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Presentato il Libro Bianco sul Welfare Il Ministro Roberto Maroni e il Sottosegretario con delega alle Politiche sociali Grazia Sestini, hanno presentato il Libro Bianco sul Welfare, un documento di 40 pagine che rappresenta la fotografia dello Stato sociale in Italia e che servirà a ridisegnare concretamente il Welfare nel nostro Paese.
La Sestini annuncia la revisione della legge 328: ''Con la riforma del Titolo V, è divenuta obsoleta e impraticabile''
Ipotizza una revisione della legge 328 il "Libro bianco sul welfare. Proposte per una società dinamica e solidale", presentato stamani alle parti sociali (sindacati, compresa la Cgil, oltre a rappresentanti di imprenditori e lavoratori autonomi) e al Forum del Terzo Settore, e nel pomeriggio a Comuni, Province, Regioni, Comunità montane e Forum delle associazioni familiari. Lo ha annunciato Grazia Sestini, sottosegretario al Welfare con delega alle politiche sociali, durante la conferenza stampa nelle sede di via Veneto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. La normativa sull’assistenza, “la più avanzata nel settore e federalista al suo interno, è diventata obsoleta e impraticabile, soprattutto per le Regioni, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione”, ha affermato la senatrice, sostenendo che “il mutato articolo V impone una nuova lettura sussidiaria della società, deve cioè accompagnare uno sviluppo della sussidiarietà orizzontale, non solo verticale, in cui lo Stato paga e altri gestiscono i fondi”. Secondo Sestini, la legge quadro di riforma sull’assistenza “sta creando molte difficoltà: prevedeva un regolamento nazionale sui piani di zona - strumento attuativo delle politiche sociali sul territorio per Comuni e Asl -, ma ora non è più possibile farlo dopo la riforma del Titolo V”. Inoltre la 328 all’articolo 12 introduceva la definizione di “livelli di assistenza e l’individuazione e classificazione delle professioni sociali: ce ne stiamo occupando attraverso un disegno di legge, perché anche in questo caso un regolamento non era più possibile”. Gli articoli 16 e 11 parlavano della possibilità di introdurre “i voucher, assegni di cura come misura nazionale”: misure che, insieme ai decreti attuativi della legge, si inseriscono però in un “quadro generale in trasformazione”. Su un punto della legge Sestini dissente: l’articolo 16, a suo parere, dedicava “poche righe alle politiche familiari; non eravamo d’accordo su questo spazio limitato e nel Libro bianco abbiamo dedicato un ampio settore a questo tema”
Maroni: ''Al centro delle politiche sociali c'è la famiglia. Tradizionalisti? Il nostro approccio si rifà alla Costituzione''
"Al centro delle politiche sociali pubbliche sta la famiglia com’è intesa dall’articolo 29 della Costituzione, fulcro fondamentale su cui indirizzare gli interventi del ministero del Welfare”. Lo ha ribadito Roberto Maroni, ministro del Lavoro e delle politiche sociali, “Ci accusano di avere un approccio tradizionalista alla famiglia, ma il nostro approccio si rifà semplicemente alla Costituzione – ha sottolineato il ministro -, a dispetto delle critiche di non rispetto del dettato costituzionale che arrivano continuamente al Governo”. “Fotografia del sistema di welfare in Italia”: così Maroni ha definito il testo, che presenta anche “criticità in atto e un nuovo modello possibile”. Il documento vuole essere un “contributo che il ministero porta al confronto e al dibattito con le parti sociali”, dalle quali non è stata esclusa la Cgil, “anche se non ha firmato il Patto per l’Italia”, ha tenuto a precisare il ministro. Infatti il 20 febbraio il ministero del Welfare riconvocherà parti sociali, enti locali, Forum del Terzo Settore e delle Associazioni familiari per discutere insieme i contenuti del Libro bianco – a loro consegnato e illustrato oggi stesso – e valutare possibili modifiche e proposte. Dal testo sono esclusi due temi: politiche sanitarie e previdenza. Le prime perché “di competenza del Ministero della Salute e delle Regioni”, ha motivato Maroni; la seconda perché il confronto con le parti sociali era già avvenuto e i suoi risultati “sono già in discussione in Parlamento”.
Filo conduttore tra i capitoli del Libro bianco è la famiglia, con due priorità, ha notato la senatrice Sestini: “La transizione demografica, innanzitutto: il testo analizza cosa succederà in Italia se il tasso di natalità sarà pari a quello dell’Unione europea (1,5), mentre ora è più basso (1,2), con influssi negativi sulle pensioni, e in futuro sulla qualità dei servizi e della vita, in quanto gli anziani non avranno a sufficienza persone giovani che potranno assisterli”. La seconda priorità del Libro bianco è la famiglia collocata “al centro dell’azione politica, già riconosciuta come in più grande ammortizzatore sociale in Italia ma non esaminata per il suo valore economico”, ha osservato il sottosegretario al Welfare. Quindi il testo valuta “il costo di un figlio e quanto l’aumento del numero dei figli incida sulle povertà delle famiglie”. In proposito sono previsti sia un aumento delle detrazioni per i figli a carico sia un potenziamento degli asili nido: “È già partita la prima tranche di finanziamenti destinata alle Regioni per i nidi, e stanno uscendo i bandi in questi giorni”. Nel secondo capitolo dello studio si esamina “la spesa sociale vista come investimento, non costo a perdere”: a livello economico, infatti, pesano di più le “non politiche che le politiche di prevenzione”, ha esemplificato Sestini, citando i 637mila posti di lavoro creati dal non profit, secondo i dati Istat del 2001. Tornando alla spesa sociale, i Comuni hanno destinato a questo scopo 15.197 miliardi di vecchie lire nel 2000, ma sono evidenti le differenze (arrivano fino al 30%) tra regioni del nord e del sud, che si riscontrano anche negli investimenti del non profit.
