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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Premessa

 

            E' solo uno stereotipo culturale la convinzione, piuttosto diffusa, che l'infanzia e l'adolescenza costituiscano una irrepetibile fase della vita umana in cui, felicemente, non sono presenti preoccupazioni e angosce e l'esistenza scorre sempre in una atmosfera serena e gioiosa, con grande sicurezza e fiducia nel presente e nell'avvenire. In realtà la condizione di chi si affaccia alla vita- e va percorrendo il complesso, tortuoso, incerto e talvolta piuttosto traumatico itinerario di costruzione della propria personalità individuale e sociale- è tutt'altro che facile: la fatica di crescere è notevole perché l'esperienza di fallimento è continua, perché le incertezze predominano sulle certezze, perché un profondo disagio è sempre presente anche se spesso non viene esplicitato.

            In realtà tutti i soggetti in formazione sono in qualche modo in situazione di più o meno rilevante disagio.

            Lo è il bambino che vive la sua avventura umana con tensioni e difficoltà non minori, anzi sicuramente maggiori, di quelle che incontra l'adulto: al contrario di questi, che ha la capacità di realizzare compromessi e di attenuare o cancellare i contrasti affettivi, il bambino vede esplodere in se tutte le contraddizioni e i conflitti interpersonali (quelli con la madre, con i fratelli, con gli altri bambini); si scontra continuamente con la realtà dell'insuccesso e con la percezione della propria incapacità, il che scatena un tumulto interiore in cui si intrecciano desideri aggressivi e profondi sensi di colpa; esperimenta una terribile sensazione di impotenza perché percepisce di non potersi aiutare da sé e di dover dipendere totalmente da altri ma al tempo stesso vive il terrore che la protezione di cui ha bisogno potrebbe venire a mancare; è portato, per la propria esperienza e l'assolutizzazione dei precetti introitati, a spingere all'eccesso il proprio codice morale e conseguentemente a vivere in modo eccessivo e violento il rimorso per aver in qualche modo deviato.

            Lo è il preadolescente, squassato dai profondi e rapidissimi cambiamenti che lo travolgono: cambia la sua stessa realtà fisica e la propria immagine esterna; cambia il rapporto con i suoi genitori perché allo schema di riferimento esclusivamente verticale incominciano ad aggiungersi schemi di riferimento orizzontali; cambia il suo stesso modo di pensare perché in lui comincia a formarsi la capacità del pensiero astratto, cambia la stessa percezione del sé incominciando ad interrogarsi su chi veramente egli sia, su che principi e valori impostare la propria vita, su come ridurre ad unità il molteplice e il contraddittorio che percepisce e gli viene proposto. Di fronte a cambiamenti così radicali da affrontare, e di fronte a scelte così impegnative da effettuare, il ragazzo vive con grande disagio, disorientamento, incertezza ed ansia il suo processo di crescita.

            Lo è l'adolescente che cerca di rifinire la sua personalità in una realtà estremamente confusa e contraddittoria: perché la profonda crisi valoriale e normativa della società finisce con il sostituire l'asse permesso/proibito con l'asse possibile/impossibile, perché assiste allo sfilacciamento di tutte quelle istituzioni all'interno delle quali in altri tempi si costruiva l'identità personale e sociale, perché trova difficoltà ad uscire dalla sua condizione di dipendenza essendo stato soppresso il fisiologico contrasto con un "padre", perché non è stato aiutato a costruirsi criteri di scelta ma ha avuto solo una infinita possibilità di collezionare, e consumare esperienze.

            Non vi è - nella realtà di oggi - una infanzia ed una adolescenza "normale" che vive senza disagi il suo itinerario di sviluppo ed una infanzia e adolescenza problematica che vive una condizione di forte difficoltà e che va pertanto sostenuta. La condizione di disagio è comune a tutta la generazione che si apre alla vita; la fragilità ed i pericoli di interruzioni o deviazioni dell'itinerario evolutivo sono eguali per tutti i soggetti in formazione, il bisogno di un particolare significativo sostegno è identico per tutti. Alcuni, purtroppo, aggiungono alle normali difficoltà del processo evolutivo situazioni di insufficienze oggettive individuali, familiari e sociali che rendono molto più a rischio l'itinerario evoluivo e che rendono più facile che il disagio si trasformi in disadattamento prima e devianza poi. Per questi è indispensabile che la collettività organizzata in Stato preveda specifici interventi si sostegno e di recupero. Ma i cosiddetti "normali" non possono essere dimenticati e trascurati poiché anch'essi hanno problemi nel crescere. Assicurare anche a questi ragazzi condizioni e luoghi per un armonico sviluppo di personalità e per un costruttivo scambio relazionale, aiutare il mondo degli adulti a superare pregiudizi e stereotipi sul mondo dell'infanzia e dell'adolescenza e a rapportarsi correttamente con chi chiede continuamente aiuto per non soccombere; sviluppare una società che sappia essere nel suo insieme educante e non banalizzante ed autenticamente fraternale; tutto ciò è un compito di cui la comunità non può disinteressarsi né trascurare. Ciò non solo per prevenire eventuali devianze ma principalmente per assicurare al suo ragazzo l'attuazione del suo diritto ad avere quanto gli è indispensabile per crescere compiutamente in umanità.

            Una attenzione particolare deve essere ovviamente rivolta a colo che, accanto alle più generali difficoltà del crescere, esperimentano situazioni di carenza o di sfruttamento che rischiano di gravemente di inquinare l'itinerario formativo o addirittura di interromperlo o di deviarlo.


Minori e Disagio


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