Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

MOBBING

 

Un ambulatorio dedicato al mobbing per analizzare il fenomeno e sollecitare la proposta di criteri di valutazione ha permesso tracciare un identikit delle vittime. L’indagine è stata avviata da un gruppo di ricerca presso l’Ospedale Sant’Andrea di Roma, costituito da medici del lavoro e psichiatri dell’ambulatorio di Medicina del lavoro della seconda Facoltà di medicina dell’Università “La Sapienza e l’Eurispes ha anticipato alcuni risultati del Rapporto Italia 2003, che sarà presentato il 31 gennaio prossimo presso l’Aula Magna dell’Università “La Sapienza” di Roma.
In Italia il fenomeno coinvolge un milione di lavoratori, su oltre 21 milioni di occupati, maggiormente nelle regioni del Nord (65%). La vittima è prevalentemente donna (il 52%) e il fenomeno è maggiormente diffuso tra gli impegnati (79%)se poi si tratta di impiegati le vessazioni raggiungono il picco del 79%. Sono questi alcuni profili del “mobbizzato” che emergono da una ricerca ad hoc su questo tipo di malattia professionale.


Da giugno 2001 a settembre 2002 i pazienti analizzati dall’equipe di medici sono risultati essere per il 62,5% dipendenti di aziende private (il resto appartenenti a quelle pubbliche) e per il 52% diplomati (laureati e possessori di licenza media si attestano invece ex equo al 24%). Circa lo stato civile, il 48% dei soggetti sottoposti a indagine sono coniugati, il 14% divorziati o separati e il 38% celibi o nubili. Le azioni mobbizzanti subite dai pazienti per il 3% hanno avuto una durata inferiore ai sei mesi, per il 27% tra sei mesi e un anno, per il 40% tra uno e due anni e per il 30% oltre i due anni.
A livello europeo, secondo un sondaggio eseguito per conto dell’Ue, l’8% dei lavoratori della Comunità, corrispondente a 12 milioni di casi, è stato vittima del mobbing sul posto di lavoro. Le percentuali più elevate si registrano nel Regno Unito (16,3%), Svezia (10,2%), Francia (9,9%), Irlanda (9,4%), Germania (7,3%); l’Italia guida la parte bassa della classifica con il 6% e precede Spagna (5,5%), Belgio (4,8%) e Grecia (4,7%).

 

Mobbing, il 39% delle vittime accusa panico, depressione e disturbi del sonno, ma anche abuso di alcol, fumo e farmaci

 

Accuse di scarsa produttività, assegnazione di compiti superiori a pari grado o a subordinati della vittima; assegnazione di obiettivi impossibili per il livello professionale della vittima e per il tempo concesso non adeguato al compito; attribuzione di compiti non necessari, richiesti urgentemente e, una volta assolti, neppure controllati. Sono queste secondo il Rapporto Eurispes alcune delle situazioni più frequentemente riferite dai pazienti analizzati pazienti analizzati dall’equipe di medici dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma per esercitare violenza psicologica.

 

Le persone che si sono rivolte allo sportello ambulatoriale hanno riferito di contestazioni o richiami disciplinari non adeguati all’entità della mancanza loro attribuita, di aver subito un declassamento delle mansioni rispetto alla qualifica attribuita, di essere state escluse da riunioni plenarie o di aver subito generiche critiche circa lo svolgimento del lavoro, con rifiuto però a motivarle.
Essere sottoposti a violenza psicologiche in ufficio può arrivare a causare importanti patologie. Secondo l’equipe che ha lavorato a questo progetto il 39% dei pazienti presentavano sintomi patologici riconducibili ad una situazione di stress: astenia, ansia, depressione, panico, disturbi del sonno, irregolarità nell’alimentazione, alcolismo, tabagismo, uso improprio di farmaci. Non raro (31%) anche il riscontro di sintomi fisici quali cefalea, vertigini, eruzioni cutanee, tachicardia, senso di ambascia precordiale, ipertensione arteriosa e disturbi dell’apparato gastrointestinale come gastrite, ulcera e colite spastica. Nel 63% dei casi esaminati i medici si sono trovati di fronte a un disturbo dell’adattamento; il 28% risulta affetto da patologie psichiatriche, mentre solo il 9% dei pazienti non hanno presentato patologie psichiche degne di nota.

Tra i pazienti, il 15% aveva sofferto già in precedenza di patologie psichiatriche, mentre per l’85% non risultano all’anamnesi sindromi psichiatriche pregresse.