Politiche di sostegno alla famiglia, ''soggetto protagonista del welfare''
La politica annunciata più volte dal Governo nell’anno in corso prevede una diminuzione complessiva della pressione fiscale sulla famiglia, tenendo conto delle presenze dei figli, lo sviluppo di servizi socio-educativi per la prima infanzia che consentano ai genitori, soprattutto alle madri, di mantenere un ruolo attivo nel mondo del lavoro ed incentivazioni anche sul piano degli alloggi soprattutto per le coppie più giovani. Ben presente nell’azione governativa l’idea che non si tratta di interventi “di settore”, ma di una molteplicità di interventi che mirano a riconoscere la centralità della famiglia nella società e a rafforzare e mantenere le relazioni familiari. Sul fronte della fiscalità il Governo pensa ad un modello “capace di assorbire una parte consistente del mantenimento dei figli”, in particolare per quelle classi di reddito basso e medio in cui le maggiori imposte e i costi aggiuntivi per i figli a carico rischiano di costituire un vero e proprio deterrente alla natalità. Si guarda un po’ a quello che si fa oltre confine, a Stati che su questo fronte hanno fatto scelte diverse. Se infatti, spiegano gli osservatori, la differenza di imposta diretta su un reddito nominale di 30mila euro tra una famiglia con due figli ed una coppia senza figli era nel 2001 di 500 euro in Italia, oltrepassava i 3mila euro in Francia e i 6mila in Germania. Sul fronte dei servizi alla famiglia invece il Governo con lo stanziamento di 50 milioni di euro per la realizzazione di asili-nido e l’ulteriore impegno previsto con la Finanziaria 2003 per il fondo di rotazione per contributi alla realizzazione di asili nido nei luoghi di lavoro, ha già aperto le porte a strutture che dovrebbero avere caratteristiche di maggiore adattabilità e flessibilità. Un passo in avanti rispetto a quelle tutele che il Governo ha in mente soprattutto per le donne, perché la difficoltà di conciliare il ruolo di mamma con un ruolo attivo nel mondo del lavoro non finisca per frenare le nascite. Un aiuto alla famiglie viene anche sul piano degli alloggi, dove sono previsti già nelle Finanziaria 2003 facilitazioni di credito per le giovani coppie, così da favorire la formazione di nuove famiglie.
Emergenza demografica, ''agire oggi per ottenere risultati domani''. Cambiano l'italia e la famiglia
Ristabilire la centralità della famiglia è una delle due priorità che si è dato il Governo. L’altra, eguale in termini di importanza, è combattere l'invecchiamento della popolazione e trovare forme di contrasto all’emergenza demografica, ambito in cui "è necessario agire oggi per ottenere risultati domani". Nella classifica internazionale dei paesi che nei prossimi 50 anni risultano più esposti all’invecchiamento della popolazione l’Italia è infatti al secondo posto, subito dopo il Giappone. Il gap generazionale è dovuto non tanto l’allungamento della vita, quanto al crollo delle nascite negli anni passati. Secondo il Governo - per cui l'innalzamento del tasso di natalità rimane indispensabile - “la priorità di bloccare il declino demografico non è mai entrata veramente nell’agenda politica dei passati governi”, mentre “anche se la decisione di avere o meno dei figli resta una decisione delle singole coppie, è certo che senza adeguate politiche familiari tutto diventa molto più difficile”. Il modello tradizionale della famiglia sta cambiando fortemente: aumentano le famiglie (di circa un milione nel periodo compreso tra il 1993/94 ed il 1999/2000) ma diminuisce il numero medio dei componenti (da 2,8 a 2,7), aumentano le famiglie senza nucleo e le coppie senza figli mentre diminuiscono le coppie con figli; aumentano le famiglie con almeno un anziano e, in particolare, quelle con almeno un anziano di più di 75 anni e più (circa 600.000 nel periodo 1993/94 - 1999/2000), aumenta anche il numero di anziani che vivono da soli. Da casa si esce sempre più tardi: il numero dei giovani tra 18 e 34 anni che vivono con almeno un genitore è in costante aumento e resta nettamente superiore per i maschi rispetto alle femmine per effetto dell’età al matrimonio mediamente più elevata. Tutto questo determina nuovi bisogni a cui i servizi esistenti non sempre riescono a dare risposte; secondo il Governo “esiste una domanda di nuovi modelli di welfare, con servizi di qualità, personalizzati e relazionali”. I cambiamenti demografici della famiglia pongono in uno stato di maggiore fragilità soprattutto alcune categorie, come i disabili gravi o i malati cronici e più assistiti da genitori anziani, ma sottolineano anche una condizione di maggiore difficoltà per le persone anziane e sole, soprattutto nelle grandi città dove la socializzazione è più difficile. Il Governo avvierà progetti-pilota per soddisfare i nuovi bisogni facilitando l’accesso agli strumenti finanziari esistenti, in particolare di quelli disponibili in ambito comunitario.
Fonte: Istat, Indagine su "Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari"
Fonte: Istat, Indagine Miltiscopo "Aspetti della vita quotidiana", Anni 1999/2000
Fonte: Istat, Indagine Multiscopo "Aspetti della vita quotidiana" Anni 1999, 2000 Le priorità e gli impegni del Governo nell'Agenda Sociale. Sarà aggiornata ogni due anni Sono racchiusi nell’Agenda Sociale le priorità e gli interventi previsti dal Governo nel breve e medio periodo. Il Libro Bianco del Welfare, presentato questa mattina, analogamente a quanto stabilito a livello europeo nel Vertice di Nizza, contiene questo strumeno, "filo rosso dell'azione governativa", necessario a fare il punto degli impegni presi e da prendere ma soprattutto a definire meglio il ruolo della politica sociale nel contesto della politica governativa. L'Agenda Sociale sarà aggiornata a scadenze regolari, ogni due anni. Ecco cosa prevede. Famiglia. Alla famiglia è riconosciuto “il ruolo di soggetto protagonista del welfare”. Gli interventi pensati per sostenerla vanno nella direzione più volte annunciata: diminuzione complessiva della pressione fiscale sulla famiglia, tenendo conto delle spese di cura per i figli, e sviluppo di servizi socio-educativi per la prima infanzia che consentano ai genitori, soprattutto le madri, di mantenere un ruolo attivo nel mondo del lavoro. Nell’anno in corso si è concluso l’iter di approvazione della legge sui Servizi socio-educativi e l’attuazione di un piano di intervento che favorisce l’istituzione di asili nido aziendali per cui si sono già stabilite risorse nella Finanziaria 2003 e altre ne saranno individuate negli anni a venire nel Fondo della nazionale per le politiche sociali. Previste anche misure nella Finanziaria 2003 di facilitazione di credito per superare le difficoltà di reperire alloggi, soprattutto per le coppie giovani. Minori. Il diritto di ogni bambino ad avere una famiglia sarà perseguito attraverso la predisposizione alla fine del 2003 di un piano straordinario di deistituzionalizzazione, che si accompagnerà ad un programma di promozione dell’affidamento familiare. Anche le risorse per questo intervento saranno reperite all’interno del Fondo Nazionale, almeno nella prima fase. Entro il mese di giugno 2003, inoltre, sarà istituito un tavolo di consultazione nazionale per la gioventù che si occuperà anche di programmi d’inserimento lavorativo.
