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Il bullismo Un fenomeno che va emergendo, specie nell'ambito della scuola elementare e media, e che rivela nuove situazioni di grave disagio nel mondo preadoscenziale è quello del cosiddetto bullismo (dal termine inglese "bulling" e cioè prevaricare): le prepotenze di un ragazzo7a su un altro compagno/a denotano non solo una difficoltà nella relazione tra pari ma anche disturbi vistosi nel processo maturativi, sia del prevaricatore che della vittima. Il primo, ponendo in essere così precocemente comportamenti aggressivi, dimostra un totale ripiegamento su se stesso e sulla sua esigenza di dominare, una assoluta incapacità di riconoscere le emozioni altrui, una chiusura ad una autentica relazione di scambio, una sostanziale ostilità verso il mondo esterno. La vittima dal canto suo - che presenta aspetti di ansia e di insicurezza e una visione negativa di sé che facilita la sua identificazione come potenziale vittima - può subire, a seguito di ripetuti atti di molestia e di patimento, effetti devastanti nell'itinerario di sviluppo, nella ulteriore perdita di autostima e nella capacità di aprirsi a significative relazioni sociali. Il rischio è che prevaricatori e vittime restino fissati nei ruoli che hanno assunto nella preadolescenza: gli uni diventando adulti antisociali, gli altri portati alla passività, alla depressione, al disimpegno sociale. Il fenomeno per troppo tempo sottovalutato - presenta dimensioni inquietanti: da una ricerca svolta in 5 scuole medie (e pubblicata sul numero 2 della rivista Ricerche di psicologia del 1997) emerge che il 30% dei soggetti intervistati denunciava di aver subito prepotenze e soprusi e cioè aggressioni fisiche (percosse, furti di cose proprie), aggressioni verbali (offese, minacce) o aggressioni indirette (emarginazione, diffamazioni). Poiché non infrequentemente alla radice dei comportamenti prepotenti dei ragazzi vi è un clima familiare carente o perché troppo permissivo e tollerante o perché troppo coercitivo, una efficace opera di prevenzione potrebbe essere sviluppata attraverso una corresponsabilizzazione corretta dei genitori. Ma anche la scuola deve considerare suo un problema che non può far finta di ignorare; certo la scuola non può farcela da sola ed ha bisogno di rilevanti aiuti dalla comunità in cui è inserita per potere attuare quelle strategie di chiarimento e recupero, sia nei confronti dei ragazzi aggressivi, modificandone il comportamento, sia nei confronti dei ragazzi vittime, aiutandoli a fronteggiare i soprusi. E ciò operando sia sul piano individuale sui ragazzi coinvolti, attraverso colloqui con loro e con i genitori, sa operando sul piano collettivo attraverso incontri in classe, un appropriato utilizzo dei filmati ed opere letterarie, rappresentazioni teatrali coinvolgenti sul piano emotivo.
RAPPORTO INFANZIA 2001
Cambiano i volti e le manifestazioni della devianza, cge coinvolge ora anche le bambine e soprattutto non risparmi il cosiddetto “ceto-medio”. Segno questo di un “malessere del benessere” che stravolge il modello tradizionale secondo cui il ragazzo che delinque si trova solo “nei quartieri a rischio, ha una bassa scolarizzazione e una famiglia disgregata”. Il rapporto tra svantaggio socioeconomico e atteggiamento irregolare non è più la regola e gli osservatori si interrogano piuttosto su come sia cambiata l’intera società e se “gli atteggiamenti tanto deprecati dai giovani non siano un perfetto allineamento dei reali codici di comportamento sottesi alla nostra vita sociale, che vengono recepiti e portati alle estreme conseguenze con la radicalità che è tipica dei giovani”. In altre parole giovani egoisti, incuranti degli altri ed intolleranti eredi di atteggiamenti adulti non tanto dissimili. Tra i fenomeni di devianza che in questi anni sono cresciuti gli osservatori indicano il bullismo scolastico dilagato nelle scuole di ogni ordine e grado: aggressioni fisiche, offese e soprusi, piccole e grandi prepotenze che col crescere dell’età diventano condizionamenti psicologici più sottili. Il gioco, che si ripete in una dolorosa routine, è sempre lo stesso e si consuma tra la vittima ed un carnefice, arrogante, sicuro di se e protetto da un gruppo di coetanei consenzienti. Oggi però cambiano gli attori. Il fenomeno, sostiene il rapporto, è sostenuto dal silenzio delle stesse vittime: i bambini che subiscono hanno difficoltà a raccontare l’abuso ed insegnanti e genitori rimangono spesso ignari della realtà. Condizione questa che probabilmente determina in Italia una registrazione minore di casi rispetto ad altri paesi. Ma se il fenomeno non dipende più tanto dallo svantaggio socio-economico, è invece possibile secondo gli osservatori definire “un clima familiare”, che aiuta l’insorgere del bullismo: mancanza di coesione del gruppo familiare e di una chiara differenziazione dei ruoli e il passaggio del patrimonio di valori trasmessi dai genitori che determinano le strategie in cui i bambini affrontano al vita di tutti i giorni.
