Nel volume curato da Cristiano
Gori l'analisi delle prospettive dell'assistenza: il Fondo dovrebbe
garantire prestazioni a circa 1.530.000 persone, servono tra i 2 e i 4
miliardi. No alla strada della privatizzazione
La riforma dell’assistenza alle persone non
autosufficienti è urgentissima, ma non è detto che sia inserita
nell’agenda del governo già dalla finanziaria per il 2007, perché il suo
costo – secondo varie simulazioni di fonti diverse - oscilla tra i 2 e i
4 miliardi di euro. All’interno della coalizione di maggioranza si
confronteranno dunque linee diverse, su cui presto ci sarà però da
scegliere. Ma in che cosa dovrebbe tradursi il nuovo intervento pubblico
sulla non autosufficienza? E quanto pesa la questione specifica nel
calderone delle politiche sociali generali? Sono stati questi i temi
centrali del dibattito organizzato a Roma nella sede del Ministero della
Salute, al quale hanno partecipato anche i tre sottosegretari dei
ministeri coinvolti, Patta per la Salute, Acciarini per la Famiglia e
Donaggio per il Ministero della solidarietà sociale. L’occasione è stata
data dalla presentazione del volume "La riforma dell’assistenza ai non
autosufficienti”, ipotesi e proposte, a cura di Cristiano Gori, per le
edizioni de il Mulino e la Fondazione Smith Kline. Cristiano Gori, che
ha curato l’opera e ha coordinato un gruppo di studiosi di alto livello
nelle varie discipline coinvolte (scienza delle finanze, politica
economica, sociologia, ecc.), ha spiegato le linee del gruppo di
coordinamento per l’assistenza continuativa. La ricerca è servita a
rendere il quadro completo del problema dell’assistenza, dagli aspetti
relativi ai costi, fino alle modalità di intervento in vista di una
riforma di cui si sente la necessità già da alcuni anni. Cristiano Gori
ha spiegato lo schema seguito per la realizzazione della ricerca.
Centrale il tema dei costi. Nel capitolo dedicato alle simulazioni sulle
necessità finanziarie, si dice che un ipotetico fondo per la non
autosufficienza operante in Italia con particolari criteri di accesso
alle prestazioni dovrebbe rispondere a circa 1.530.000 beneficiari.
Sempre secondo le simulazioni scelte dai ricercatori, circa il 51% dei
beneficiari avrebbe una non autosufficienza poco grave, il 36% di medio
livello e il 13% di livello grave. Oltre l’85% dei beneficiari avrebbe
più di 65 anni, oltre il 66% più di 75 anni. Di questi beneficiari la
maggioranza è composta di donne, il 66%.
Il problema della non autosufficienza non è perciò un fatto statico. Si
tratta piuttosto di una problematica in grande evoluzione e in grande
crescita. Per ora, vista la composizione demografica dell’Italia
riguarda per circa il 50% le regioni del nord. Ma le pressioni
demografiche tenderanno a rendere sempre più pesante la non
autosufficienza per il resto della società. Sempre in base alle
simulazioni demografiche e statistiche utilizzate, si prevede che il
numero dei potenziali beneficiari delle politiche di assistenza dovrebbe
crescere del 14% entro i prossimi 6 anni. Ma se si guarda a un periodo
un po’ più lungo, il numero dei beneficiari dell’assistenza dovrebbe
crescere del 40% entro i prossimi 15 anni. Tra il 2040 e il 2050 si
avrebbe il raddoppio dei benefici rispetto ai valori attuali. Mentre nel
2004 la platea dei beneficiari si attestava su un milione e mezzo di
persone, nel 2050, in Italia, ci saranno oltre 3 milioni di persone che
avranno bisogno di assistenza. Alcune stime sono comunque più prudenti
di altre perché si tratta di mettersi d’accordo sulle definizioni dei
vari gradi di non autosufficienza. Ma a parte le proiezioni per il
futuro, c’è da capire di quanti soldi ci sarebbe bisogno da subito. Nel
libro curato da Gori, dopo la presentazione di studi e simulazioni molto
diverse tra loro (dalle analisi del fenomeno a livello regionale, fino
alla studio elaborato secondo il progetto comparativo della London
School of Economics), si tenta una sintesi. Si oscilla dunque da un
minimo di risorse che si attestano sui 2 miliardi di euro, fino a stime
che arrivano a considerare anche 14 miliardi la disponibilità
finanziaria necessaria a coprire davvero tutta la domanda. In sintesi:
tra i 2,5 e i 6 miliardi è la cifra stimata ormai da quasi tutti gli
studiosi per sviluppare i servizi e gli interventi sociali. Nel libro si
sostiene perciò che più di 6 miliardi di euro sono considerati necessari
per la riforma complessiva dell’assistenza continuativa, ovvero
l’insieme dei servizi e degli interventi per i non autosufficienti. L’ex
ministro della Sanità del governo Berlusconi, il professor Sirchia,
aveva stimato addirittura un fabbisogno di circa 10 miliardi di euro.