Povertà.
La lotta all’esclusione sociale passa attraverso la politica dei
redditi e si basa sulla definizione delle categorie più fragili
immigrati, anziani, famiglie senza reddito ecc.) per definire mirate
azioni di contrasto. Superato lo strumento del Reddito Minimo
di Inserimento vista “l’impraticabilità di
individuare attraverso la Legge dello Stato soggetti aventi diritto ad
entrare in questa rete di sicurezza sociale”, si passa ora al
Reddito di Ultima Istanza. Questo nuovo strumento sarà realizzato
e co-finanziato con le Regioni ed i
Comuni, attraverso programmi che tengano
conto delle diverse cause che hanno prodotto lo stato di povertà. Ad
esempio se essa dipende dalla mancanza di un lavoro, si agirà
attraverso politiche attive del lavoro.
I Commenti al nuovo Welfare descritto nel Libro Bianco Zapponini (Cosis): ''Documento che induce all'ottimismo, ma serve più spazio per l’economia sociale'' "Da una prima analisi, direi che il documento presentato dal Ministro induce all'ottimismo per gli interventi proposti e per la programmazione, centrata sull'Agenda Sociale, da realizzare attraverso il confronto con tutte le parti sociali. Mi aspetto in futuro una posizione più coraggiosa e moderna per quanto riguarda l'impresa sociale, vero elemento economicamente trainante del Terzo Settore in grado di dare piena attuazione al principio di sussidiarietà orizzontale”. Ad affermarlo è Stefano Zapponini, presidente di Cosis Spa, che aggiunge: “Attendiamo che si concluda l'iter parlamentare della nuova legge per poter dare un giudizio più completo". <<Meno teoria e più fatti>> (Superabile) Alla vigilia della II Conferenza nazionale sulle politiche della disabilità e a seguito della presentazione del Libro Bianco del Welfare, che di questa Conferenza vuole essere il 'testo-guida', l'ex ministro Livia Turco parla delle priorità e degli impegni da non disattendere, pena un «pericoloso ritorno indietro» delle politiche sociali. Onorevole Turco, dalla giornata di studio di venerdì è emerso soprattutto un tono di forte preoccupazione per il futuro delle politiche sociali nel nostro Paese. Quali sono, a suo parere, gli impegni ancora disattesi e i diritti non pienamente riconosciuti? Sono tanti e tutti riconducibili agli ambiti fondamentali delle politiche sulla disabilità: il lavoro, l'integrazione scolastica, la mobilità, l'assistenza ai disabili gravi e gravissimi. Tutte le leggi emanate e già in vigore da anni, penso alla 68 e alla 328, sono in un completo stato di abbandono. Si sta tornando pericolosamente indietro e si eludono le risposte ai problemi più impellenti delle fasce deboli della società. Lei è responsabile Welfare nel partito dei democratici di sinistra. Esiste o è in fase di preparazione un tavolo di concertazione con le associazioni dei disabili? Insomma, avete pensato ad una piattaforma programmatica sulla quale investire idee, progetti, sulla base di input che provengono dalle associazioni?
Sicuramente. All'interno del Partito dei Democratici
di sinistra è sempre aperto il tavolo di
discussione sui temi della disabilità.
Anzi, stiamo lavorando per un nuovo programma d'azione, come
quello elaborato dopo la Conferenza
nazionale sull'handicap del 1999. Onorevole, ritiene che il mondo delle associazioni dei disabili esprima al meglio compattezza e unità d'intenti o, al contrario, è limitato ancora da particolarismi e interessi 'di quartiere'? L'associazionismo è straordinariamente importante. Non c'è buona politica se non c'è associazionismo. La realtà associativa della disabilità ha fatto grandi passi avanti in questi ultimi anni, è maturata ed ha acquisito maggiore consapevolezza della sua forza. Tuttavia deve fare ancora di più, superando la tentazione di guardare al proprio orto. È necessario un accordo maggiore fra tutte le realtà, piccole e grandi, una voce 'grossa' che aumenti la forza 'contrattuale' delle associazioni. Insomma, la rappresentatività deve essere il più ampia possibile e questo dipende non solo dalle associazioni ma anche dal legislatore, che non deve crearla in modo artificioso. La rappresentatività nasce naturalmente con il consenso attorno ai temi forti delle politiche della disabilità. Temi che stanno a cuore, nello stesso modo, a tutti i disabili. Qual è, secondo lei, il salto di qualità da compiere per passare dal principio dell'assistenzialismo (un rischio sempre in agguato quando si parla di interventi rivolti alle fasce deboli) a quello delle pari opportunità e della non-discriminazione? Il salto da fare è lo sdoganamento della cultura della 'diversa abilità'. Un principio acquisito, certo, grazie anche a leggi innovative come la 68, ma che ancora evidentemente non è diventato patrimonio comune dell'intera società e di una visione politica bipartisan. Il disabile considerato come risorsa e non solo come portatore di bisogni è un dato di fatto che non può rimanere pura teoria o affermazione buonista, ma deve tradursi, con continuità, nelle scelte politiche, governative, legislative. Solo questo porterà ad un approccio culturale diverso rispetto al mondo della disabilità, da parte di tutti i cittadini, siano o meno toccati da questa realtà. Cosa si aspetta dalla conferenza di Bari? Mi aspetto che il Governo la smetta di fare propaganda e cominci a mettere sul tavolo delle proposte concrete. Non pura teoria o sociologia, come si legge nel Libro Bianco presentato dal ministro Maroni. Un libro che io definisco piuttosto 'in bianco'. Questa maggioranza non ha ancora affrontato i temi scottanti del disagio, non ha messo mano a nuovi provvedimenti, e non si cura di monitorare l'applicazione delle le buone leggi che già ci sono. «Solo un libro dei buoni propositi» (Superabile) Alcuni esponenti dell'opposizione e responsabili, all'interno dei loro partiti, delle politiche sociali e dell'area della disabilità, commentano il Libro Bianco sul Welfare presentato ieri dal ministro Maroni. È un coro unanime di critiche, rivolte in particolare alla leggi non ancora applicate e ai programmi di azione rimasti sulla carta da due anni Vago, pieno solo di buone intenzioni e senza alcun progetto concreto. «Non c'è nessuna novità rilevante, salvo la preoccupante conferma della volontà del Governo di scaricare le responsabilità pubbliche sui privati» dichiara Rosy Bindi, responsabile delle Politiche sociali della Margherita «l'idea di welfare che insegue il ministro è tutt'altro che moderna: ci si illude di affrontare la complessità dei bisogni sociali con buoni e detrazioni fiscali e non si progetta quella rete integrata di servizi territoriali alla persona indispensabile a garantire risposte efficaci ed appropriate». Confcooperative: ''Impostazione condivisibile, ma manca riconoscimento della cooperazione'' "Anche se il giudizio dovrà essere dato sui fatti concreti, l'impostazione del libro bianco sul welfare appare condivisibile". Confcooperative apprezza l'enfasi che il governo ha voluto dare al concetto di investimento sociale, “che potrebbe determinare un cambiamento culturale molto importante”. Si legge in una nota di Confcooperative: “Soddisfacente anche il richiamo al principio di sussidiarietà inteso sia in senso verticale (dallo statale al locale) sia in senso orizzontale (dal pubblico al privato). Ci pare strano però che nonostante i riferimenti al Libro Bianco sul lavoro e al Patto per l'Italia fatti dal ministro, nel documento presentato non vi sia alcun accenno al ruolo della cooperazione. Va infatti ricordato che il Patto definisce la cooperazione "strumento idoneo ad avviare processi imprenditoriali diffusi e al contempo elemento di forte coesione sociale". Spiace pertanto che non vengano citate le cooperative sociali e il loro ruolo fondamentale sia nell'assistenza rivolta a settori deboli della società sia nell'inserimento lavorativo di persone svantaggiate sia ancora nell'intraprendere iniziative innovative com'è il caso di cooperative di medici e le mutue. Ogni nostro giudizio sarà comunque rivisto alla luce del rispetto già nel prossimo DPEF degli impegni presi nel libro bianco”. In quanto al metodo, Confcooperative apprezza il riconoscimento dato dal ministro al ruolo delle parti sociali e delle organizzazioni del Terzo Settore e auspica che a partire dal prossimo incontro previsto per il 20 febbraio si possa entrare in dettaglio nel merito dei contenuti proposti.
Leone (Spi-Cgil): ''E' soltanto una enunciazione di principi ambigui''
"Sono due le questioni più preoccupanti emerse dalla presentazione del Libro bianco sul welfare". Le rileva Betty Leone, reposnabile nazionale dello Spi-Cgil. “La prima – afferma - riguarda la mancanza di impegni concreti di percorsi e di risorse. Il libro bianco è in sostanza una enunciazione di principi talvolta anche ambigui come la riaffermazione delle centralità della famiglia nelle politiche sociali, che finisce sempre col caricare le donne di responsabilità che vorrebbero invece condividere con la collettività. La seconda questione riguarda l’affermazione che la legge di riforma dell’assistenza (n.328 del 2000) è obsoleta e superata dal nuovo assetto federalista delle istituzioni che assegna alle Regioni la potestà sulle politiche sociali lasciando allo Stato centrale solo la garanzia dei livelli essenziali di assistenza”. “I sindacati dei pensionati - conclude -, che unitariamente hanno promosso e sostenuto la legge sull’assistenza, non possono che essere preoccupati da queste dichiarazioni che annullano un lungo lavoro per garantire ai cittadini un sistema esigibile di diritti sociali”.
Ds, vecchie norme e vaghi impegni
Benetollo (Arci): ''Siamo perplessi, ma interessati al confronto''
"Il Libro Bianco sul welfare ci lascia perplessi. Non ci convince l’approccio centrato sulle politiche demografiche - tema assai controverso - e non ci convince l’impianto familistico, che oggettivamente contrappone i diritti della famiglia, che viene posta al centro, ai diritti della persona. Ci pare una contrapposizione sbagliata e fuorviante. Restiamo convinti che si debba partire dai diritti della persona”. Così Tom Benetollo commenta la presentazione del libro bianco sul Welfare. Lo stesso presidente nazionale dell’Arci sottolinea come si riservi una lettura e una valutazione più attenta dell’elaborato, evidenziando tuttavia come “sul metodo di confronto scelto, ci auguriamo che la nuova riunione già convocata segni l’apertura di un tavolo di confronto permanente e di merito, impostato ad un’idea non profit”.
Battaglia (Ds): ''Molta sociologia e poche proposte concrete. Abbandonato lo spirito della 328''
"Ho trovato nel Libro Bianco del Ministro Maroni molta sociologia e poche proposte concrete. Del resto non poteva essere altrimenti dopo un DPEF che prevede da qui al 2006 la riduzione di quattro punti di Pil della spesa sociale, quindi circa 130 mila miliardi di vecchie lire, ed una legge finanziaria che ha saccheggiato il fondo per le politiche sociali e drasticamente ridotti i trasferimenti ai comuni. Se queste sono le premesse, il ministro ci dovrà spiegare in che modo pensa di raddoppiare la spesa sociale nei prossimi dieci anni. Obiettivo a dir poco irrealistico”. Ad affermarlo è l’onorevole Augusto Battaglia, capogruppo dei Democratici di Sinistra in Commissione Affari Sociali. Sempre sul Libro bianco, Battaglia prosegue: “Ad un primo esame il governo sembra abbandonare lo spirito della 328, la riforma dell'assistenza, limitando la sua funzione alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali. Così concepita l'operazione appare come uno scarico di responsabilità su enti locali a corto di risorse e su famiglie alle quali si accollano oneri e responsabilità in cambio di qualche deduzione fiscale. Ed anche il richiamo alla solidarietà, al terzo settore, alla sussidiarietà appare generico e vuoto senza un quadro economico solido e certo e fa pensare ad un futuro con meno servizi, prestazioni scadenti e sovraccarico di pesi sulle famiglie”. «Dalle dichiarazioni del ministro Maroni apprendo che nella prossima finanziaria verranno previsti fondi per i disabili - dichiara l'on. Giacco responsabile nazionale Ds Area Disabili - vorrei ricordare al ministro, che lo è dal 2001, che nella legge 328/2000 era prevista la delega al Governo per i criteri di invalidità e il riordino degli emolumenti economici nulla è stato fatto solo promesse. Ed ancora: “Rispetto alle questioni poste dall'invecchiamento della popolazione, appare debole l'auspicio dell'aumento del tasso di natalità. Bisognerebbe attivare, come nel resto dell'Europa, e come indica la proposta di legge delle opposizioni, un fondo per la non autosufficienza. Ma nel Libro Bianco, dopo le tante chiacchiere estive del ministro Sirchia in materia, si partorisce il topolino di una sperimentazione, non si sa ancora come, dove e quando. Così come sembra furbesco, dopo i dati recenti sulla povertà che cresce ed il blocco della sperimentazione del Reddito Minimo di Inserimento scaricare la responsabilità del contrasto alla povertà su comuni senza soldi o affidarsi ad una generica politica dei redditi. Anche perché non è credibile su questo terreno un governo che ha soppresso la tassa di successione sui grandi patrimoni ed i cui programmi prevedono politiche fiscali che avvantaggiano i ceti più ricchi e regole sul lavoro che propongono meno diritti e più precarietà”.
