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Donne e bambini con disabilità nella Convenzione ONU (di Luisa Bosisio Fazzi*)
Innanzitutto, a questa sesta sessione dell'Ad Hoc Committee, a differenza che nei meeting precedenti, il Consiglio Nazionale sulla Disabilità (CND) ha ottenuto di partecipare quale componente della delegazione ufficiale italiana. Tale partecipazione fa sì che i suoi delegati, Giampiero Griffo e Pietro Barbieri, saranno membri effettivi della delegazione stessa.
2. Donne e bambini
Fatta questa premessa, utile a far conoscere i risultati
dell’incessante lavoro di pressione sul
Ministero degli
Affari Esteri (Capofila della Delegazione Italiana),
vorrei passare ad illustrare i punti
sensibili dei lavori del sesto meeting e che i nostri
delegati a New York hanno ben chiari.
Inizierei proprio da quest'ultimo argomento, sottolineando la
posizione delle persone con disabilità che vedono con timore le
osservazioni ansiose di molti Stati (ma anche di alcune Organizzazioni
Non Governative), circa il grosso rischio di abuso associato al “supporto
nelle decisioni”. Questa ansietà appartiene al concetto
ormai obsoleto, se non antistorico e antidemocratico, che la persona con
disabilità, perché disabile, necessiti di
qualcuno che lo “sostituisca nelle
decisioni”. La legge italiana sull’Amministratore di Sostegno, tanto per fare un esempio, va in questa direzione.
4. Inserire un articolo sulle donne con disabilità...
Altro punto critico è quello riguardante la necessità di inserire
un articolo sulle donne con
disabilità.
Per quanto riguarda la condizione delle donne con disabilità, a nostro parere è necessario se non indispensabile l’inserimento di un articolo specifico. Nel nostro mondo occidentale, infatti, la parità donne/uomini è una conquista che almeno nei documenti giuridici e nelle discussioni teoriche è un principio assodato. Poi, nella pratica, le donne soffrono molte discriminazioni, e le donne con disabilità purtroppo ancor di più. Dobbiamo tener presente inoltre che la Convenzione sarà discussa ed eventualmente sottoscritta anche da Paesi dove la donna occupa nella scala sociale posizioni di netta inferiorità rispetto agli uomini. In questi ultimi è lo stesso ordinamento giuridico a fissare questa posizione sociale inferiore. Addirittura alcuni di essi hanno chiesto la riserva sulla CEDAW (cioè la possibilità di sottoscrivere, ma non ratificare) perché tale Convenzione mette fuorilegge le proprie normative e culture nazionali sessiste.
Allora un articolo specifico che parli dei diritti delle donne con
disabilità è assolutamente
indispensabile, perché porta di nuovo al giusto livello
di attenzione il diritto delle donne con disabilità ad essere
riconosciute come persone, prima ancora che persone con disabilità.
Passiamo ora all’articolo riguardante i bambini (0-18 anni come indicato nella Convention on the Rights of the Child) o minori con disabilità. Anche qui esistono i due filoni di pensiero, vale a dire se inserire o meno un articolo specifico.
La Convenzione del Fanciullo è stato il primo documento
internazionale sui diritti umani di stampo generalista (cioè non
specificamente rivolto a una categoria di destinatari) a dedicare
un articolo al tema della
disabilità (articolo 23),
la cui presenza all'interno della Convenzione non limita in alcun modo
l'applicazione di tutto il documento alla situazione del bambino con
disabilità, che quindi, come tutti, deve poter godere di diritti
collegati ad alcuni principi fondamentali: - migliori interessi del bambino (articolo 3); - sopravvivenza e sviluppo (articolo 6); - partecipazione attiva del fanciullo (articolo 12).
