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Conferenza degli Istituti Missionari Italiani (CIMI)
Commissione di Giustizia, Pace e Integrità del Creato della CIMI
missionari/e e
immigrati
NON POSSIAMO
TACERE
Firenze, 30 giugno 2010
“Oggi la forma di povertà più vistosa e drammatica in Italia- ha
scritto il coraggioso vescovo emerito di Caserta, R. Nogaro - è quella
degli immigrati e dei rom. In nome di una fantomatica ‘sicurezza
sociale’ si sta costruendo, soprattutto nel nostro paese, la fabbrica
della paura verso tutto ciò che può
ledere la tranquillità del cittadino. Per questa prospettiva
inquietante l’incriminato di dovere è l’immigrato ed è il rom,
considerati quasi naturalmente
soggetti di reato.”
In poche lapidarie parole Mons. Nogaro, che ben conosce i
problemi degli immigrati di Caserta e di Castelvolturno, ci ha messo
davanti agli occhi il dramma di questi fratelli e sorelle immigrati nel
nostro paese.
Il contesto europeo
Viviamo nell'epoca della più grande mobilità della storia
conosciuta. Oltre 214 milioni di migranti internazionali, vi sono circa
740 milioni di sfollati, in parte sfollati interni.
Ciò significa che una persona su sette nel mondo è un migrante.
(Peter Schatzer, Plenaria del Pontificio Consiglio per la Cura Pastorale
dei Migranti,Roma,Maggio 2010).
Nei 27 Paesi dell'UE si calcolano 24 milioni di migranti,
per la più parte provenienti dagli stessi Paesi dell'Unione. Secondo
valutazioni recenti i migranti 'irregolari' sarebbero fra i 4.5 e gli 8
milioni, con un aumento stimato fra i 350 e i 500 mila all'anno.
Di fatto, l'Europa,sentendosi 'fortezza' assediata,
affronta sulla difensiva il fenomeno della mobilità. La
'governance' delle migrazioni
e la lotta contro l'immigrazione irregolare sono prospettate come la
soluzione principale per dare sicurezza alle società europee, inserendo
il controllo dell'immigrazione nell'ottica della lotta al
terrorismo...viene, così, proposta e ribadita la trilogia inaccettabile:
'immigrazione – criminalità e terrorismo – insicurezza'. Per tale
ragione, la politica migratoria dell'Europa afferma la chiusura delle
frontiere alle persone, ma la libertà di circolazione alle informazioni,
ai beni ed ai capitali. Si va diffondendo un atteggiamento politico di
rifiuto degli immigrati, mentre le economie continuano a richiederne
l'assunzione. Probabilmente vedremo presto calare nuove cortine di
ferro, con serrati pattugliamenti alle frontiere e nuove misure di
difesa delle coste.
C'è chi si azzarda ad affermare che il rafforzamento delle
frontiere non serve solo ed in primo luogo a fermare i movimenti
migratori -i quali di fatto continuano- ma a definire come irregolari i
migranti che le attraversano, dando loro un'identità che li pone in una
posizione di inferiorità e di mancanza di diritti:
un esercito di invisibili ricattabile e sfruttabile
(Mons.Antonio M. Vegliò,VIII congresso Eu, Màlaga, aprile- maggio 2010).
Il contesto italiano
Xenofobia montante
Noi missionari che siamo stati a lungo ospiti dei popoli
africani, sudamericani, asiatici assistiamo ora in patria ad un
accanimento senza precedenti nei confronti degli immigrati in mezzo a
noi. Stiamo assistendo a una massiccia e crescente violazione dei
diritti umani nei loro confronti. E questo avviene nell’indifferenza da
parte dei cittadini italiani, immemori di quanto i nostri migranti
avevano sofferto. Non stiamo forse ripetendo sugli immigrati in mezzo a
noi quello che i nostri nonni hanno subito quando anche loro emigravano?
