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Lo stato delle province del Lazio
Presentato il 6 dicembre, a Palazzo Valentini, un rapporto di Ricerche Economiche e Sociali, redatto in collaborazione con l’U.R.P.2002 sullo stato delle Province del Lazio.
Famiglie più piccole e popolazione sempre più anziana. Fuga dalle città. Diminuiscono le imprese (-27.000 a Roma) e cresce la corsa al risparmio. Decentramento e classe dirigente locale sotto esame: forti le preoccupazioni tra i cittadini. "Salto di qualità" nella criminalità regionale: in aumento i reati gravi, associativi e mafiosi. Cresce l’interesse per l’informazione locale.
I dati del censimento 2001 indicano una crescita del numero di famiglie residenti nel Lazio (+5,7% rispetto al 1991), a fronte di una riduzione dell’ampiezza dei nuclei, che passa da 2,8 componenti a 2,5. Diminuiscono le nascite e si assiste al progressivo invecchiamento della popolazione: l’età media nel Lazio sale da 40,2 anni nel 1998 a 41,1 nel 2000 e la quota di ultrasessantacinquenni, che costituiva il 16,7% della popolazione residente nel 1999, raggiunge il 17,4%.
L’instabilità dei mercati finanziari appare come la metafora dell’incertezza che domina numerosi comportamenti economici e sociali: nel 2002 i cittadini hanno disinvestito e trasferito i capitali dalla Borsa alla Banca (+14,5% nel Lazio e +12,5% in Italia); il risparmio pro-capite nel Lazio ha raggiunto i 14.500 euro.
Nel campo dell'imprenditoria…. Le difficoltà economiche e la congiuntura internazionale hanno prodotto effetti negativi sul tessuto imprenditoriale delle province del Lazio. Nei primi sei mesi dell’anno Roma ha perso 27.000 imprese, registrando una contrazione del 6,8%. Il dato è emerso dal "Rapporto 2002 sullo stato delle province del Lazio" presentato dall’Eures (Ricerche economiche e sociali). La riduzione del numero delle imprese ha interessato tutti i settori, risultando particolarmente elevata in termini assoluti nelle attività immobiliari, di noleggio, informatica e ricerca (-18,1%), nel commercio (-5,8%), nelle costruzioni (-10,4%) e nelle attività manifatturiere (-11,9%). Secondo la rilevazione Eures sono state le società di capitale ad avere in maggiore misura risentito del periodo di difficoltà economica. A registrare un dato positivo sono state, invece, le imprese artigiane (+1,2%), per la presenza di variazioni positive sia a Roma (+1,3%) sia nelle altre province, con incrementi compresi tra lo 0,2% di Latina e l’1,4% di Viterbo. Il dato consolida il positivo andamento registrato nel 2001, con le imprese artigiane aumentate nel Lazio dell’1,7%, a fronte dell’1,1% in Italia. A livello provinciale si rileva un tasso particolarmente positivo a Roma (2,3%), seguita da Rieti (1,3%); molto distanziate le altre province con aumenti sempre inferiori all’1%: +0,8% a Viterbo, +0,7% a Frosinone e appena +0,1% a Latina. Nonostante queste variazioni, la vocazione artigianale del Lazio (18%) rimane inferiore a quella nazionale (24,4%). Il numero dei titolari d’impresa stranieri è in aumento in tutte le province laziali, rappresentando una quota importante del tessuto economico-produttivo locale. Nel 2002 a Roma su 100 titolari di impresa, 4,4 sono stranieri, 3,7 a Frosinone e 3,1 a Latina. Più contenuto è il dato di Rieti (1,5) e Viterbo (1,5). I titolari di impresa operanti nel Lazio (che rappresentano il 3,7% degli imprenditori laziali), provengono principalmente dalla Romania (854), dal Marocco (828), dalla Cina (721), dall’Egitto (618) e dalla Francia (524). Il valore più alto dell’incidenza dei titolari d’impresa sul totale degli stranieri residenti appartiene ai libici (46 titolari ogni 100 residenti), seguiti dai cinesi (11), marocchini (5,5), egiziani (5,5) e rumeni (2,6). Contrariamente a quanto accade sul territorio nazionale, dal 1996 al 2000 il numero di avviati al lavoro sugli iscritti nel Lazio è in diminuzione, presentandosi inoltre molto al di sotto della media italiana in tutto il periodo di riferimento. Nel 2000 hanno trovato lavoro 25 stranieri ogni 100 iscritti al collocamento, mentre a livello nazionale ogni iscritto trova nel corso dell’anno più di un’occasione d’impiego (123). Da rilevare che il dato regionale risente fortemente delle criticità presenti nel contesto romano, la provincia con il peggior rapporto avviamenti/iscrizioni. Dopo tre anni nei quali si è registrata una flessione del numero di iscritti nelle Università laziali, nell’ultimo anno c’è stata una inversione di tendenza con una crescita del 7%, con Latina (+79,1%) e Frosinone (+29,2%) su tutte. Da segnalare la crisi dell’Università La Sapienza, a Roma, che ha raggiunto l’apice nel 2000 con un - 9,1% rispetto all’anno precedente. Ciò è dovuto a due fattori: da un lato il sovraffollamento cronico della struttura a scapito della qualità dei servizi, dall’altro la crescita degli altri atenei romani (Roma Tre e Tor Vergata), forse meno prestigiosi ma più "vivibili". Cresce anche il numero degli studenti "fuori corso": il 38,3% degli iscritti a Roma, il 36,7% a Viterbo, il 35,5% a Latina e il 29,1% a Frosinone. Degli oltre 245 mila iscritti nelle Università laziali, il 37,2% appartiene alla schiera dei "fuori sede" (il 13,7% proveniente da un’altra provincia, il 22% da un’altra regione, 1,5% dall’estero); nello specifico Viterbo ospita una quota di fuorisede (58,3%) perfino superiore a quella degli studenti "locali", anche a causa dell’offerta di corsi universitari non presenti in altre strutture; seguono Frosinone (41%) e Roma (36,5%). |
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