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"Il Nuovo ruolo degli Enti Locali per l'integrazione dei disabili nella scuola dell'autonomia"
A cura di Rolando Alberto Borzetti
Un po’ di storia… Lo scenario che si va delineando da una decina d'anni a questa parte offre dei vantaggi, ma anche dei grossi svantaggi all'integrazione scolastica. Direi che un punto fermo e sicuro è stato posto dalla Sentenza n.215 del 1987 della Corte Costituzionale, che ha stabilito il principio costituzionalmente garantito dell'integrazione scolastica, con l'obbligo, per tutti gli apparati amministrativi che intervengono, a fare la loro parte. Dice tra l'altro la Sentenza: "Nel caso di conflitto fra il diritto allo studio dell'alunno handicappato e l'interesse alla buona efficienza dell'amministrazione scolastica, che potrebbe essere turbata dalla presenza di un diverso, non è il diritto della persona handicappata a dover cedere rispetto al diritto degli altri, ma bisogna trovare il contemperamento degli interessi fra il diritto dell'uno ed i diritti degli altri, con l'intervento ed il coordinamento delle diverse amministrazioni che per legge hanno l'obbligo di intervenire". Da allora ,ci si è resi conto ( ma già all’uscita della C.M. n.258/1983 sulle intese) che l'integrazione scolastica fosse solo un dovere della scuola. Questa era sì tenuta ad accogliere gli alunni, ma non poteva da sola assumersi il compito di garantire il servizio di integrazione scolastica, proprio perché era cambiato il quadro istituzionale rispetto alle scuole speciali. La scuola speciale, infatti, era l'istituzione totale che curava la scolarizzazione: gli operatori di queste istituzioni erano non solo insegnanti, ma erano anche assistenti sociali, operatori socio-sanitari e psicologi. Molti dei loro alunni rimanevano in istituto per tutto l'anno scolastico, taluni anche per tutta l'età evolutiva, perché i genitori spesso li scaricavano lì e non se ne ricordavano più. Una volta accettata l'integrazione nella scuola di territorio, era necessario non solo che quest'ultima si specializzasse nella didattica, ma anche che intervenissero altri soggetti istituzionali per garantire la riuscita dell'integrazione. Al giorno d’oggi.. Bisogna purtroppo riconoscere che gli altri Enti Locali e specialmente le AA.SS.LL. (allora UU.SS.LL.) non l'hanno capito sempre, o che, se l'hanno capito, si sono trincerati spesso dietro alla non chiarezza normativa o alla insufficienza dei mezzi finanziari. E' necessario rendersi conto che con la Legge Quadro, anche la logica politica dell'integrazione è cambiata: infatti, mentre con la C.M. 258/1983 era il Provveditore agli Studi che promuoveva le intese per acquisire i servizi degli Enti Locali, necessari a garantire l'integrazione, con l'Art.13 (Comma 1 Lettera A) della Legge Quadro n.104/1992, il quale prevede la necessità di accordi di programma, è cambiata l'ottica, perché l'accordo di programma non lo promuove il Provveditore, ma il Sindaco, o il Presidente della Provincia, o il Presidente della Regione, "in quanto - dice la legge - ritengano questo servizio d'interesse primario o prevalente dell'amministrazione locale". Quindi l'integrazione scolastica non è più una finalità della scuola che cerca di chiedere aiuto agli altri, ma è una finalità propria del soggetto esponenziale della comunità locale che pone attorno ad un tavolo le proprie risorse e quelle degli altri apparati, promuovendo un progetto globale di vita sostenuto dalle norme nazionali, da quelle regionali e dagli atti amministrativi. Questo discorso si è cercato di chiarirlo nell’opuscolo di commento alla Legge Quadro del '92 dell’Avv. Nocera ( Carta dei diritti, pubblicazione dell’AIDP n° 1 1997,da me distribuita alle insegnanti di sostegno nelle riunioni avutesi nel 1996/97 e 1997/98 in tutto il Territorio di Pomezia-Ardea ), ma da quello che a tutt'oggi emerge: gli Enti Locali non hanno ancora preso coscienza di questo loro nuovo ruolo, che compete loro in forza del cambiato assetto istituzionale. L'assetto istituzionale diventa peraltro più importante se si va a guardare l'orientamento del decentramento che ormai attribuisce agli Enti Locali, in base al Decreto Legislativo 112/1998, la vigilanza e la programmazione delle politiche scolastiche, nelle quali le Autorità scolastiche intervengono come partner e non come promotori, come agenzia tecnicamente specializzata, ma non come agenzia politicamente programmatoria. Ciò è molto importante perché, se gli Enti Locali non si rendono