Non possiamo accettare che il capo del Governo italiano affermi
che: ”Una riduzione degli extra comunitari significa meno forze che
vanno ad ingrossare la criminalità”. E’ un’affermazione
molto grave. Il segretario della CEI, mons. Crociata ha ribattuto
giustamente: ”Gli immigrati delinquono tanto quanto gli italiani. Non è
vero che riducendo gli immigrati clandestini
si riduce anche la criminalità“.
Una menzogna , ma rilanciata con forza da una stampa nazionale
che fomenta la paura “dell’altro”. In questo paese stiamo assistendo a
un crescendo di dichiarazioni, di leggi, di normative che non fanno
altro che attizzare un crescente razzismo e una forte xenofobia.
Da parte di ogni schieramento politico
E questo non solo da oggi, ma da quasi 20 anni.
A cominciare dalla legge Turco-Napolitano (1998) che è alla base
del Testo unico per l’immigrazione e ha dato inizio ai Centri di
Permanenza Temporanea (CPT) che si sono poi rivelati dei veri e propri
lager. Seguita nel 2002 dalla
legge Bossi-Fini che ha modificato il Testo unico.
Questa legge introduce il contratto di lavoro, cui è subordinato
il rilascio del permesso di soggiorno, prevede l’espulsione con decreto
motivato, disposto dal questore e decreta sanzioni (fino al carcere) per
la disobbedienza all’ordine del pubblico ufficiale.
Noi riteniamo immorale e non-costituzionale la Bossi-Fini,
perché non riconosce gli immigrati come soggetti di diritto, ma li
riconosce come forza-lavoro, pagata a basso prezzo e da rispedire al
mittente, quando non ci serve più. La Bossi-Fini costituisce un fatto
gravissimo in chiave giuridica (vari giudici l’hanno dichiarata non
costituzionale!), ma soprattutto in chiave etica.
Il Pacchetto Sicurezza (Legge 94-2009) introduce nell’ordinamento
italiano l’aggravante della pena per clandestinità dell’immigrato, pene
reclusive fino a tre anni per chi ceda un immobile a un clandestino,
trasforma i CPT in centri di Identificazione e Espulsione (CIE), vieta a
una clandestina che partorisce in ospedale di riconoscere il bimbo come
suo, impone una tassa sul permesso di soggiorno e norme restrittive sui
ricongiungimenti familiari. In
questo modo, per la prima volta, il clandestino diventa un criminale!
In questo quadro si inseriscono anche le ordinanze del Presidente
del Consiglio dei Ministri, che decretano lo stato di emergenza per le
comunità nomadi-rom del Lazio, Campania e Lombardia e impongono il
vergognoso atto della schedatura di rom e sinti attraverso la raccolta
forzosa delle impronte digitali per l’identificazione e il censimento
degli abitanti dei campi.
Concordiamo con Famiglia
Cristiana quando ha definito il Pacchetto Sicurezza la “cattiveria
trasformata in legge”.
Razzismo istituzionale
Questa legislazione comporta un aggravio molto pesante sulle
spalle degli immigrati: i versamenti di contributi onerosi per
ottenere permessi di soggiorno e di cittadinanza, l’obbligo di
presentare un documento che attesti la regolarità del soggiorno per la
celebrazione del matrimonio, la verifica da parte del Comune delle
condizioni igienico-sanitarie dell’immobile e le pesanti sanzioni
previste per la mancata esibizione dei documenti.
Se a tutto questo si aggiungono l’aggravante di clandestinità che
comporta l’aumento di un terzo della pena, le decine di ordinanze per il
‘ decoro urbano’ di enti locali (dal divieto di trasportare borsoni a
quelle contro i lavavetri!) che creano un ” diritto speciale” riservato
alle aree di povertà urbane o dell’immigrazione, abbiamo davvero
l’impressione di essere di fronte a leggi che riflettono “un razzismo
istituzionale, come afferma il filosofo L. Ferrajoli, che vale a
fomentare gli umori xenofobi e il razzismo endemico presenti
nell’elettorato dei paesi ricchi.”
