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Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale?

A .ha 10 anni e la sindrome di down. E’ un bambino simpatico, dalle guancette rubiconde e gli occhi vispi e birichini. Lo incontro ogni sabato mattina, quando accompagno Simone in piscina: lo vedo arrivare con il suo faccione sorridente e la sua voce chiacchierina, una mano alla mamma ed una al suo papà. A. è un bambino fortunato perché è nato in una famiglia che lo ama e che ama la sua diversità. E questa è una gran cosa in questo modo tartassato dall’odio…e poi lui vive in una terra abitata da persone civili, sancita da leggi e da una cultura che ha come fondamento il rispetto della dignità dell’essere umano; vive in una terra che ha assunto l’orgoglio ed il vanto della democrazia come bandiera, una terra che difende con onore il diritto alla vita di ciascun cittadino……

A. ha il cuore malandato, spesso le sue labbra si fanno viola ed il respiro è affannoso, tanti sono stati gli interventi chirurgici subiti…..ma sono stati inefficaci: il suo cuoricino avrebbe bisogno di essere cambiato ma nella nazione in cui vive A. pochi sono disposti a donare qualcosa, anche quando non la usano più. Nella Civile Nazione in cui vive i bambini come lui non rientrano nei criteri previsti per il protocollo di trapianto: sono bambini venuti male, non vale la pena affidare loro il cuore che potrebbe salvare una persona…venuta bene.

Ma non è l’unico escluso da questo diritto, anche chi non ha una normale situazione neurologica o ha disturbi psichici di vario genere non ha diritto ad essere iscritto in una lista d’attesa per avere un trapianto d’organo.

La mamma di A. sorride sempre al suo bambino, ma oggi, mentre lui sguazzava nell’acqua insieme al mio Simone, ho visto nei suoi occhi un sordo dolore ed una rabbia profonda: in questa nazione così civile e cosciente, ci sono dei bambini che non hanno diritto di vivere solo perché sono bambini…..di serie "B".

Protocolli o regolamenti del genere sono la logica risposta ad una persistente carenza d’organi, per cui è necessario operare una ferrea selezione per "affidare" l’organo donato a chi avrà la maggior possibilità di una buona qualità di vita.

Ma chi può decidere qual è il tipo di vita che è bene salvaguardare? A. ha la vita piena d’amore e di gioia, due cose bellissime che sa ricevere ma, soprattutto, è capace di elargire in abbondanza.

L'handicap non è una malattia, l'handicap...la disabilità o la diversa abilità (come và di moda oggi chiamarla) è solo una condizione di "diversità" perenne che può essere più o meno evidente. Se un bambino nasce con gli occhi a mandorla, o con una grave epilessia, o ha la sventura di avere un’emorragia celebrale o un’ipossia alla nascita che lo porterà ad avere una persistente alterazione neurologica e celebrale, o se ha comportamenti psichiatrici gravi come l’autismo o altre forme di disagio mentale…può soffrire, in concomitanza o nel tempo, di altri problemi di tipo medico….ma questa è solo una previsione basata su elementi puramente statistici e non una prognosi di sicura malattia! A ben guardare sono in molti ad essere statisticamente esposti a gravi patologie ritenute ereditarie, come il cancro.

Avere la s.d.d., avere alterazioni neurologiche anche gravi, avere problemi psichiatrici non vuol dire essere destinati necessariamente ad una morte precoce o a patologie degenerative gravi. Per quel che ne so io, che certo non sono un medico ma mi astengo anche di ragionare solo in termini statistici, A. con un cuore nuovo potrebbe tranquillamente raggiungere una certa anzianità.

L’articolo 3 della costituzione Italiana cita " Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali." ed all’art. 32 afferma " La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività……" ma dopo aver letto alcuni dei criteri selettivi riportati nei protocolli per i trapianti mi chiedo se non si sia eseguita una valutazione di tipo etico e morale sulla qualità della vita di un bambino che ha un handicap e, soprattutto, se questo giudizio sia realmente svincolato da preconcetti.

Chiara Bonanno
kjar@libero.it


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