OSSERVATORIO
SULLE POVERTÀ - RAPPORTO 2000 - Centro
culturale Francesco Luigi Ferrari -2001
La pubblicazione de “I Quaderni del Ferrari” ha per
obiettivo la diffusione di studi, ricerche e contributi di analisi
sulla realtà sociale della provincia di Modena. Il Rapporto dell’Osservatorio
sulle Povertà alla sua settima edizione raccoglie informazioni e
dati in tre Centri di accoglienza della provincia modenese e si
propone di avviare una riflessione più ampia “verso un nuovo
modello di sviluppo” che vada oltre la semplice analisi e il
commento statistico. Vengono presentati brevi articoli relativi alle
tre realtà di Modena Carpi e Mirandola. Seguono le riflessioni e
gli interventi di: Walter Nanni sociologo e consulente dell’Ufficio
Studi della Caritas Italiana; Gianromano Gnesotto direttore della
rivista L’Emigrato; don Ermenegildo Manicardi preside dello Studio
Teologico Accademico Bolognese; Francesco Falcone segretario
generale UST CISL Modena; Giovanni Bursi presidente ARETES;
Gianpiero Cavazza presidente Centro culturale F.L. Ferrari; Paolo
Silingardi amministratore delegato ACHAB Group e Giorgio Razzoli
assessore provinciale al lavoro, Politiche Socio-Sanitarie e delle
famiglie. I dati sono stati raccolti nel periodo che va dal 1995 al
2000.
Caritas
Europa
Caritas Europa, settore europeo della Caritas
internazionale, riunisce 48 Caritas nazionali in circa 44 Paesi
europei e si occupa di attività sociali e umanitarie. Risiede a
Bruxelles e ha per scopo la promozione e la diffusione della
carità, della solidarietà, della giustizia sociale, con compiti di
collegamento e confronto tra le varie Caritas europee e di lobby a
livello di politiche europee. È nata nel 1992, anno in cui le
Caritas dei Paesi membri dell’Unione Europea, fino ad allora
riunite nel gruppo Euro-Caritas, decisero di aprirsi anche agli
altri Paesi europei. Un cambiamento strutturale significativo, segno
della volontà di unione dell’intero continente.
Oggi Caritas Europa è una confederazione, composta da circa 45
Stati europei che utilizzano 43 lingue e tre differenti alfabeti.
Sempre più importante è divenuta la cooperazione e il
coordinamento all’interno della regione europea e con le altre
regioni di Caritas Internationalis: Africa, Asia, Mona (Medio
Oriente e Nord Africa), Oceania, America Latina/Caraibi e Nord
America. La sua struttura organizzativa prevede: un’assemblea
generale detta Conferenza regionale, un Consiglio di amministrazione
chiamato Commissione permanente (4-6 membri, più il Presidente,
attualmente Denis Viénot), un Segretariato Generale e gruppi di
lavoro per temi, con rappresentanti dei vari Stati membri. Il
Presidente di Caritas Europa è anche Vice-Presidente di Caritas
Internationalis, responsabile della regione Europa.
Le sfide da affrontare nel futuro sono: diseguaglianze sociali,
disoccupazione, multietnicità, aumento delle migrazioni,
globalizzazione e crescente ruolo degli organismi internazionali. Si
sta gradualmente delineando un nuovo assetto di Caritas Europa.
Quattro sono le Commissioni attivate, che riflettono le scelte
prioritarie: Migrazioni, Politiche sociali, Cooperazione
internazionale e Comunicazioni. Avviata anche una task force per le
emergenze - per elaborare piani d’azione e curare la formazione
delle Caritas in questo settore - e un gruppo di lavoro sugli aiuti
allo sviluppo. Negli anni scorsi Caritas Europa ha redatto un
rapporto sull''embargo internazionale nei confronti dell''Iraq e un
altro sulla definizione di standard comuni in Europa per accogliere
i richiedenti asilo politico.
Dal primo "Rapporto sulla povertà in Europa",
redatto da Caritas Europa, emerge una fotografia della società e
delle politiche sociali del vecchio continente, alle prese con una
distribuzione sbilanciata delle risorse, con una forte
discriminazione femminile in ambito lavorativo, con tassi ancora
alti di mortalità dei neonati e investimenti oscillanti in ambito
formativo. Ecco alcuni dati.
La distribuzione non equa delle risorse. Nel Regno Unito il
20% dei ricchi possiede il 43% delle risorse disponibili e il 20%
dei poveri usufruisce soltanto del 6,6%: dati che superano quelli
della Bielorussia, della Croazia e dell’Ucraina. In Turchia, Paese
candidato all’Unione, il 20% del ceto abbiente ha a disposizione
quasi la metà della ricchezza (47,7%), mentre al 20% dei poveri
resta il 5,8%. Fra gli Stati non candidati, la disuguaglianza più
evidente si verifica nella Federazione russa, dove il 20% dei ricchi
ha il 53,7% delle risorse: a un quinto dei più poveri ne resta
appena il 4,4%.