A quanto detto bisogna aggiungere le due ultime novità:
una pagella a punti perché un immigrato possa ottenere
la cittadinanza italiana (approvata una bozza di regolamento a
maggio 2010) e poi la
decisione dell’11/03/2010 della Corte di Cassazione che gli immigrati
irregolari vanno espulsi, anche se hanno figli minorenni che
frequentano la scuola. Incredibile ma vero: la legalità delle frontiere
prevale sulle esigenze di tutela del diritto allo studio dei minori.
Da tutto questo ne esce compromessa la nostra stessa democrazia.
“Oggi la novità della criminalizzazione degli immigrati - ha detto il
filosofo L.Ferrajoli all’incontro tenutosi nel settembre 2009 a
Lampedusa , sul tema: La
frontiera dei diritti .
Il
diritto
alla
frontiera – compromette
radicalmente l’identità democratica del nostro paese. Giacché essa ha
creato una nuova figura:quella della persona illegale, fuorilegge
solo perché tale, non-persona perché priva di diritto e perciò esposta a
qualunque tipo di vessazione: destinata dunque a generare un nuovo
proletariato discriminato giuridicamente, e non più solo, come i vecchi
immigrati, economicamente e socialmente. ” E’ lo stesso Ferrajoli a
tirarne le conclusioni: ”Queste norme e queste pratiche rivelano insomma
un vero e proprio razzismo istituzionale… Esse esprimono
l’immagine dell’immigrato come ‘cosa’, come non-persona, il cui solo
valore è quello di mano d’opera a basso prezzo per lavori faticosi o
pericolosi o umilianti: tutto, fuorché un essere umano, titolare
di diritti al pari dei cittadini.”
E allo stesso convegno di Lampedusa , il noto magistrato Livio Pepino ha
aggiunto: ”Il diritto penale, a sua volta, assume una nuova curvatura:
non contro il migrante che delinque, ma contro il migrante in quanto
tale. Infatti con l’introduzione del reato di ‘immigrazione irregolare’
si prosegue nella impostazione di punire non un fatto, ma una condizione
personale: è il migrante che diventa reato.”
Noi riteniamo infatti che tutta questa legislazione
è il risultato di un mondo politico di destra e di sinistra che
ha messo alla gogna lavavetri, ambulanti, rom e incarna una cultura
xenofoba e razzista che ci sta portando nel baratro dell’esclusione e
del rifiuto dell’”altro”, specie del musulmano.
I nuovi lager
Altro capitolo dolente dell’attuale ordinamento giuridico nei
confronti degli immigrati sono i Centri che prima si chiamavano
Centri di Permanenza Temporanea (CPT) e che la nuova legislazione chiama
Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE) dove gli immigrati sono
rinchiusi per sei mesi (prima era di sessanta giorni).
La situazione dei CIE è ancora peggiore di quella dei CPT. Da
fonti sicure sappiamo che nei CIE si moltiplicano le violenze e i
soprusi, mentre si susseguono le rivolte sempre represse con violenti
pestaggi.
“Questi centri sono veri luoghi di detenzione – scrive sempre L.
Ferrajoli – una detenzione per altro ancora più grave e penosa di quella
carceraria, dato che è sottratta a tutte le garanzie previste per i
detenuti, a cominciare dal ruolo di controllo svolto dalla magistratura
di sorveglianza. Sono stati creati così dei campi di concentramento in
cui vengono recluse “persone che non hanno fatto nulla di male, ma che
vengono private di qualunque diritto, e sottoposte ad un trattamento
punitivo, senza neppure i diritti e le garanzie che accompagnano la
stessa pena della reclusione.”
Ancora più drammatica la situazione degli immigrati nei campi
libici, che sono degli autentici campi di concentramento.
Ha ragione la prof.ssa L.Melillo dell’Orientale di Napoli in un
recente volume
A distanza d’offesa (a cura
di A. Esposito e L. Melillo) a scrivere: ”Sembra palesarsi il rischio di
una deriva razzista che fa del corpo dello straniero il capro
espiatorio delle crisi della nostra società.”