 

Mobbing, è l'Italia il Paese in Europa con la percentuale più bassa di denunce (8,1%)

 

Nel nostro Paese sarebbero afflitte da mobbing oltre un milione di persone, a fronte di 12 milioni nell’Unione Europea (dati di Prima, Associazione Italiana contro Mobbing e Stress, diretta dal professor Harald Ege). Esistono diverse indagini volte a delimitare il fenomeno. In Italia - il Paese in Europa con la percentuale più bassa di denunce - l’8,1 per cento dei lavoratori ha dichiarato di essere stato “mobbizzato” e, secondo dati della Cgil (sportello della Camera del lavoro di Roma), il 55% delle denunce riguarda grandi aziende, il 20% il settore pubblico il 15% studi professionali, cooperative, enti no profit e religiosi. Nel 90% dei casi si tratterebbe di mobbing “strategico”. Recenti studi europei dimostrano che un lavoratore su dieci ha subito nell'ambito del suo lavoro atti di intimidazione, mentre uno ogni venticinque violenze fisiche, e ogni giorno si rivolgono alla Clinica del Lavoro dell'Università di Milano sette nuovi casi di mobbing che vengono seguiti in Day Hospital.
Il mobbing colpisce soprattutto la fascia di età tra i 41 e i 50 anni, molto raramente i lavoratori sotto i 30 anni. Le più colpite sono le aziende del terziario e le case farmaceutiche; dati dell’Ispsel (l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro, a Roma) riportano che, su un campione di 300 persone intervistate si è rilevato un 38% di “vittime da mobbing” nei servizi/industria, 22% nell’amministrazione pubblica, 12% nella scuola/università. Ma la Fisac Campania che ha attivato un numero verde (800 325500) in collaborazione con la Cgil afferma che i dati indicano come oggi il mobbing sia “una malattia sociale a carattere trasversale che colpisce i lavoratori degli enti pubblici e privati, le grandi città e i piccoli centri, le fabbriche delle multinazionali e le aziende a conduzione familiare”.

 

L’Ambulatorio Specializzato per i Disturbi da Disadattamento Lavorativo della Asl Napoli 1, nato proprio da una richiesta di collaborazione della Fisac (Federazione Sindacale Lavoratori Assicurazioni e Credito), riporta che “dal marzo 2000 al maggio 2001, sono stati esaminati 220 casi di lavoratori che segnalano una condizione di persecuzione personale o comunque di grave disagio nell'ambiente lavorativo”. Di questi, il 35% sono donne, il 18% sono assicurativi o bancari, il 17% lavoratori della sanità, il 24% provengono dalla pubblica amministrazione, 1'11% provengono da altre aziende private, il 10% sono operai. Secondo la Cgil, gli aggressori sono “perversi narcisisti (definiti così dalla studiosa di vittimologia Marie-France Hirigoyen) che “tendono a presentarsi come moralizzatori e hanno un solo scopo: far vacillare l’altro negandone l’identità, evitare il conflitto diretto per attaccare la persona paralizzandola, senza perderla e per averla a disposizione”. Questa persecuzione subdola e sottile si anniderebbe di più nelle aziende in fase di ristrutturazione, caratterizzate da un’inadeguata organizzazione del lavoro e maggiore competitività. (ida palisi)

 

Mobbing: la vittima è isolata, screditata e squalificata. Spesso è un modo per eliminare lavoratori ''scomodi''

 

Gli psichiatri la paragonano alla tortura ed è, di fatto, una situazione di persecuzione psicologica senza apparente via d’uscita, che interessa dinamiche di gruppo nell’ambiente di lavoro. Emarginazione, assegnazione di compiti dequalificanti, compromissione dell'immagine sociale nei confronti di clienti e superiori, diffusione di maldicenze, critiche continue, accuse ingiuste, sistematica persecuzione: sono queste le circostanze che contribuiscono a creare quello che nel 1984 lo psicologo tedesco Heinz Leymann ha definito come “terrorismo psicologico sul luogo di lavoro”, e che, con un termine mutuato dall’etologia, comunemente viene detto mobbing. Caratterizzato dalla ripetizione protratta nel tempo, il mobbing descrive una dinamica che viene esercitata sul posto di lavoro, da un superiore o da colleghi singoli o in gruppo, con lo scopo di isolare e costringere al ritiro una persona ritenuta scomoda. Non un singolo episodio di critica o di conflitto, ma un lungo processo di azioni vessatorie intenzionali di fronte alle quali la persona vessata non ha alcun potere di difesa, con gravi conseguenze psico-fisiche per la vittima: solo di fronte ad una routine del conflitto, fatto di azioni sistematiche, frequenti e protratte nel tempo, con intenzionalità negativa e impossibilità di difesa, si può parlare di mobbing. Le azioni mobbizzanti tipiche tendono a isolare il lavoratore, a impedirne la comunicazione con il gruppo, a screditarlo e dequalificarlo. Si inizia con attacchi apparentemente insignificanti, come battute di cattivo gusto, fino ad entrare in un’escalation di aggressioni sempre più insistenti che colgono impreparata la vittima, che inizia a cercare la causa dell’ostilità, spesso autocolpevolizzandosi. Eruzioni cutanee, ulcera, problemi cardiaci, ansia, depressione, disturbi del sonno e del comportamento (cattiva alimentazione, alcolismo, tabagismo, uso improprio di farmaci, aggressività, disadattamento sociale): la scala dei sintomi del mobbizzato arriva fino a manifestazioni paranoiche e disturbi della personalità. Il mobbing può portare all' invalidità psicologica e in Svezia un'indagine statistica ha dimostrato che tra il 10 ed il 20% dei totale dei suicidi in un anno ha avuto come causa scatenante fenomeni di mobbing. In Svezia la violenza morale è un crimine dal ’93; in Italia vari provvedimenti assistono le vittime di mobbing, anche se non esiste ancora una legge ad hoc.

