Si è concluso nel pomeriggio di domenica 23 a Paestum il
Seminario Nazionale "Piano d’Azione Europeo e Piano d’Azione
Nazionale", organizzato dalla FISH (Federazione Italiana per il
Superamento dell’Handicap) per celebrare nella maniera più
costruttiva e propositiva possibile il decimo anniversario della
sua fondazione
Il Seminario che ha celebrato il decennale della fondazione
della FISH si è svolto a
Paestum il 22 e 23
gennaio, con un prologo intenso che ha avuto luogo venerdì 21,
rappresentato dalla riunione del Consiglio Direttivo della
Federazione.
La scelta della sede non è stata casuale: essa infatti ha voluto
costituire un esplicito riconoscimento dell’attenzione
dimostrata in questi anni nella
Provincia di Salerno
e nella
Campania in termini di sviluppo di
politiche partecipate, oltre che dell’impegno delle associazioni
sul territorio verso le problematiche delle persone con
disabilità, in un Sud indicato come uno dei punti "critici" per
un nuovo decollo delle politiche della FISH.
Il primo dato importante da segnalare, a fronte di una sede
“decentrata” che poteva dare origine a maggiori difficoltà di
raggiungimento, è stata la
forte
partecipazione a questa due giorni seminariale di
esponenti, a tutti i livelli, del mondo dell’associazionismo
italiano e delle istituzioni; un elemento, questo, non solo
meramente numerico, ma che ha aumentato il valore di questo
momento di confronto e che ha dato il senso della capacità che
la FISH ha saputo guadagnarsi, in questo percorso decennale,
nell’essere riconosciuta come interlocutore di peso sulle
politiche della disabilità.
I partecipanti al Seminario di Paestum in visita agli scavi
antichi della località campana
Molti gli elementi di riflessione emersi dall’incontro, nel
corso del quale l’attenzione si è concentrata in particolare sul
nuovo ruolo e le nuove responsabilità dell’Organizzazione alla
luce di un mutato quadro di riferimento nazionale ed europeo.
Nella prima giornata dei lavori, aperta dal presidente
nazionale della FISH Pietro Vittorio Barbieri,
ha avuto un posto rilevante nella discussione la nuova valenza
che in seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione (ed
in attesa della devolution), hanno assunto le Regioni e le
amministrazioni locali.
Come ha analizzato Barbieri siamo in un periodo di transizione
da uno Stato «regolatore, gestore ed imprenditore» ad uno basato
sull’autonomia decisionale delle comunità locali; una situazione
nella quale si corre il rischio che venga a perdersi il
riferimento a principi universali quali i diritti dell’uomo e
che si consolidino consorterie locali dannose per i diritti
individuali.
Per fronteggiare queste situazioni critiche che implica il
decentramento in corso, e che in pratica stanno già mettendo in
discussione l’apparato di alcune leggi, è importante mantenere
la «fermezza dei principi», affinché possano essere evitate
derive solidaristiche o forme di autoesclusione e per elaborare
una strategia che possa legare coerentemente principi e
organizzazione: «Nell’unità di intenti - infatti - si devono
realizzare azioni comuni a livello nazionale e regionale, e
viceversa».
Da sinistra, in primo piano: Pietro V. Barbieri, Bruno Tescari e
Giampiero Griffo al Seminario di PaestumEntrando
nello specifico Filippo Palumbo, direttore
generale della Programmazione Sanitaria del
Ministero della Salute,
ha rilevato come molti passi in avanti debbano essere ancora
fatti nel consolidamento dei Livelli Essenziali di Assistenza.
Proprio in questo processo sarà possibile riscontrare un
pericolo di interlocuzione forte tra lo Stato, che avrà la
tendenza ad ampliare il margine degli interventi per garantire
maggiore uniformità, e le Regioni che invece rivendicheranno
maggiore autonomia. In questo dibattito, ha affermato Palumbo,
la Federazione dovrà rappresentare un punto di vista terzo che
sarà importante per trovare un punto di equilibrio.
Andrea Tardiola, del
Ministero del Welfare ha ripreso il punto di
vista di Palumbo, estendendolo ai livelli essenziali di
prestazioni sociali le quali, a differenza dell’ambito
sanitario, nascono dal territorio con ulteriori difficoltà nel
definirne con certezza i contorni. Isabella Menichini,
dello stesso Ministero, ha confermato quindi l’importanza del
confronto con i diretti interessati nell’improntare le politiche
di inclusione sociali sul piano nazionale ed europeo.
Il principio della partecipazione attiva alle decisioni
politiche che riguardano la propria comunità è stato messo in
risalto da Teresa Petrangolini, segretario
generale di
Cittadinanzattiva,
partendo dall’ultimo comma dell’articolo 118 della Costituzione,
secondo cui il bene comune non è determinato solo dalle
politiche pubbliche e dai suoi amministratori. Dall’altra parte
l’esperienza monzese di costruzione del piano di zona, ha
evidenziato la mancanza di un linguaggio comune tra livelli
istituzionali e anche tra organizzazioni di rappresentanza dei
bisogni. L’assessore Gabriella Rossi ha infatti
reso l’idea con l’immagine di motori che viaggiano a diverse
velocità e, nel caso di organizzazioni del Terzo Settore,
interessati spesso solo ai propri progetti.