6. Punti forti e punti debole della Convenzione del Fanciullo
Riportiamo
una parte del testo dell’articolo 23 della Convenzione del Fanciullo: In considerazione delle particolari esigenze dei minori handicappati, l’aiuto fornito in conformità con il paragrafo 2 del presente articolo è gratuito ogni qualvolta ciò sia possibile, tenendo conto delle risorse finanziarie dei loro genitori o di coloro ai quali il minore è affidato. Tale aiuto è concepito in modo tale che i minori handicappati abbiano effettivamente accesso all’educazione, alla formazione, alle cure sanitarie, alla riabilitazione, alla preparazione al lavoro e alle attività ricreative e possano beneficiare di questi servizi in maniera atta a realizzare la più completa integrazione sociale e il loro sviluppo personale, anche nell’ambito culturale e spirituale». Tralasciando il fatto che il linguaggio usato per definire il bambino con disabilità è tipico del momento storico (handicappato), la Convenzione in questo articolo identifica anche per esso le condizioni indispensabili alla difesa della sua dignità di persona e ritiene necessario supportare le differenze per poter usufruire dei diritti della Convenzione stessa. Riconoscendo la difficoltà che il bambino con disabilità incontra nella vita quotidiana a causa della menomazione che ha determinato la disabilità stessa, in nome del diritto all’uguaglianza, egli ha diritto ad avere maggiori aiuti rispetto agli altri bambini. Ecco la giustificazione ad un articolo dedicato ai bambini con disabilità. 7. Le interpretazioni della parola "speciale" Sfortunatamente nel corso degli anni la parola speciale è stata interpretata in modo tale che l’articolo 23 ha incoraggiato, se non giustificato la: - Segregazione: l’articolo 23 ha incoraggiato la tendenza a categorizzare e indirizzare i bisogni dei bambini disabili separatamente, come se tutti i loro bisogni fossero speciali e diversi e come se loro non avessero niente in comune con gli altri bambini - Elusione: la frase «dove le risorse lo permettono» ha fornito e fornisce una "clausola evasiva" che incoraggia il non adempimento. Essa implica che i bambini disabili possono avere accesso ai loro diritti solo se non sono troppo costosi e inoltre può indurre la domanda: se un bambino disabile è meritevole di risorse quanto un bambino non disabile. La Convenzione è consapevole che le risorse non sono infinite, ma comunque i bambini hanno il diritto di usufruire di tutte le risorse messe a disposizione dai loro governi (articolo 4). - Approccio ai bisogni individuali: l’articolo 23 si riferisce a «cure speciali», «assistenza», «trattamento medico, psicologico e funzionale» e a «riabilitazione», ognuno dei quali potrebbe essere necessario. Ma l’articolo insinua anche che gli unici problemi che i bambini disabili devono affrontare sono solo quelli che hanno a che fare con le loro individuali menomazioni e limitazioni. Non menziona i problemi e gli ostacoli nell’ambiente e nella società che impediscono l’accesso e la partecipazione ai bambini disabili stessi. Il nostro timore, quindi, non è eccessivo, visto che anche gli strumenti di monitoraggio della Convenzione hanno posto il bambino con disabilità solo nelle sezioni riguardanti la salute e i servizi sanitari e anche i rapporti che i governi sono obbligati a presentare, così come le Organizzazioni Non Governative che operano nell’ambito dell’infanzia, non inseriscono mai trasversalmente la disabilità all’interno di essi: di solito piccoli paragrafi se non addirittura la non menzione. E di solito la non menzione significa che non ci si è posti il problema. 8. Valori da salvaguardare Nelle bozze della Convenzione in discussione in questi mesi che sono state diffuse e poste all'elaborazione è stato inserito l'articolo 16, dedicato ai bambini con disabilità. Poiché, in parte, esso è basato sull’articolo 23 della Convenzione del Fanciullo, richiamiamo la massima attenzione alle opportunità e ai limiti che detto articolo ha fornito alla tutela dei diritti del bambino e che abbiamo appena descritto. Nel caso si arrivasse alla decisione di non inserire un articolo specifico sui minori, riteniamo indispensabile la scrittura nel testo di un rimando ai quattro valori fondamentali e all'indivisibilità dei diritti, per escludere il rischio di emarginazione e di elusione e permettere al bambino con disabilità di godere pienamente, al pari di ogni bimbo - come previsto nella Covention on the Rights of the Child - e di ogni persona con disabilità - come previsto nella futura Convenzione - di tutti i diritti. 9. Educazione speciale e inclusiva E arriviamo alla questione inerente l’educazione, inserita nell’articolo 17. Su questo argomento si abbatte la lotta violenta tra i fautori dell'educazione speciale e quelli che si battono per il diritto a un'educazione inclusiva.