Secondo un’analisi dell’Unità Operativa di Salute Mentale diretta dallo psichiatra Claudio Petrella, della ASL Napoli 1 (la prima azienda ospedaliera in Italia ad aprire un centro sul mobbing) la “patologia da disadattamento lavorativo è una vera e propria piaga particolarmente diffusa nel settore terziario e in tutte quelle situazioni in cui componenti fondamentali dell'organizzazione del lavoro sono la relazione interpersonale, la distribuzione delle responsabilità decisionali e progettuali, la definizione degli ambiti di autonomia”. All’ambulatorio di Napoli riportano l’esempio di un manager di cinquant’anni, definitosi “lavoratore terminale” perché costretto ad abbandonare, dopo aver ottenuto successo, un posto di lavoro che credeva di conservare per tutta la vita, senza riuscire più a collocarsi in un mercato del lavoro dove si fa spazio ai giovani e si tende al risparmio. La forma di mobbing più comune sarebbe, infatti, quella di tipo “strategico”, vale a dire un’azione aziendale messa a punto per eliminare lavoratori non ritenuti idonei o sostituirli con più giovani. Con il mobbing si colpiscono gli esuberi aziendali, si mettono alla prova i neoassunti, ci si sbarazza delle persone ritenute scomode, perché particolarmente precise e capaci, di fatto “diverse” rispetto al gruppo lavorativo.


Il fenomeno nel nostro Paese assume frequentemente anche l’aspetto di “doppio mobbing”, perché si estende a tutta la sfera della vita dell’individuo, compresi gli affetti e la famiglia: secondo il professor Herald Ege (presidente dell’associazione Prima), sono almeno 5 milioni le persone coinvolte nel fenomeno, da amici o familiari delle vittime. Oltre all’aggressione psicologica attuata come strategia aziendale, rientrante nel mobbing “verticale” (detto anche bossing, se attivato dall’azienda, e bullying, se da un singolo capo), secondo gli studi del professor Ege anche quella messa in atto dai colleghi, il cosiddetto “mobbing orizzontale” può portare conseguenze molto dannose per la salute della vittima e per l’azienda, che registra un calo di produttività nei settori con dipendenti mobbizzati dai colleghi. In Svezia ed in Germania centinaia di migliaia di persone sono finite in pre-pensionamento o anche in clinica psichiatrica per mobbing sul posto di lavoro, gravando sull’azienda sia per il deterioramento del clima lavorativo e del livello di produzione, sia per i costi da sostenere per i periodi di malattia dei dipendenti. Il mobbing aumenta il tasso di disoccupazione, rende improduttiva la vittima estromettendola dal mondo del lavoro e grava sull’intera comunità, perché “un lavoratore costretto alla pensione a soli 40 anni costa alla società ben 1 miliardo e 200 milioni di lire in più di uno pensionato all’età prevista dalla legge”. (ip)

 

Mobbing, la storia di un addetto alle pulizie: ''Non dormivo più e fumavo dieci volte più del normale''

 

Se è vero che il mobbing colpisce soprattutto i "colletti bianchi", non è però da escludere che possa verificarsi anche tra categorie diverse di lavoratori, per fattori estranei alla competitività o all’avanzamento di carriera. È questo il caso di un addetto alle pulizie di una nota piscina napoletana, situata nel centro commerciale della città e molto frequentata. A denunciare il responsabile dell’impianto, lo scorso maggio, è stato V. D., un giovane di 36 anni obbligato da continue vessazioni ad abbandonare il posto di lavoro dopo quattordici anni di servizio. Ora, che è separato e ha un figlio di otto anni, è costretto ad arrangiarsi con occupazioni saltuarie (fa l’inserviente presso una pompa di benzina) per mantenere la famiglia. Si è rivolto ad un avvocato dopo due anni di tribolazioni, un certificato medico che accertava aritmia cardiaca e vari sintomi da stress da mobbing: depressione, ansia, insonnia, pensiero fisso sul lavoro.

“Tremavo sempre – spiega – non riuscivo più a dormire, ero sempre agitato, fumavo dieci volte di più del normale. Anche i miei genitori sono stati sconvolti da questa storia”. Tutto sembra essere iniziato quando, quattro anni fa, la piscina ha cambiato gestione ed è arrivato un nuovo direttore, il genero del proprietario, che sembra aver avuto subito un atteggiamento ostile nei confronti del giovane e del suo collega, uno zio in servizio da 23 anni.

