Ricerca di ''On
the Road'' sul rapporto tra prostituzione ed uso di stupefacenti. Un
fenomeno sottaciuto
Una ricerca su
prostituzione e uso di sostanze stupefacenti quella realizzata
dall’associazione On the Road, che viene presentata oggi nell’ambito del
Seminari dedicato a ''Dipendenze e prostituzione: le buone pratiche''.
Un lavoro realizzato sul campo, nei luoghi dove le persone si
prostituiscono e dove operano i servizi socio-sanitari.
Affermano i relatori: “Appare quantomeno singolare come in Italia,
nonostante la nascita di studi ad hoc sulla prostituzione, alcuni
elementi strutturalmente connessi ad essa non siano mai stati
analizzati, in particolare la connessione esistente tra prostituzione e
uso di sostanze psicotrope”. Di conseguenza secondo gli operatori non
esistono servizi, pubblici o del privato-sociale, in grado di
fronteggrare e dare risposte a questo fenomeno complesso.
Secondo l’associazione, nell’analizzare questo tipo di relazione è
possibile rintracciare due distinti tipi di soggetti e motivazioni:
coloro che si prostituiscono per ottenere sostanze, o il denaro
sufficiente per acquistarle, e coloro che si drogano per affrontare le
situazioni e le difficoltà collegate all’esercizio della prostituzione.
E, alla luce delle informazioni riportate, non è in discussione
l’esistenza di una relazione tra prostituzione e uso di sostanze, quanto
piuttosto il fatto che, spesso, il fenomeno è sottaciuto, non rilevato o
non evidenziato.
Il gruppo di lavoro che ha realizzato l’indagine (formato sia da persone
esperte nell’ambito della prostituzione che da personale esperto nel
campo delle dipendenze) si è trovato nell’oggettiva difficoltà di
impostare il lavoro su un modello che consentisse di ottenere dati
quantitativi. Il lavoro, allora, tiene conto soprattutto degli aspetti
“qualitativi” del fenomeno. E, in definitiva, il modello adottato è
stato suddiviso in tre assi principali: un’analisi esplorativa sul
rapporto tra uso di sostanze e prostituzione, attraverso l’intervista a
persone che si prostituiscono per strada; una mappatura sui luoghi della
prostituzione e il tentativo di quantificarne il numero di soggetti che
si prostituiscono in strada; un’analisi dei nodi problematici che
emergono dai servizi nell’affrontare appunto il binomio
prostituzione-tossicodipendenza.
Indagine On The
Road: per moltissime donne il primo approccio con la droga è iniziato
sulla strada
Dalla ricerca
dell'associazione "On the Road" sul legame tra prostituzione ed uso di
sostanze stupefacenti emerge che per una parte rilevante del target
group l'approccio con le sostanze avviene in un periodo d’età che va
dall’inizio dell'adolescenza sino al periodo della giovinezza, a seconda
dei contesti e delle esperienze di vita. Tuttavia, viene rilevato, “se è
vero che molti uomini (prostituti e transessuali) hanno iniziato il loro
rapporto con le sostanze in fase giovanile, per moltissime donne il
primo approccio è iniziato in concomitanza con l’attività prostituiva.
Diversamente, la tipologia di droga assunta varia in relazione all’età
della prima assunzione e ad aspetti relativi alla cultura di
provenienza”.
Ad esempio, mentre la cannabis (“spinello”) è facilmente individuabile
come l’elemento prioritario di iniziazione con le sostanze da parte di
transessuali e uomini prostituti, l’alcool, soprattutto per le persone
provenienti dall’est Europa, è un elemento che si intreccia fortemente
con la cultura locale, “tanto che durante le interviste non è
assolutamente percepita o classificata come una sostanza psicotropa,
anzi, a essa sono spesso associati i ricordi “piacevoli” di vita, con la
famiglia, con le amiche, durante le feste”.
“Per alcuni, soprattutto uomini prostituti, la trasgressione è vissuta
non come un processo naturale di crescita verso la maturità, ma come la
ricerca spasmodica di limiti che vengono sempre più dilatati. – si legge
nella ricerca - Se la causa scatenante per molti consumatori è la
percezione del tempo “a orizzonte cieco”, in cui non esistono confini di
certezza, la loro mancanza, dunque, porta a vivere e a “consumare”
subito tutte le esperienze possibili, senza lasciarsi sfuggire nulla”.