I luoghi della vergogna
Inumano è infine il trattamento
che gli immigrati braccianti ed operai subiscono nel
Paese,
sia sul lavoro sia nelle abitazioni. Luoghi come Castelvolturno
(Caserta), S. Nicola a Varco (Salerno), Rosarno (Reggio Calabria ),
Cassibile (Siracusa) sono ormai entrati nell’immaginario collettivo
italiano. Questi sono i luoghi della vergogna dove vivono i braccianti
agricoli che raccolgono i nostri pomodori, le arance, le patate, …
Il più noto è certamente Castelvolturno nel casertano con una
popolazione di 15.000 abitanti dei quali almeno 5.000 sono immigrati che
lavorano nelle campagne del casertano e del napoletano. Le loro
condizioni di vita, di abitazione, di lavoro sono davvero degradanti.
Come missionari/e ne
abbiamo spesso denunciato la situazione, che è poi esplosa il 18
Settembre 2008 quando sei ghaneani sono stati brutalmente uccisi dalla
camorra. Gli africani di Castelvolturno sono scesi per strada
ribellandosi a quel massacro.
Castelvolturno proprio per come gli immigrati sono trattati, è
una polveriera che potrebbe esplodere ad ogni momento.
Com’è esplosa Rosarno dove vivevano oltre mille braccianti che
lavoravano nella Piana di Gioia Tauro. Abbiamo spesso potuto visitare le
baraccopoli dove erano costretti a vivere quegli immigrati, luoghi di
uno squallore unico. Gli
stessi immigrati, fuggiti poi da Rosarno, hanno scritto: “Vivevamo in
fabbriche abbandonate, senza acqua né elettricità. Il nostro lavoro era
sottopagato. Lasciavamo i luoghi dove dormivamo alle 6 per rientrarci
solo a sera alle ore 20:00, per 25 € che non finivano tutti nelle nostre
tasche. A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una giornata di duro
lavoro, a farci pagare. Eravamo bastonati, minacciati, braccati come
bestie …”
Parole dure, scritte all’indomani della tragica storia di Rosarno
(7-9 Gennaio 2010) quando alcuni “bravi ragazzi” hanno sparato contro
gli africani, i quali, stanchi di tanti soprusi, si sono ribellati. Ne è
nata una vera e propria rivolta (basta vedere le immagini nel DVD
Le arance di Rosarno).
“Ci hanno sparato addosso per gioco o per l’interesse di qualcuno
-hanno scritto-. Non ne potevamo più. Coloro che non erano feriti da
proiettili, erano feriti nella loro dignità umana, nel loro orgoglio di
esseri umani... Siamo invisibili per le autorità di questo paese.”
Ci sembra doveroso in questo contesto ricordare padre Carlo
D’Antoni, parroco di Bosco Minniti (vicino a Cassibile), che accoglieva
nella sua parrocchia i migranti: è stato arrestato perché accusato di
aver firmato attestati di ospitalità che consentono ai braccianti di
avere un tetto. E ora lo attende il processo!
Stessa situazione nella baraccopoli di S. Nicola a Varco, comune
di Eboli (Salerno), dove un migliaio di braccianti maghrebini vivevano
in una situazione di grande degrado umano. Il 19 Novembre 2009 questi
immigrati, impegnati in lavori agricoli nella Valle del Sele, sono stati
cacciati e la baraccopoli demolita perché dichiarata non idonea (ed è
vero!), ma senza offrire loro un altro posto dove andare a dormire.
Inutili le proteste che abbiamo fatto al Prefetto ed al Questore di
Salerno. Oggi non c’è più una baraccopoli a S.Nicola a Varco, ma abbiamo
centinaia di braccianti che dormono dove possono nella valle del Sele.
Tutti questi braccianti sono forza lavoro, pagata a basso prezzo,
alla mercé dei caporali che fanno poi da tramite alle mafie. E questo ci
porta al dolente capitolo delle condizioni di lavoro.
Tra caporali e mafie
Il 26 aprile del 2010 ci sono stati, a Rosarno, una trentina di
arresti, venti aziende agricole sequestrate e sigilli a duecento
appezzamenti di terreno per un valore di dieci milioni di euro. E questo
per l’inchiesta della Procura di Palmi (RC), nata in seguito alla
rivolta di Rosarno .
