La nuova legge sul lavoro, in
sintesi
Per un lavoro stabile: gli incentivi, gli
assegni formativi e la carriera esterna (dall’art. 8 all´art.13)
Il mercato del lavoro dell’Emilia-Romagna presenta un numero crescente
di contratti flessibili. L’instabilità dell’occupazione - col
conseguente rischio di impoverimento delle famiglie - apre scenari di
incertezza che possono indurre le persone a guardare con ansia e
preoccupazione al loro futuro e che possono minacciare la coesione
sociale del nostro territorio. La Regione intende dunque sostenere
l’acquisizione di condizioni lavorative stabili per tutti attraverso
diversi strumenti.
Il primo è la concessione di assegni formativi
individuali per la frequenza di attività formative per favorire
l’occupazione dei lavoratori attraverso il rafforzamento delle loro
competenze.
In secondo luogo la legge propone di sostenere il lavoratore nella
costruzione di un bilancio di competenze: in pratica, si sostiene il
lavoratore nella costruzione di una sorta di carriera
non interna ad un’azienda, come accade ai lavoratori dipendenti, ma
esterna, riconoscendo le competenze acquisite attraverso il lavoro, i
percorsi di istruzione e formazione, e le competenze acquisite
attraverso esperienze formative formali e non formali.
Infine, la legge istituisce, per le imprese, gli incentivi
alla trasformazione di rapporti di lavoro a forte rischio di
precarizzazione in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Le priorità e le modalità per la concessione di tali incentivi verranno
stabiliti alla luce del piano annuale per l’occupazione dalla giunta
regionale.
Possono inoltre essere sostenuti i processi organizzativi aziendali che
stabilizzino quote di lavoratori.
Per la conciliazione tra lavoro e impegni
familiari: gli assegni di servizio (art. 14 )
Nonostante gli alti tassi di scolarità e l’elevata partecipazione delle
donne emiliano-romagnole alle attività formative, le lavoratrici
subiscono pesanti forme di discriminazione all’interno del mercato del
lavoro: maggiore precarietà, più bassi livelli salariali (mediamente del
20, 30% in meno rispetto ai maschi), difficili avanzamenti di carriera.
Per impedire che questo fenomeno obblighi le donne (ma anche gli uomini)
a lasciare il proprio lavoro, la legge propone la concessione di
assegni di servizio volti a favorire l’accesso e la permanenza
nel mercato del lavoro di persone a rischio di esclusione per carichi di
cura e, inoltre, per facilitarne la progressione di carriera.
In sostanza, si tratta di contributi che le lavoratrici, ma anche i
lavoratori, potranno ottenere per poter acquistare quei servizi (quali
quelli prestati da baby sitter e assistenti familiari per genitori
anziani) che sarebbero altrimenti obbligati a svolgere in prima persona,
ovviamente, però, rinunciando al lavoro fuori casa.
Si sostengono inoltre le imprese nei processi di riorganizzazione
aziendale che prevedano flessibilità degli orari, part-time (su
richiesta del lavoratore) e telelavoro.
Per i diritti dei disabili: una autentica
integrazione lavorativa (dall´art. 17 all´art..22)
La legge prevede che la Regione e le Province promuovano e
sostengano l’inserimento e la stabilizzazione nel lavoro dipendente dei
disabili e l’avviamento e consolidamento di attività autonome da parte
degli stessi.
Gli strumenti per l’attuazione di questi obiettivi sono:
incentivi all’assunzione per le imprese, anche attraverso
l’istituzione di un fondo regionale per i disabili; convenzioni con i
datori di lavoro per realizzare inserimenti lavorativi adeguati,
“mirati” ed accompagnati nel tempo; finanziamenti per l’abbattimento
delle barriere architettoniche sui luoghi di lavoro e per l’introduzione
dei tutor nelle aziende; ampliamento delle opportunità di lavoro nelle
pubbliche amministrazioni; programmi di inserimento nelle cooperative
sociali rivolti a disabili gravi che hanno maggiori difficoltà
nell’accesso al mercato del lavoro; riduzioni delle discriminazioni
presenti nella norma nazionale che ne prevede l’inserimento attraverso
le agenzie di somministrazione; concertazione, confronto e
partecipazione a livello regionale e provinciale delle associazioni
rappresentative dei disabili e delle loro famiglie; istituzione di una
conferenza biennale per verificare lo stato di attuazione degli
obiettivi previsti dalla legge.
Si tratta di diversi strumenti di una complessa strategia di sostegno
all’inserimento delle persone, articolata su diverse strumentazioni e
attraverso diverse competenze istituzionali.
Per prevenire e attenuare gli effetti
negativi delle crisi aziendali: la riqualificazione dei lavoratori (art.