Diversamente, il consumo di droghe leggere corrisponde ad un’esigenza di
evasione, di fuga e divertimento: viene considerata una scelta
reversibile che corrisponde a bisogni non profondi, non centrali, e si
attua in occasioni particolari.
In tendenza con le ricerche attuali, secondo la ricerca sembra che la
socializzazione e la stabilizzazione delle sostanze sia un fenomeno più
maschile che femminile; infatti le donne intervistate riportano
un’esperienza di consumo occasionale e finalizzata ad una
socializzazione consapevole dei rischi e non distruttiva: anche quando
la socializzazione avviene in ambito prostitutivo, esso viene gestito e
controllato senza eccessi. “L’esperienza di socializzazione delle
sostanze sembra limitarsi a qualche sporadica esperienza e senza
continuità. Si riscontra tuttavia una reticenza e una discrezione nella
narrazione che sottende la paura del giudizio e la posizione down
(clandestinità, sfruttamento, scarsa conoscenza della legge)
dell’intervistato/a. Per molti degli individui intervistati la
socializzazione della sostanza ha una storia precedente e indipendente
dalla prostituzione”. In particolare le droghe leggere ed alcool vengono
ad assumere un significato perchè contrastano il logorio nevrotico
dell’esperienza quotidiana, contrastano lo stress e permettono di
tirarsi su, di rilassarsi, di non aver ansie. Per i consumatori in
questo caso, la droga leggera non è un surrogato all’autonomia
personale, ma un modo per sostenere il peso e calmare l’inquietudine che
ne deriva.
E quando la
socializzazione avviene sulla strada, considerando il gruppo target (la
maggior parte dichiara di aver usato sostanze in momenti di depressione,
sconforto, angoscia), le sostanze (hashish, marijuana, super alcoolici)
assumono sempre di più un valore di supporto, ma anche di
valorizzazione. “Anche per questo, in alcuni casi, esse rappresentano un
medium per una fase di transizione verso il consumo di sostanze pesanti
e quindi verso la dipendenza”.
In generale, gli elementi scatenanti l’avvicinamento sono la curiosità e
il tentativo di dare un significato al proprio sé, valorizzandolo. Tra i
consumatori è la curiosità il motivo dominante, e la facilità di
reperire sostanze sulla strada (o direttamente da chi spaccia o
attraverso i clienti), rende la socializzazione della sostanza
immediata. Se la curiosità è il motivo dominante tra i consumatori, tra
i dipendenti diventa la valorizzazione del sé; l’iniziazione assume in
questo caso una prova del proprio valore nei confronti degli altri, essa
è dunque una sfida relazionale. La valorizzazione di sé è invece il
motivo più forte tra i dipendenti, (diventare più grande, dimostrare
come si è forti, o adulti, o più coraggioso; necessità di appartenere ad
un gruppo, di farsi accettare..) raramente ha un valore di
autorealizzazione nella trasgressione.
Sempre secondo la ricerca, la prima sperimentazione non avviene mai in
maniera casuale, ma è il risultato di una complessa successione di
esperienze psicologiche e sociali.
La dipendenza, la
paura più grande. Aggiungere marginalità alla marginalità già vissuta
Ai rischi legati
al "mestiere", se ne associano altri che dipendono direttamente
dall’effetto "disinibitorio" delle sostanze di cui si fa uso. Dalle
interviste realizzate dagli operatori dell’Associazione On The Road
emerge come l’uso di sostanze durante l’esercizio della prostituzione
sia associato a numerose forme di rischio (sia percepite che vissute),
di tipo sociale e sanitario. Se ad esempio si è consapevoli dei rischi
connessi con un rapporto sessuale senza l’uso del profilattico, non
viene percepito nello stesso modo che le droghe abbassano il grado di
controllo di una persona, i sui tempi di reazione, il livello di
attenzione, modificando stati di coscienza e i comportamenti.
Secondo l’indagine si verifica ad esempio l’incapacità rispettare il
tempo da trascorrere con il cliente. “Accade di frequente – si legge -
che le persone sotto l’effetto di sostanze rimangono con il cliente per
intere ore senza rendersene conto, poiché alcune sostanze possono
limitare la percezione del tempo”. Collegata a questo aspetto vi è anche
l’incapacità di gestire il rapporto con il cliente, il quale può
approfittare delle situazioni di temporanea disabilità emotiva del
soggetto.