Rapporto Eurispes.
dal Redattore Sociale
Bullismo fenomeno sempre più frequente: il 41% dei bambini ha minacciato o picchiato un coetaneo
Il bullismo
sembra un fenomeno sempre più diffuso: ben il 41% dei bambini e il
46,6% degli adolescenti ha minacciato o picchiato un coetaneo. Lo
rileva il III Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e
dell’adolescenza, curato dall’Eurispes e
da Telefono Azzurro e presentato all’Università La Sapienza. “Spesso
le difficoltà a relazionarsi con il gruppo dei pari sfociano in
comportamenti di prevaricazione – ha spiegato Ernesto Caffo,
presidente di Telefono azzurro -. A causa di un’errata percezione di
sé, del rifiuto delle regole e della mancanza di autocontrollo,
unitamente ai modelli familiari, agli stereotipi imposti dai media, a
una scarsa attenzione da parte della scuola verso le dinamiche
relazionali, alcuni minori di età compresa tra i 7-8 anni e i 14-16
anni manifestano la loro aggressività, verbale o fisica, verso
coetanei più deboli”. Dai risultati emersi dall’indagine risulta che
il 30,7% dei bambini e il 33,5% testimonia di aver assistito a minacce
o atti di prepotenza all’interno della propria scuola; il 15,5% dei
più piccoli e il 10,8% degli adolescenti afferma che si verificano
anche continue violenze fisiche. Quindi circa il 40% degli alunni
delle elementari e il 28% degli studenti delle medie afferma di aver
subito prepotenze “qualche volta o piuttosto spesso”; rispettivamente
il 20% e il 15% dice di aver inflitto prepotenze ad altri compagni con
la stessa frequenza. Per quanto concerne gli Stati Uniti, “più della
metà dei giovani americani viene malmenato o minacciato nel corso del
periodo scolare – ha riferito Gian Maria
Fara, presidente dell’Eurispes – e almeno
il 10% subisce regolarmente episodi di bullismo”.
Sono 370mila gli under 18 italiani in condizioni di disagio. Le cifre diffuse dal Progetto Jump del Censis
dal Redattore sociale
Circa 370mila minori vivono situazioni di disagio acuto in Italia, avendo come denominatore comune “l’impossibilità di far vivere a questi giovani un’esistenza normale simile a quella dei propri coetanei”. È quanto ha evidenziato Anna Italia, responsabile del progetto Jump (Juveniles and Models of crime Prevention), promosso dal Censis e dal Programma europeo Oisin II, finanziato dall’Ue e conclusosi oggi al Cnel con il seminario “Meglio prima che mai. Amministrazioni locali e prevenzione della criminalità”.
(*) solo per
violazioni di norme relative al codice della strada
Link esteri sul bullismo:
In lingua inglese:
www.gold.ac.uk/euconf/index.html
http://weinholds.org/bullyindex.htm
www.safechild.org www.bbc.co.uk/education/bully/ http://members.tripod.com/-srcmp/programs/brave.html
In lingua francese
www.sgc.gc.ca/fpub/pol/f199404/f199404.htm www.grenoble.iufm.fr/formateur/treve.htm http://users.skynet.be/providence/frame1.html
In lingua spagnola www.revie.org/proince/violencia.htm www.pangea.org/edualter/material/dona/violencia.htm http://centros5.pntic.mec.es/cpr.de.la.latina.carabanchel/convivir/
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