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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Come insegnante di scuola superiore continuo ad osservare come la nostra scuola stia venendo continuamente modificata con teorie strane e preoccupanti.

E' soltanto da qualche anno a questa parte che si sente parlare di disturbi di apprendimento, iperattività, dislessia per citare quelli più in voga, e già nelle scuole superiori ci arrivano alunni segnalati con questi disturbi .

La cosa strana che si è verificata nelle mie classi ed anche in altre classi, è che malgrado fosse passato un mese e mezzo circa dall'inizio della scuola, nessuno dei docenti si era accorto che gli alunni avessero disturbi e fossero diversi dal resto dei compagni.

Siamo venuti a conoscenza dell'esistenza di studenti con questi "disturbi ", soltanto quando gli insegnanti di sostegno hanno comunicato che dalla documentazione personale degli alunni proveniente dalla scuola media, i ragazzi erano stati diagnosticati con disturbi di apprendimento e da ciò la loro presenza.

In un caso addirittura all'alunno era stato assegnato il sostegno su una diagnosi fatta da uno psichiatra che " ipotizzava che lo studente fosse dislessico".

La cosa che ha stupito tutti è stata che gli alunni in questione non solo sono nella media della classe per capacità di lettura, scrittura, apprendimento e comportamento, ma che addirittura sono tra quelli più bravini, attenti e volenterosi di apprendere.

La risposta alle obiezioni sollevate dalle insegnanti, è stata la distribuzione ai docenti di una piccola dispensa: " Linee guida per docenti che devono affrontare il problema della dislessia", che riporta stralci di materiali forniti nei seminari sulla dislessia, pubblicati nei diversi articoli di stampa che ne hanno promosso i convegni, dove si legge che gli alunni che non leggono correttamente, presentano errori di scrittura , o sbagliano i calcoli, sono secondo la psichiatria dislessici.

In questa dispensa, come nei vari convegni sui "disturbi dell'apprendimento" a cui ho partecipato, gli "esperti" si dilungano nella descrizione dei sintomi, nelle modalità di individuazione degli stessi, negli interventi terapeutici, mentre per quanto riguarda le cause, quello che viene detto è così vago che lascia molte perplessità .

Le diagnosi vengono fatte utilizzando test e valutazioni soggettive che hanno ben poco di scientifico. Siamo nel 2006 il medioevo è finito da un pezzo eppure ancora qualcuno ci chiede di credergli per fede.

Non si parla di esami di laboratorio, di radiografie, di prove oggettive . Le cause e l'aspetto diagnostico del problema viene liquidato con : " Il bambino dislessico può leggere e scrivere, ma riesce a farlo solo impegnando al massimo le sue capacita' e le sue energie, poiché non può farlo in maniera automatica, perciò si stanca rapidamente, commette errori, rimane indietro, non impara..…"

Non viene spiegato perché non può apprendere in modo automatico, e poi chi l'ha detto che l'apprendimento è o deve essere automatico? I robot sono automatici, un computer, non un essere umano.

Sappiamo bene che se non si va alla vera causa del problema o della difficoltà questa non si elimina o risolve e persiste, per cui individuare la causa è il fondamento di qualsiasi intervento o "terapia". Questi sono principi elementari e fondamentali, la medicina e la ricerca scientifica in tutti i settori sono andate avanti e sono progredite grazie ad essi.

Quello che in realtà sta succedendo nella scuola e come sta venendo modificato il ruolo dell'insegnante e il suo modo di pensare, si evince anche da quanto è stato scritto, per esmpio, in questa semplice dispensa nella Sezione: "Cosa devono fare gli insegnanti" e nella sezione: "Cosa devono fare i genitori ":

"/L'insegnante spesso è la prima persona che si accorge del problema, quindi il suo intervento è cruciale. E' importante che l'insegnante non liquidi il problema attribuendolo pregiudizialmente a scarsa intelligenza o a povertà dell'ambiente culturale o ad altre cause. Se l'insegnante ha dei dubbi , deve suggerire alla famiglia di rivolgersi ad uno specialista o ad un centro diagnostico competente.. l 'insegnante anche se non può attuare interventi individuali di riabilitazione specifica, deve tenere conto del problema e agire in maniera coordinata con gli operatori sanitari, i genitori e l'eventuale insegnante di sostegno./ ….".