conto di questo cambiamento di indirizzo di politica legislativa, abbiamo un bel discutere, ma avremo difficoltà immense, perché, quando un soggetto che per legge ha certe responsabilità e non se le assume, possiamo anche fare le denunce alla Procura della Repubblica, ma i procedimenti penali giungono a soluzione dopo anni, mentre l'alunno in situazione di handicap ha bisogno subito di una risposta. Dunque, ormai, anche come politica legislativa, siamo sempre meno interessati ad una logica sanzionatoria di tipo penalistico: siamo invece più propensi, in presenza di inadempienze, ad interventi sostitutivi, che garantiscano agli interessati quello che la legge avrebbe dovuto garantire loro in via spontanea; e questo è un discorso molto importante, perché è qui che si giocherà il futuro dell'integrazione scolastica, specialmente ora che si stanno allargando sempre più le maglie e sempre più decentrando i luoghi di decisione delle scelte operative. Non dobbiamo vedere il decentramento solo a livello di istituzione scolastica, lo dobbiamo vedere ancora di più a livello di amministrazione scolastica. Ci si è sempre lamentati delle circolari del Ministero, anche se troppe avevano però un pregio: quello di indicare a tutti delle linee guida comuni. Quanto più ci addentreremo verso il decentramento e l'autonomia, tanto più ci renderemo conto che il Ministero emanerà meno circolari e che i centri decisionali dal punto di vista amministrativo si sposteranno dal Ministero e dal Provveditore, concentrandosi probabilmente sulla Sovraintendenza Scolastica Regionale. Quest'ultima, pertanto, assumerà i poteri che avevano il Ministro e il Provveditore; sarà con essa che bisognerà confrontarsi e sarà essa che dovrà avere allora la consapevolezza del nuovo ruolo che questa fase istituzionale propone e prospetta. Quanto sono preparati i Sovrintendenti Scolastici a questo ruolo? Non lo so. Non so ma dovranno esserlo , perché alcune linee guida generali dovranno restare, pena il rischio che l'Italia divenga una repubblica di Arlecchino, nella quale in una zona si fa una cosa, in un'altra, anche vicina , si fa totalmente l'opposto, e questo a totale danno degli utenti. Emergerà allora il ruolo crescente che avranno le associazioni degli utenti e di tutela dei diritti dei consumatori (organizzazioni o federazioni di disabili), in una logica di collaborazione per l'interesse di tutti. E chi sono le controparti? Le controparti sono i soggetti che per legge, nazionale o regionale, hanno certi obblighi e debbono rendere per quegli obblighi. Non conterà più l'appartenenza politica delle amministrazioni: bisognerà attaccare le Autorità locali amministrative se non fanno quello che la legge prevede e tutti avremo il diritto di farlo qualora esse non rispettino la legge e si trincerino dietro false interpretazioni ! Come si fa , a questo punto, a parlare dei compiti degli Enti Locali nella logica del decentramento, se non poniamo questa logica in quella che è la logica del decentramento dell'autonomia scolastica? Esiste un regolamento, che ancora non ha un numero perché attende il visto della Corte dei Conti e poi la pubblicazione come regolamento, quindi come D.P.R. Esso contiene due norme che riguardano specificamente il mondo dell'handicap su cui bisogna prestare attenzione. All'Art.1, parla delle finalità dell'autonomia scolastica e afferma che l'autonomia delle singole istituzioni è espressione del pluralismo culturale, e che le istituzioni scolastiche debbono dialogare fra di loro e con gli Enti Locali. Questo è già un principio di fondo molto importante: esse debbono dialogare fra loro per garantire l'integrazione come principio generale, l'integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo al fine di dare un'offerta formativa e di realizzare tale offerta nel rispetto dei principi fissati dal decentramento amministrativo e di quelli fissati dal sistema nazionale di istruzione. Qui c'è in sintesi tutto quello che serve analizzare in funzione dell'integrazione scolastica: intanto si parla di istituzioni scolastiche singole, le quali debbono, però, dialogare fra loro. Non è pensabile, come credono alcuni, che con l'autonomia ogni scuola si farà gli affari suoi; tutt'altro! Qualcuno potrà sostenere che , secondo la logica della concorrenza di mercato, ogni scuola cercherà di offrire il servizio migliore e quindi farà in modo da escludere quei soggetti che creano un costo aggiuntivo in termini finanziari e organizzativi, dicendo ai genitori: "Venite ad