una presenza non particolarmente elevata di persone con almeno un tipo di invalidità (circa 39 su 1.000 residenti). Scarsa anche l'incidenza di soggetti costretti all'uso di una sedia a rotelle (1,9 per mille, contro i 3,4 della media nazionale) oppure affette da invalidità motoria (15 persone per 1.000, contro le 19,8 della media nazionale). Riguardo alle invalidità sensoriali, si osserva una maggiore incidenza di cecità (7,5 contro le 6,2 dell'intero territorio italiano) e una forte incidenza di sordità (15 su mille residenti, contro i 13,8 dell'Italia); di minor rilievo i casi di sordomutismo (0,8 del Lazio e 0,9 dell'Italia). Quasi identico al valore medio nazionale quello riferito alle invalidità di carattere psichiatrico (5,8 del Lazio e 5,9 dell’Italia).
I
detenuti
Nel Lazio risulta
detenuta, al 1997, il 10,2% della popolazione carceraria registrata
in Italia (ossia 5.149 persone). Come in media nazionale, la
maggioranza è costituita da uomini (4.813 detenuti, pari al 93,5%
del totale), ma il segmento femminile, che appare minoritario, nella
comparazione con il Centro-Nord è percentualmente più
significativo (6,5% della popolazione carceraria del Lazio, contro
il 5% di quella dell'intero territorio centro – settentrionale ed
il 3,9% nazionale).
I
tossicodipendenti
Un quadro indiretto della dimensione del fenomeno può essere
ricavato dall’analisi del numero di persone tossicodipendenti in
trattamento presso i Servizi Territoriali. Nel 1998 nel Lazio sono
stati 11.013 (pari all’8% del totale nazionale) i soggetti in
trattamento, con un rapporto maschi/femmine quasi pari a quello
nazionale. Dal 1994 al 1998 si riscontra un incremento del
18,8%, valore inferiore a quello nazionale, che è del +21%. Conclusioni
Il mercato del lavoro del Lazio è fortemente condizionato dalla presenza di Roma, Capitale e sede dei poli direzionali dell’intera nazione, non soltanto della Pubblica Amministrazione centrale. Ne discende una spiccata vocazione terziaria, con un peso predominante, all’interno del terziario, del settore pubblico. La conseguenza di un assetto di tal natura è costituito da un insufficiente sviluppo della base produttiva industriale che, anzi, fornisce segnali di ulteriore indebolimento (con l’eccezione di alcune aree territoriali di eccellenza e di qualche comparto produttivo – in primis, le costruzioni -) e di scarsa dinamicità: basti considerare che, quello laziale, è un sistema economico sostanzialmente orientato verso il mercato interno. Va riducendosi la presenza di imprese medio – grandi, che aveva connotato il tessuto industriale delle aree “Cassa del Mezzogiorno”, con un incremento di piccole e piccolissime imprese. La buona tenuta occupazionale nel terziario (che si conferma principale volano dello sviluppo regionale) non è, tuttavia, priva di qualche contraddizione: basti considerare il ridimensionamento degli addetti delle imprese commerciali al minuto, correlato alla crescita di occupati nella grande distribuzione. Una particolare debolezza è costituita dall'occupazione autonoma che, nel Lazio, rappresenta una quota esigua dell'occupazione totale. A
fronte di un lieve aumento della popolazione, si registra un
incremento delle forze di lavoro su cui grava in misura modesta il
decremento della componente maschile più che compensato
dall'aumento delle donne. In questo, il Lazio presenta un andamento
simile a quello nazionale e del Centro-Nord. L’incremento delle forze di lavoro si coniuga con una crescita, seppure
di minore intensità, delle non forze di lavoro, specialmente
maschili. La crescita degli occupati è dovuta esclusivamente alle donne. Anche la diminuzione delle persone in cerca di occupazione è tutta al
femminile. Questi dati di scenario aiutano a comprendere la struttura interna al mercato del lavoro della regione, nella quale si registra una dinamica di sostanziale “tenuta”, segnalata dall’andamento dei principali indicatori. Si riduce il tasso di disoccupazione, pur se continua a mantenersi a livelli vicini alla media nazionale e più alti delle regioni del Centro Nord.. A
fronte di queste evidenze e tendenze del mercato del lavoro è