E’ un tema dunque molto delicato sia dal punto di vista della quantità
di persone che coinvolge, sia dal punto di vista delle risorse
finanziarie che sono necessarie per attuare politiche all’altezza della
drammaticità delle singole storie individuali. Oltre che di soldi,
dunque, bisogna discutere di qualità e di merito dell’intervento in
questo settore. Per il curatore del rapporto, c’è quindi bisogno prima
di tutto di un nuovo patto istituzionale che coinvolga tutte le parti in
causa. Ci vuole poi un monitoraggio serio del territorio e infine è
opportuno avviare immediatamente la riforma dell’indennità di
accompagnamento. Si tratta cioè di rivedere quelle indennità in base ai
reali bisogni delle persone. Gori e il gruppo che ha curato il libro de
il Mulino escludono che si possa battere la strada della
privatizzazione. Il modello che era stato proposto negli anni passati
dell’assicurazione sanitaria privata anche per far capo ai problemi
della non autosufficienza non viene indicata come la soluzione o peggio
la panacea di tutti i mali. Il tema dell’assistenza ai non
autosufficienti rimane una questione di stretta pertinenza pubblica,
ovvero dello Stato e degli enti locali. Da questo punto di vista è stato
interessante il contributo al dibattito del professor Paolo Bosi (che ha
curato con Cecilia Guerra il capitolo sui finanziamenti). Secondo Bosi
l’assistenza ai non autosufficienti non potrà che continuare ad essere
un trasferimento dal centro alla periferia. C’entra quindi il problema
della chiarificazione istituzionale e procedurale a proposito del titolo
quinto della Costituzione.
Ranci: ''L'80% della spesa per l'assistenza è a carico delle
famiglie''
Secondo il docente del Politecnico di
Milano l'indennità di accompagnamento va rimodulata: ''si tratta di
darla a più persone e di diversificarla''. Ma ''monetizzare il disagio''
non basta
Da che cosa partire per attuare politiche innovative sulla non
autosufficienza?
Dunque professore, quali sono le priorità?
Il primo tema da considerare riguarda i caratteri del fenomeno. Si
tratta di un problema che sta crescendo di importanza di anno in anno. E
non si tratta solo di numeri e percentuali. Si tratta anche cambiamenti
materiali nella gestione della vita quotidiana delle persone. C’è
infatti oggi una maggiore difficoltà delle famiglie a prestare
assistenza alle persone non autosufficienti. In più si allunga
l’aspettativa di vita e quindi il periodo durante il quale più persone
hanno bisogno di assistenza perché diventano non autosufficienti. Il
terzo elemento fondamentale nelle trasformazioni di questo fenomeno
riguarda l’aumento del tasso di attività femminile. Le donne, oggi,
lavorano più di qualche anno fa e quindi si riduce la loro capacità di
impegno nella cura di parenti non autosufficienti.
C’è anche una questione più legata all’indennità di
accompagnamento non è vero?
Oggi dell’indennità beneficiano circa un milione di persone. Ci sono
stime dell’Istat che stimano cifre fino a 2.800-000 di persone che sono
comunque interessate all’indennità sia che vivano nella loro case, sia
nelle strutture pubbliche. L’assegno è di 440 euro al mese, ma non è
questa poi la fonte vera di sostegno. Secondo una ricerca che abbiamo
svolto noi al Politecnico l’80% della spesa per l’assistenza alle
persone non autosufficienti è tuttora a carico delle famiglie. Detto in
altri termini: lo Stato si fa carico oggi del 20% della spesa
complessiva per l’assistenza. Il resto è a carico dei privati cittadini,
ovvero delle famiglie. Il nostro studio aveva poi preso a riferimento
una regione come la Lombardia dove il sistema pubblico è molto
sviluppato. Se si dovesse cominciare ad analizzare la situazione che
esiste al centro e al sud, le cose peggiorerebbero. Ovvero la quota di
spesa pubblica diminuirebbe e aumenterebbe invece il carico sulle
famiglie che al sud sono anche più povere. L’altro fenomeno emergente è
quello delle badanti.