“Con mio zio mi occupavo della manutenzione della piscina, degli spogliatoi e della pulizia. Per dieci anni, con il vecchio direttore, non ho mai avuto problemi. La gente ci conosceva, avevamo un buon rapporto sia con la direzione che con i clienti abituali. Il nuovo responsabile ha iniziato ad accusarci di rubare i soldi dalle cassette degli asciugacapelli, che funzionano con monete da duecento lire. Ma figuriamoci se dopo tanti anni di lavoro mi mettevo a rubare gli spiccioli! Poi è arrivata l’accusa più grossa, quella di essere stati gli organizzatori di un furto nell’ufficio della direzione. Il direttore ci mandava continuamente lettere d’accusa additandoci come responsabili della sparizione di alcune cose”. Le vessazioni, ai suoi occhi, sembravano sempre più ingiustificate, e inspiegabili. “Non so perché volesse mandarci via, forse perché era geloso del buon rapporto instaurato con i clienti e si sentiva escluso, oppure voleva rimpiazzarci con qualcun altro che lavorasse a nero, a costi più bassi. Mio zio ha resistito, anche perché è lì da tanti anni, ma io non ce l’ho fatta più”. Ad un certo punto, infatti, il direttore ha assunto un inserviente di colore che ha iniziato a sostituire V. in tutte le sue mansioni, “mentre io – spiega – ero obbligato a fare lavori più pesanti, che non mi competevano, come la pulizia nelle sale filtri e nella caldaia a temperature che superavano i 40° gradi. Spesso, poi, ero costretto a lavorare anche fuori orario, soprattutto il sabato, facevo turni lunghissimi, da solo”. Era anche costretto a prendersi le ferie in autunno, e a lavorare fino a metà agosto, anziché fino al 22/23 luglio, giorni di chiusura della piscina. “Ma la cosa peggiore – dice – è che il mio datore di lavoro negava di avercela con me, di agire in maniera penalizzante nei miei confronti”.

Dopo due anni di continui abusi, ha ceduto le armi e si è licenziato, ma rivolgendosi subito dopo ad un avvocato, perché vuole un giusto risarcimento per quanto ha subito. “Psicologicamente adesso mi sento meglio – conclude – ma quanto è successo mi fa ancora molta rabbia, perché ho sempre lavorato sodo e onestamente, e ora invece, per qualche colpa che non ho commesso, devo arrangiarmi con lavoretti saltuari”. (ida palisi)

 

Pappone (psichiatra): ''E' una forma di tortura. Il più colpito è lo stacanovista''

 

"Il mobbing è un disturbo di relazione, non una malattia psichiatrica, ma le conseguenze producono gravi sofferenze psichiche che possono sfociare in una malattia vera e propria", spiega il professor Claudio Petrella, psichiatra e psicoterapeuta, direttore dell'Unità Operativa di Salute Mentale di San Ferdinando Chiaia e Posillipo della Asl Napoli 1. Proprio a Napoli la psichiatria pubblica offre, per la prima volta in Italia, un programma di assistenza mirato e specifico antimobbing.


Secondo quanto sostenuto da Leymann, gli affetti da mobbing presentano "un disturbo post-traumatico da stress", definito nella classificazione del DSM IV come una patologia psichiatrica di tipo cronico derivante dall'esposizione ad una minaccia fisica molto intensa. La definizione è nata negli anni '70 in America per descrivere la patologia dei reduci dalla guerra in Vietnam. Tra i sintomi che presenta una vittima di mobbing, ricordo quelli tipici dello stress cronico, come ipertensione, colite, ulcera, dolori muscolari, ma anche l'impossibilità di godere di esperienze di vita normali, dalla sfera sessuale a quella della vita sociale. Per affrontare questo complesso fenomeno, è indispensabile intervenire mediante un approccio integrato che comprenda un intervento psicoterapeutico, una mediazione sociale, un' eventuale terapia farmacologica nei casi più gravi, ed il collegamento con le metodologie del self help.


"Pur cambiando il nome a seconda degli orientamenti degli psichiatri - spiega il dottor Paolo Pappone, psichiatra, referente dell'ambulatorio specializzato di psicopatologia del lavoro - la definizione di Leymann sembra essere accettata, anche perché la patologia tende ad essere cronica, a manifestarsi cioè oltre il periodo di esposizione allo stimolo. Per questo, "il fenomeno più simile al mobbing è la tortura. Anche la vittima di mobbing si trova in una situazione da cui non può uscire, è lesa nei suoi diritti, non si può ribellare, viene intrappolata in un sistema sottile di ricatto e di aggressività fino al punto da essere esclusa dal gruppo, perdere la libertà di lavoratore, la posizione nell'azienda, fino ad essere costretta ad andarsene". E anche se il mobbing sembra non dipendere dalla struttura della personalità della vittima ma da stimoli esterni, esistono tuttavia alcune categorie "a rischio". Il più colpito, infatti, è il cosiddetto "buon lavoratore", lo stacanovista che, "ha l'espressione sul lavoro come parte importante della sua identità e del suo essere sociale, e proprio per questo è più vulnerabile".


"Il paziente vittima del mobbing è una persona sospettosa, in una condizione di allarme continuo. Non riesce più a staccarsi col pensiero dalla sua situazione, e questo gli impedisce di trovare piacere nelle cose: non ha voglia di vedersi con le persone, in casa parla soltanto del suo problema lavorativo. La conseguenza secondaria è una situazione di isolamento sociale e di doppio mobbing (così definita da Herald Ege): in famiglia e nelle relazioni sociali vive un isolamento speculare e parallelo a quello che vive sul mondo del lavoro". Può anche accadere che una persona sottoposta a mobbing per periodi molto lunghi - otto/dieci anni - sovrastimi l'atteggiamento degli altri nei suoi confronti e scivoli lentamente verso la paranoia. "Anche se la psichiatria discute se sia possibile o meno modificare stabilmente la personalità di un soggetto in conseguenza di eventi di vita, c'è un filone di studi che sostiene che in casi di lunga esposizione a mobbing si possono sviluppare comportamenti stabilmente alterati, che danno luogo ad una vera e propria alterazione della personalità".


