MOBBING
Un ambulatorio
dedicato al mobbing per analizzare il fenomeno e sollecitare la
proposta di criteri di valutazione ha permesso tracciare un identikit
delle vittime. L’indagine è stata avviata da un gruppo di ricerca
presso l’Ospedale Sant’Andrea di Roma, costituito da medici del lavoro
e psichiatri dell’ambulatorio di Medicina del lavoro della seconda
Facoltà di medicina dell’Università “La Sapienza e l’Eurispes ha
anticipato alcuni risultati del Rapporto Italia 2003, che sarà
presentato il 31 gennaio prossimo presso l’Aula Magna dell’Università
“La Sapienza” di Roma.
In Italia il fenomeno coinvolge un milione di lavoratori, su oltre 21
milioni di occupati, maggiormente nelle regioni del Nord (65%). La
vittima è prevalentemente donna (il 52%) e il fenomeno è maggiormente
diffuso tra gli impegnati (79%)se poi si tratta di impiegati le
vessazioni raggiungono il picco del 79%. Sono questi alcuni profili
del “mobbizzato” che emergono da una ricerca ad hoc su questo tipo di
malattia professionale.
Da giugno 2001 a settembre 2002 i pazienti analizzati dall’equipe di
medici sono risultati essere per il 62,5% dipendenti di aziende
private (il resto appartenenti a quelle pubbliche) e per il 52%
diplomati (laureati e possessori di licenza media si attestano invece
ex equo al 24%). Circa lo stato civile, il 48% dei soggetti sottoposti
a indagine sono coniugati, il 14% divorziati o separati e il 38%
celibi o nubili. Le azioni mobbizzanti subite dai pazienti per il 3%
hanno avuto una durata inferiore ai sei mesi, per il 27% tra sei mesi
e un anno, per il 40% tra uno e due anni e per il 30% oltre i due
anni.
A livello europeo, secondo un sondaggio eseguito per conto dell’Ue,
l’8% dei lavoratori della Comunità, corrispondente a 12 milioni di
casi, è stato vittima del mobbing sul posto di lavoro. Le percentuali
più elevate si registrano nel Regno Unito (16,3%), Svezia (10,2%),
Francia (9,9%), Irlanda (9,4%), Germania (7,3%); l’Italia guida la
parte bassa della classifica con il 6% e precede Spagna (5,5%), Belgio
(4,8%) e Grecia (4,7%).
Mobbing, il 39%
delle vittime accusa panico, depressione e disturbi del sonno, ma
anche abuso di alcol, fumo e farmaci
Accuse di scarsa
produttività, assegnazione di compiti superiori a pari grado o a
subordinati della vittima; assegnazione di obiettivi impossibili per
il livello professionale della vittima e per il tempo concesso non
adeguato al compito; attribuzione di compiti non necessari, richiesti
urgentemente e, una volta assolti, neppure controllati. Sono queste
secondo il Rapporto Eurispes alcune delle situazioni più
frequentemente riferite dai pazienti analizzati pazienti analizzati
dall’equipe di medici dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma per esercitare
violenza psicologica.
Le persone che si
sono rivolte allo sportello ambulatoriale hanno riferito di
contestazioni o richiami disciplinari non adeguati all’entità della
mancanza loro attribuita, di aver subito un declassamento delle
mansioni rispetto alla qualifica attribuita, di essere state escluse
da riunioni plenarie o di aver subito generiche critiche circa lo
svolgimento del lavoro, con rifiuto però a motivarle.
Essere sottoposti a violenza psicologiche in ufficio può arrivare a
causare importanti patologie. Secondo l’equipe che ha lavorato a
questo progetto il 39% dei pazienti presentavano sintomi patologici
riconducibili ad una situazione di stress: astenia, ansia,
depressione, panico, disturbi del sonno, irregolarità
nell’alimentazione, alcolismo, tabagismo, uso improprio di farmaci.
Non raro (31%) anche il riscontro di sintomi fisici quali cefalea,
vertigini, eruzioni cutanee, tachicardia, senso di ambascia
precordiale, ipertensione arteriosa e disturbi dell’apparato
gastrointestinale come gastrite, ulcera e colite spastica. Nel 63% dei
casi esaminati i medici si sono trovati di fronte a un disturbo
dell’adattamento; il 28% risulta affetto da patologie psichiatriche,
mentre solo il 9% dei pazienti non hanno presentato patologie
psichiche degne di nota.
Tra i pazienti, il
15% aveva sofferto già in precedenza di patologie psichiatriche,
mentre per l’85% non risultano all’anamnesi sindromi psichiatriche
pregresse.
Mobbing, è
l'Italia il Paese in Europa con la percentuale più bassa di denunce
(8,1%)
Nel nostro Paese
sarebbero afflitte da mobbing oltre un milione di persone, a fronte di
12 milioni nell’Unione Europea (dati di Prima, Associazione Italiana
contro Mobbing e Stress, diretta dal professor Harald Ege). Esistono
diverse indagini volte a delimitare il fenomeno. In Italia - il Paese
in Europa con la percentuale più bassa di denunce - l’8,1 per cento
dei lavoratori ha dichiarato di essere stato “mobbizzato” e, secondo
dati della Cgil (sportello della Camera del lavoro di Roma), il 55%
delle denunce riguarda grandi aziende, il 20% il settore pubblico il
15% studi professionali, cooperative, enti no profit e
religiosi. Nel 90% dei casi si tratterebbe di mobbing “strategico”.
