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Limiti di reddito e provvidenze economiche
Un recente messaggio dell’INPS, cogente per tutte le sedi periferiche, ribadisce alcuni concetti relativi al calcolo dei limiti di reddito da considerare ai fine della concessione delle provvidenze economiche assistenziali (pensioni, assegni e indennità) riservate agli invalidi civili, ai ciechi civili e ai sordomuti. Prima di illustrare i contenuti del messaggio INPS, emanato in accordo con il Ministero dell’Economia e la Ragioneria dello Stato, è opportuno evidenziare alcuni elementi che possono aiutare a comprenderne i risvolti. Agli invalidi civili, ai ciechi civili e ai sordomuti vengono erogate delle provvidenze economiche rapportate al loro grado di invalidità. Uno degli elementi che determina la concessione è il limite reddituale. Prima di concedere o confermare pensioni, assegni o indennità di frequenza, viene quindi verificato il reddito personale annuo dell’interessato. Fanno eccezione le indennità di accompagnamento per ciechi e invalidi civili, l’indennità di comunicazione per i sordomuti e l’indennità per i ciechi ventesimisti, per le quali non è previsto alcun limite reddituale. Ma a quale reddito si deve far riferimento? La normativa di riferimento per i limiti reddituali è l’articolo 14 septies della Legge 29 febbraio 1980, n. 33: “i limiti di reddito […], sono elevati a L. […] annui, calcolati agli effetti dell’IRPEF e rivalutabili annualmente secondo gli indici di valutazione delle retribuzioni dei lavoratori dell’industria, rilevate dall’ISTAT agli effetti della scala mobile sui salari”. Sono possibili due ipotesi interpretative: considerare il reddito complessivo cioè tutti i redditi che non siano esenti per legge dal calcolo dell’IRPEF, oppure considerare il reddito imponibile ai fini IRPEF. La differenza ovviamente è sostanziale. Il reddito complessivo è la somma di tutti i redditi che non siano esenti da terreni, da fabbricati, dalla prima casa, da lavoro e assimilati, da impresa ecc. È il reddito totale su cui solo successivamente si calcola il reddito imponibile deducendo il reddito della prima casa, gli oneri deducibili (es. spese di assistenza handicap) e le deduzioni per la progressività dell’imposta. Nel reddito complessivo non è compreso il TFR, come pure altri redditi che sono sottoposti a tassazione separata. Il reddito imponibile è invece quello su cui si applica l’aliquota IRPEF, cioè su cui si calcolano le “tasse” dovuto all’Erario. È la risultante della sottrazione dal reddito complessivo degli oneri deducibili (spese e deduzione per la progressività dell’imposizione) e del reddito della prima casa. Viene cioè considerato il reddito che rimane effettivamente disponibile al contribuente e su cui, quindi, si applica l’IRPEF in sede di denuncia dei redditi o di dichiarazione sostitutiva. L’imponibile IRPEF è rilevabile nell’Unico, nel 730, nel Cud. Interpretando letteralmente la norma del 1980 è a questo reddito che ci si dovrebbe riferire. Di questo avviso anche il Consiglio di Stato (parere n. 2283 del 14.02.1990) che ha ribadito: “Il limite di reddito […] va determinato con riguardo ai redditi che concorrono a costituire la base imponibile ai fini dell’IRPEF”. Purtroppo però la prassi amministrativa (INPS e Ministero dell’Economia) ha assunto tutt’altra direzione assumendo quindi il reddito complessivo come riferimento per il limite di reddito. Una direzione diversa da quella prevista dal Legislatore. L’abitazione è stata negli ultimi anni considerata come una necessità primaria dei cittadini, tanto da alleggerire su di questa la tassazione. Proprio per questi motivi il reddito da abitazione, come abbiamo detto sopra, va dichiarato nel reddito complessivo, ma non va considerato ai fini del reddito imponibile IRPEF. Questa considerazione non vale però quando si tratta di concedere delle provvidenze economiche agli invalidi civili. Il messaggio INPS 31976 del 21 settembre 2005 ribadisce ciò che già applica da tempo e cioè che bisogna “considerare il reddito derivante dalla casa di abitazione ai fini dell’accesso al diritto a pensione di invalidità civile. Quanto sopra sulla base della considerazione della distinzione tra deducibilità dei redditi ai fini fiscali e computabilità degli stessi redditi ai fini previdenziali e sul presupposto che laddove il legislatore ha voluto escludere il reddito della casa di abitazione lo ha esplicitamente previsto”. È quasi superfluo sottolineare il marchiano svarione dell’INPS: la pensione di invalidità civile non è una prestazione previdenziale, ma assistenziale. È quasi superfluo sottolineare che con questa interpretazione non vengono dedotte dal reddito nemmeno le spese di assistenza specifica sostenute proprio a causa della disabilità. Non è invece superfluo sottolineare che questa prassi amministrativa, contro la quale ci auguriamo vengano intentati ricorsi, comporta l’esclusione dalla concessione delle provvidenze economiche di molte persone con disabilità. (28 settembre 2005)
Carlo Giacobini |
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