Per quanto riguarda i genitori tra le altre cose viene detto :

/"Anche i genitori reagiscono al disturbo e non sempre è facile affrontare il problema in maniera equilibrata. Sia per il bambino che per i genitori talvolta è utile un sostegno psicologico" …./

Cosa sono queste se non manovre per assoggettare la scuola e le famiglie allo psicologo o psichiatra ? A me sembrano astute tecniche di marketing per procurarsi clienti ed incrementare gli affari!

Perché dobbiamo buttare a mare anni di esperienza di insegnamento e tutto il lavoro fatto da pedagogisti e gli sforzi di persone che hanno cercato di migliorare l'insegnamento e la didattica e accettare teorie così poco scientifiche? Tanto più che gli stessi "esperti" affermano che non ci sarà una guarigione o una risoluzione definitiva del problema?

Gli alunni che ho ed ho avuto in questi anni, non sono diversi da quelli che avevo dieci e venti anni fa e che ora sono dei professionisti, impiegati o operai a seconda di quello che hanno deciso di diventare.

La cosa che mi turba più di tutto e che fa veramente male è il vedere incupirsi e cambiare l'espressione dello studente etichettato quando entra il suo insegnante di sostegno, anche se l'insegnante in molti casi non si siede neanche vicino a lui per delicatezza e per evitare che i compagni capiscano che è li per lui, gli si legge in viso la vergogna dell'essere considerato "diverso", di essere un portatore di " handicap", un marchio a fuoco che si porterà per tutta la vita e che influenzerà il suo futuro.

Prof.ssa Margherita Pellegrino


Sono un'insegnante elementare ed ho avuto l'opportunità di osservare attraverso esperienza diretta, come bambini "handicappati" per "ritardo mentale", abbiano avuto la possibilità successivamente di frequentare con successo la scuola media, senza l'apporto di psicologi , insegnanti di sostegno, ecc..

Questa in particolare è la storia di M.S. , bambino chiuso ed appena immigrato a Milano che nei primi due anni di scuola elementare non riusciva a scrivere né leggere.

Lavorando personalmente con lui attraverso esercizi graduali, M.S. è arrivato alla fine della 5° elementare a comprendere e saper applicare con certezza principi e regole chiave della lingua italiana e della matematica.

Nonostante la sollecitazione dell'equipe socio sanitaria e del personale scolastico, il padre decide di non portare più il bambino alle visite psicologiche perché riteneva che non facessero bene al bambino, che usciva da lì rattristato; né acconsentì al termine della 5° elementare a rinnovare la certificazione di "ritardo mentale" per suo figlio, che quindi oggi frequenta la scuola media statale senza nessun "supporto" o "sostegno" con discreto successo.

Da qui la mia perplessità. Possibile che per poter aiutare dei bambini che necessitano di un tempo maggiore per avere le capacità scolastiche richieste, bisogna passare attraverso una certificazione di handicap che li segnerà per tutta la vita?

Possibile che, per esempio, il numero di bambini per classe (25), non possa essere ridotto in modo da facilitare all'insegnante il fatto di seguire con successo più programmazioni differenti?

Possibile che vengano stanziati sempre più fondi per pagare "esperti", che alla fine non danno risultati tangibili e sempre meno fondi per chi come le insegnanti, sanno cosa fare?

Sempre più spesso vedo insegnanti che delegano all'"esperto" la soluzione ai loro problemi con l'alunno, ma con quali risultati?

In passato quando tutti questi "esperti" non erano nella scuola, cosa faceva l'insegnante?

Perché non viene ripristinato il ruolo che l'insegnante una volta aveva, di pedagogista con il bambino e di collaborazione con la famiglia?

Oggi, gli strumenti che abbiamo a nostra disposizione per rendere i bambini in grado di "scrivere e far di conto", sono ancora maggiori di quelli di un tempo. Perché indietreggiare e delegare ad altri il nostro ruolo?

Rosa Maria Ghidotti


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