opportuno soffermarsi sulla qualità della domanda di lavoro che
appare spesso caratterizzata dall'incapacità di valorizzare
adeguatamente una forza lavoro dotata di qualificazione crescente:
industria e servizi (anche quelli tradizionalmente definiti
"avanzati") sono accomunati dalla propensione ad impiegare
prevalentemente risorse umane con non rilevante bagaglio di
conoscenze. La domanda prevalente di lavoro potrebbe infatti essere
soddisfatta, nella grande maggioranza dei casi, da un'offerta in
possesso di qualifiche professionali adeguate a diplomi
tecnico-professionali corredati dalle opportune capacità operative
mentre si affaccia sul mercato del lavoro un numero crescente di
persone, donne in particolare, con livelli di istruzione decisamente
più elevati anche se non sempre corredati dalle opportune
competenze trasversali (ad esempio linguistiche ed informatiche). Sembra
dunque non arbitrario ritenere che la composizione qualitativa
dell'offerta di lavoro sia sbilanciata verso percorsi formativi che
non corrispondono alle esigenze di un tessuto produttivo in
trasformazione e che, assieme all'offerta debba essere riqualificata
e forse ri-orientata anche la domanda di lavoro al fine di sostenere
percorsi di riqualificazione del tessuto produttivo e dei processi
di sviluppo settoriale e territoriale. Alla
scarsa vivacità della domanda di lavoro - dal punto di vista
qualitativo – o comunque alla difficoltà di far incontrare
domanda e offerta di lavoro si unisce la crescente propensione ad
assumere personale secondo modalità contrattuali flessibili e
scarsamente strutturate. Il risultato è, un depotenziamento
implicito della quantità della domanda, una impossibilità, data la
precarietà del rapporto di lavoro, di valorizzare nel tempo una
forza lavoro caratterizzata da livelli crescenti di competenze e
quindi la difficoltà di assorbire in misura consistente il volume
di disoccupazione esistente. Da
quanto sommariamente descritto emerge, anzitutto, la necessità di
ben qualificare il ruolo dei nuovi Servizi per l’impiego, come
luogo territorialmente adeguato di riduzione, se non abolizione,
dell’attuale difficile incontro tra domanda ed offerta di lavoro.
Ma il pur necessario rilancio dei Servizi non può prescindere dall’individuazione
delle problematiche emergenti dall’analisi del contesto del
mercato del lavoro del Lazio e, conseguentemente, delle categorie
bersaglio che sommariamente si declinano:
ü
forte
incremento di modalità di impiego a carattere flessibile e
temporaneo;
ü
insufficiente
aumento di lavoro indipendente;
ü
aumento
delle non-forze di lavoro, nel quale risalta l'aumento dei
pensionati, specialmente donne;
ü
diminuzione
dei tassi di occupazione delle donne in età inferiore ai 25 anni;
ü
incremento
dei tassi di disoccupazione per gli adulti;
ü
incremento
dei tassi di disoccupazione di lunga durata;
ü
elevato
differenziale tra tassi di disoccupazione femminile e maschile;
ü
elevato
tasso di interruzione della frequenza scolastica per gli uomini;
ü
elevato
tasso di abbandono scolastico, in particolare per gli Istituti
Tecnico – professionali;
ü
basso
tasso di occupazione dei diplomati;
ü
elevato
tasso di disoccupazione maschile, nel caso di possesso di licenza
elementare o nessun titolo di studio;
ü
elevato
tasso di disoccupazione femminile, nel caso di possesso di titolo di
studio medio – alto;
ü
elevato
tasso di disoccupazione, anche di lunga durata, nelle province di
Viterbo e Frosinone;
ü
elevato
tasso di disoccupazione giovanile in provincia di Roma;
ü
insufficiente
tasso di occupazione (per di più in tendenziale decremento) nelle
province di Viterbo e Frosinone;
ü
insufficiente
tasso di occupazione giovanile nelle province di Roma e Frosinone.
[1] E’ verosimile che tale divario sia imputabile alle classe di età più avanzate che hanno seguito con ritardo i processi di emancipazione femminile del Centro - nord. Se ciò è vero, il divario andrà automaticamente riducendosi nel tempo con la fuoriuscita delle donne più mature dall’età lavorativa.
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