Una lotta che sarà aspra e che lascerà molti "feriti" sui campi di
battaglia. Nell’ultimo incontro di preparazione a Londra, organizzato
dalla Presidenza europea inglese, il presidente dell'Unione Europea dei
Ciechi (EBU,
European Blind Union)
ha rivendicato con un comunicato ufficiale il diritto per i propri
associati a pretendere e ad avere garantita l’educazione speciale. Inoltre, si chiede loro di assicurare che nessun bambino con disabilità possa essere escluso dall'educazione primaria e obbligatoria perché disabile.
Il nostro parere, esplicitato con specifiche comunicazioni, è quello di inserire anche il riconoscimento del ruolo dei genitori nell’ambito della consultazione sui programmi e gli sviluppi educativi dei loro figli con disabilità (questo sempre nel rispetto della Convenzione del Fanciullo e nello specifico degli articoli 5 e 27). Questo, dunque, è un primo quadro di quanto si sta andando a discutere nei prossimi giorni nel corso della sesta sessione dell'Ad Hoc Committee. Saranno giorni di fuoco, e non solo per il fatto che ad agosto New York è bollente. Si stanno toccando infatti argomenti molto delicati e per i quali a qualcuno è richiesto di cambiare completamente approccio. I nostri rappresentanti, che partono da una cultura nazionale molto inclusiva, avranno un bel daffare nelle discussioni. Ma loro sono bravi, non per niente abbiamo mandato proprio loro. *Presidente del Consiglio Nazionale sulla Disabilità (CND). L'ONU e le persone con disabilità (a cura di Crizia Narduzzo) Si avvicina la sesta sessione di lavoro del Comitato incaricato dall'Organizzazione delle Nazioni Unite di elaborare una Convenzione sulla Promozione e la Tutela dei Diritti e della Dignità delle Persone con Disabilità. Presentiamo sulla questione una lunga e illuminante intervista esclusiva con Giampiero Griffo, membro del Consiglio Mondiale dell'Organizzazione DPI (Disabled Peoples' International) e rappresentante italiano presso l'EDF (European Disability Forum)
Con Giampiero Griffo, membro del consiglio mondiale dell'organizzazione Disabled Peoples' International (DPI) e rappresentante italiano presso l’European Disability Forum (EDF), abbiamo cercato di fare il punto della situazione sulla Convenzione dei Diritti e della Dignità delle Persone con Disabilità che i Paesi membri dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) stanno elaborando e discutendo in questi mesi.
Allo stesso tempo, abbiamo anche cercato
di analizzare l’importanza dei cambiamenti che stanno avendo luogo a
livello internazionale e le loro profonde implicazioni per le persone
con disabilità.
Se vogliamo parlare di ONU e disabilità
da un punto di vista storico, dobbiamo necessariamente tornare indietro
fino agli anni Settanta, in quanto la prima iniziativa in questo senso
risale al 1975
ed è legata ad una sorta di raccomandazione nei riguardi delle persone
con disabilità mentale, un documento molto generale in cui si
sottolineava la necessità di intervenire e tutelare queste persone.
E così, sul finire del 1981, cresce la
consapevolezza sempre maggiore che non poteva bastare un anno per
affrontare tutti i problemi che quotidianamente si ponevano di fronte
alle persone con disabilità.
Uno strumento, quest'ultimo, approvato
nel 1993
dall’Assemblea Generale, che non consiste in una legge e non porta
quindi con sé caratteri di obbligatorietà - come invece una
convenzione - ma che comunque costituisce delle linee guida di base per
le azioni dei governi, che possono essere utilizzate per il
monitoraggio
delle politiche indirizzate alle persone con disabilità.