Disabilità, Giacco: ''Si rinvia sempre alle prossime Finanziarie senza certezze normative''
“Dalle dichiarazioni del Ministro Maroni apprendo che nella prossima finanziaria verranno previsti fondi per i disabili. Vorrei ricordare al Ministro, che lo è dal 2001, che nella legge 328/2000 era prevista la delega al Governo per i criteri di invalidità e il riordino degli emolumenti economici nulla è stato fatto solo promesse. Lo ha dichiarato l’on. Giacco, Responsabile Nazionale DS Area Disabili. “Il Dopo di Noi, previsto nella legge 162/98, dal 2001 è stato praticamente ignorato senza nessun finanziamento e infine - continua Giacco - esiste il programma di azione del Governo per le politiche di superamento dell'handicap, approvato nel luglio del 2000, il quale definiva l'impegno a favore delle persone disabili per il triennio 2000-2003 sulla base delle indicazioni avanzate, con forza, dalle persone disabili, dalle associazioni dei familiari e degli operatori, nel corso della prima conferenza nazionale sull'handicap; tale programma prevedeva una serie di iniziative nel campo della prevenzione della disabilità, della riabilitazione, della scuola, del lavoro, della disabilità in età adulta, della mobilità, della libertà di vivere nella società, del sistema integrato di fonti informative sull'handicap, dei servizi locali ed una serie di soluzioni tecnico-organizzative e di iniziative anche in ambito europeo; a distanza di 2 anni, il Governo non ha dato corso a quei programmi ed anzi sembra aver abbandonato del tutto ogni interesse ed ogni iniziativa per il superamento dell'handicap”. “Si rinvia - conclude Giacco - sempre alle prossime Finanziarie senza certezze normative e sulle disponibilità economiche, la realtà è che il Governo non ha una seria progettualità per le politiche per i disabili”.
Guidotti (Auser): ''Scaricata sulla famiglia la riduzione dei servizi pubblici''
Per Maria Guidotti, presidente nazionale dell’Auser, “il libro bianco ribadisce linee di politica sociale note e sulle quali abbiamo manifestato già, in varie sedi, la nostra contrarietà. Partendo dal dato che oggi la famiglia si fa carico di una parte rilevantissima delle prestazioni sociali a causa della carenza dei servizi disponibili, la proposta presentata lo assume pianamente e, anzi, lo fa diventare il perno di un nuovo assetto del Welfare”.
“In sostanza – afferma la Guidotti - invece di sostenere con i servizi pubblici il ruolo della famiglia, si scarica sulla famiglia la riduzione dei servizi pubblici. L'unico sostegno previsto per le famiglie è quindi quello di carattere monetario e/o fiscale, abdicando all'idea di irrobustire e qualificare la rete dei servizi come vero strumento di equità. Ad esempio, chi non potrà trarre beneficio dall'utilizzo della leva della deducibilità fiscale delle spese sostenute saranno proprio le famiglie più bisognose, perché non saranno in grado di acquistare i "servizi deducibili"; questa realtà non è presa in considerazione dal Libro Bianco”.
Conclude la Guidotti: “Sembrerebbe poi che le competenze e i poteri attribuiti al terzo settore, nelle sue diverse forme, declassi il ruolo del pubblico ad una funzione di semplice regolatore del mercato, annullandone la irrinunciabile funzione di garante dei diritti dei cittadini. In ogni caso è indispensabile che il confronto avviato sia reale ed aperto ai contributi di tutte le parti sociali”.
L'Italia, un Paese sulla via dell'invecchiamento
Nella classifica internazionale
dei Paesi che nel prossimo cinquantennio risultano
più esposti all’invecchiamento della popolazione, l’Italia è al
secondo posto subito dopo il Giappone. Il principale fattore responsabile dell’invecchiamento dell’Italia non è tanto l’allungamento della vita degli individui quanto il crollo del tasso di fecondità verificatosi nel decennio 1975-1985. Questo calo di nascite sta avendo effetti pesanti anche sul mercato del lavoro, essendo il flusso dei nuovi ingressi inferiore a quello del decennio passato, La popolazione in età da lavoro non solo sta diminuendo ma contemporaneamente diventa sempre più vecchia. Nonostante la leggere ripresa degli ultimi anni, comunque (da un tasso di 1,18 del 1995 all’1,25 del 2000), la natalità si mantiene ad un livello che colloca l’Italia al penultimo posto in Europa, appena davanti alla Spagna, con un dato notevolmente inferiore alla media europea (pari a 1,53). Il rialzo dei tassi di natalità è più evidente in Francia, in Belgio e in alcuni Paesi del Nord Europa. I mutamenti nella struttura della popolazione sono conseguenza sia del calo della natalità, sia dell’aumento della speranza di vita, che vede l’Italia ai primi posti in Europa. L’Italia offre tuttavia anche un tasso definito “inquietante” nell’indice di vecchiaia, calcolato come il rapporto tra il numero di persone con più di 60 anni rispetto al totale del numero di minori di 20 anni, che incide sulla solidarietà intergenerazionale di domani, Inoltre, aumenta il numero delle famiglie (circa un milione in più nel periodo compreso tra il 1993/94 e il 1999/2000), mentre diminuisce il numero medio dei componenti, passando da 2,8 a 2,7. Il modello tradizionale della famiglia sta drasticamente cambiando: aumentano le famiglie senza nucleo e le coppie senza figli mentre diminuiscono le coppie con figli. La famiglia, inoltre, è sempre più “stretta e lunga”: cresce il numero delle generazioni contemporaneamente in vita ma diminuiscono i rapporti numerici tra le generazioni. Aumentano le famiglie con almeno un anziano e, in particolare, quelle con almeno un anziano di più di 75 anni e più (circa 600mila nel periodo 1993/94-1999/2000). Aumenta, inoltre, il numero di anziani che vivono soli, mentre diminuisce la compresenza di più generazioni all’interno della stessa famiglia.