Finiscono così in manette caporali e proprietari di
agrumeti della Piana di Gioia Tauro, accusati di associazione a
delinquere per lo sfruttamento della mano d’opera ed induzione
all’immigrazione clandestina. Profittatori della disperazione dei
braccianti stranieri, costretti a lavorare per pochi euro al giorno .
E’ l’Italia dei caporali, i boss del neoschiavismo che impongono
la loro legge e fanno affari d’oro alle spalle di 60 – 70 mila immigrati
braccianti che vivono in condizioni di degrado simili a quelle
riscontrate a Rosarno.
Seconda la Flai Cgil, gli immigrati irregolari impiegati in
agricoltura nel meridione sfiorano il 90%. Lavorano anche dieci ore al
giorno e a volte la paga non arriva a 15 €. Le percentuali
migliorano al centro ( 50% ) e al Nord ( 30% ).
Secondo la Confederazione Italiana Agricoltori, nei “luoghi della
vergogna”, il 40% dei braccianti stranieri vive in edifici abbandonati e
fatiscenti, oltre il 50% senza acqua potabile, il 30% senza elettricità,
il 43% senza servizi igienici. I raccoglitori di verdura a cottimo hanno
tra i 16 ed i 34 anni. L’80% non ha mai visto un medico.
Una nota a parte merita la provincia di Foggia, dove la raccolta
dei pomodori è nelle mani del racket che paga gli immigrati 10 € al
giorno.
Al Nord è l’edilizia l’altro terreno di conquista dei caporali.
Qui un lavoratore su quattro lavora nel sommerso: 700.000 gli immigrati
irregolari impiegati nelle imprese (in questo siamo al primo posto in
Europa). Li troviamo all’alba a Milano a Piazzale Lotto o a Lambrate che
chiedono una giornata in cantiere. Un manovale regolare costa 21 €
all’ora, se c’è di mezzo l’intermediario è meno di metà. Il resto va al
caporale. E al Nord i caporali sono sempre più
egiziani, marocchini, rumeni o anche cinesi che gestiscono i loro
connazionali sul lavoro e nella vita. Un altro capitolo vergognoso!
Respingimenti
Non sono bastate le leggi razziste, si sono aggiunti i
respingimenti in mare nel corso dei quali migliaia di persone sono
state rigettate, a rischio della loro vita, nei campi libici o nei loro
paesi di provenienza, dove li attende un altro calvario.
Come missionari/e
siamo testimoni che questa spinta migratoria, proveniente dall’Africa,
che tenta di attraversare il Mediterraneo, è dovuta alla tormentata
situazione del continente nero, in particolare dell’Africa Orientale e
Centrale. La situazione di miseria, i regimi oppressivi, le guerre in
atto dell’Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan, Repubblica Democratica del
Congo, Ciad sospingono migliaia di persone a fuggire attraverso il
deserto per arrivare in Tunisia e in Libia , dove sono sfruttati come
schiavi. Buona parte di questi immigrati sono rifugiati politici ed
hanno diritto all’asilo politico, fra l’altro ricordato due volte nella
nostra Costituzione. E qual è la risposta del governo? Chiudere le
frontiere e bloccare questa ’invasione’. E per questo il governo
Berlusconi ha stipulato accordi con la Libia e con la Tunisia. Il 5
gennaio 2009 il Senato italiano ha approvato il Trattato col governo
libico di Gheddafi per impedire che le cosiddette
‘carrette’ del mare
arrivino fino a Lampedusa o sulle coste italiane. Sono migliaia gli
immigrati morti nel Mare Nostrum. Secondo uno studio di G.Visetti,
giornalista di La Repubblica,dal
2002 al 2008 sono morti 42mila persone, trenta immigrati al giorno,
ingoiati dal mare davanti alla fortezza Europa. (Senza dimenticare le
migliaia di migranti che muoiono attraversando il deserto del Sahara)
Davanti a tali orrori, come si fa a firmare un Trattato con la Libia di
Gheddafi, un vero dittatore, che tratta in maniera così vergognosa gli
immigrati che vi arrivano? Come si fa ad armare con motovedette e tante
armi (nel 2009 abbiamo venduto materiale bellico per un valore di 111
milioni di euro!), un paese che le usa contro gli immigrati? Lo stesso
vale per la Tunisia, a cui
nel 2009 abbiamo venduto
armi per oltre 3 milioni di euro. Il 27 gennaio 2009 il ministro Maroni,
si è incontrato con il suo omonimo tunisino per la stessa
ragione, cioè il respingimento dei migranti.