Recenti studi europei dimostrano che un lavoratore su dieci ha subito
nell'ambito del suo lavoro atti di intimidazione, mentre uno ogni
venticinque violenze fisiche, e ogni giorno si rivolgono alla Clinica
del Lavoro dell'Università di Milano sette nuovi casi di mobbing che
vengono seguiti in Day Hospital.
Il mobbing colpisce soprattutto la fascia di età tra i 41 e i 50 anni,
molto raramente i lavoratori sotto i 30 anni. Le più colpite sono le
aziende del terziario e le case farmaceutiche; dati dell’Ispsel
(l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro, a
Roma) riportano che, su un campione di 300 persone intervistate si è
rilevato un 38% di “vittime da mobbing” nei servizi/industria, 22%
nell’amministrazione pubblica, 12% nella scuola/università. Ma la
Fisac Campania che ha attivato un numero verde (800 325500) in
collaborazione con la Cgil afferma che i dati indicano come oggi il
mobbing sia “una malattia sociale a carattere trasversale che colpisce
i lavoratori degli enti pubblici e privati, le grandi città e i
piccoli centri, le fabbriche delle multinazionali e le aziende a
conduzione familiare”.
L’Ambulatorio
Specializzato per i Disturbi da Disadattamento Lavorativo della Asl
Napoli 1, nato proprio da una richiesta di collaborazione della Fisac
(Federazione Sindacale Lavoratori Assicurazioni e Credito), riporta
che “dal marzo 2000 al maggio 2001, sono stati esaminati 220 casi di
lavoratori che segnalano una condizione di persecuzione personale o
comunque di grave disagio nell'ambiente lavorativo”. Di questi, il 35%
sono donne, il 18% sono assicurativi o bancari, il 17% lavoratori
della sanità, il 24% provengono dalla pubblica amministrazione, 1'11%
provengono da altre aziende private, il 10% sono operai. Secondo la
Cgil, gli aggressori sono “perversi narcisisti (definiti così dalla
studiosa di vittimologia Marie-France Hirigoyen) che “tendono a
presentarsi come moralizzatori e hanno un solo scopo: far vacillare
l’altro negandone l’identità, evitare il conflitto diretto per
attaccare la persona paralizzandola, senza perderla e per averla a
disposizione”. Questa persecuzione subdola e sottile si anniderebbe di
più nelle aziende in fase di ristrutturazione, caratterizzate da
un’inadeguata organizzazione del lavoro e maggiore competitività. (ida
palisi)
Mobbing: la
vittima è isolata, screditata e squalificata. Spesso è un modo per
eliminare lavoratori ''scomodi''
Gli psichiatri la
paragonano alla tortura ed è, di fatto, una situazione di persecuzione
psicologica senza apparente via d’uscita, che interessa dinamiche di
gruppo nell’ambiente di lavoro. Emarginazione, assegnazione di compiti
dequalificanti, compromissione dell'immagine sociale nei confronti di
clienti e superiori, diffusione di maldicenze, critiche continue,
accuse ingiuste, sistematica persecuzione: sono queste le circostanze
che contribuiscono a creare quello che nel 1984 lo psicologo tedesco
Heinz Leymann ha definito come “terrorismo psicologico sul luogo di
lavoro”, e che, con un termine mutuato dall’etologia, comunemente
viene detto mobbing. Caratterizzato dalla ripetizione protratta nel
tempo, il mobbing descrive una dinamica che viene esercitata sul posto
di lavoro, da un superiore o da colleghi singoli o in gruppo, con lo
scopo di isolare e costringere al ritiro una persona ritenuta scomoda.
Non un singolo episodio di critica o di conflitto, ma un lungo
processo di azioni vessatorie intenzionali di fronte alle quali la
persona vessata non ha alcun potere di difesa, con gravi conseguenze
psico-fisiche per la vittima: solo di fronte ad una routine del
conflitto, fatto di azioni sistematiche, frequenti e protratte nel
tempo, con intenzionalità negativa e impossibilità di difesa, si può
parlare di mobbing. Le azioni mobbizzanti tipiche tendono a isolare il
lavoratore, a impedirne la comunicazione con il gruppo, a screditarlo
e dequalificarlo. Si inizia con attacchi apparentemente
insignificanti, come battute di cattivo gusto, fino ad entrare in
un’escalation di aggressioni sempre più insistenti che colgono
impreparata la vittima, che inizia a cercare la causa dell’ostilità,
spesso autocolpevolizzandosi. Eruzioni cutanee, ulcera, problemi
cardiaci, ansia, depressione, disturbi del sonno e del comportamento
(cattiva alimentazione, alcolismo, tabagismo, uso improprio di
farmaci, aggressività, disadattamento sociale): la scala dei sintomi
del mobbizzato arriva fino a manifestazioni paranoiche e disturbi
della personalità. Il mobbing può portare all' invalidità psicologica
e in Svezia un'indagine statistica ha dimostrato che tra il 10 ed il
20% dei totale dei suicidi in un anno ha avuto come causa scatenante
fenomeni di mobbing. In Svezia la violenza morale è un crimine dal
’93; in Italia vari provvedimenti assistono le vittime di mobbing,
anche se non esiste ancora una legge ad hoc.
