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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Nuddu (*)

di Vito Piazza

Dalla cronaca: Luciano Barba, trent'anni, disabile mentale, è morto per ultimo scherzo perpetrato ai suoi danni da <<amici>> che vivevano nel suo stesso paese. Sembra che il Barba sia stato invitato al bar da alcuni conoscenti per prendere un caffè. Anche in passato era stato oggetto di scherzi, qualche volta anche pesanti, architettai dalle stesse persone, Luciano non sospetta nulla e accetta volentieri l'invito.

Chissà, è probabile che l'abbia preso come un segno di vera amicizia: quel mondo di <<normali>> lo chiamava a fare le stesse cose che gli altri facevano abitualmente: parlare di donne, discutere di calcio, passeggiare ….prendere il caffè. Solo che il suo caffè era stato precedentemente corretto con del pesticida. Luciano si sente subito male, accusa forti dolori allo stomaco, ha la febbre. Riaccompagnato a casa, viene visitato da un medico che diagnostica una semplice influenza. Il medico va via, ma i dolori restano e diventano sempre più forti, insopportabili. Viene accompagnato all'ospedale. Vi giunge quando ormai è troppo tardi. Le ultime parole di Luciano sono state di affetto nei confronti degli <<amici>>, anche se ha aggiunto: <<Mamma, come era amaro quel caffè!>>. E' l'epilogo di una storia, una delle tante che ripetono l'archetipo dello scemo del villaggio. Luciano, corporatura massiccia e mente labile, veniva incoraggiato a fare stranezze da quelli che si definivano i suoi <<amici>>: gli chiedevano di imitare il cavallo, e Luciano nitriva e scalpitava; lo esortavano a girare nudo per la piazza con la temperatura sotto zero, e Luciano si denudava e sopportava qualsiasi umiliazione pur di essere accettato nel mondo dei <<normali>>, pur di vedere riconosciuta la propria identità di uomo, non di <<scimunito>>. L'ultimo scherzo gli è stato però fatale. Luciano, come tanti scemi del villaggio, era un giocattolo che costava poco, anzi niente: perché non assecondarlo vivendo con lui il suo mondo immaginario, confermandolo nell'illogicità di atteggiamenti e comportamenti che, se corretti o scoraggiati, avrebbero potuto consentirgli di ancorarsi alla realtà? Il paranoico non nasce solo, nasce sempre con e per gli altri. E scambiare le proprie idee per la realtà. E i canzonatori con le loro risate lo spingono verso una fantasia malata, un mondo fantasmatico e irreale. Vanno in quel mondo con lui. Ma c'è una differenza: loro i <<normali>>, vanno e vengono da un mondo all'altro, partono e ritornano, passano dalla realtà fittizia alla realtà autentica, alla quotidianità, lasciando lo <<scemo>>, la persona con disabilità mentale, sola fra i suoi sogni malati. Avremo avuto piacere di raccontare le gesta del povero Luciano. E invece le gesta di cui narriamo appartengono ad altri, ai <<normali>>.

Lui era Nuddu…nessuno.

<<Matri, iddi foru chi m'ammazzaru!>>

<<Madre, loro, loro mi hano ucciso!>>

<<E tu chi facisti, figghiu me beddu?>>

<<E tu che gli hai fatto di male, figlio mio?>>

<<Nenti, biviri un cafè mi chiamare…

<<Niente, mi hanno invitato a bere un caffè….

Iddu eranu lu munnu e jera nuddu.>>

Loro erano il mondo e io ero nessuno.>>

A tutti vulia beni, ma li picciotti di paisi

A tutti voleva bene, ma i ragazzi di paese

Lu facianu abballari senza appizzarici li spisi,

lo facevano girare in tondo senza rimetterci nulla,

e abballava senza sonu, si ci lu dicia chiddu o l'autru,

e lui ballava senza musica, su richiesta di chiunque,

facia la cavaddu e je nudu nta lu friddu.

nitriva come un cavallo o andava nudo incontro al freddo.

Chissa eri genti di paisi chi avia truvatu lu jocu

Era gente di paese che aveva trovato un giocattolo

Nta un picciottu bonu chi vulia essiri ranni,

in un ragazzo buono che voleva solo diventare adulto,

chi vulia esseri sulu comu l'atri consideratu,

che voleva essere considerato come tutti gli altri,

ma curpa fu pi iddu già l'esseri nasciutu.

con l'unica colpa di essere nato diverso.

<<Matri, iddi picchì m'ammazzaru?>>

<<Madre, perché mi hanno ucciso?>>

<<No, tu 'un mori figghiu d'argentu e d'oru…

<<No che non muori figlio d'argento e d'oro….

Fu sulu cafè amaru, la to' è frevi chi passa,

E' colpa di un caffè amaro, l tua è febbre che passa,

ti pigghia a lu stomacu e po' ti lassa.

Ti prende allo stomaco, ma poi ti lascia.

Figghiu li to amici ti vannu beni.>>

Figlio, i tuoi amici ti vogliono bene.>>

<<E' veru, matri, mi livaru li peni,

<<E' vero, mamma mi hanno tolto dalle mie pene,

picchì je mai avissi statu ranni

perché io non sarei mai diventato adulto

e pi' tia avissi statu un pisu perenni.>>

e per te sarei stato solo un peso per sempre.>>

Ma a lu spitali arrivau mortu pi lu duluri,

Ma all'ospedale arrivò morto di dolore,

dissu sulu chi vulia essiri come l'altri,

disse solo che voleva essere come gli altri,

comu tutti i figgi chi hannu na matri,

come tutti i figli che hanno una madre,

chi jocanu e cogghinu ciuri.

Che giocano e raccolgono fiori.

Lu picciottu, scimunitu consideratu,

E il ragazzone, da tutti considerato scemo,

dissi sulu: << Picchì pi esseri ricanusciutu

disse solo: <<Perché per essere riconosciuto

comu cristianu e no comu babbu o comu jocu

come uomo e non come scemo o come gioco

happi a moriri cu la panza nta un focu?

dovrò morire con lo stomaco in fiamme?

Madre dd'amici mi vosiru beni

Madre, quegli amici mi hanno voluto bene

A niatri du' ni livaru li peni.

a te e a me hanno tolto le pene.

Ma ora chiddu chi m'hanno ammazzatu

Ma ora coloro che mi hanno ammazzato

Un ponnu diri ch'è mortu un scimunitu,

non potranno dire che è morto uno scemo,

ma un cristianu, è mortu n'amicu.>>

ma un uomo è morto, è morto un amico.>>1

Il disabile è l'unico a non potersi scegliere gli amici. O viene scelto dagli altri o se ne sta solo.

1

Dal CD musicale Nuddu, Nessuno, testi di Vito piazza e musica di Filippo Faracci, Trento, Erckson, 1999.

(*)Per chi suono la campanella? "Il ruolo del personale non docente nell'integrazione scolastica degli alunni disabili", Erickson

 


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