L’Italia sta ora pagando voli aerei che partono dal nostro Sud,
ma anche da Malta o dalla Libia e che riportano gli immigrati nel loro
paese. Vuol dire portarli alla tortura o
alla morte. Basta vedersi il filmato del giornalista
dell’Espresso F.Gatti, ”L’amico
Isaia” e “Eritrea: Voices of
torture” per rendersi conto di quanto tragica sia la situazione e
quanto poco
cristiano ed evangelico sia il comportamento del governo
italiano.
Giustamente
Famiglia Cristiana ha
paragonato questi respingimenti alla Shoah.
A tal proposito il prof. Antonio Esposito
dell’Orientale di Napoli,
nel libro A distanza d’offesa,
così si esprime :”Così finiscono gli uomini e le donne che non sbarcano
più a Lampedusa. Bloccati in Libia dall’accordo Roma –Tripoli e
riconsegnati al deserto. Abbandonati sulla sabbia , appena oltre il
confine. A volte sono obbligati a proseguire a piedi. Altre volte si
perdono. Cadono a faccia in giù, sfiniti, affamati, assetati senza che
nessuno trovi più i loro cadaveri (come riporta F.Gatti nell’Espresso).
L’Italia, come l’Europa, prova a costruire la sua fortezza. Le
immateriali mura di recinzione sono erette con le carte che fanno le
leggi, sono tenute insieme dai sentimenti di indifferenza, falso
disdegno e disprezzo , propri del senso comune. Restano fuori donne,
uomini, vecchi, bambini, partiti inseguendo un orizzonte di dignità.”
Negazione dei diritti umani
E questi respingimenti avvengono non solo a largo delle nostre
coste, ma anche nei nostri porti più importanti. Sappiamo di
sicuro che nei porti di Ancona, Brindisi e Napoli sono migliaia gli
immigrati che vengono respinti ogni anno. Ne abbiamo fatta esperienza
diretta con i nove immigrati della nave’ Vera D’, che ha attraccato a
Napoli il 7 aprile 2010. L’ordine del ministro
Maroni era perentorio: dovevano essere respinti!
“Questi respingimenti – ha detto Luigi Ferrajoli – all’incontro
tenutosi nel 2009 a Lampedusa
– sono illegali sotto più aspetti. Hanno violato, anzi tutto, il
diritto di asilo stabilito dall’articolo 10 (comma 3) della Costituzione
per lo ‘straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo
esercizio delle libertà democratiche’, giacché le navi italiane con cui
gli immigrati vengono riportati in Libia sono territorio italiano, siano
esse in acque territoriali o in acque extraterritoriali. E lo hanno
violato doppiamente, giacché questi disperati vengono respinti in quei
lager che sono i campi libici, dove sono destinati a rimanere senza
limiti di tempo e in violazione dei più elementari diritti umani.
Hanno violato, in secondo luogo, la garanzia
dell’Habeas
Corpus, stabilita
dall’articolo 13 (Comma 3) della Costituzione: questi respingimenti si
sono infatti risolti in accompagnamenti coattivi, non sottoposti a
nessuna convalida giudiziaria …
Infine sono state violate le convenzioni internazionali che
l’Italia, nell’articolo 10 della Costituzione, si è impegnata a
rispettare: l’articolo 13 della Dichiarazione Universale sui Diritti
Umani sulla libertà di emigrare; l’articolo 14 della stessa
dichiarazione sul diritto di asilo; l’articolo 4 del Protocollo 4 della
Convenzione Europea sui Diritti Umani che vieta le espulsioni
collettive.”
Con questi respingimenti siamo davanti ad una massiccia
violazione dei diritti umani da parte del governo italiano.