Secondo un’analisi
dell’Unità Operativa di Salute Mentale diretta dallo psichiatra
Claudio Petrella, della ASL Napoli 1 (la prima azienda ospedaliera in
Italia ad aprire un centro sul mobbing) la “patologia da
disadattamento lavorativo è una vera e propria piaga particolarmente
diffusa nel settore terziario e in tutte quelle situazioni in cui
componenti fondamentali dell'organizzazione del lavoro sono la
relazione interpersonale, la distribuzione delle responsabilità
decisionali e progettuali, la definizione degli ambiti di autonomia”.
All’ambulatorio di Napoli riportano l’esempio di un manager di
cinquant’anni, definitosi “lavoratore terminale” perché costretto ad
abbandonare, dopo aver ottenuto successo, un posto di lavoro che
credeva di conservare per tutta la vita, senza riuscire più a
collocarsi in un mercato del lavoro dove si fa spazio ai giovani e si
tende al risparmio. La forma di mobbing più comune sarebbe, infatti,
quella di tipo “strategico”, vale a dire un’azione aziendale messa a
punto per eliminare lavoratori non ritenuti idonei o sostituirli con
più giovani. Con il mobbing si colpiscono gli esuberi aziendali, si
mettono alla prova i neoassunti, ci si sbarazza delle persone ritenute
scomode, perché particolarmente precise e capaci, di fatto “diverse”
rispetto al gruppo lavorativo.
Il fenomeno nel nostro Paese assume frequentemente anche l’aspetto di
“doppio mobbing”, perché si estende a tutta la sfera della vita
dell’individuo, compresi gli affetti e la famiglia: secondo il
professor Herald Ege (presidente dell’associazione Prima), sono almeno
5 milioni le persone coinvolte nel fenomeno, da amici o familiari
delle vittime. Oltre all’aggressione psicologica attuata come
strategia aziendale, rientrante nel mobbing “verticale” (detto anche
bossing, se attivato dall’azienda, e bullying, se da un singolo capo),
secondo gli studi del professor Ege anche quella messa in atto dai
colleghi, il cosiddetto “mobbing orizzontale” può portare conseguenze
molto dannose per la salute della vittima e per l’azienda, che
registra un calo di produttività nei settori con dipendenti mobbizzati
dai colleghi. In Svezia ed in Germania centinaia di migliaia di
persone sono finite in pre-pensionamento o anche in clinica
psichiatrica per mobbing sul posto di lavoro, gravando sull’azienda
sia per il deterioramento del clima lavorativo e del livello di
produzione, sia per i costi da sostenere per i periodi di malattia dei
dipendenti. Il mobbing aumenta il tasso di disoccupazione, rende
improduttiva la vittima estromettendola dal mondo del lavoro e grava
sull’intera comunità, perché “un lavoratore costretto alla pensione a
soli 40 anni costa alla società ben 1 miliardo e 200 milioni di lire
in più di uno pensionato all’età prevista dalla legge”. (ip)
Mobbing, la storia
di un addetto alle pulizie: ''Non dormivo più e fumavo dieci volte più
del normale''
Se è vero che il
mobbing colpisce soprattutto i "colletti bianchi", non è però da
escludere che possa verificarsi anche tra categorie diverse di
lavoratori, per fattori estranei alla competitività o all’avanzamento
di carriera. È questo il caso di un addetto alle pulizie di una nota
piscina napoletana, situata nel centro commerciale della città e molto
frequentata. A denunciare il responsabile dell’impianto, lo scorso
maggio, è stato V. D., un giovane di 36 anni obbligato da continue
vessazioni ad abbandonare il posto di lavoro dopo quattordici anni di
servizio. Ora, che è separato e ha un figlio di otto anni, è costretto
ad arrangiarsi con occupazioni saltuarie (fa l’inserviente presso una
pompa di benzina) per mantenere la famiglia. Si è rivolto ad un
avvocato dopo due anni di tribolazioni, un certificato medico che
accertava aritmia cardiaca e vari sintomi da stress da mobbing:
depressione, ansia, insonnia, pensiero fisso sul lavoro.
“Tremavo sempre –
spiega – non riuscivo più a dormire, ero sempre agitato, fumavo dieci
volte di più del normale. Anche i miei genitori sono stati sconvolti
da questa storia”. Tutto sembra essere iniziato quando, quattro anni
fa, la piscina ha cambiato gestione ed è arrivato un nuovo direttore,
il genero del proprietario, che sembra aver avuto subito un
atteggiamento ostile nei confronti del giovane e del suo collega, uno
zio in servizio da 23 anni.
“Con mio zio mi
occupavo della manutenzione della piscina, degli spogliatoi e della
pulizia. Per dieci anni, con il vecchio direttore, non ho mai avuto
problemi. La gente ci conosceva, avevamo un buon rapporto sia con la
direzione che con i clienti abituali. Il nuovo responsabile ha
iniziato ad accusarci di rubare i soldi dalle cassette degli
asciugacapelli, che funzionano con monete da duecento lire. Ma
figuriamoci se dopo tanti anni di lavoro mi mettevo a rubare gli
spiccioli! Poi è arrivata l’accusa più grossa, quella di essere stati
gli organizzatori di un furto nell’ufficio della direzione. Il
direttore ci mandava continuamente lettere d’accusa additandoci come
responsabili della sparizione di alcune cose”. Le vessazioni, ai suoi
occhi, sembravano sempre più ingiustificate, e inspiegabili. “Non so
perché volesse mandarci via, forse perché era geloso del buon rapporto
instaurato con i clienti e si sentiva escluso, oppure voleva
rimpiazzarci con qualcun altro che lavorasse a nero, a costi più
bassi. Mio zio ha resistito, anche perché è lì da tanti anni, ma io
non ce l’ho fatta più”. Ad un certo punto, infatti, il direttore ha
assunto un inserviente di colore che ha iniziato a sostituire V. in
tutte le sue mansioni, “mentre io – spiega – ero obbligato a fare
lavori più pesanti, che non mi competevano, come la pulizia nelle sale
filtri e nella caldaia a temperature che superavano i 40° gradi.