Le Regole, quindi, hanno rappresentato
lo strumento che ha dato un input determinante all’inclusione delle
persone con disabilità in tutte le politiche che le riguardavano, una
sorta di passaggio da una concezione medica della disabilità, incentrata
sulla malattia, sull’incapacità, la cura e l’assistenza, ad una
concezione sociale,
basata invece sulla cittadinanza piena, la tutela dei diritti e sugli
strumenti per sostenere un adeguamento di opportunità e di inserimento
sociale. Questa proposta, lanciata diverse volte negli anni successivi - anche dall’Italia - non è mai stata accettata, fino al 2000, anno in cui il Messico è riuscito a far approvare dall’Assemblea Generale la Risoluzione 56/168, in cui venivano date precise indicazioni di sperimentare - attraverso un Comitato Ad Hoc costituito a questo scopo - la possibilità di discutere e approvare una convezione per i diritti delle persone con disabilità. Il Comitato Ad Hoc viene costituito subito e svolge due sessioni in cui viene principalmente approfondita la tematica. Nel 2003, invece, dopo che la Convenzione è stata definita uno strumento utile e necessario, le Nazioni Unite danno al Comitato Ad Hoc un altro mandato con cui lo incaricano formalmente di redigere appunto una convenzione. Una convenzione equivale a una legge, è quindi uno strumento legale che - una volta ratificato da almeno un terzo dei Paesi membri delle Nazioni Unite - diventa vincolante per tutti quei Paesi, ed essi lo devono rispettare sia nelle legislazioni che nelle politiche attuate.
Il passaggio finale di questo lungo
percorso è stata la costituzione di un gruppo di lavoro che ha scritto
il testo di base, una sorta di
bozza di
convenzione sottoposta al Comitato nel gennaio del 2004.
Puoi già fare una previsione in merito ai tempi di approvazione del testo? Ad oggi, l'Ad Hoc Committee ha già analizzato buona parte degli articoli, ma ragionando in termini realistici direi che altre due o tre sessioni di lavoro dovrebbero essere sufficienti per concludere l’intera analisi del testo.
La Convenzione, poi, dovrà passare
all’approvazione dell’Assemblea Generale dell’ONU e una volta approvata
dovrà essere ratificata con un processo simile a quello delle
convenzioni europee. Sappiamo che tu e Pietro Barbieri, il presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap), siete stati inseriti nella delegazione del governo italiano che parteciperà ai lavori della prossima sessione, la sesta, che si terrà a New York le prime due settimane di agosto. Questo cosa comporterà?
Devi sapere che dal punto di vista
dell'iter procedurale, fino ad oggi i lavori dell’Ad Hoc Committee hanno
visto una fortissima partecipazione delle organizzazioni di persone con
disabilità. Esse si sono unificate da un lato in un’alleanza internazionale che raccoglie le sette più importanti organizzazioni a livello mondiale, dall’altro in un Caucus, una sorta di gruppo generale che in ogni sessione rappresenta tutte le associazioni presenti.
Il ruolo che hanno avuto queste
organizzazioni è stato molto forte - determinante oserei dire - in
quanto fino alla terza sessione esse hanno avuto pieno diritto di
parola, com'era accaduto anche nella fase di stesura della bozza di
convenzione, in cui il gruppo di lavoro era costituito per un terzo da
rappresentanti ed esperti che provenivano dalle associazioni di persone
con disabilità.
L’Italia ha accettato la nostra proposta
e quindi sia Pietro Barbieri che io - anche se a spese nostre - saremo
membri ufficiali della delegazione italiana. Delegazione che partecipa
alle discussioni con diritto di parola e i cui membri possono
partecipare anche alle sessioni riservate. Com’è dal tuo punto di vista la bozza di Convenzione su cui state discutendo? Ti sembra completa oppure manca di qualche elemento importante?
All’inizio della discussione c’erano
infatti due posizioni, una che voleva collegarla ai diritti economici e
sociali e un’altra, poi vincente, che voleva legarla ai diritti umani. Centrate invece su un approccio basato sui diritti umani, le varie questioni hanno assunto un peso maggiore, sviluppando anche un taglio culturale molto più efficace. Parlare di vita indipendente, infatti, è una cosa totalmente diversa dal fare un discorso sulla mobilità o il lavoro. Significa garantire una cosa che attualmente non è garantita dalla maggior parte dei Paesi del mondo. Alla luce di tutto ciò, il giudizio che darei in questa fase, per quanto i governi stiano giocando sulle parole e stiano discutendo sulle varie tematiche, è che il testo è decisamente molto buono. Introduce infatti concetti molto innovativi e un quadro culturale estremamente diverso da quello attuale. Soprattutto sposa quell’idea che la violazione dei diritti umani nel campo della disabilità è ancora vastissima e che quindi va contrastata.