Che cosa intende? Aumenta il numero delle badanti che
sostituiscono i servizi pubblici?
In Italia lavorano già circa 500-600 mila badanti. Ma sono dati
imprecisi perché in questo campo c’è molto lavoro sommerso. Si sviluppa
sempre di più un mercato privato delle prestazioni, dove aumenta anche
il lavoro non regolato. Il problema della non autosufficienza aumenta
anche il fenomeno dei ricorsi impropri al servizio sanitario nazionale.
E questo aumenta quindi indirettamente anche i costi della sanità più in
generale.
Torniamo dunque, dopo questa analisi, a quelle che lei vede come
priorità...
Un’altra questione che io vedo come prioritaria riguarda il tema del
diritto. In Italia, da questo punto di vista siamo molto indietro. Nel
resto dei paesi europei il problema della non autosufficienza è trattato
ormai come un rischio sociale come altri, come gli incidenti e la
sicurezza sul lavoro. Quindi la prima cosa da fare è definire il
concetto di diritto all’assistenza. La seconda priorità riguarda
l’indennità di accompagnamento. L’assegno che oggi viene dato non copre
realmente tutto il bisogno, ovvero non raggiunge tutte le persone che
avrebbero realmente bisogno del sostegno finanziario pubblico. Si tratta
infatti di analizzare anche la modificazione della platea di riferimento
perché stanno crescendo anche patologie che creano nuovi tipi di non
autosufficienza. Si pensi alle varie forme di demenza senile o di
alzheimer, o di demenza cognitiva. L’altro problema riguarda il
carattere diciamo "flat” dell’assegno. E’ un assegno uguale per tutti.
Ma non tutte queste persone hanno gli stessi bisogni. Ci sono persone
che stanno peggio e che sono anche più povere di altre. Si tratta quindi
di diversificare, come si fa già anche in altri paesi. Bisogna graduare
la misura in funzione del bisogno. L’altro limite che ci spinge a
pensare alla necessità di una vera riforma di questo sistema riguarda il
suo carattere puramente monetario. E’ un assegno che si elargisce senza
alcuna finalità e senza vincoli. Con quei soldi ci si può pagare la
badante, oppure ci si può andare in vacanza oppure – magari –
arrotondare per arrivare alla fine del mese. E’ solo una monetizzazione
del disagio che non viene accompagnata da pratiche nuove e
dall’elargizione di risorse.
Può dunque sintetizzare a questo punto le sue proposte?
Prima di tutto, ripeto, è necessario acquisire una nuova
concezione del diritto all’assistenza per in problemi di non
autosufficienza. Deve essere un diritto esigibile. La seconda cosa è la
rimodulazione dell’indennità di accompagnamento: si tratta di darla a
più persone e di diversificarla. Bisogna coniugare una nuova politica
dei servizi al sostegno monetario. Sono i temi che andranno discussi
presto a proposito del Fondo per la non autosufficienza.
Patta: ''Il sistema così com'è rischia di non reggere l'urto
dell'emergenza''
Il governo punta sull'aumento della quota dei servizi offerti. Il
Sottosegretario: ''Da definire come finanziare il primo Fondo per la non
autosufficienza'', ma il pacchetto di riforme potrebbe essere inserito
nella prossima finanziaria
Condizione degli anziani in Italia e problema della non
autosufficienza. Sono i temi emergenti nell’ambito delle politiche
sociali che il governo Prodi sta cercando di riavviare. Sul tema in
particolare della non autosufficienza e delle risorse che dovrebbero
essere destinate al fondo, il governo dovrà prendere presto delle
decisioni, ma le ipotesi e le linee politiche sono diverse. Ma ci
saranno davvero dei fondi su questi problemi a partire dalla finanziaria
per il 2007.
Allora, sottosegretario, qual è la sua analisi e quali sono le sue
proposte in merito?