Spesso, poi, ero costretto a lavorare anche fuori orario, soprattutto
il sabato, facevo turni lunghissimi, da solo”. Era anche costretto a
prendersi le ferie in autunno, e a lavorare fino a metà agosto,
anziché fino al 22/23 luglio, giorni di chiusura della piscina. “Ma la
cosa peggiore – dice – è che il mio datore di lavoro negava di
avercela con me, di agire in maniera penalizzante nei miei confronti”.
Dopo due anni di
continui abusi, ha ceduto le armi e si è licenziato, ma rivolgendosi
subito dopo ad un avvocato, perché vuole un giusto risarcimento per
quanto ha subito. “Psicologicamente adesso mi sento meglio – conclude
– ma quanto è successo mi fa ancora molta rabbia, perché ho sempre
lavorato sodo e onestamente, e ora invece, per qualche colpa che non
ho commesso, devo arrangiarmi con lavoretti saltuari”. (ida palisi)
Pappone
(psichiatra): ''E' una forma di tortura. Il più colpito è lo
stacanovista''
"Il mobbing è un
disturbo di relazione, non una malattia psichiatrica, ma le
conseguenze producono gravi sofferenze psichiche che possono sfociare
in una malattia vera e propria", spiega il professor Claudio Petrella,
psichiatra e psicoterapeuta, direttore dell'Unità Operativa di Salute
Mentale di San Ferdinando Chiaia e Posillipo della Asl Napoli 1.
Proprio a Napoli la psichiatria pubblica offre, per la prima volta in
Italia, un programma di assistenza mirato e specifico antimobbing.
Secondo quanto sostenuto da Leymann, gli affetti da mobbing presentano
"un disturbo post-traumatico da stress", definito nella
classificazione del DSM IV come una patologia psichiatrica di tipo
cronico derivante dall'esposizione ad una minaccia fisica molto
intensa. La definizione è nata negli anni '70 in America per
descrivere la patologia dei reduci dalla guerra in Vietnam. Tra i
sintomi che presenta una vittima di mobbing, ricordo quelli tipici
dello stress cronico, come ipertensione, colite, ulcera, dolori
muscolari, ma anche l'impossibilità di godere di esperienze di vita
normali, dalla sfera sessuale a quella della vita sociale. Per
affrontare questo complesso fenomeno, è indispensabile intervenire
mediante un approccio integrato che comprenda un intervento
psicoterapeutico, una mediazione sociale, un' eventuale terapia
farmacologica nei casi più gravi, ed il collegamento con le
metodologie del self help.
"Pur cambiando il nome a seconda degli orientamenti degli psichiatri -
spiega il dottor Paolo Pappone, psichiatra, referente dell'ambulatorio
specializzato di psicopatologia del lavoro - la definizione di Leymann
sembra essere accettata, anche perché la patologia tende ad essere
cronica, a manifestarsi cioè oltre il periodo di esposizione allo
stimolo. Per questo, "il fenomeno più simile al mobbing è la tortura.
Anche la vittima di mobbing si trova in una situazione da cui non può
uscire, è lesa nei suoi diritti, non si può ribellare, viene
intrappolata in un sistema sottile di ricatto e di aggressività fino
al punto da essere esclusa dal gruppo, perdere la libertà di
lavoratore, la posizione nell'azienda, fino ad essere costretta ad
andarsene". E anche se il mobbing sembra non dipendere dalla struttura
della personalità della vittima ma da stimoli esterni, esistono
tuttavia alcune categorie "a rischio". Il più colpito, infatti, è il
cosiddetto "buon lavoratore", lo stacanovista che, "ha l'espressione
sul lavoro come parte importante della sua identità e del suo essere
sociale, e proprio per questo è più vulnerabile".
"Il paziente vittima del mobbing è una persona sospettosa, in una
condizione di allarme continuo. Non riesce più a staccarsi col
pensiero dalla sua situazione, e questo gli impedisce di trovare
piacere nelle cose: non ha voglia di vedersi con le persone, in casa
parla soltanto del suo problema lavorativo. La conseguenza secondaria
è una situazione di isolamento sociale e di doppio mobbing (così
definita da Herald Ege): in famiglia e nelle relazioni sociali vive un
isolamento speculare e parallelo a quello che vive sul mondo del
lavoro". Può anche accadere che una persona sottoposta a mobbing per
periodi molto lunghi - otto/dieci anni - sovrastimi l'atteggiamento
degli altri nei suoi confronti e scivoli lentamente verso la paranoia.
"Anche se la psichiatria discute se sia possibile o meno modificare
stabilmente la personalità di un soggetto in conseguenza di eventi di
vita, c'è un filone di studi che sostiene che in casi di lunga
esposizione a mobbing si possono sviluppare comportamenti stabilmente
alterati, che danno luogo ad una vera e propria alterazione della
personalità".