La Navi Pellay, Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU ,
incontrando al Viminale il nostro Ministro degli Interni Maroni ha
detto: “Gli immigrati non sono rifiuti tossici, vanno salvati e
tutelati. E’ un obbligo per le autorità preposte salvare vite umane in
pericolo.”
Ed ha poi aggiunto:
“Gli immigrati non devono essere stigmatizzati ne’ criminalizzati.
Piuttosto vanno creati meccanismi in grado di stimolarne l’integrazione
e l’inserimento nella società. I migranti non possono venir percepiti
come una minaccia alla sicurezza perché questo non fa che incrementare
le paure dei cittadini”.
Anche il rapporto 2010 di
Amnesty International stigmatizza l’Italia come razzista.
La tratta
Un altro aspetto dell’ immigrazione in Italia è la tratta delle
donne per la prostituzione. Secondo stime attendibili, sulle strade
abbiamo dalle 30 alle 50 mila ragazze nigeriane, vittime di
questo traffico nel nostro paese. Senza parlare delle altre donne
albanesi, romene, latino-americane…, che costellano le nostre strade per
i nove milioni di italiani (il 70% di questi è sposato!) che comprano
sesso per strada. E’ chiaro che questa tratta è il frutto di racket
internazionali e mafie
italiane che aggiungono sfruttamento a sfruttamento.
E anche vi sono
delle responsabilità politiche ben precise .
“Come fermarli? – si chiede un missionario, padre Franco
Nascimbene, che ha lavorato a lungo a Castelvolturno - è una situazione
complessa, fatta da connivenze e corruzioni che solo le istituzioni, i
governi e le polizie potrebbero affrontare efficacemente.
Esistono
già leggi che colpiscono coloro che sfruttano la prostituzione, tuttavia
si ha l’impressione che manchi una decisa volontà politica di fermare la
macchina infernale che produce schiavitù e distrugge il futuro di
migliaia di ragazze.
Carceri
Per quanto riguarda il tema carcerario ci preme dire che
il 37.1 % della popolazione
carceraria è di origine straniera (24.922 su 67.452,al 21 aprile 2010) e
sottolineare alcune problematiche specifiche connesse alla vita
detentiva degli stranieri...per esempio difficoltà linguistiche,
condizioni economiche disagiate anche a causa della lontananza delle
famiglie di origine, l'assenza di una rete familiare e amicale...
(Antigone,1(2009),25).
Pensiamo che, come missionari/e, incontriamo qui, in carcere,
parte della realtà che abbiamo avuto modo di condividere altrove.
Crediamo di poter offrire un contributo estremamente prezioso ed un
possibile punto di riferimento dal punto di vista umano e spirituale
ai/alle detenuti/e ed al personale penitenziario.
La voce profetica delle Chiese d'Africa
Ci conforta, come missionari/e, il fatto che i vescovi
dell’Africa riuniti a Roma per il II Sinodo Africano (4-25 Ottobre 2009)
abbiano avuto il coraggio
di parlarne nei loro interventi in aula. Hanno affrontato questo
argomento i vescovi: G.
Martinelli (Tripoli, Libia), B. D. Souraphiel (Addis Abeba, Etiopia), W.
Avenya (Makurdi, Nigeria), G. C. Palmer – Buckle (Accra, Ghana), G. ‘Leke
Abegunrin( Osogbo, Nigeria) ed infine il Cardinal T. A. Sarr (Dakar,
Senegal) (vedi Per
un’Africa riconciliata –
Memoria del II Sinodo Africano a cura di Anna Pozzi).
“Gli africani continueranno a venire in Europa – ha detto il
vescovo W. Avenya – con tutti i mezzi, anche al prezzo di morire nel
deserto o per mare, finché l’equilibrio economico ed ambientale tra
Africa e resto del mondo non verrà ristabilito da chi ne è responsabile
e cioè dall’Occidente!”