Molte persone che si rivolgono all'ambulatorio sembrano non rendersi conto di essere mobbizzate, "non sono coscienti del reale meccanismo interpersonale che si è creato e sono vittime di un errore di valutazione che porta ad una attribuzione di colpa, si sentono in qualche modo responsabili di quello che accade, anche se non lo sono". Di tutte le tipologie di mobbing, secondo il dottor Pappone, quello meno pericoloso è il mobbing verticale discendente, attivato da un superiore che tormenta un subalterno o gruppo di subalterni, e che spesso ha una finalità strategica: "È il meno grave perché si può interpretare e dargli una spiegazione. Il mobbing verticale non strategico e orizzontale non strategico, invece, possono essere una vera e propria patologia, con un persecutore che per una sua modalità caratteriale, per una sua vena sadica mette un'altra persona o gruppo di persone in condizione di doversene andare. Questo è il mobbing più grave perché non si riescono a dare spiegazioni, molto spesso viene svolto da una personalità disturbata ed è più difficile da riconoscere. Così, il nostro principale lavoro di prevenzione del danno è di mettere la persona in condizione di valutare esattamente quello che accade". D'altro canto, però, la grossa attenzione sul mobbing mostrata dai media negli ultimi anni sembra aver portato anche ad una confusione nella valutazione del fenomeno: può capitare, ad esempio, che lavoratori che hanno subito una riduzione di stipendio o il licenziamento, si sentano mobbizzati, mentre sono semplicemente vittime di un'ingiustizia. Spiega lo psichiatra Francesco Blasi, responsabile della riabilitazione psichiatrica della unità operativa: "Adottiamo una serie di procedure - dal questionario basato sull'analisi differenziale, ai colloqui con l'assistente sociale e con lo psichiatra - per giungere ad una valutazione psico-diagnostica che non solo eviti l'uso improprio del termine 'mobbing' ma consenta anche di scoprire i nessi di causalità tra sofferenza psichica e situazione lavorativa. Si possono scoprire anche casi di persone che hanno patologie mentali che non sono determinate ma solo attivate dal mobbing".Blasi cita ad esempio il caso del dipendente dell'Anas di Agrigento qualche tempo fa apparso nelle cronache nazionali perché colpevole di aver assassinato il suo capo ufficio, spiegando che potrebbe trattarsi di una patologia psichiatrica latente esplosa in omicidio.


“Riteniamo sia molto importante costituire un pool di persone che si occupino del fenomeno nella sua globalità, non solo psichiatri, ma anche psicologi, medici del lavoro, sindacalisti e avvocati, che tutelino sia il lavoratore che l'azienda". E' fondamentale inoltre coinvolgere la famiglia del paziente colpito per contrastare efficacemente il fenomeno del "doppio mobbing", ossia il degrado delle relazioni familiari indotte dal mobbing. La Regione Campania utilizza la struttura della Asl per un osservatorio regionale che si occuperà anche di prevenzione, di programmi di informazione degli utenti e di formazione degli operatori. (ida palisi)

 

 

Chi telefona al servizio milanese SOS Mobbing
Anni 2000-2001-Sett. 2002

 

2000

2001

2002 
(fino a Settembre)

Totale telefonate

63

64

33

Maschi

29

17

14

Femmine

34

47

19

3° media

35

29

19

Diploma superiore

25

24

12

Laurea

3

11

2

Iscritti al sindacato

38

29

19

Subiscono da 1-3 anni

14

32

8

Fonte: SOS Mobbing, Milano  

 

 

Mobbing, la tutela legale

 

Il primo Paese ad aver adottato una legge che riconosce il mobbing come malattia professionale è stata la Svezia, dove l’Ente Nazionale per la salute e per la sicurezza svedese, ha introdotto, sin dal 31 marzo del 1994, alcune “disposizioni relative alle misure da adottare contro forme di persecuzione psicologica negli ambienti di lavoro”. Il legislatore svedese impone infatti al datore di lavoro di pianificare ed organizzare il lavoro in modo da prevenire detti fenomeni e da adottare i provvedimenti nel caso si verifichino.

In Italia la prima sentenza sul mobbing in Italia è stata emessa dal Tribunale di Torino il 16 novembre 1999, mentre nel gennaio 2001 è stato sottoscritto il primo accordo aziendale contro le violenze psicologiche nei luoghi di lavoro, con un''intesa tra i sindacati nazionali che interessa oltre 5000 dipendenti. I casi di mobbing possono essere denunciati all’INAIL come malattie professionali “non tabellate”, vale a dire che spetta al lavoratore provare la "violenza morale in ambito lavorativo", attraverso la raccolta di documentazione varia: lettere di richiamo o di biasimo, modifica di mansioni, trasferimento di sede di lavoro, spostamento di ufficio, e così via. Attraverso una diagnosi specifica (che i centri di Igiene Mentale delle Asl e la Clinica del Lavoro dell’Università di Milano possono certificare), il lavoratore deve provare di aver subito mobbing vero e proprio, diverso altre forme di violenza morale quali lo stress lavorativo o lo stalking (controllo costante dei lavoratori mirante ad abolire tutti i tempi morti). Secondo un formulario diffuso dalla CGIL (e qui di seguito integrato), una corretta anamnesi lavorativa deve concentrarsi sui seguenti punti:

 

§ grandezza dell’azienda e del reparto del mobizzato, settore produttivo;
§ predeterminazione della persecuzione, non già occasionalità o mera gratuità del comportamento;
§ insidia alla personale reputazione (evidenziazione negativa di difetti);
§ storia lavorativa all’interno dell’azienda e determinazione temporale dell’attività in cui il lavoratore avrebbe subito il mobbing;
§ contesto nel quale si inseriscono le azioni potenzialmente mobizzanti;
§ durata della violenza morale in numero di mesi ;
§ frequenza degli attacchi;
§ caratteristiche e modalità degli attacchi subiti;
§ numero dei soggetti praticanti tali violenze e loro ruolo all’interno dell’azienda;
§ eventuali forme di violenza sessuale e, se si sono verificate, di che tipo;
§ valutazione del lavoratore sulle eventuali motivazioni del mobbing;
§ eventuale coinvolgimento dei colleghi o dei superiori gerarchici da parte del mobbizzato;
§ situazione interna all’azienda (periodi di riduzione del personale, ristrutturazioni etc);
§ epoca di esordio delle manifestazioni patologiche;
§ definizione esatta delle diverse patologie con attenzione anche allo stato di salute anteriore;
§ valutazione soggettiva dell’autostima del lavoratore riferito all’epoca precedente e successiva le azioni di mobbing.

Secondo la legge italiana, sono riconosciute tre diverse categorie di danno determinate dal mobbing: danno alla salute (danno biologico), riduzione della capacità lavorativa specifica e inabilità permanente al lavoro, parziale o assoluta. In particolare, il primo è il danno che consegue dalla compromissione del bene/salute, fondato sulla integrità psico-fisica della persona, da cui deriva lo stato di benessere personale e la possibilità di poter svolgere la vita per tutta la sua durata, secondo le ordinarie attività proprie della comunità civile in cui il soggetto vive, di poter realizzare il personale progetto di vita, comprendendo in ciò le relazioni interpersonali e sociali. Il bene salute è costituzionalmente protetto, indipendentemente dalla posizione culturale, economica e sociale della persona e, in base all’articolo 2087 del codice civile (ribadito ed esteso dall’articolo 3 del decreto legislativo n° 626/94), il datore di lavoro deve prevenire i danni alla salute, adottando tutti gli strumenti resi disponibili dall’attuale stato della scienza e della tecnica benché non espressamente contemplati dalle norme antifortunistiche.

 

Il datore di lavoro è tenuto al risarcimento sia del danno patrimoniale che di quello non patrimoniale - danno biologico e danno morale - qualora il lavoratore possa dimostrare non solo di aver subito una lesione fisica o psichica (anche non permanente), dovuta al lavoro ma anche che tale danno sia stato causato da una condotta colposa. Il danno morale è riconosciuto (in aggiunta al danno biologico) soltanto quando gli atti compiuti acquistano, almeno in astratto, rilevanza di reato. (Cassazione 4012/98 – 3131/98). Il diritto è da valersi nei cinque anni dalla cessazione dell’attività lavorativa.


Un aspetto particolare del danno biologico è quello di natura psichica, che riguarda anche il cosiddetto “doppio mobbing”, con il trasferimento delle conseguenze delle molestie morali all’interno della famiglia e della sfera della vita privata. Questa tipologia di danno è tutelata dall’articolo 13 del decreto legislativo n° 38/2000, che stabilisce un indennizzo da parte dell’INAIL in caso di “lesione all’integrità psico-fisica, suscettibile di valutazione medico-legale, della persona".
L’accertamento della riduzione della capacità lavorativa specifica del lavoratore fa riferimento alle caratteristiche professionali del lavoratore, sia a quelle acquisite con apposita formazione professionale che a quelle formate attraverso l’esperienza lavorativa. Infine, al mobizzato può essere riconosciuta l’inabilità permanente, parziale o assoluta alla capacità lavorativa generica. C’è poi un danno patrimoniale del lavoratore quale lucro cessante, vale a dire la perdita di speciali compensi per le prestazioni assegnategli, avanzamenti di carriera ovvero una ingiusta collocazione a riposo. La Corte Costituzionale, con sentenza del 14 luglio 1984 n. 184, ha riconosciuto la risarcibilità di tutti i danni che ostacolino “le attività realizzatrici della persona umana”.
Vi è contrasto invece sulla riconoscibilità del danno alla professionalità che consiste nella perdita di preparazione professionale, di occasioni, di esperienza, di capacità di carriera subita dal lavoratore in ragione della condotta perpetrata nel tempo nei suoi confronti. Si tratta di una responsabilità contrattuale tutelata anche dall’art. 35 della Costituzione (il cui diritto è da valersi nei dieci anni dalla cessazione dell’attività lavorativa). L’attuale orientamento della Cassazione al riguardo è assai rigido, poiché obbliga il lavoratore al rigoroso onere della prova (Cassazione 8835/91 – 931/93).