Molte persone che si rivolgono all'ambulatorio sembrano non rendersi
conto di essere mobbizzate, "non sono coscienti del reale meccanismo
interpersonale che si è creato e sono vittime di un errore di
valutazione che porta ad una attribuzione di colpa, si sentono in
qualche modo responsabili di quello che accade, anche se non lo sono".
Di tutte le tipologie di mobbing, secondo il dottor Pappone, quello
meno pericoloso è il mobbing verticale discendente, attivato da un
superiore che tormenta un subalterno o gruppo di subalterni, e che
spesso ha una finalità strategica: "È il meno grave perché si può
interpretare e dargli una spiegazione. Il mobbing verticale non
strategico e orizzontale non strategico, invece, possono essere una
vera e propria patologia, con un persecutore che per una sua modalità
caratteriale, per una sua vena sadica mette un'altra persona o gruppo
di persone in condizione di doversene andare. Questo è il mobbing più
grave perché non si riescono a dare spiegazioni, molto spesso viene
svolto da una personalità disturbata ed è più difficile da
riconoscere. Così, il nostro principale lavoro di prevenzione del
danno è di mettere la persona in condizione di valutare esattamente
quello che accade". D'altro canto, però, la grossa attenzione sul
mobbing mostrata dai media negli ultimi anni sembra aver portato anche
ad una confusione nella valutazione del fenomeno: può capitare, ad
esempio, che lavoratori che hanno subito una riduzione di stipendio o
il licenziamento, si sentano mobbizzati, mentre sono semplicemente
vittime di un'ingiustizia. Spiega lo psichiatra Francesco Blasi,
responsabile della riabilitazione psichiatrica della unità operativa:
"Adottiamo una serie di procedure - dal questionario basato
sull'analisi differenziale, ai colloqui con l'assistente sociale e con
lo psichiatra - per giungere ad una valutazione psico-diagnostica che
non solo eviti l'uso improprio del termine 'mobbing' ma consenta anche
di scoprire i nessi di causalità tra sofferenza psichica e situazione
lavorativa. Si possono scoprire anche casi di persone che hanno
patologie mentali che non sono determinate ma solo attivate dal
mobbing".Blasi cita ad esempio il caso del dipendente dell'Anas di
Agrigento qualche tempo fa apparso nelle cronache nazionali perché
colpevole di aver assassinato il suo capo ufficio, spiegando che
potrebbe trattarsi di una patologia psichiatrica latente esplosa in
omicidio.
“Riteniamo sia molto importante costituire un pool di persone che si
occupino del fenomeno nella sua globalità, non solo psichiatri, ma
anche psicologi, medici del lavoro, sindacalisti e avvocati, che
tutelino sia il lavoratore che l'azienda". E' fondamentale inoltre
coinvolgere la famiglia del paziente colpito per contrastare
efficacemente il fenomeno del "doppio mobbing", ossia il degrado delle
relazioni familiari indotte dal mobbing. La Regione Campania utilizza
la struttura della Asl per un osservatorio regionale che si occuperà
anche di prevenzione, di programmi di informazione degli utenti e di
formazione degli operatori. (ida palisi)
Chi telefona al servizio
milanese SOS Mobbing
Anni
2000-2001-Sett. 2002 |
|
2000 |
2001 |
2002
(fino a Settembre) |
Totale telefonate |
63 |
64 |
33 |
Maschi |
29 |
17 |
14 |
Femmine |
34 |
47 |
19 |
3° media |
35 |
29 |
19 |
Diploma
superiore |
25 |
24 |
12 |
Laurea |
3 |
11 |
2 |
Iscritti
al sindacato |
38 |
29 |
19 |
Subiscono
da 1-3 anni |
14 |
32 |
8 |
Fonte: SOS
Mobbing, Milano
Mobbing, la tutela
legale
Il primo Paese ad
aver adottato una legge che riconosce il mobbing come malattia
professionale è stata la Svezia, dove l’Ente Nazionale per la salute e
per la sicurezza svedese, ha introdotto, sin dal 31 marzo del 1994,
alcune “disposizioni relative alle misure da adottare contro forme di
persecuzione psicologica negli ambienti di lavoro”. Il legislatore
svedese impone infatti al datore di lavoro di pianificare ed
organizzare il lavoro in modo da prevenire detti fenomeni e da
adottare i provvedimenti nel caso si verifichino.
In Italia la prima
sentenza sul mobbing in Italia è stata emessa dal Tribunale di Torino
il 16 novembre 1999, mentre nel gennaio 2001 è stato sottoscritto il
primo accordo aziendale contro le violenze psicologiche nei luoghi di
lavoro, con un''intesa tra i sindacati nazionali che interessa oltre
5000 dipendenti. I casi di mobbing possono essere denunciati all’INAIL
come malattie professionali “non tabellate”, vale a dire che spetta al
lavoratore provare la "violenza morale in ambito lavorativo",
attraverso la raccolta di documentazione varia: lettere di richiamo o
di biasimo, modifica di mansioni, trasferimento di sede di lavoro,
spostamento di ufficio, e così via. Attraverso una diagnosi specifica
(che i centri di Igiene Mentale delle Asl e la Clinica del Lavoro
dell’Università di Milano possono certificare), il lavoratore deve
provare di aver subito mobbing vero e proprio, diverso altre forme di
violenza morale quali lo stress lavorativo o lo stalking (controllo
costante dei lavoratori mirante ad abolire tutti i tempi morti).