Welfare. Libro bianco: quanto costa un figlio
A differenza di quanto avviene nella stragrande maggioranza dei Paesi europei, il Italia il sistema fiscale sembra ancora ritenere che la capacità contributiva delle famiglie sia influenzata in misura irrilevante dalla presenza dei figli a carico e dall’eventuale scelta di uno dei due coniugi di dedicare parte del proprio tempo a curare, mantenere ed educare i figli. Mentre di norma, in Europa, a parità di reddito la differenza tra chi ha e chi non ha figli a carico è consistente, in Italia è trascurabile. Per esempio, la differenza di imposta diretta su un reddito nominale di 30mila euro per una famiglia con due figli e una coppia senza figli era nel 2001 di oltre 3mila euro in Francia, di oltre 6mila euro in Germania e di 500 euro nel nostro Paese. Per questo, secondo il Libro bianco sul Welfare, introdurre un modello di fiscalità capace di assorbire una parte del mantenimento dei figli appare appare necessario, in particolare per quelle classi di reddito basso e medio in cui l’effetto combinato delle maggiori imposte e dei costi aggiuntivi per i figli a carico rischia di costituire un deterrente economico tale da scoraggiare o limitare la natalità. Ma quanto costa un figlio? Il costo del primo figlio: le scale di equivalenza misurano che per compensare le famiglie per l’arrivo del primo figlio (in età 0-18 anni) occorre un aumento di reddito che può variare da un minimo di +18% ad un massimo di +45%. Metodi basati su indicatori di tipo soggettivo stabiliscono un valore attorno al 25% che corrisponde, per la famiglia tipo italiana, ad un costo tra 500 e 800 euro mensili. Costo del secondo e terzo figlio: al loro arrivo, in base alle diverse tipologie utilizzate, sembrano emergere economie di scala che riducono la compensazione di reddito uleriormente necessaria alla famiglia ed una “forchetta” che va, nel caso di un secondo figlio, da +17% a +30% e, per il terzo figlio, da +18% a +35%. Quanto alle variabili di costo, esso varia in base alle fasce di età, subendo un’impennata al momento dell’ingresso nella vita scolastica dell’obbligo. Varia, inoltre, con la localizzazione geografica e con la dimensione del luogo di vita, mentre espresso in percentuale non sembra risentire della differenza tra Nord e Mezzogiorno.
Fonte: Istat, Le organizzazioni di volontariato in Italia - Anno 1999
Fonte: Istat, Indagine Miltiscopo "Aspetti della vita quotidiana", Anni 1999/2000
I commenti:
Fanelli (Legacoop): ''Abbandonato il processo riformatore della 328. Molti gli impegni ma assoluta vaghezza sulle risorse''
"Le linee di fondo del Libro Bianco sul welfare presentato alle parti sociali e le dichiarazioni che lo hanno accompagnato da parte del Ministro e del Sottosegretario Sestini, confermano e sanciscono alcune scelte e orientamenti preoccupanti che hanno contraddistinto l’azione del Governo in tutti questi mesi per quanto riguarda le politiche sociali". La considerazione è di Costanza Fanelli, responsabile del settore Cooperative sociali di Legacoop, che torna sul documento presentato martedì scorso a Roma. La Fanelli elenca ed esamina tali ‘scelte preoccupanti’: “In primo luogo l’abbandono del processo riformatore tracciato dalla L. 328, che anche alla luce dei cambiamenti derivanti dalla Riforma del Titolo V della Costituzione, per il suo impianto complessivo rappresenta ancora per una grandissima parte di operatori e cittadini una cornice fondamentale della trasformazione e diffusione del sistema di tutele sociali del nostro paese. Ciò che emerge dal Libro è una lettura parziale e generica dei processi sociali e quindi delle domande sociali e, di conseguenza, l’abbandono di un modello di Welfare fondato su principi di forte responsabilità pubblica nella garanzie di tutele per tutti i cittadini e nella diffusione di una forte e qualificata rete di servizi e prestazioni, realizzata secondo metodi di programmazione territoriale e di ampio coinvolgimento delle forze sociali. Il principio di sussidiarietà in questo contesto, così fortemente richiamato dal Libro Bianco rischia di divenire un elemento di depotenziamento del sistema del Welfare e non di suo rafforzamento, mentre il richiamo generico alla forze che esprimono una rete di solidarietà sociale legittima una interpretazione marginale del ruolo che le forze del terzo settore sono chiamate a svolgere. Non a caso nessun richiamo è contenuto al contributo attuale e possibile del mondo delle cooperative sociali, oggi componente essenziale del sistema di prestazioni e interventi nel campo socio assistenziale e di inclusione socio lavorativa e fonte di tanti e concreti posti di lavoro”. Ed ancora: “Il forte richiamo alla centralità della famiglia, se evidenzia una esigenza largamente condivisa di una maggiore e nuova attenzione ai problemi e all’apporto attivo di questa importante componente della società, appare invece qui riaprire prospettive di delega di funzioni a cui in grande parte le famiglie non possono rispondere da sole”. Infine quella che, per la Fanelli, è la contraddizione più forte, vale a dire “il divario tra i molti impegni delineati e la vaghezza o l’assenza di indicazione sulla questione cruciale delle risorse: i tagli al Fondo Sociale e ai trasferimenti agli Enti locali contenuti nella Finanziaria danno concreto conto di una generale volontà di ridurre e non ampliare le risorse per investimenti in questo settore. La cooperazione sociale aderente a Legacoop, comunque non si limiterà nelle prossime settimane a delle valutazioni sui contenuti del Libro Bianco, del resto indicati come aperti a contributi delle parti sociali, ma si impegnerà a produrre proposte e indicazioni concrete nel merito dei problemi trattati”.
Bonfanti (Cisl): ''Troppi al tavolo del confronto. E sulla famiglia no alle esclusioni''
"A 24 ore dalla presentazione del Libro bianco sul welfare le analisi approfondite non sono ancora possibili, sono premature: sarebbero più di pelle che di testa. Si tratta di un tema difficile che va studiato e metabolizzato bene”. Così il segretario confederale della Cisl Ermenegildo Bonfanti, responsabile del Dipartimento politiche di cittadinanza, tutela, promozione e solidarietà sociale, commenta “a caldo” il documento presentato ieri dal ministro Roberto Maroni alle parti sociali (sindacati, imprenditori e lavoratori autonomi), a rappresentanti del Forum Terzo Settore e Associazioni familiari, a Comuni, Province, Regioni e Comunità montane.