iscrivere i vostri figli qui, perché tanto noi handicappati non ne avremo". Chi facesse questo tipo di ragionamento si metterebbe automaticamente fuori legge, perché non vanno dimenticate due norme fondamentali: la Sentenza della Corte Costituzionale citata prima e l'Art.12 (Comma 4) della Legge Quadro, secondo cui non è lecito escludere una persona dalla frequenza scolastica solo per le sue minorazioni qualificanti. Chi lo facesse, lo ripeto, si metterebbe fuori legge e sarebbe passibile di denuncia alla Procura della Repubblica. Una volta chiarito questo aspetto, dunque, le Istituzioni devono dialogare fra di loro. Infatti, il Decreto sull'autonomia parla addirittura di "reti di scuole": reti sotto il profilo di organizzazione informatica e sotto il profilo organizzativo. Non per nulla quest'anno, per la prima volta, anche la scuola materna ha un organico funzionale almeno provinciale, così come lo ha la scuola elementare, come lo ha già - almeno per il sostegno - la scuola superiore… e bisognerà perciò che lo abbia anche la scuola media, per la quale vige ancora l'organico di istituto. Infatti, l'organico funzionale di circolo per la scuola materna ed elementare abbraccia, grosso modo, la zona di un distretto, quello provinciale delle scuole superiori - per il sostegno almeno - abbraccia tutta la provincia, mentre l'organico funzionale di istituto per le scuole medie riguarda solo l'istituto e si devono creare anche qui delle sinergie a livello di distretto scolastico. Non dimentichiamo che la Legge 517 del '77, agli Articoli 2 e 7, dice espressamente che l'integrazione scolastica si realizza sulla base di un progetto impostato a livello distrettuale. Che non lo si sia fatto, è un'altra faccenda, ma la logica era questa. Quindi oggi abbiamo dei territori di programmazione che corrispondono, grosso modo, al distretto, che poi sono anche quei territori che coincidono press'a poco con il distretto sanitario e con il distretto sociale di base ( in via di approvazione) Dunque, le istituzioni scolastiche debbono dialogare fra di loro e debbono creare delle risorse. Si deve immaginare , per esempio, che se si arriverà ad un organico funzionale di circolo o di distretto degli insegnanti specializzati e questi verranno assegnati in modo equo sul territorio, potrà succedere che alcune scuole avranno troppi docenti di sostegno ed altre non ne avranno; ma se prevarrà la logica dell'organico di distretto - proprio perché ci sarà una rete di scuole - gli istituti che in un certo anno scolastico non avranno alunni handicappati, dovranno cedere i loro insegnanti di sostegno a quelli che ne avranno. Allora, forse, verrà meno lo stimolo ad allontanare gli alunni in difficoltà perché, perdendo un alunno disabile, si perderà anche una risorsa aggiuntiva che è l'insegnante per il sostegno. Fino a poco tempo fa , le scuole volevano accaparrarsi gli alunni portatori di handicap per beneficiare della riduzione del numero di allievi per classe e per poter quindi sdoppiare le classi; questa era una visione del tutto strumentale degli alunni handicappati. D'ora in avanti, probabilmente, gli istituti avranno interesse a non allontanarli - non ad averne di più, perché anche se avessero più alunni con handicap, l'organico rimarrebbe invariato. L'art.1 del nuovo Regolamento sull'autonomia scolastica, dice inoltre che le scuole dovranno dialogare con gli Enti Locali, perché sono essi che hanno le competenze: quest'articolo richiama espressamente gli Articoli 138 e 139 del Decreto Legislativo 112 sul decentramento, ( allegati gli articoli )sembrava tuttavia necessario fare questo inquadramento, perché altrimenti, parlare solo dell'Art.139 sui poteri degli Enti Locali, significa poco se non riusciamo ad inserire questa nuova logica in un quadro più ampio. L'Art. 4 (Comma 2, Lettera C) del Regolamento è l'unico articolo che fa espresso riferimento all'handicap. L'articolo riguarda espressamente l'autonomia didattica e vi si dice che questa dovrà garantire forme di flessibilità dell'organizzazione didattica, con riguardo al tempo scuola, allo spazio scuola, all'orario proprio delle lezioni e con riguardo, in particolare, alla presenza di alunni in situazione di difficoltà, al fine di garantire l'individualizzazione degli interventi e la valutazione dell'efficacia e della qualità del servizio scolastico. C'è chi ritiene che questa formulazione abbia un carattere riduttivo rispetto all'handicap, essendo convinti che la presenza nella scuola dell'alunno disabile riguardi solo la didattica, mentre , in verità, la presenza di alunni con handicap è un dato strutturale della scuola: questa non si può organizzare in modo diverso da quello secondo cui si deve dare una risposta anche agli alunni handicappati, e 1/3 delle scuole italiane hanno alunni minorati. Parliamo allora di …. Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.), che è il fulcro della Legge Quadro sull'integrazione. il P.E.I. non è il percorso didattico, esso è il progetto globale ( lo descrive bene l’Avv. Nocera nella pubblicazione del 1997 dell’AIDP ) che si sostanzia nel progetto riabilitativo, in quello sociale e in quello didattico, come è espressamente detto nell'Art.13 (Comma 1) della stessa Legge Quadro. Dunque, se il P.E.I. è il fulcro a cui deve tendere l'autonomia scolastica, dobbiamo stabilire come poter realizzare seriamente un P.E.I., ed ecco che ritorna il discorso del collegamento con gli Enti Locali e con le AA.SS.LL., tenendo presente che questo documento va articolato in diversi progetti, i quali vanno correlati fra di loro; di qui la necessità che la Scuola sappia dialogare con tutti i soggetti. Non tarderà molto tempo che gli accordi di programma, che attualmente promuove il Sindaco nei confronti del Provveditore e dell'A.S.L., saranno stipulati dal Sindaco sempre, ma con le singole istituzioni scolastiche o con reti di scuole, perché saranno esse a dover individuare i bisogni per l'individualizzazione degli interventi caso per caso, e saranno queste necessità che dovranno trovare delle risposte puntuali. Semmai, un problema ed un rischio potra’ esserci nell'eccessiva individualizzazione dei rapporti educativi, vale a dire che vi possa essere un isolamento dell'alunno in situazione di difficoltà rispetto al percorso che svolgono gli altri alunni. Bisognerà stare molto attenti a questo, perché sarebbe una forma di emarginazione a cui non si deve indulgere, pur rispettando le necessità specifiche degli alunni. Bisognerà però avere sempre chiaro il quadro di riferimento," bisognerà garantire un percorso di integrazione". A questo proposito, tenere presente che in base al regolamento richiamato sopra, il principio di integrazione è divenuto un principio generale per tutti gli alunni e che quindi l'integrazione dei soggetti con minorazione è la specificazione di un principio generale. Questo è un grossissimo passo avanti che la cultura dell'integrazione ha compiuto e che ancora non sia stato sufficientemente colto. C'è allora il rischio della separazione , e sapete come potrebbe concretizzarsi nell'autonomia didattica? Che si comincino a formare dei gruppi per fasce di livello e che si decida che per certi periodi dell'anno si prendono tutti i più bravi (gli iperdotati) e li si mette in un gruppo, quelli medi in un altro, quelli più ritardati in un altro ancora e che si faccia l'attività di recupero, ad esempio, per quest'ultimo. Se questo è in una fase del progetto globale e se pensato con questa logica, sta pure bene ( sperimentazione descritte in rete ne parlano) , ma se diventa una modalità strutturale delle istituzioni scolastiche autonome, si deve denunciare come violazione della legge in modo palese. Tale rischio deve essere assolutamente evitato. Non per nulla nell'Art.4 del Regolamento sull'autonomia scolastica c'è un riferimento esplicito al Regolamento n.331/1998 sulla formazione delle classi e sugli organici delle scuole che è molto importante. Infatti, all'Art.43 ( allegato )del Decreto n.331/1998, concernente le sperimentazioni per l'integrazione scolastica in genere, si afferma che deve essere in ogni modo evitata ogni forma di concentrazione di alunni in situazione di handicap in uno stesso gruppo. Questa è una norma cui bisognerà fare continuo riferimento, qualora prenda piede la logica efficientistica che verrà sbandierata dalle scuole autonome anche per lucrare l'accesso al fondo d'incentivazione che tutti i Capi d'Istituto avranno per la migliore riuscita dell'autonomia scolastica. Ecco, si dovrà fare in modo da evitare questo rischio di concentrazione, queste forme di errata applicazione della normativa sull'autonomia scolastica. Finora si e’ sempre parlato dell'autonomia scolastica…. e gli Enti Locali che ci stanno a fare?" C’entrano…c’entrano… Perché se essi accettano questa logica efficientistica per le scuole autonome, le finanzieranno, poiché dovranno dare loro dei supporti, ma non potranno finanziare e supportare esperienze didattiche le quali prevedano concentrazioni stabili di alunni