Secondo un formulario diffuso dalla CGIL (e qui di seguito integrato),
una corretta anamnesi lavorativa deve concentrarsi sui seguenti punti:
§ grandezza
dell’azienda e del reparto del mobizzato, settore produttivo;
§ predeterminazione della persecuzione, non già occasionalità o mera
gratuità del comportamento;
§ insidia alla personale reputazione (evidenziazione negativa di
difetti);
§ storia lavorativa all’interno dell’azienda e determinazione
temporale dell’attività in cui il lavoratore avrebbe subito il mobbing;
§ contesto nel quale si inseriscono le azioni potenzialmente
mobizzanti;
§ durata della violenza morale in numero di mesi ;
§ frequenza degli attacchi;
§ caratteristiche e modalità degli attacchi subiti;
§ numero dei soggetti praticanti tali violenze e loro ruolo
all’interno dell’azienda;
§ eventuali forme di violenza sessuale e, se si sono verificate, di
che tipo;
§ valutazione del lavoratore sulle eventuali motivazioni del mobbing;
§ eventuale coinvolgimento dei colleghi o dei superiori gerarchici da
parte del mobbizzato;
§ situazione interna all’azienda (periodi di riduzione del personale,
ristrutturazioni etc);
§ epoca di esordio delle manifestazioni patologiche;
§ definizione esatta delle diverse patologie con attenzione anche allo
stato di salute anteriore;
§ valutazione soggettiva dell’autostima del lavoratore riferito
all’epoca precedente e successiva le azioni di mobbing.
Secondo la legge
italiana, sono riconosciute tre diverse categorie di danno determinate
dal mobbing: danno alla salute (danno biologico), riduzione della
capacità lavorativa specifica e inabilità permanente al lavoro,
parziale o assoluta. In particolare, il primo è il danno che consegue
dalla compromissione del bene/salute, fondato sulla integrità
psico-fisica della persona, da cui deriva lo stato di benessere
personale e la possibilità di poter svolgere la vita per tutta la sua
durata, secondo le ordinarie attività proprie della comunità civile in
cui il soggetto vive, di poter realizzare il personale progetto di
vita, comprendendo in ciò le relazioni interpersonali e sociali. Il
bene salute è costituzionalmente protetto, indipendentemente dalla
posizione culturale, economica e sociale della persona e, in base
all’articolo 2087 del codice civile (ribadito ed esteso dall’articolo
3 del decreto legislativo n° 626/94), il datore di lavoro deve
prevenire i danni alla salute, adottando tutti gli strumenti resi
disponibili dall’attuale stato della scienza e della tecnica benché
non espressamente contemplati dalle norme antifortunistiche.
Il datore di
lavoro è tenuto al risarcimento sia del danno patrimoniale che di
quello non patrimoniale - danno biologico e danno morale - qualora il
lavoratore possa dimostrare non solo di aver subito una lesione fisica
o psichica (anche non permanente), dovuta al lavoro ma anche che tale
danno sia stato causato da una condotta colposa. Il danno morale è
riconosciuto (in aggiunta al danno biologico) soltanto quando gli atti
compiuti acquistano, almeno in astratto, rilevanza di reato.
(Cassazione 4012/98 – 3131/98). Il diritto è da valersi nei cinque
anni dalla cessazione dell’attività lavorativa.
Un aspetto particolare del danno biologico è quello di natura
psichica, che riguarda anche il cosiddetto “doppio mobbing”, con il
trasferimento delle conseguenze delle molestie morali all’interno
della famiglia e della sfera della vita privata. Questa tipologia di
danno è tutelata dall’articolo 13 del decreto legislativo n° 38/2000,
che stabilisce un indennizzo da parte dell’INAIL in caso di “lesione
all’integrità psico-fisica, suscettibile di valutazione medico-legale,
della persona".
L’accertamento della riduzione della capacità lavorativa specifica del
lavoratore fa riferimento alle caratteristiche professionali del
lavoratore, sia a quelle acquisite con apposita formazione
professionale che a quelle formate attraverso l’esperienza lavorativa.
Infine, al mobizzato può essere riconosciuta l’inabilità permanente,
parziale o assoluta alla capacità lavorativa generica. C’è poi un
danno patrimoniale del lavoratore quale lucro cessante, vale a dire la
perdita di speciali compensi per le prestazioni assegnategli,
avanzamenti di carriera ovvero una ingiusta collocazione a riposo. La
Corte Costituzionale, con sentenza del 14 luglio 1984 n. 184, ha
riconosciuto la risarcibilità di tutti i danni che ostacolino “le
attività realizzatrici della persona umana”.
Vi è contrasto invece sulla riconoscibilità del danno alla
professionalità che consiste nella perdita di preparazione
professionale, di occasioni, di esperienza, di capacità di carriera
subita dal lavoratore in ragione della condotta perpetrata nel tempo
nei suoi confronti. Si tratta di una responsabilità contrattuale
tutelata anche dall’art. 35 della Costituzione (il cui diritto è da
valersi nei dieci anni dalla cessazione dell’attività lavorativa).