Fonte: consulenza legale dell’avv. Constantinos Varvarigos

 

 

 

Mobbing in Italia: chi se ne occupa

 

Si occupano di mobbing vari istituti, aziende ospedaliere, associazioni e sindacati. Riportiamo qui di seguito i riferimenti di alcune tra le esperienze maggiormente consolidate nel nostro Paese.

A Milano c'è la Clinica del Lavoro "<B<>"(Via SS. Barnaba, 8, Milano tel: 002/57992644 fax 02/5454091), un iistituto che affronta lo studio delle problematiche attinenti al lavoro con un approccio interdisciplinare, avvalendosi di un'équipe di neuropsichiatri, psicologi e medici del lavoro. L'istituto ha un apposito Centro per la Prevenzione, Diagnosi, Cura e Riabilitazione del Disadattamento Lavorativo diretto da Renato Gilioli. Nel febbraio del '99 ha organizzato il primo Seminario Nazionale sul Mobbing, con un seguito negli anni successivi.

 

Ha sede a Milano Mobby (sito http://mobby2000.freeweb.supereva.it/, telefono 330 473380 e-mail: mobby_1999@yahoo.it), un'associazione fondata da mobbizzati che organizza gruppi di autoaiuto con lo scopo di fornire sostegno morale ed emotivo alle persone che subiscono il mobbing. L'associazione fa attività di prevenzione attraverso l'informazione e la sensibilizzazione nel mondo del lavoro, in particolare medici, psicologi, studi legali e al management nelle aziende.

A Roma l'Ispes, l'Istituto superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (sito internet: http://www.ispesl.it, via Alessandria, 220/E, 00198 Roma), che al suo Laboratorio di Psicologia e Sociologia del Lavoro ha organizzato un centro d'ascolto per il mobbing, tel: 06/44280390 – 06/44280403.
Sempre nella capitale è attivo il MIMA, Movimento Italiano Mobbizzati Associati (Via Filippo MEDA, 169 00157 Roma tel. 06/4510843 sito internet:

http://soalinux.comune.firenze.it/7/cddm/mobbing.htm ). Si tratta di un'associazione indipendente fondata da mobbizzati romani che avevano precedentemente aderito al gruppo di autoaiuto attivo presso l'ISPESL.

 

All'Università degli Studi di Bologna - Facoltà di Psicologia (Via Zamboni, 34 Bologna), presso l'indirizzo di "Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni" il professor Marco Depolo ha costituito un gruppo di ricerca sul mobbing. Scopo della ricerca, che segue un approccio situazionale al fenomeno, in linea con il lavoro di Leymann, è individuare se esistano particolari ambienti organizzativi maggiormente a rischio di mobbing.

 
A Bologna ha sede anche PRIMA, Associazione Italiana contro Mobbing e Stress Psicosociale (via Tolmino, 14, 40134 Bologna tel. 051 6148919 fax. 051/941926, sito internet http://associazioni.iol.it/prima/htmlv200.htm  ), il cui presidente è il dottor Harald Ege, uno dei maggiori esperti del fenomeno, che dirige la "Collana Mobbing" edita da Pitagora Editrice. L'associazione Prima, oltre allo scopo della ricerca e della formazione, ha anche la finalità di aiutare psicologicamente e nei fatti le vittime del mobbing. Offre un servizio gratuito di colloquio preventivo e di consulenza, la possibilità di intermediazione con l'azienda e di intraprendere, se opportuno, le vie legali.


A Napoli presso il distretto 44 della Asl Napoli 1 (Via Monte di Dio, 25 tel. 2547062 / 64 sito: http://scddna1.freeweb.supereva.it/  ) diretto dal professor Claudio Petrella è stato aperto un Ambulatorio Specializzato per i Disturbi da Disadattamento Lavorativo dell'Unità di Salute Mentale, che è stato individuato dalla Regione Campania come Osservatorio sul Mobbing.

Fonte: Rs

 

Mobbing, il glossario

 

Quando si parla di mobbing vengono usati alcun termini, come:


Bossing (spadroneggiare, comandare): mobbing compiuto dalla stessa azienda o dalla direzione del personale. In italiano è anche detto mobbing di tipo verticale, che può essere mobbing pianificato quando corrisponde ad una strategia aziendale di riduzione, ringiovanimento o razionalizzazione degli organici

 .
Bullying (tiranneggiare): molto diffuso in Inghilterra, indica i comportamenti vessatori di un singolo capo verso un suo sottoposto. Anche il bullying rientra nel mobbing di tipo verticale.

Harassement (molestia): utilizzato prevalentemente negli Stati Uniti, ha lo stesso significato di bossing ma si riferisce, oltre che al mondo del lavoro, anche ad altri contesti.

Mobbing di tipo orizzontale: l’azione discriminatoria è messa in atto dai colleghi nei confronti del soggetto colpito.


Mobbing individuale: descrive una situazione in cui oggetto delle vessazioni è il singolo lavoratore.

Mobbing collettivo: indica che gli atti discriminatori colpiscono gruppi di lavoratori. In questa tipologia possono rientrare i casi di ristrutturazioni aziendali, prepensionamenti, cassa integrazione.