Ma il rischio maggiormente percepito dagli intervistati riguarda la
dipendenza dalle droghe. Per molti intervistanti la paura maggiore è
infatti di divenire quello che lo stereotipo comune identifica con il
“tossico”, di aggiungere altra marginalità (la tossicodipendenza) alla
situazione di marginalità già vissuta (la prostituzione).
Prostituzione e
alcolismo
Due sono gli
elementi che favoriscono la diffusione e l’uso di alcool tra coloro che
si prostituiscono. In primo luogo il contesto dove le persone esercitano
l’attività: la vita di strada spinge ad usare la sostanze come sostegno
alla durezza della condizione stessa, e l’alcool ben si presta perché
facilmente reperibile, economico e il cui consumo non è sanzionabile.
L’altro elemento è la familiarità con la sostanza, acquisita nella
cultura d’origine; emerge chiaramente infatti, come la diffusione di
comportamenti alcooldipendenti sia una caratteristica soprattutto di
donne provenienti dall’est Europa, soprattutto dalla Russia e Ucraina.
E’ dalla connessione di questi due elementi che deve essere interpretato
il consumo di alcool da parte delle persone che si prostituiscono. Da
parte delle prostitute intervistate l’alcool sembra ripercorrere la
stessa linea interpretativa e percettiva che hanno gli alcoolisti e i
consumatori occasionali. E’ proprio il più facile accesso alla sostanza
che ne fa un elemento privilegiato da parte di alcune donne che si
prostituiscono: a differenze delle droghe che necessitano di uno
spacciatore, l’alcool è immediatamente reperibile sul mercato e,
soprattutto, a basso prezzo. “Il problema – si legge - sta nel fatto che
tale sostanza, nonostante il facile accesso, produce dipendenza,
ripercussioni fisiche, sociali e situazioni di disagio più ampie
rispetto a quelle date dall’eroina, anche relativamente alla sicurezza e
agli introiti derivanti dall’attività prostituiva, sebbene non vi sia
una comunicazione sociale sufficientemente generalizzata”.
L’alcool è la sostanza più consumata dalle persone che si prostituiscono
in strada (soprattutto donne) in quanto facilmente reperibile,
culturalmente accettabile, non sanzionabile, condivisibile e, secondo
chi la consuma, “controllabile”. E spesso non percepita come sostanza
psicotropa. Le donne dell’est che, seppure considerano l’abuso di alcool
socialmente sanzionabile, ne fanno un largo uso, sia per una sorta di
costume culturale e come mezzo di socializzazione con le amiche, sia
come mezzo strumentale alla condizione di prostituta (tollerare il
freddo, sopportabilità della condizione). Dalle interviste emerge che la
pericolosità della sostanza sta fondamentalmente in due elementi. Il
primo elemento è collegato alla socializzazione con le altre persone che
si prostituiscono; il secondo elemento è legato alla strada. Molte
prostitute vivono in maniera angosciante l’attività prostituiva, paura,
fatica, nervosismo, vengono esorcizzate attraverso l’ausilio
dell’alcool, i cui effetti aiutano a sostenere gli elementi negativi, a
far “sentire più forti”, a calmare quando si è nervosi. In sintesi
all’alcool sono riconosciuti effetti “terapeutici”, contro fobie, paure,
ansie, fatica.
Fonte:
Associazione On The Road
Prostituzione e
droga: Uso di sostanze psicotrope tra poliassunzione e
polisperimentazione
La ricerca
dell’associazione On the Road effettua una panoramica dei consumi, con
riferimenti ai fenomeni della poliassunzione e della polisperimentazione,
indicando quali sono le sostanze più diffuse tra chi è sulla strada.