L’attuale orientamento della Cassazione al riguardo è assai rigido,
poiché obbliga il lavoratore al rigoroso onere della prova (Cassazione
8835/91 – 931/93).
Fonte: consulenza legale dell’avv. Constantinos Varvarigos
Mobbing in Italia:
chi se ne occupa
Si occupano di
mobbing vari istituti, aziende ospedaliere, associazioni e sindacati.
Riportiamo qui di seguito i riferimenti di alcune tra le esperienze
maggiormente consolidate nel nostro Paese.
A Milano c'è la Clinica del Lavoro "<B<>"(Via SS. Barnaba, 8, Milano
tel: 002/57992644 fax 02/5454091), un iistituto che affronta lo studio
delle problematiche attinenti al lavoro con un approccio
interdisciplinare, avvalendosi di un'équipe di neuropsichiatri,
psicologi e medici del lavoro. L'istituto ha un apposito Centro per la
Prevenzione, Diagnosi, Cura e Riabilitazione del Disadattamento
Lavorativo diretto da Renato Gilioli. Nel febbraio del '99 ha
organizzato il primo Seminario Nazionale sul Mobbing, con un seguito
negli anni successivi.
Ha sede a Milano
Mobby (sito http://mobby2000.freeweb.supereva.it/, telefono 330
473380 e-mail: mobby_1999@yahoo.it), un'associazione fondata da
mobbizzati che organizza gruppi di autoaiuto con lo scopo di fornire
sostegno morale ed emotivo alle persone che subiscono il mobbing.
L'associazione fa attività di prevenzione attraverso l'informazione e
la sensibilizzazione nel mondo del lavoro, in particolare medici,
psicologi, studi legali e al management nelle aziende.
A Roma l'Ispes, l'Istituto superiore per la Prevenzione e la
Sicurezza del Lavoro (sito internet: http://www.ispesl.it, via
Alessandria, 220/E, 00198 Roma), che al suo Laboratorio di Psicologia
e Sociologia del Lavoro ha organizzato un centro d'ascolto per il
mobbing, tel: 06/44280390 – 06/44280403.
Sempre nella capitale è attivo il MIMA, Movimento Italiano
Mobbizzati Associati (Via Filippo MEDA, 169 00157 Roma tel. 06/4510843
sito internet:
http://soalinux.comune.firenze.it/7/cddm/mobbing.htm ). Si tratta
di un'associazione indipendente fondata da mobbizzati romani che
avevano precedentemente aderito al gruppo di autoaiuto attivo presso
l'ISPESL.
All'Università
degli Studi di Bologna - Facoltà di Psicologia (Via Zamboni, 34
Bologna), presso l'indirizzo di "Psicologia del Lavoro e delle
Organizzazioni" il professor Marco Depolo ha costituito un gruppo di
ricerca sul mobbing. Scopo della ricerca, che segue un approccio
situazionale al fenomeno, in linea con il lavoro di Leymann, è
individuare se esistano particolari ambienti organizzativi
maggiormente a rischio di mobbing.
A Bologna ha sede anche PRIMA, Associazione Italiana contro
Mobbing e Stress Psicosociale (via Tolmino, 14, 40134 Bologna tel. 051
6148919 fax. 051/941926, sito internet
http://associazioni.iol.it/prima/htmlv200.htm ), il cui
presidente è il dottor Harald Ege, uno dei maggiori esperti del
fenomeno, che dirige la "Collana Mobbing" edita da Pitagora Editrice.
L'associazione Prima, oltre allo scopo della ricerca e della
formazione, ha anche la finalità di aiutare psicologicamente e nei
fatti le vittime del mobbing. Offre un servizio gratuito di colloquio
preventivo e di consulenza, la possibilità di intermediazione con
l'azienda e di intraprendere, se opportuno, le vie legali.
A Napoli presso il distretto 44 della Asl Napoli 1 (Via Monte
di Dio, 25 tel. 2547062 / 64 sito:
http://scddna1.freeweb.supereva.it/ ) diretto dal professor
Claudio Petrella è stato aperto un Ambulatorio Specializzato per i
Disturbi da Disadattamento Lavorativo dell'Unità di Salute Mentale,
che è stato individuato dalla Regione Campania come Osservatorio sul
Mobbing.
Fonte: Rs
Mobbing, il
glossario
Quando si parla di
mobbing vengono usati alcun termini, come:
Bossing (spadroneggiare, comandare): mobbing compiuto dalla
stessa azienda o dalla direzione del personale. In italiano è anche
detto mobbing di tipo verticale, che può essere mobbing pianificato
quando corrisponde ad una strategia aziendale di riduzione,
ringiovanimento o razionalizzazione degli organici
.
Bullying (tiranneggiare): molto diffuso in Inghilterra, indica
i comportamenti vessatori di un singolo capo verso un suo sottoposto.
Anche il bullying rientra nel mobbing di tipo verticale.
Harassement (molestia): utilizzato prevalentemente negli Stati
Uniti, ha lo stesso significato di bossing ma si riferisce, oltre che
al mondo del lavoro, anche ad altri contesti.
Mobbing di tipo orizzontale: l’azione discriminatoria è messa
in atto dai colleghi nei confronti del soggetto colpito.
Mobbing individuale: descrive una situazione in cui oggetto
delle vessazioni è il singolo lavoratore.
Mobbing collettivo: indica che gli atti discriminatori
colpiscono gruppi di lavoratori. In questa tipologia possono rientrare
i casi di ristrutturazioni aziendali, prepensionamenti, cassa
integrazione.