minorati, contrabbandate sotto qualunque forma (scuola particolarmente attrezzata, scuola potenziata, scuola-polo, unità educativa assistenziale, chiamatele come volete). Torniamo a dire che se si tratta di momenti in cui è opportuno svolgere un corso di recupero per quattro o cinque alunni svantaggiati o, al limite, anche solo minorati, si faccia: se lo si fa per gli altri, non si vede perché non si dovrebbe farlo per loro, ma deve essere solo un momento, una fase strategica del progetto complessivo. Se questa scelta fosse invece il fine, la modalità standard del progetto globale, sarebbe decisamente un'erronea valutazione dell'offerta formativa che le scuole danno. Tutti dobbiamo adoperarci affinché la carta dei servizi delle singole scuole preveda esplicitamente il divieto di queste modalità didattiche, tanto più che adesso le carte dei servizi si sono arricchite della carta dei diritti delle studentesse e degli studenti, come stabilito dal Decreto n.249/1998, le quali garantiscono il diritto allo studio di tutti gli alunni. Anche se non se ne parla - e suppongo che non se ne parli -, si suggerisce da chi lavora per le Leggi dell’Handicap un "criterio interpretativo" che l’Avv. Nocera ha adottato in una ricerca che ha svolto per conto del Ministero della P.I. e che sta per pubblicare sulla rivista "Annali della Pubblica Istruzione" ed. Le Monnier: d'ora in poi, sempre meno si troveranno nella normativa riferimenti specifici alla situazione dell'handicap. Questo può essere interpretato dai pessimisti come un calo di attenzione alle sue problematiche, mentre invece deve essere interpretato nel senso che ormai l'integrazione scolastica è entrata nella cultura generale. Allora noi bisognerà interpretare tutte le norme, anche dove non si parla di alunni con minorazione, ritenendo che esse comprendono anche questi individui. Alla luce di questo criterio, dunque, dobbiamo interpretare pure l'Art.139 del Decreto Legislativo 119, il quale dice finalmente che è compito degli Enti Locali dare il supporto organizzativo all'integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap. Il termine "supporto organizzativo" è un po' sibillino rispetto a quello a cui eravamo abituati, che era quello degli Articoli 42 e 45 del D.P.R. 616/1977, nei quali si parlava di assistenza scolastica. Al termine "assistenza scolastica" ci si è abituati da decenni, mentre all'espressione "supporto organizzativo" no. Allora come sarà esplicitato questo supporto organizzativo? In che cosa consisterà? Le leggi regionali, che dovevano essere emanate in proposito entro dicembre dello scorso anno, debbono interpretarlo nel senso che Comuni e Province sono tenuti a farsi carico di tutto quanto necessita a garantire il funzionamento migliore possibile del servizio scolastico reso agli alunni in situazione di handicap. Credo che pochissime leggi abbiano esplicitato il concetto di supporto organizzativo, ma dobbiamo stare attenti a distinguere il supporto organizzativo da quello didattico. Quest'ultimo va distinto in supporto personale e supporto materiale. Il supporto personale è dato dagli insegnanti specializzati, e questo è un compito chiaro dell'amministrazione scolastica, la quale è stata inadempiente nella misura in cui non ha garantito a costoro una seria formazione. Non tutti i Capi di Istituto sono in difetto rispetto all'integrazione scolastica, però non tutti sono preparati al riguardo, e allora perché i Capi di Istituto - tutti i Capi d'Istituto - non si sforzano di acquisire informazioni sulle problematiche organizzative dell'integrazione scolastica? Per quanto riguarda i docenti, tenuto conto del fatto che le università formeranno sempre meno insegnanti specializzati, che nei programmi di formazione della facoltà di Scienze dell'Educazione per l'acquisizione della Laurea per la Scuola materna ed elementare e dei corsi biennali per l'Abilitazione (i quali possono prevedere anche la specializzazione) le ore destinate agli apprendimenti specifici per il sostegno sono ancora meno numerose di quelle dei corsi intensivi (già giudicate carenti), se l'amministrazione scolastica non si rimboccherà presto le maniche per organizzare dei corsi di formazione in servizio per tutto il personale e dei corsi di alta qualificazione per gli insegnanti già specializzati, correremo veramente dei grossissimi rischi, e questi corsi possono essere organizzati con costo quasi 0 per l'amministrazione. Infatti, se fossero istituiti all'inizio dell'anno scolastico per quei Consigli di Classe che