16)
La legge prevede che la Regione e le Province, di concerto con
enti locali e parti sociali, intervengano sulle crisi occupazionali per
limitare gli effetti negativi che producono sulle persone e sul tessuto
economico-sociale dei territori. In particolare la legge si propone di
sostenere progetti diretti alla formazione, all’orientamento, alla
riqualificazione e al reinserimento dei lavoratori interessati, anche
attraverso misure di accompagnamento individuale.
Tali misure consentiranno di affrontare in maniera più incisiva crisi
aziendali riferite a processi di riorganizzazione che riducono il numero
dei lavoratori e che, per lo più, mettono in mobilità proprio i
lavoratori più deboli e a bassa qualifica. Inoltre la legge prevede
che vengano attivati processi di trasformazione o riorganizzazione
economica e produttiva diretti al mantenimento delle condizioni
occupazionali.
Rafforzare e qualificare il sistema regionale
dei servizi per il lavoro (dall´art. 32 all´art. 40)
A fronte di un mercato del lavoro sempre meno in grado di
garantire un posto fisso per tutta la vita come accadeva in passato, e
coerentemente con quello che accade in tutta Europa, è necessario
strutturare un qualificato sistema di servizi per informare, orientare e
accompagnare al lavoro le persone. Un sistema riconoscibile e utile che
non faccia sentire sole le persone nei sempre più frequenti e difficili
momenti di ricerca del lavoro. Il sistema regionale dei servizi per il
lavoro è formato dunque dalle Province, che hanno competenza sui servizi
pubblici per il lavoro, e dai privati che richiedono l’accreditamento al
pubblico perché ne rispettano gli standard di qualità.
Accanto a questi, esistono servizi autorizzati a livello nazionale o
regionale che operano sul mercato, comunque rispettando il principio di
non discriminazione e la gratuità per i lavoratori. La legge riserva
tuttavia all’esclusiva competenza del pubblico tutta la parte relativa
alle comunicazioni (come ad esempio quelle relative all’assunzione di un
lavoratore) e le certificazioni (come quelle sullo stato di
disoccupazione, il cui accertamento dà luogo alla concessione di
indennità), mentre altri servizi (ad esempio, orientamento, consulenza
per il bilancio di competenze) possono anche essere offerti dai soggetti
accreditati.
La legge intende dunque salvaguardare la complessa e delicata funzione
dell’accompagnamento al lavoro su soggetti qualificati, pubblici o
privati purché accreditati. La norma nazionale, viceversa, legittima –
per il solo fatto che esistono - la funzione di tutti quei soggetti che,
anche informalmente, incrociano domanda e offerta di lavoro.
In questo ambito, la legge prevede norme per il rafforzamento del
sistema informativo regionale del lavoro (SILER), per la sua
interconnessione con il sistema nazionale ed europeo e di garanzia per
il lavoratori e le imprese rispetto ai dati in esso contenuti.
L’accesso al lavoro attraverso
l´apprendistato (dall´art. 27 all´art. 31)
La legge intende regolamentare e qualificare l’ormai unico
contratto di formazione-lavoro rimasto nel nostro ordinamento, ovvero
l’apprendistato (limitatamente alla sua componente formativa). Le norme
riguardano sia l’apprendistato professionalizzante, quello nell’obbligo
formativo (per i ragazzi fino a 18 anni), ma anche l’avvio di percorsi
per la formazione alta di tipo universitario (per il raggiungimento
della laurea) o post-universitaria (per i master) per persone fino a 29
anni.
Lavoro sicuro e regolare. La responsabilità
sociale dell´impresa (dall´art 41 all´art. 46)
La “buona” occupazione che la legge intende promuovere non può
essere disgiunta dal concetto di lavoro sicuro e regolare. Studi recenti
rilevano infatti che i più alti tassi di infortuni sul lavoro si
concentrano là dove l’occupazione è precaria e irregolare.
Poiché la legge nazionale non riconosce competenza alle Regioni in
materia di controlli e vigilanza sulla regolarità e sulle condizioni di
sicurezza dei luoghi di lavoro (norma contro cui l’Emilia-Romagna ha
fatto ricorso alla Corte Costituzionale), la legge regionale intende
mettere in campo tutti gli strumenti atti a prevenire gli incidenti sul
lavoro e a promuovere la cultura della sicurezza: formazione,
educazione, sostegno alla stipula di accordi che prevedano l’apertura di
nuovi servizi in cui sono unitariamente svolte le competenze dell’ Inps
e dei Centri per l’Impiego, o che favoriscano la regolarità e la
sicurezza del lavoro negli appalti pubblici.
La legge stabilisce inoltre che incentivi e agevolazioni alle imprese
siano collegate al rispetto delle normative in materia. Tali
agevolazioni e incentivi sostengono inoltre la responsabilità sociale
delle imprese nei confronti dei lavoratori e la diffusione dei marchi
per la certificazione della qualità sociale.
Legge
Lavoro Emilia Romagna |