Mobbing dal basso sia individuale che collettivo: viene messa
in discussione l’autorità di un superiore.
Mobbing sessuale: indica attenzioni non volute, verbalmente
offensive e aggressive.
Mobbizzato: il lavoratore-oggetto delle azioni mobbizzanti,
colui che subisce le persecuzioni vessatorie.
Mobber: l’agente attivo delle azioni mobbizzanti,
tendenzialmente identificato in un singolo attore.
In inglese si possono trovare varie espressioni usate come sinonimi di
mobbing: bullying at work, work harassment, psychological terror, work
abuse, victimization at work. In italiano, come sinonimi di mobbing,
si ricorre ad espressioni quali molestie morali sul posto di lavoro,
terrorismo psicologico in ufficio, vittimizzazione psicosociale sul
lavoro.
Mobbing
Mobbing deriva
dall'inglese to mob, aggredire che in etologia sta ad indicare
"l’insieme dei comportamenti di minaccia esibiti dagli uccelli di
fronte all’attacco di un predatore". Introdotto nel ’72 nell’ambito
dell’aggressione umana, per traslato, in inglese il termine significa
"malmenare", mentre in americano mob indica anche un gruppo di
malavitosi e, per esteso, la mafia. Nella medicina del lavoro mobbing
serve ad indicare una forma di violenza psicologica esercitata sul
posto di lavoro attraverso attacchi ripetuti da parte dei colleghi o
dei dirigenti, che distrugge la persona psicologicamente e la isola
socialmente, fino a indurla a rassegnare le dimissioni. In
collegamento col termine mobbing, ne vengono utilizzati altri per
specificare le varie tipologie che può assumere il fenomeno delle
violenze psicologiche in ambito lavorativo.
Mobbing in
"Internet"
Associazione: La
punta dell''iceberg, associazione fondata dalle vittime del mobbing
che opera solo su Internet. Il sito ospita riunioni on-line alle quali
tutti possono partecipare. http://members.xoom.it/icebergpunta/
CGIL: Quando la squadra diventa branco. CGIL, Convegno del 19 aprile
2000. Una sintesi della relazione introduttiva di Franca Di Gennaro.
http://www.cgil.it
Come far scoppiare i lavoratori non desiderati. A cura dell''Istituto
di formazione e di consultazione in psichiatria e analisi
transazionale eto-inamiche. http://www.sieb.org/sieb/giornale/mobbing.htm
Legge e giustizia. La prima newsletter italiana di informazione
giuridica; uno strumento di aggiornamento rapido e sintetico, anche
per i non addetti ai lavori, ospita le sentenze dei tribunali sui casi
di riconoscimento del danno biologico da mobbing.
http://www.legge-e-giustizia.it/
Osservatorio e ricerca giuridica sul Mobbing. Il sito è curato dallo
Studio legale Piccioli. Interessante la rassegna stampa "Cronache di
mobbing". http://web.tin.it/mobbing/
Rassegna Sindacale. L''impegno della CGIL in materia di mobbing e
molte altre risorse. http://www.rassegna.it/diritti/mobbing.htm
Heinz Leyman. L''enciclopedia del mobbing curata dal massimo studioso
europeo del fenomeno scomparso nel 1999. Il sito è aggiornato dai
colleghi. http://www.leymann.se/Mobbing-USA.com
"Mobbing: emotional abuse in american workplace". Un sito ed anche un
libro che si propone di sensibilizzare l''opinione pubblica
statunitense.
http://mobbing-usa.com/
Università di Francoforte. I risultati di alcuni studi effettuati in
Germania ed in Svizzera, raccolti dai ricercatori della Facoltà di
Psicologia.
http://www.rz.unifrankfurt.de/FB/fb05/psychologie/Abteil/ABO/2/2.3.e.htm
Documentazione Speciale della rivista "The European Journal of Work
and Organizational Psychology dedicato al mobbing.
http://www.psypress.com/BKFILES/0863779468.htm
Centro Studi Eurhope . E'' il sito dell''associazione Eurhope, nata
nel 1996 a Roma con lo scopo di studiare problemi economici e sociali
ponendo al centro la questione della solidarietà e del miglioramento
delle condizioni di vita e di lavoro. Trovate ampio spazio e
documentazione sul fenomeno mobbing.
http://www.eurhope.com
Mobbing 3000.
Informazioni,
links e materiale scientifico per comprendere il fenomeno mobbing. Il
sito è curato da Elisabetta Maier laureata in Psicologia con indirizzo
in "Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni".
http://www.mobbing.3000.it
Numero Verde. La Fisac, in collaborazione con la Cgil Campania, ha
attivato un servizio di numero verde (800325500) che fornisce
assistenza sindacale, legale e medico specialistica, in collaborazione
con la Asl Napoli 1.
http://www.cgil.it/fisac.campania
Osservatorio Nazionale sul mobbing. Istituito dalla Uil, ha sede a
Roma e centri ascolto in varie città
http://www.uil.it/mobbing/oss_nazionale.htm
<I< victims bullying for Helpsite inglese.>
http://pesten.net/index_English.html
L''enciclopedia del mobbing
http://www.leymann.se/English/frame.html
In francese. Sito del Comune di Losanna
http://www.comback.ch/egalite/pages/mob_text.htm
Fonte: Rs