Non meno esplicito l’arcivescovo di Addis Abeba, Souraphiel:
“Spero che questo Sinodo per l’Africa sondi le cause che sono alla base
del traffico di esseri umani, delle persone sfollate, dei lavoratori
domestici sfruttati, dei rifugiati, dei migranti, specialmente degli
africani che giungono nei barconi e dei richiedenti asilo e che sortisca
posizioni e proposte concrete per mostrare al mondo che la vita degli
africani è sacra e non priva di valore come invece sembra essere
presentata e vista da molti media.”
Non meno pesante l’intervento del vescovo Abegunrin di Osogbo
(Nigeria): ”La voce profetica della Chiesa a favore dei poveri e degli
oppressi non deve mai essere compromessa o sacrificata sull’altare di
un’amicizia religiosa o di un tornaconto materiale.” Ed egli applica
subito questo alla questione degli immigrati: “Una delle maggiori sfide
che questo Sinodo dovrebbe affrontare è il destino di un gran numero di
immigrati africani presenti in tutti i paesi dell’Occidente. Dall’inizio
di questa crisi economica, molti paesi occidentali hanno elaborato leggi
e strutture difensive a sostegno delle proprie economie. Purtroppo a
questo scopo sono state varate leggi che si avvicinano molto a negare
perfino i diritti umani degli immigrati. Soprattutto in Italia,
l’immigrazione clandestina è diventata un reato!”
E’ toccato poi all’arcivescovo di Dakar, il cardinal Sarr
analizzare in profondità il fenomeno degli immigrati: “Vorrei
sottolineare il carattere rivelatore del fenomeno della migrazione
clandestina. L’avventura così rischiosa dei migranti clandestini è un
vero e proprio grido di disperazione, che proclama di fronte al mondo la
gravità delle loro frustrazioni ed il loro desiderio ardente di maggiore
benessere.
Percepiamo noi questo grido di disperazione e lo lasciamo
penetrare nel nostro cuore tanto da cercare di capirne il senso e la
portata?” E il cardinale conclude: “Sappiamo bene, infatti, che non sono
le barriere della polizia, per quanto possono essere invalicabili, ad
arrestare la migrazione clandestina, bensì la riduzione effettiva della
povertà otterremo la promozione di uno sviluppo economico e sociale che
si estenda alle masse popolari del nostro paese.”
E’ stato infine l’arcivescovo di Accra, Palmer – Buckle, a
esprimere in un intervento pesante il “sentire” dei vescovi africani al
Sinodo attaccando le tendenze xenofobe presenti in Europa che
“considerano gli africani come se non avessero diritti.”
E con molta ironia ha
concluso: “ Come fate voi europei a parlare di diritti umani
universali?”
Ci impegnamo
Anche nell'ambito del fenomeno migratorio noi missionari/e ci
proponiamo una lettura piena di fede e di speranza perché, al di là dei
risvolti drammatici che spesso accompagnano le storie dei migranti, i
loro volti e le loro vicende portano il sigillo della storia di salvezza
e della teologia dei 'segni dei tempi'.
La Chiesa difatti intende affermare la cultura del rispetto,
dell'uguaglianza e della valorizzazione delle diversità, capace di
vedere i migranti come portatori di valori e di risorse. Essa invita a
rivedere politiche e norme che compromettono la tutela dei diritti
fondamentali...esprime inoltre un forte dissenso rispetto alla prassi
sempre più restrittiva in merito alla concessione dello 'status' di
rifugiato e al ricorso sempre più frequente alla detenzione e
all'espulsione dei migranti.
La presenza dei migranti in mezzo a noi ci ricorda che, dal punto
di vista biblico, libertà e benessere sono doni e come tali possono
essere mantenuti solo se condivisi con chi ne è privo. I fondamenti del
rispetto e dell'accoglienza dei migranti sono contenuti, per noi
credenti, nella Parola di Dio. (Vegliò,oc.).
Per questo
Noi missionari/e crediamo fermamente, come diceva il grande
vescovo-martire di Oran (Algeria) Pierre Claverie, che
non c’è
umanità se non al plurale.
Conferenza degli Istituti Missionari Italiani (CIMI)
Commissione di Giustizia, Pace e Integrità del Creato della CIMI.
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