A tal proposito Antonello Scialdone, dell'Isfol
(Istituto per lo Sviluppo della Formazione dei Lavoratori), ha
rimarcato la netta differenza tra organizzazioni di promozione
dei bisogni e imprese non profit, con la necessità di
individuarne le reciproche competenze e la collocazione nella
realizzazione di politiche attive. A quest’affermazione ha
risposto Wilma Mazzucco, presidente di
Federsolidarietà Confcooperative, lanciando una sfida
ad un confronto su qualità di impresa e di lavoro per le persone
con disabilità, ma anche sulle nuove mutue.
Partecipanti al Seminario di PaestumDalle
discussioni è emerso inoltre come risulti necessario, in una
situazione in cui stanno venendo meno le sicurezze di welfare
statale e regionale, un salto di qualità nella formazione delle
associazioni.
«Di qui - si legge in un contributo inviato dal vicepresidente
della FISH Salvatore Nocera - la necessità di
cominciare a pensare ad un maggior impegno nazionale e regionale
del movimento, affinché le associazioni, aderenti o meno alla
FISH, sappiano trovare gli strumenti e le procedure per
difendere i diritti già acquisiti da attacchi sempre più
violenti e sappiano procedere verso nuove conquiste giuridiche
realizzabili in questo mutato scenario istituzionale».
Ed in molti - sia in sede di Direttivo, sia sul palco - hanno
individuato nel progetto EmpowerNet della FISH
uno strumento e un’occasione unica che la Federazione offre alle
associazioni, capace di creare e potenziare connessioni tra le
varie realtà italiane e utile per poter partecipare attivamente
alla costruzione di strumenti di pianificazione, di piani e di
report. Capacità, queste, che assumono una valenza particolare
se consideriamo il quadro internazionale.
La Comunità Europea, secondo Luisella Bosisio Fazzi
presidente del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità),
per far sì che l’impulso dato dall’Anno Europeo 2003 non andasse
perduto, ha istituito nell'ottobre di quello stesso anno un
Piano di Azione a favore delle persone con
disabilità, che si prefigge di rafforzare entro il 2010 il
mainstreaming delle questioni legate alla disabilità nelle
pertinenti politiche comunitarie.
Lo scopo dichiarato è quello di sostenere attraverso una
strategia operativa l’inclusione sociale ed economica delle
persone con disabilità; la prima fase di questo Piano d’Azione
pluriennale va dal 2004 al 2005 e ha l’obiettivo di rendere più
accessibile il mercato del lavoro nell’Europa allargata.
Su questa strategia la Commissione dovrà redigere relazioni
pubbliche biennali, con una struttura che dovrà essere
concordata con i Paesi membri, tenuti anch’essi a realizzare dei
Piani d’Azione Nazionali nei quali saranno contenuti i
contributi necessari a questa strategia europea, volta ad
identificare i bisogni delle persone con disabilità in
differenti campi d’analisi. Ecco la necessità di un’azione sui
tre livelli interconnessi tra loro: regioni, Stato,
Unione Europea.
La capacità quindi di saper trasferire le competenze per
elaborare un report indipendente sulla condizione di rispetto
dei diritti umani delle persone con disabilità diventa quindi
una sfida importante per la FISH e per il Consiglio Nazionale
sulla Disabilità edun documento presentato a questo riguardo da
Giampiero Griffo, rappresentante del CND presso
l’European
Disability Forum, ha dimostrato come la
Federazione si stia già muovendo in questo senso.
A contribuire a tale sforzo sono stati chiamati i circa 130
delegati della FISH provenienti da tutta Italia, insieme a
tecnici come Matilde Leonardi, coordinatrice di
ICF (International Classification of Functioning, Disability and
Health) in Italy project, Mario Conclave,
responsabile dell’area disabili di Italia Lavoro,
Francesco Bottiglieri, del Dipartimento della
Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute,
Antonio De Vanna, dell'Ufficio
Accessibilità dei Sistemi Informatici del CNIPA
(Centro Nazionale per l'Informatica nella Pubblica
Amministrazione) e Concetto Maugeri, dirigente
delle Politiche del Lavoro della Regione Piemonte.
È stato dato quindi sostanzialmente inizio al processo di
costruzione dello shadow report del movimento italiano
delle persone con disabilità.
Per far fronte ai vari impegni emersi nel corso del Seminario,
bisognerà quindi intraprendere una forte iniziativa sul piano
politico interno ed esterno.
«La FISH in sé rappresenta una linea chiara», ha affermato in
conclusione del suo intervento il presidente Barbieri, «con
organizzazioni che delegano la rappresentanza dei bisogni,
rinunciando a parte della loro autonomia e concentrandosi sulle
loro precipue attività, ed altre più propense ad operare sul
terreno politico, che si espongono maggiormente e prestano
risorse umane alla rappresentanza di tutti i bisogni, nessuno
escluso, operando sinergicamente con tutti in un dibattito
costante, caratterizzato per la sua democraticità. Tutto ciò
senza alcuna reciproca subalternità».