Mobbing dal basso sia individuale che collettivo: viene messa in discussione l’autorità di un superiore.

Mobbing sessuale: indica attenzioni non volute, verbalmente offensive e aggressive.

Mobbizzato: il lavoratore-oggetto delle azioni mobbizzanti, colui che subisce le persecuzioni vessatorie.

Mobber: l’agente attivo delle azioni mobbizzanti, tendenzialmente identificato in un singolo attore.

In inglese si possono trovare varie espressioni usate come sinonimi di mobbing: bullying at work, work harassment, psychological terror, work abuse, victimization at work. In italiano, come sinonimi di mobbing, si ricorre ad espressioni quali molestie morali sul posto di lavoro, terrorismo psicologico in ufficio, vittimizzazione psicosociale sul lavoro.

 

Mobbing

Mobbing deriva dall'inglese to mob, aggredire che in etologia sta ad indicare "l’insieme dei comportamenti di minaccia esibiti dagli uccelli di fronte all’attacco di un predatore". Introdotto nel ’72 nell’ambito dell’aggressione umana, per traslato, in inglese il termine significa "malmenare", mentre in americano mob indica anche un gruppo di malavitosi e, per esteso, la mafia. Nella medicina del lavoro mobbing serve ad indicare una forma di violenza psicologica esercitata sul posto di lavoro attraverso attacchi ripetuti da parte dei colleghi o dei dirigenti, che distrugge la persona psicologicamente e la isola socialmente, fino a indurla a rassegnare le dimissioni. In collegamento col termine mobbing, ne vengono utilizzati altri per specificare le varie tipologie che può assumere il fenomeno delle violenze psicologiche in ambito lavorativo.

 

Mobbing in "Internet"

 

Associazione: La punta dell''iceberg, associazione fondata dalle vittime del mobbing che opera solo su Internet. Il sito ospita riunioni on-line alle quali tutti possono partecipare. http://members.xoom.it/icebergpunta/

CGIL: Quando la squadra diventa branco. CGIL, Convegno del 19 aprile 2000. Una sintesi della relazione introduttiva di Franca Di Gennaro. http://www.cgil.it

Come far scoppiare i lavoratori non desiderati. A cura dell''Istituto di formazione e di consultazione in psichiatria e analisi transazionale eto-inamiche. http://www.sieb.org/sieb/giornale/mobbing.htm

Legge e giustizia. La prima newsletter italiana di informazione giuridica; uno strumento di aggiornamento rapido e sintetico, anche per i non addetti ai lavori, ospita le sentenze dei tribunali sui casi di riconoscimento del danno biologico da mobbing. http://www.legge-e-giustizia.it/

Osservatorio e ricerca giuridica sul Mobbing. Il sito è curato dallo Studio legale Piccioli. Interessante la rassegna stampa "Cronache di mobbing". http://web.tin.it/mobbing/

Rassegna Sindacale. L''impegno della CGIL in materia di mobbing e molte altre risorse. http://www.rassegna.it/diritti/mobbing.htm

Heinz Leyman. L''enciclopedia del mobbing curata dal massimo studioso europeo del fenomeno scomparso nel 1999. Il sito è aggiornato dai colleghi. http://www.leymann.se/Mobbing-USA.com

"Mobbing: emotional abuse in american workplace". Un sito ed anche un libro che si propone di sensibilizzare l''opinione pubblica statunitense. http://mobbing-usa.com/ 

Università di Francoforte. I risultati di alcuni studi effettuati in Germania ed in Svizzera, raccolti dai ricercatori della Facoltà di Psicologia. http://www.rz.unifrankfurt.de/FB/fb05/psychologie/Abteil/ABO/2/2.3.e.htm   Documentazione Speciale della rivista "The European Journal of Work and Organizational Psychology dedicato al mobbing. http://www.psypress.com/BKFILES/0863779468.htm 

Centro Studi Eurhope . E'' il sito dell''associazione Eurhope, nata nel 1996 a Roma con lo scopo di studiare problemi economici e sociali ponendo al centro la questione della solidarietà e del miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Trovate ampio spazio e documentazione sul fenomeno mobbing. http://www.eurhope.com
 

Mobbing 3000.
Informazioni, links e materiale scientifico per comprendere il fenomeno mobbing. Il sito è curato da Elisabetta Maier laureata in Psicologia con indirizzo in "Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni". http://www.mobbing.3000.it 

Numero Verde. La Fisac, in collaborazione con la Cgil Campania, ha attivato un servizio di numero verde (800325500) che fornisce assistenza sindacale, legale e medico specialistica, in collaborazione con la Asl Napoli 1. http://www.cgil.it/fisac.campania 

Osservatorio Nazionale sul mobbing. Istituito dalla Uil, ha sede a Roma e centri ascolto in varie città http://www.uil.it/mobbing/oss_nazionale.htm 

<I<  victims bullying for Helpsite inglese.> http://pesten.net/index_English.html  

L''enciclopedia del mobbing http://www.leymann.se/English/frame.html 

In francese. Sito del Comune di Losanna http://www.comback.ch/egalite/pages/mob_text.htm 
Fonte: Rs


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