hanno un alunno in situazione di handicap, allo scopo di aiutare tutto il Consiglio a capire la Diagnosi Funzionale e ad impostare il P.E.I. di quell'alunno, sarebbero dei corsi utilissimi. I formatori dovrebbero essere gli insegnanti specializzati, gli esperti dell'A.S.L. e dei servizi, che del resto sono membri del G.L.H. RIEPILOGANDO Dobbiamo dire che la normativa sull'integrazione scolastica ha fatto scuola, nel senso che le anticipazioni metodologiche ed organizzative da essa predisposte si sono ormai estese a tutto il sistema scolastico. Pensate un po': per esempio, esistono oggi percorsi differenziati per alunni con pluriminorazione, anche nelle scuole superiori e adesso, grazie alla legge sul regolamento dell'autonomia, tutti gli allievi debbono avere dei percorsi personalizzati. Esiste oggi l'ammissione agli esami per gli alunni con difficoltà e con handicap grave (anche se sprovvisti dell'idoneità), ai soli fini di acquisire l'attestato che certifichi i crediti formativi maturati, ed andate a guardare il Regolamento e l'Ordinanza sui nuovi esami di maturità, che prevedono questa stessa cosa per tutti gli studenti. Ormai la normativa si sta orientando in questo senso e perciò essa ci è tributaria di un approccio ai problemi il quale, partendo dalla specificità dei bisogni, ha trovato delle soluzioni che fortunatamente hanno dimostrato di non essere corporative e settoriali, ma hanno offerto all'intera struttura amministrativa l'occasione per ripensare i suoi ruoli organizzativi. Privacy Il discorso della privacy costituisce un problema grosso, ma… laddove debbano intervenire nel processo di integrazione soggetti diversi dall'amministrazione scolastica, i quali per legge sono necessitati ad intervenire (pensiamo agli operatori delle AA.SS.LL., degli Enti Locali, ma anche alle cooperative che sono convenzionate con gli Enti Locali o con la stessa Scuola e ancora agli organismi di volontariato), essi debbono pure conoscere il Profilo Dinamico ed il P.E.I. di questi ragazzi. E allora, qual è il discorso di fondo? Certamente, sono sempre i genitori a dover fornire le informazioni; non si può procurarsele autonomamente e, al limite, vale sempre quella disposizione che il Ministero emanò tramite la Circolare 363/1994 sulle iscrizioni, la quale afferma che, qualora i genitori si rifiutino di produrre, se richiesti, la certificazione della situazione di handicap del loro figlio, ci si può rivolgere ai Servizi Sociali, affinché attivino l'intervento del Giudice del Tribunale dei Minori nell'interesse del minore stesso, che altrimenti verrebbe privato di tutta una serie di diritti che sono legali. Poiché, in definitiva, si tratta di dati personali cosiddetti sensibili, in quanto riguardano la salute (pensiamo alla sindrome di Down, e così via), in questi casi l'amministrazione scolastica deve liberamente captare questi dati e non ha bisogno dell'autorizzazione dei genitori, perché si dovranno pure formulare il P.D.F. e il P.E.I., si dovranno pure coinvolgere le varie componenti che interverranno nel percorso educativo dell'alunno. E' violazione della privacy questa? Ritengo di no, perché, in primo luogo, non si dice espressamente che quel soggetto è handicappato e perché, in secondo luogo, l'amministrazione deve cautelarsi nei confronti dei furbi i quali, avendo per esempio delle pagelle o dei tabelloni sprovvisti delle indicazioni appositamente previste in presenza di handicap, potrebbero pretendere, com'è già accaduto, ( in rete sono stati evidenziati diversi casi) il rilascio di diplomi di maturità "regolari", dopo aver compiuto dei percorsi educativi individualizzati. Molti Capi d'Istituto si sono trovati nei guai, perché autorizzavano percorsi educativi personalizzati differenziati nelle scuole superiori sino al quarto anno compreso e poi, quando gli alunni interessati arrivavano alla classe terminale, fino all'anno scorso non li ammettevano agli esami, ed i genitori che sono ricorsi al T.A.R., pretendendo l'idoneità del figlio alla classe quinta, in quanto nelle pagelle degli anni precedenti non figurava alcuna annotazione particolare….. hanno vinto. La stessa considerazione è valida anche per gli Enti Locali: infatti, quando questi dovranno predisporre dei finanziamenti per le scuole e dovranno indirizzarli, a seconda dei progetti, agli istituti frequentati da persone in situazione di difficoltà, anche se non figurano il nome e cognome dell'alunno, dovranno precisare che a quella scuola danno qualcosa in più perché c'è la presenza di