A questo va aggiunto poi il fatto che
per molti anni abbiamo avuto l’opposizione dei governi, soprattutto
quelli dei Paesi ricchi, che giudicavano un approccio basato sui diritti
umani troppo costoso. Oggi, poiché la convenzione ha introdotto temi che
cancellano queste obiezioni, speriamo di avere una spinta - sia in
termini internazionali ma soprattutto nazionali - ad un
nuovo approccio legislativo.
Non dimentichiamo infatti che oltre
l’80% delle persone con
disabilità vive in Paesi in
via di sviluppo, nei quali le persone con disabilità stesse
rappresentano "i più poveri tra i poveri".
scuola. Quindi, confrontando questi dati con quelli dei Paesi poveri, vediamo che oggi la strada prevalente è che o non ci sono servizi o, se ci sono, sono segreganti. La legislazione internazionale, dunque, non potrà che portare benefici a queste persone che vivono in paesi in cui non godono di alcuna forma di tutela.
Il Comitato, quindi, sta lavorando bene?
Il Comitato Ad Hoc dal mio punto di vista è molto rapido. I tempi medi per la discussione e l’approvazione di una convenzione delle Nazioni Unite oscillano solitamente tra i 10 e i 15 anni. Quindi, se pensiamo che l’iter per questa Convenzione è iniziato verso la fine del 2000 e ad oggi, dopo cinque anni, abbiamo un testo di cui è stata già discussa più della metà, con l'ipotesi che già entro il 2006 o al massimo all’inizio del 2007 ci possa essere un testo di Convenzione approvato - allora possiamo dire che il Comitato sta lavorando bene e chiaramente il peso che hanno avuto le associazioni in tutto questo è stato straordinario. La Risoluzione ONU che ha determinato la nascita del gruppo di lavoro ha per la prima volta nella storia della Nazioni Unite deciso di inserire all’interno di questo gruppo una rappresentanza cospicua che proveniva non dai governi, ma dalla società civile. Questo è un elemento estremamente importante, in quanto anche noi condividiamo quello che da più parti si dice, e cioè che l’ONU non deve essere solo dei governi, ma anche dei popoli. Non è infatti un caso che come movimento aderiamo alla campagna per la riforma delle Nazioni Unite, basata su una maggiore partecipazione popolare.
Tornando alla Convenzione, quali sono i temi rispetto ai quali - in sede di discussione - emergono le maggiori divergenze tra le delegazioni o tra le stesse associazioni? Come si può ben capire, organizzare un testo che vada bene a 191 Paesi con culture, società, economie, sistemi legali e storie differenti, è estremamente complesso. Principalmente, le complessità sono di due tipi. Il primo deriva dal quadro culturale generale, che ha quindi a che vedere con l’evoluzione storica di ogni singolo Paese e include problemi, ad esempio, come quello della stessa definizione di disabilità. Ci sono infatti Paesi che hanno già una definizione, Paesi che non hanno una legislazione in merito, altri che invece ce l'hanno e che vogliono una definizione generale, pensando così di tutelare un numero maggiore di persone. E ancora Paesi che ritengono importante introdurre una definizione non basata su principi sanitari o su valori sanitari, ma su valori sociali.
E questo è solo uno dei temi di questa
prima area, molto complesso e delicato. Altre situazioni che possono essere molto diverse da Paese a Paese hanno invece a che vedere con gli strumenti attraverso i quali si riconosce a tutti la tutela legale, campo che interessa quelle persone che non possono rappresentarsi da sole. Noi, come movimento, sosteniamo che tutte le persone debbano avere garantita la tutela legale, ma è evidente che questo, se pensiamo ai Paesi in via di sviluppo, diventa un tema estremamente delicato essendo, questi, luoghi dove si muore con estrema facilità e la tutela legale non è garantita per nessuno, non solo per le persone con disabilità.
E così come per la tutela legale, un
altro esempio significativo di possibili punti di vista divergenti è il
tema stesso: che cosa
significa tutelare legalmente una persona.