Eroina. L’eroina entra a far parte di quelle sostanze che
riducono considerevolmente le sensazioni di dolore, di paura, di ansia
sostituendole con sensazioni di calma, di sicurezza di insensibilità
utili a chi esercita la prostituzione sulla strada. A fronte di una
funzionalità all’attività, l’uso di eroina sistematico crea una
situazione di tolleranza e di dipendenza. Con la dipendenza non vi è più
il piacere, ma la dose giornaliera ha il solo scopo di sedare i dolori
causati dall’astinenza. E’ la sostanza elettiva di uomini prostituti e
transessuali; risultano invece minime le presenze in strada di donne
dipendenti da eroina, in linea con i dati forniti dalle ricerche e dalla
letteratura scientifica su genere e consumo, che sostengono la presenza
minoritaria del target femminile coinvolto indipendenza da eroina. In
defintiva: l’eroina consente di lavorare sulla strada con maggiore
tranquillità, sopportando la fatica e il freddo, attenuando il senso del
pericolo e del rischio, in breve sembra essere la droga più adatta per
chi si prostituisce, per questo motivo per alcuni intervistati è la
regina delle sostanze.
Cocaina. Molta letteratura internazionale, sostiene che la
cocaina sia diffusissima tra i sex workers, in particolare uno studio
recente ha dimostrato come le donne prostitute in particolare, siano
spesso associate all’uso di cocaina, perché la loro attività prostituiva
è legata prevalentemente all’acquisto di cocaina o crack (sex for crack
trade). La cocaina è diffusissima perché sono soprattutto i clienti a
portarla, ad offrirla come merce di scambio dei rapporti sessuali, che
consente di frequente anche un consumo sociale della sostanza, sono
molte le donne infatti che non l’acquistano, ma la consumano
esclusivamente grazie ai rifornimenti dei clienti”. Il mercato dello
spaccio proveniente dall’Albania è molto consistente, lo dimostrano i
sequestri delle forze dell’ordine. Nonostante questo vi è una forte
reticenza delle albanesi a parlarne, sia perché associata ad eventi
drammatici della loro vita, alla tratta si associa lo spaccio e il
traffico di sostanze stupefacenti, sia perchè la donna non conosce
neppure le sostanze. Sebbene la tossicodipendenza sia un problema
diffuso in Albania, non ha tuttavia una forte rappresentazione sociale,
in particolare nella popolazione femminile; inoltre la cultura albanese
è più reticente a parlare di queste argomentazioni. Le motivazioni e le
modalità del consumo sono le più varie: da chi l’ha usata/usa perché
costretta dal protettore, a chi invece ha una forma di dipendenza dalla
stessa, anzi, la cocaina diviene la causa motivante la prostituzione.
Amfetamine, farmaci e psicofarmaci.
Negli ultimi dieci
anni si sente sempre più spesso parlare di droghe sintetiche, droghe di
sintesi, nuove droghe, pasticche. “Sono sostanze – si legge nella
ricerca - che hanno gli stessi effetti di droghe più storiche quali LSD,
e hanno un effetto stimolante nei confronti del sistema nervoso,
togliendo le sensazioni di fatica, di stanchezza, di sonnolenza che
spesso possono esserci sulla strada. Ha una immagine molto positiva tra
chi le assume, dovuta probabilmente al fatto che non è invasiva come
l’eroina quando si assume per via iniettiva, e spesso sono sotto forma
di compresse. Il Plagine, un amfetamina anoressizzante, è molto comune
tra le persone intervistate sia per uso personale sia perché l’ hanno
vista assumere da proprie colleghe”. La quasi totalità degli
psicofamarci utilizzati dai sex-workers appartengono al cosiddetto
“mercato grigio” delle sostanze, cioè delle sostanze che sono
normalmente in commercio, ma che si possono distribuire esclusivamente
dietro presentazione di ricetta medica. E’ il caso del Roipnol, Tavor,
Entumil, Enumil o Tolofen ma anche di altre sostanze citate durante
l’intervista. L’uso degli psicofamarci deve essere considerato da due
diversi punti di vista. In primo luogo vi è la ricerca della
sperimentazione; è ricorrente la frase “si prova di tutto”, soprattutto
tra le transessuali e le donne. Inoltre, l’uso di psicofarmaci è dato
anche dalla disponibilità di mercato: a volte, ad esempio in mancanza di
cocaina, la disponibilità di psicofarmaci può essere un sostitutivo
momentaneo e a buon costo, dato che i costi degli psicofarmaci sono a
più basso prezzo. Le transessuali meritano una trattazione a parte per
quanto riguarda l’uso di farmaci, soprattutto legati alla propria
condizione di transessualismo.
Fonte: Associazione On The Road |