uno, di due, di tre alunni in situazione di handicap. Se vogliamo, anche questo è un po' un riferimento alla normativa sulla privacy, perché quell'istituto i cui dati lo identificano come una scuola che ha alunni handicappati, rispetto ad un'altra che non ne ha, potrebbe essere oggetto di censura. Tuttavia, a giudizio di esperti , non lo è, dal momento che dobbiamo garantire per un verso, l'afflusso di mezzi finanziari ove ce n'è maggiore bisogno e che per l'altro verso, dobbiamo assicurare la tutela della privacy dei cittadini in situazione di handicap, che probabilmente in questo modo può trovare una sua soluzione. Da parte mia.. Credo di aver fornito alcuni spunti, non so se completi, non so se sempre esatti, sulla problematica che attualmente ci affligge. Spero che nei gruppi di lavoro si potrà meglio approfondirli, ma una cosa rimane certa: ormai le problematiche dell'integrazione scolastica - parlo a livello normativo - non sono più eludibili e noi, sempre di più, dovremo pretendere che tutti coloro i quali compiono atti amministrativi in campo scolastico (siano esse amministrazioni scolastiche, Enti Locali o AA.SS.LL.), tengano conto, anche se negli atti normativi non è espressa esplicitamente la definizione "persona in situazione di handicap", della presenza di questi individui, perché ormai essi sono una realtà istituzionale ,una realtà che - mi auguro – andrà ad arricchire ulteriormente la legislazione scolastica . Decreto Ministeriale 24 luglio 1998, n. 331
Disposizioni concernenti la
riorganizzazione della rete scolastica, Art. 43 - Progetti sperimentali 43.1 Il Provveditore agli studi vaglia i progetti di sperimentazione di modelli efficaci di integrazione nelle classi ordinarie, predisposti dalle scuole ai sensi dell'art. 40, comma 3 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, al fine di: - approvare la sperimentazione di tali progetti, valutandone la ricaduta di esperienza nel territorio; - disporre l'eventuale assegnazione di personale elettivamente qualificato, in relazione agli obiettivi specifici da conseguire; -assegnare mezzi finanziari per l'acquisizione di strumenti tecnici ed ausili didattici funzionali alla realizzazione del progetto; 43.2 I progetti di sperimentazione dovranno presentare i seguenti requisiti: - definizione degli obiettivi, degli strumenti metodologici e didattici, delle modalità di documentazione dell'attività svolta e di diffusione dell'esperienza tra le altre scuole; - eventuale attuazione dei progetto attraverso l'integrazione di risorse e di esperienze con altri enti, sulla base di accordi di programma e intese con istituzioni, associazioni, organizzazioni no-profit, cooperative sociali e centri specializzati; - preventivo di spesa per le risorse umane e strumentali. necessarie, tenendo conto anche degli apporti di soggetti esterni alla scuola operanti nello stesso ambito territoriale. 43.3 Il Provveditore agli studi, sulla base delle proposte del Gruppo di lavoro provinciale interistituzionale (Glip), individuerà i progetti da approvare osservando le seguenti priorità: a) interventi precoci finalizzati alla prevenzione dei fenomeni di aggravamento delle situazioni di handicap nei gradi iniziali dei processo formativo; b) percorsi integrati di istruzione e formazione professionale e di inserimento nel mondo dei lavoro, con particolare riferimento a progetti che prevedono l'uso di risorse provenienti da altri soggetti, con particolare attenzione alle cooperative sociali, al riconoscimento di crediti formativi e all'alternanza scuola-lavoro; c) percorsi di integrazione che prevedano l'impiego anche di persone esterne al corpo docente, come tutors reclutati attraverso "borse amicali", esperti in specifiche attività lavorative o figure di sistema; d) interventi formativi in contesti esterni alla scuola e attività didattiche cooperative, con il coinvolgimento di tutti gli alunni e gli insegnanti; e) integrazione scolastica di minorati dell'udito e della vista, con l’intervento dei diversi soggetti istituzionali competenti, anche al fine di mettere le strumentazioni e le competenze specializzate a disposizione di reti di scuole; f) progetti di integrazione scolastica dei disabili fisici e psichici, in particolare situazione di gravità, più direttamente mirati alle potenzialità di apprendimento e al miglioramento della vita di relazione; g) progetti che si colleghino all'autonomia didattica ed organizzativa, prevedendo attività per gruppi, tempi scolastici flessibili, curricoli individualizzati, che, partendo dalle esigenze degli alunni in situazione di handicap determinino cambiamenti significativi dell'intera organizzazione, della scuola. 