Significa cioè rinchiuderla in un istituto o piuttosto garantirle la
qualità di vita che è garantita agli altri cittadini? Se i Paesi democratici, infatti, non hanno problemi ad identificare un ruolo anche per le organizzazioni della società civile, ci sono invece Paesi in cui governano delle dittature o in cui la democrazia è ancora lontana, dove questa possibilità è totalmente negata ed è evidente che tale problema, inscindibile dalle singole realtà, rimane essenziale. Un terzo elemento è legato invece alle posizioni di singole organizzazioni. Due esempi per tutti. Il primo riguarda l’educazione. Tra le associazioni, infatti, c'é una parte di esse che sostiene che per determinate e particolari patologie - e si ricade in un modello medico della disabilità - le strutture educative devono garantire, ad esempio per i ciechi, i sordi o gli autistici gravi, o per persone con ritardo mentale grave, il mantenimento di classi speciali. La gran parte del movimento, invece, è contraria a ciò, ritenendo che se un trattamento speciale dev'essere fatto, lo si deve attuare sempre nell'ambito dell'educazione inclusiva. L’altro esempio riguarda poi, in ambito di sordità, una discussione attiva tra chi sostiene che il linguaggio dei segni è un linguaggio di minoranza che va tutelato e chi invece sostiene che esso è una delle possibilità, riconoscendone però anche altre e chiedendo di lasciare alle famiglie la libertà di scelta.
Per riassumere, è chiaro che tutti
questi piccoli conflitti in qualche modo hanno delle
ricadute al momento della discussione
del testo in sede di sessione, in quanto laddove il movimento è unito ha
più forza per avanzare delle richieste e per far rispettare la propria
voce, laddove invece esso si presenta frammentato e separato, i temi
vengono affrontati in maniera molto meno incisiva. Ora, se già all’interno del movimento c’è qualcuno che sostiene di mantenere le classi speciali, è evidente che tra gli stessi Paesi ricchi saranno tanti e ancor più forti quei governi che non vorranno cambiare il sistema scolastico, sostenendo che l'operazione è troppo costosa, che richiederebbe una riformulazione totale dei sistemi di attenzione educativa e dimostrandosi quindi contrari a un tipo di approccio inclusivo. Risulta più che mai necessario, quindi, per raggiungere i risultati migliori e gli obiettivi più utili, trovare una voce unica, ed è proprio a questo scopo che noi lavoriamo durante le sessioni, sia all'interno dell’alleanza delle sette organizzazioni maggiori, sia con il Caucus, sia nel corso della riunione periodica, giornaliera, a cui partecipano i rappresentanti delle organizzazioni della società civile, che scelgono di volta in volta una posizione o identificano un lavoro di lobbing. Hai detto lobbing? Sì, perché nel corso di una sessione del Comitato Ad Hoc i livelli d’azione che possono essere messi in atto sono diversi.
Uno, più generale, è rappresentato
da una presa di posizione di tutte le associazioni, per segnalare che
una parola, una frase o un concetto vanno difesi oppure cancellati. Come si può intuire, lavorare su tutto ciò significa svolgere un’azione estremamente complessa, sia dal punto di vista delle procedure, sia rispetto alle prese di posizione di alcuni Paesi su determinati documenti da preparare, sia anche rispetto all’attività di lobbing in corso. Partecipando direttamente a queste riunioni ci si rende conto della straordinaria capacità che ha il movimento delle persone con disabilità di essere all’altezza di questo compito. Un’attività quindi impegnativa ma di grande rilevanza...
Certo, guardando soprattutto ai
contenuti della Convenzione, quelli su cui si discute, ci si rende conto
che stiamo parlando di diritti
umani, di
tutela della vita,
di combattere trattamenti
inumani e degradanti. Spostiamoci adesso al seminario - preparatorio alla sessione dell’Ad Hoc Committee di agosto - che si è tenuto a Londra il 5 luglio.
Al seminario del 5 luglio erano presenti i rappresentati dei governi, quelli dei consigli nazionali e delle organizzazioni non governative europee.
Nel corso dell'incontro sono state
affrontate varie tematiche legate ai temi della Convenzione e
naturalmente anche in quella circostanza lo sforzo è stato quello di
intervenire per garantire un’attenzione adeguata a temi attualmente non
inclusi nella Convenzione stessa.