Sui temi della condizione degli anziani e in particolare sul
problema della non autosufficienza si sta avviando il dibattito
parlamentare proprio in questi giorni. Devo anche ricordare che nel
programma dell’Unione che ha portato l’attuale governo a palazzo Chigi
c’era una parte dedicata a questi problemi sociali e molte proposte di
riforma dell’attuale schema delle politiche sociali a favore degli
anziani. Si tratta inoltre di problemi ineludibili e in forte crescita
come ben sappiamo, viste le attuali curve demografiche. Tutte le città
italiane stanno invecchiando e in media la proporzione degli anziani sul
totale dei cittadini cresce. Bisogna anche riconoscere onestamente che
se questa è la misura del problema, come viene spiegato molto bene nel
libro "La riforma dell’assistenza ai non autosufficienti”, non siamo
preparati come si dovrebbe. C’è bisogno di una grande riflessione
politica perché basta andare ad analizzare i dati attuali
sull’assistenza per accorgersi che ci sono ancora delle differenze
abissali. Ed è anche chiaro che dopo tutte le polemiche sulla devolution,
ora bisogna attrezzarci per rendere omogenei i servizi che offriamo come
Stato.
A che cosa si riferisce in particolare? Al problema dei costi di
questi servizi e alla differenza di trattamento da Regione a Regione?
Esiste sia un problema di trattamenti, sia di diversificazione tra
territori diversi. Il sistema così com’è oggi rischia di non reggere
l’urto dell’emergenza, per questo la prima cosa che ci sembra di dover
fare è aumentare la quota di servizi offerti. Si tratta di ristabilire
criteri equi di selezione e di ristabilire il giusto equilibrio tra le
zone del nord e quelle del sud del paese. Le differenze si vedono anche
dai dati contenuti nel rapporto pubblicato da il Mulino e curato dal
professor Gori. Aumentano le diversità e le diseguaglianze, oltre alla
crescita della domanda di servizi.
Per venire alle questioni di questi giorni e alle prossime scelte che
dovrà fare il governo e il parlamento, lei pensa che ci saranno le
risorse promesse agli anziani nella finanziaria per il 2007?
Il governo ha intenzione di chiedere e ottenere la delega su queste
problematiche. Si tratterà di lavorare alla riforma e alla decisione su
come finanziare il primo Fondo per la non autosufficienza. Io immagino
che ci potrà essere un decreto delegato alla finanziaria che contenga
questo pacchetto. Si tratta ovviamente di vedere quale potrà essere
l’entità delle risorse che si mettono in campo da subito e come dovranno
essere indirizzate. La mia opinione, avendo la delega dal Ministro Livia
Turco per questi problemi, è che si debba partire dall’aumento della
quota dei servizi offerti. Oggi non rispondono alle grandi necessità
espresse dalla popolazione e che sono continuamente in crescita in tutte
le nostre città. Poi bisognerà anche avviare una riflessione sulla
qualità degli interventi perché si tratta di un tema sociale e umano
delicatissimo e di primaria importanza. Basti pensare alle difficoltà
degli anziani non autosufficienti nell’accettare in casa propria delle
badanti che non conoscono. O peggio ancora convincersi che magari è
meglio un ricovero o una permanenza in un centro specializzato.
Tassi di copertura dell'indennità
di accompagnamento* rispetto alla popolazione residente
** (al domicilio e in strutture residenziali) per classi
di età
La tabella è tratta
dal volume "La riforma dell'assistenza ai non
autosufficienti" a cura di Cristiano Gori
|
Classi di età
|
2001
|
2002
|
2003
|
2004
|
2005
|
65-69
|
1,4
|
1,5
|
1,6
|
1,7
|
1,8
|
70-79
|
3,1
|
3,5
|
3,8
|
4,1
|
4,4
|
80+
|
16,1
|
16,8
|
17,7
|
19,1
|
20,4
|
Totale
|
5,5
|
6,0
|
6,5
|
7,2
|
7,7
|
Fonte:
ISTAT
Note:
(*) Il numero dei beneficiari al 01/01 di ogni anno, è pari al
numero di invalidi totali (esclusi invalidi parziali, ciechi e
sordomuti) titolari di indennità di accompagnamento e di età pari o
superiore a 65 anni.
(**) Si considera la popolazione residente al 01/01 di ciascun anno
Paolo Andruccioli
da Il Redattore Sociale
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