43.4 Il Provveditore agli studi dispone, altresì: - l'eventuale assegnazione temporanea di insegnanti di sostegno dei grado di scuola precedente, nella fase di passaggio di un alunno da un grado all'altro di scuola, qualora il progetto educativo individuale e le esigenze di inserimento rendano necessarie forme di raccordo e integrazione tra i due gruppi di docenti; - l'eventuale finalizzazione di competenze professionali assegnate per alunni in particolari situazione di handicap anche a reti di scuole. 43.5 In ogni caso i progetti dovranno, evitare la concentrazione di alunni della stessa tipologia di handicap nella stessa scuola, favorendo invece i consorzi tra scuole e lo scambio di strumenti ed esperienze; 43.6 Le scuole a cui verrà affidato il progetto di sperimentazione dovranno garantire l'informazione e la diffusione delle esperienze, attraverso la promozione di centri territoriali di servizi didattici e strumentali, in attuazione dell'autonomia gestionale o organizzativa delle scuole. 43.7 Le sperimentazioni proposte dai commi precedenti verranno sottoposte a specifico monitoraggio, al fine di valutare la qualità dei progetti, il conseguimento degli obiettivi prefissati e l'opportunità della diffusione delle esperienze realizzate. Art. 44 - Deroghe al rapporto 1:138 44.1 In presenza di handicap particolarmente gravi, il Provveditore agli studi può assumere personale con rapporto di lavoro a tempo determinato anche in deroga al rapporto numerico fissato dall'art. 37, fermo restando comunque, il vincolo di riduzione della consistenza complessiva dei personale in servizio in ciascuna provincia posto dall'art. 40, comma 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112 "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59"
Art.3
Art.4
"Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59"
Art. 138.
1.
Ai sensi dell'articolo 118, comma secondo, della Costituzione, sono
delegate alle regioni le seguenti funzioni amministrative: 2. La delega delle funzioni di cui al comma 1 opera dal secondo anno scolastico immediatamente successivo alla data di entrata in vigore del regolamento di riordino delle strutture dell'amministrazione centrale e periferica, di cui all'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59. 3. Le deleghe di cui al presente articolo non riguardano le funzioni relative ai conservatori di musica, alle accademie di belle arti, agli istituti superiori per le industrie artistiche, all'accademia nazionale d'arte drammatica, all'accademia nazionale di danza, nonche' alle scuole ed alle istituzioni culturali straniere in Italia. Art.139 Trasferimenti alle province ed ai comuni
1.
Salvo quanto previsto dall'articolo 137 del presente decreto
legislativo, ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione sono
attribuiti alle province, in relazione all'istruzione secondaria
superiore, e ai comuni, in relazione agli altri gradi inferiori di
scuola, i compiti e le funzioni concernenti:
2.
I comuni, anche in
collaborazione con le comunita' montane e le province, ciascuno in
relazione ai gradi di istruzione di propria competenza, esercitano,
anche d'intesa con le istituzioni scolastiche, iniziative relative a:
Decreto legislativo del 30 marzo 1999, n. 96 Intervento sostitutivo del Governo per la ripartizione di funzioni amministrative tra le regioni ed enti locali a norma dell'articolo 4, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni. (Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 90 del 19 aprile 1999) Considerando che le regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Marche, Lazio, Molise, Campania, Puglia e Calabria non hanno provveduto, entro il termine previsto dal comma 5 dell'articolo 4 della legge n. 59 del 1997, ad emanare la legge di puntuale individuazione delle funzioni amministrative mantenute in capo alla regione e di quelle trasferite e delegate agli enti locali, con il decreto legislativo preso in esame, il Governo si sostituisce alle regioni per l'individuazione delle funzioni succitate, conferite alle stesse dal decreto legislativo del 31 marzo 1998, n. 112, fino alla data di entrata in vigore di ciascuna legge regionale in materia di sviluppo economico e attività produttive, territorio, ambiente e infrastrutture, servizi alla persona e alla comunità. |
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