Inoltre, proprio per questo motivo, il nostro movimento ha anche aderito alla campagna mondiale contro la povertà e - per l’Italia - stiamo collaborando attivamente alla Marcia per la Pace Perugia-Assisi, che sarà un momento essenziale di tale campagna, almeno per quanto riguarda il nostro Paese.
In quell’occasione, l’11
settembre, una folta
delegazione delle persone con disabilità del movimento italiano prenderà
la testa della marcia. Allo stesso tempo verrà anche lanciato un
ulteriore appello affinchè le Nazioni Unite capiscano la necessità di
un’attenzione estrema verso tutti quei cittadini discriminati e i cui
diritti umani sono violati tutti i giorni. Vorremmo in sostanza che emergesse in modo chiaro il significato che ha - per il movimento delle persone con disabilità - una reale politica che ponga un freno alla povertà e rimuova le condizioni della guerra. Questo perché le persone con disabilità in casi di emergenza, di sfollamenti, di disastri umani oltre che naturali, sono quelle che soffrono di più, ma anche quelle più impoverite dal trattamento che la società riserva loro. Noi siamo poveri non solo perché una parte di noi non è in condizione di provvedere ad un proprio reddito, ma anche perché gli ostacoli, le barriere, i pregiudizi, le discriminazioni che affrontiamo tutti i giorni rendono problematico avere accesso ai normali e ordinari diritti riconosciuti a tutti i cittadini. Quindi, oltre a essere poveri di base, siamo anche impoveriti dalla società. Un tema, questo, estremamente importante da rivendicare in questa iniziativa delle Nazioni Unite (appunto i Millennium Development Goals), per sottolineare che se si arriva ad una Convenzione e si riconosce questo impoverimento, allora c’è anche bisogno che un'iniziativa politica come i MDG tenga conto della priorità da assegnare alle persone con disabiltà.
Direi di entrare adesso, in conclusione e in termini abbastanza generali, nel merito dei contenuti che troviamo in questa Convenzione, composta in totale di 25 articoli...
Passando ancora per temi come
l’uguaglianza e la non
discriminazione, che
richiederanno, se verrà approvata la Convenzione, che tutti i Paesi
approvino delle leggi nazionali sulla non discriminazione.
Continuando poi con gli articoli
successivi, meritano una segnalazione quelli dedicati ai diritti alla
libertà
e alla
sicurezza
delle persone con disabilità, alla
libertà dalla tortura,
dalla violenza,
dagli abusi:
pensiamo a quanti trattamenti di questo tipo sono stati subiti dalle
persone con disabilità negli istituti, e quanti ancora ne avvengono
tutti i giorni, in netta violazione dei diritti umani. Gli articoli che saranno discussi nel corso della sessione di New York, in agosto, riguarderanno la vita indipendente, i bambini e l’istruzione, la partecipazione alla vita politica e pubblica, la mobilità e l'accessibilità, il diritto alla sanità e alla riabilitazione.
Mi pare importante sottolineare anche il
fatto che la Convenzione include un articolo incentrato sul diritto alla
salute e alla riabilitazione, ma che non è l’unico, è solo uno dei
tanti, da rispettare, ma che ha lo stesso valore di tutti gli altri
diritti e temi enunciati nei vari articoli. Non a caso, proprio nel periodo in cui ha luogo questa discussione, anche l’università si sta aprendo a questi temi, dedicandovi un’attenzione nettamente maggiore. Proprio quest’anno, infatti, l’Università di Padova lancerà il bando per la partecipazione ad un Corso su Diritti Umani e Disabilità, aperto a sessanta persone, che vuole dare dignità universitaria alla tematica dei diritti umani applicati alle persone con disabilità. Un argomento che tutto il movimento delle persone con disabilità vuole diventi un tema fra i tanti legati ad una professionalità basata sui diritti umani. Giampiero Griffo (DPI) e Pietro V. Barbieri (FISH), che saranno a New York per la sesta sessione dell'Ad Hoc Committee, possono essere rispettivamente contattati ai recapiti: giampeer@tin.it e presidenza@fishonlus.it |
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