“L’andamento economico in ambito politico-sociale va verificato dal sindacato. Ieri mattina il ministro Maroni, rispondendo a un mio intervento, ha detto che il problema economico non sussiste, perché se concordiamo insieme priorità e strumenti il problema del finanziamento diventa il problema del Paese, quindi bisogna trovare necessariamente le risorse. Non caso nel tranello di stabilire cifre e poi concordare un progetto; allo stesso tempo la Cisl pretende che il Dpef di giugno 200 rispetti il progetto. Lo verificheremo. Intanto diciamo no alle battaglie tra poveri: no se bisogna togliere i soldi a chi sta male (ad esempio, i pensionati) per darli a chi sta peggio (i disabili gravi). Il sistema Paese deve farsi carico di questo problema”.
Il problema della non autosufficienza è stato definito una “vera e propria emergenza” dal ministro Maroni. Resta ancora aperta la questione del Fondo...
E i Livelli essenziali di assistenza?
Fondo nazionale tagliato di oltre il 50%? Assessori regionali in fibrillazione: ''Diciamo no al riparto. Siano confermate almeno le cifre del 2002''
C’è grande fibrillazione tra gli assessori alle politiche sociali italiani. A scatenare timori e irritabilità è la decisione del Governo (decreto del ministro Maroni, di concerto con il Ministro delle Finanze Tremonti) di decurtare di oltre il 50% il Fondo nazionale per le Politiche Sociali, ammontante a oltre 771 milioni di euro. Del problema si discute oggi alla Conferenza Stato-Regioni, ma già nelle scorse ore il Coordinamento degli assessori alle politiche sociali, riunitosi ieri a Roma, ha espresso parere negativo sulle proposte di riparto, ribadendo “la necessità della riconferma del fondo destinato alle regioni almeno nella stessa quantità ( € 771.461.269,00 ) e con gli stessi criteri di riparto dell’anno 2002”. Nel documento ufficiale emesso dal Coordinamento degli assessori si fa riferimento alle modifiche al titolo V della Costituzione, che attribuiscono l’esclusiva competenza delle politiche sociali alle Regioni e alle autonomie locali secondo il principio di sussidiarietà, e si sottolinea che, quindi, “non sono più legittimi interventi e prestazioni sociali (asili nido, interventi a favore delle famiglie, ecc.) gestiti direttamente dal livello centrale”; inoltre, si evidenzia come la legge 328/2000 e il conseguente Piano Sociale Nazionale 2001-2003 sono tutt’ora vigenti e tali provvedimenti assicuravano finanziamenti certi fino al 2003 sui quali sono stati predisposti gli atti di programmazione da parte delle Regioni e dei Comuni; infine, si sottolinea come attraverso il FSN, “con l’importante concorso finanziario delle Regioni e dei Comuni, sono stati e devono continuare a essere assicurati almeno gli attuali livelli di prestazioni in favore di famiglie, anziani, persone con disabilità, minori, soggetti deboli, ecc”. Ciò premesso, e considerato che “i bilanci regionali (e comunali) già da tempo predisposti ed approvati anche in termini preventivi, hanno già introdotto entrate pari a quelle distribuite nell’esercizio 2002, anche a seguito delle comunicazioni effettuate dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali nella Conferenza degli Assessori alle Politiche Sociali del 20.11.2002, in cui ha dichiarato che le risorse del fondo sociale attribuite alle Regioni sarebbero state le stesse rispetto a quelle dell’anno 2002 e che eventuali altri importi sarebbero stati a carico della parte del fondo ministeriale”; nonché che “il patto di stabilità in cui rientrano oltre ai Comuni anche le Regioni, disciplinato all’articolo 29 della Finanziaria, non consente di modificare, secondo le attuali proposte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, le prospettive e i progetti pluriennali che Regioni e Comuni hanno impostato in virtù della Legge 328/2000, che “dalle diverse proposte avanzate in sede tecnica dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, risulta completamente disattesa la programmazione finanziaria del Piano Sociale Nazionale valida fino a tutto il 2003 con la pesante diminuzione del fondo trasferito alle Regioni costringendo le stesse ed i Comuni ad una riduzione dei servizi fino ad oggi erogati”, e che “l’incremento annuale registrato per i diritti soggettivi a gestione INPS (peraltro completamente sottratti al controllo regionale), non può fare carico al Fondo Sociale perché un aumento esponenziale della spesa porterebbe ad una cancellazione del Fondo Sociale destinato originariamente alla tutela dei diritti delle persone e delle famiglie(...)”, il Coordinamento esprime, come detto, parere negativo.
Secchiaroli (Marche) critico col Libro bianco e con il taglio al Fondo sociale. ''Il Governo cancella il welfare''
Marcello Secchiaroli, assessore regionale ai Servizi sociali, critica duramente il Libro bianco sul welfare presentato ieri dal ministro per il Lavoro e le Politiche sociali, Roberto Maroni. Facendo riferimento alla prefazione del Libro bianco (“…una politica sociale realmente moderna non può più essere quella di un’offerta indifferenziata di prestazioni e servizi (eguale per tutti, su tutto il territorio nazionale). Occorrono misure flessibili, ritagliate sulle esigenze delle comunità territoriali e gestite con efficienza a livello locale”), Secchiaroli evidenzia come, nel contempo, lo stesso Ministro “congelava il 60% delle risorse del Fondo unico per le politiche sociali alle regioni. Una delle tante contraddizioni tra il dire ed il fare a cui questo governo ci ha ormai abituati ed alle quali dovremmo ormai essere assuefatti”. “La somma complessiva per il 2003 del Fondo nazionale per le politiche sociali – continua Secchiaroli - ammonta a oltre 1 miliardo e 540 mila euro, dei quali solo 350 milioni di euro risulta ripartito tra le regioni e per le Marche sono previsti poco più di 9 milioni e 300 mila euro. Il fatto, e il dato, è allarmante, perché la nostra Regione ha creduto fortemente e continua a credere nella riforma dello stato sociale investendo in programmazione e risorse ed ora rischia di trovarsi con un fondo statale estremamente ridimensionato, che andrà a penalizzare le politiche territoriali degli Ambiti territoriali e degli Enti locali, con pesanti ricadute sugli attori sociali che operano nel settore e soprattutto su tutti quei cittadini che subiranno il ridimensionamento dei servizi alla persona e alla comunità”. Continua Secchiaroli: “Vorremmo che il ministro Maroni ci spiegasse quale significato dà a termini quali decentramento e federalismo che preludono ad una programmazione territoriale delle politiche sociali e a una loro gestione efficiente a livello locale, come scritto nel Libro bianco, visto che dal punto di vista delle risorse economiche concede al livello locale pochi spiccioli avocando al suo ministero il diritto di finanziare una parte consistente degli interventi rivolti a famiglie, giovani, anziani, ecc. E se questo non è centralismo, termine contro il quale da sempre alcune forze politiche oggi al governo dichiarano di lottare, ci dica il ministro come definirlo”. E conclude: “Sulla riduzione pesante del Fondo, anche rispetto al finanziamento concesso negli scorsi anni, non possiamo transigere poiché rischia di vanificare tutto il lavoro fatto per riformare ed innovare l’assetto dei servizi sociali regionale. Gli assessori regionali ai Servizi Sociali, oggi riuniti a Roma e domani la Conferenza Stato-Regioni sicuramente rigetteranno questo ulteriore tentativo di cancellare il welfare in Italia”.
Troppi pochi bambini? Le ricette del Libro Bianco sul welfare. Daniela Del Boca www.lavoce.info Tra gli obiettivi più importanti delle proposte contenute nel Libro Bianco sul welfare ci sono il sostegno economico alle famiglie più povere e il rafforzamento di incentivi alla procreazione (la natalità nel nostro paese è diventata tra le più basse del mondo:1,2 figli per donna contro 1,8 in Danimarca e Francia, e 1,6 in Gran Bretagna e USA nel 2001): due obiettivi molto importanti nel contesto di un paese che invecchia più di altri e presenta più che nel resto dell’UE un decisa crescita nelle diseguaglianze economiche. Tuttavia i percorsi indicati nel Libro Bianco sembrano ignorare vari aspetti molto rilevanti di questi fenomeni. A nostro avviso, e come abbiamo mostrato in molte ricerche (www.child-centre.it), il declino della fertilità è legato solo in parte a vincoli di reddito quanto piuttosto alle rigidità del mercato del lavoro e del sistema dei servizi. Le donne che vogliono lavorare e avere figli devono affrontare un mismatch tra lavori prevalentemente full time (il part time e’ solo 8-10 per cento) e un sistema di servizi per l’infanzia con orari giornalieri limitati e scarsissima disponibilità di posti. Con queste caratteristiche l’assistenza pubblica all’infanzia non può favorire il mercato del lavoro a tempo pieno di entrambi i genitori. Ciò ha influenzato negativamente la crescita della partecipazione delle madri italiane con figli piccoli in relazione ad altri paesi (meno del 40 per cento in Italia contro il 60-65 per cento in Francia, Danimarca, Svezia). Esiste una situazione di razionamento di servizi per l’infanzia che è particolarmente grave in alcune aree del paese, soprattutto nel Mezzogiorno dove è particolarmente difficile per le donne trovare lavoro: solo il 18 per cento delle donne è occupato nell’economia formale, mentre la disoccupazione femminile è doppia di quella maschile. La questione più problematica riguarda i bambini da 0 a 3 anni: mentre i servizi pubblici e privati per bambini al di sopra dei 3 anni sono utilizzabili dal 95 per cento delle famiglie, i servizi per i bambini di età inferiore ai 3 anni sono disponibili solo nel 6 per cento dei casi. In questa situazione di razionamento, le famiglie devono fare affidamento sul sistema di aiuti familiare (per lo più sull’aiuto dei nonni) o di baby-sitter dal momento che anche l’assistenza privata ha un’offerta limitata. La disponibilità del sistema di assistenza all’infanzia è molto importante in un paese come l’Italia dove la gran parte delle famiglie ha un figlio solo e gran parte dei bambini cresce senza fratelli. (dati ISTAT e Istituto degli Innocenti Firenze 2001). Gli studi che hanno cercato di misurare la relazione tra offerta di asili e offerta di lavoro in Italia, riportano che l’ammissione al sistema pubblico di assistenza fa crescere la probabilità di lavoro delle madri di una proporzione notevole (dal 35 al 55 per cento ). I costi invece influenzano solo la decisione del lavoro part-time, non quella del lavoro a tempo pieno e solo nelle regioni del Nord Italia dove i posti non sono razionati. Il fattore più significativo di supporto alla decisione di lavoro delle donne e alla decisione di avere figli resta comunque l’ aiuto da parte dei genitori o di altri familiari ad affrontare il mismatch sopra descritto. Le proposte del Libro Bianco sul welfare indicano varie direzioni ma tutte collegate da un idea comune: che sia la famiglia a mantenere un ruolo cruciale nella produzione di welfare e che l’unica famiglia esistente sia quella delle coppie sposate. 1.La proposta di riduzione degli interessi dei mutui alle coppie che intendono acquistare una casa va nella direzione importante di rendere meno dipendenti i figli adulti dalla famiglia e di aumentare il numero dei giovani proprietari di abitazioni che in Italia sono tra i più bassi d’Europa ma e’ limitata solo alle coppie sposate, mentre, come abbiamo detto, le coppie di fatto in Italia sono in crescita (come in tutti i paesi avanzati). 2.La proposta di aiuti per le famiglie ad associarsi e organizzare la gestione di asili nido ripropone il ruolo fondamentale della famiglia come sistema di protezione dei membri attraverso le reti di solidarietà in termini di tempo e di risorse, per compensare le carenze e il razionamento del mercato. In attesa di capire meglio i dettagli del Libro Bianco, appare evidente che ancora una volta si scarica sulla famiglia tutta una serie di pesanti attività di organizzazione che in altri paesi sono gestite dal settore pubblico o privato, e si trascura il problema del controllo della qualità dei servizi per l’infanzia (problema che è diventato cruciale negli Stati Uniti in assenza di offerta pubblica di servizi e di standard nazionali di qualità). 3.Infine la proposta di aiuti alle famiglie numerose con l’obiettivo di contrastare il declino della fertilità può avere effetti alquanto perversi. Il fenomeno della declino della natalità è spiegato dal mismatch derivante dalla rigidità del sistema dei servizi e del mercato del lavoro che rende particolarmente elevati i costi dei figli. Sussidi monetari alle famiglie avrebbero l’effetto di aumentare la fertilità la dove è relativamente più alta (nel Mezzogiorno), ma al costo di disincentivare tassi di partecipazione femminile già molto più bassi che nel resto del paese. Questo costo non è trascurabile se analizziamo le aspettative di una quota crescente di donne che studiano quanto e più degli uomini, e gli obiettivi di convergenza dei tassi di occupazione femminile definiti a Lisbona, da cui emerge che il tasso di occupazione dovrebbe aumentare del 22 per cento per adeguarsi ai livelli europei. |
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