La “femminilizzazione” della povertà. In Europa cresce l’emarginazione
e la discriminazione delle donne: le stime riferite all’Unione,
nel ’99, evidenziano che il salario femminile è il 51,8% di uno
stipendio maschile; lo scarto più significativo si registra a Malta
(27,7%), mentre negli Stati esterni all’UE la Lituania emerge per
il 67,11%, seguita dall’Armenia (66,11%); significativi anche i
dati dell’Ucraina. In Turchia, invece, la paga delle donne scende
al 44,8% di quella degli uomini. Nei Paesi Ue le donne guadagnano il
51,8% degli stipendi degli uomini. Il dislivello meno elevato è in
Gran Bretagna (71,5% dei redditi maschili); in Italia le
retribuzioni femminili arrivano al 43% del reddito medio degli
uomini.
Istruzione e formazione. Quanto investono i governi europei
nell’istruzione? La percentuale del Prodotto interno lordo
destinato a questo scopo, negli anni 1995-97, in Svezia arriva
all'8,3% e in Danimarca all’8,1%; fanalini di coda la Turchia
(2,2%) e l’Armenia (2%). Il tasso di alfabetizzazione e le spese
finalizzate all’educazione si riflettono nell’uso delle
tecnologie informatiche, che il Rapporto di Caritas Europa definisce
“una caratteristica essenziale della globalizzazione”. Le
differenze sono macroscopiche: quattro Paesi - Svizzera, Svezia,
Norvegia e Irlanda - dispongono di 400 computer ogni mille persone,
in Grecia le quote scendono a 60,2 pc su mille abitanti, a 67 in
Croazia e 8 in Moldavia.
Disoccupati e “working poor”. La disoccupazione, soprattutto quella di lungo periodo
(oltre 6 mesi), rappresenta una delle principali cause della
povertà, collegata all’analfabetismo o a una scarsa formazione e
acquisizione di competenze, ritenute “insufficienti per rispondere
alle esigenze del mondo tecnologico attuale, in continuo cambiamento”.
I disoccupati - soprattutto giovani, persone di mezza età e
disabili, fisici o psichici – si trovano in tutta Europa: in
Austria, ad esempio, il 32% dei disoccupati di lungo periodo vive
sotto la minaccia della povertà. Nel 2000 il tasso di
disoccupazione in Finlandia è aumentato del 9,8%: un dato che
comprende il 21,4% dei giovani fra i 15 e i 24 anni. La Polonia, nel
2001, contava circa 3 milioni di disoccupati.
Poi ci sono i lavoratori poveri (“working poor”) a motivo dei
salari esigui; fra loro anche medici e insegnanti. Nella Federazione
russa e in Ucraina i bassi stipendi (circa 30 euro al mese), oltre
ai ritardi nei pagamenti, provocano esodi di massa; per la scarsa
retribuzione solo a Istanbul, in Turchia, oltre un milione di
persone soffrivano di denutrizione lo scorso anno. Questa situazione
incentiva, come “effetti collaterali”, conseguenze sociali
negative: dalla tossicodipendenza in crescita fra i giovani
norvegesi e slovacchi, all’alcolismo, che in Polonia coinvolge
circa un milione di persone.
Famiglie monoparentali o numerose. In 14 Paesi (Austria,
Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Gran Bretagna, Andorre,
Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia, Armenia e
Bielorussia) è particolarmente critica la situazione delle famiglie
monoparentali soprattutto al femminile. Queste, insieme agli
anziani, rappresentano le categorie principali di persone che vivono
sotto la soglia della povertà. In Lussemburgo, ad esempio, sono il
12% della popolazione, mentre in Austria il 47% dei genitori soli
disoccupati sono in condizioni di “povertà cronica”, anche per
la mancanza di sussidi governativi. Si trovano nelle stesse
difficoltà le famiglie con due o tre figli in alcuni Stati; il
problema viene accentuato per gli alloggi inadeguati e l’impossibilità
di accedere agli asili nido per i bambini. Il sistema sociale,
infatti, “è chiaramente concepito in funzione di una concezione
della famiglia che appartiene al passato – nota Caritas Europa -,
con un capofamiglia che lavorava, generalmente l’uomo, e l’altro
partner che si occupava dei bambini”. I bassi salari, l’instabilità
dell’impiego, la disuguaglianza tra uomini e donne, i servizi di
aiuto all’infanzia inadeguati sono elementi che avvicinano sia le
famiglie monoparentali che quelle numerose al rischio di povertà
cronica.
La mortalità infantile. È più elevata in Italia, insieme a
Belgio, Grecia, Irlanda, Spagna e Gran Bretagna, dove i decessi sono
6 ogni mille nati vivi, mentre Repubblica Ceca e Slovenia si
attestano a 5, in Croazia 8. In Turchia il numero sale
vertiginosamente a 40 bimbi morti ; alto il dato anche di Albania
(29 decessi su 1.000) e Moldavia (27).
Gli anziani. In 17 Paesi europei – compresa l’Italia, in
particolare il centro-nord – gli anziani sono fra i più poveri
della società, per le pensioni troppo esigue. In Belgio, ad
esempio, le pensioni rappresentano il 37% di un salario medio; in
Bulgaria la pensione sociale media si aggira intorno ai 40 euro e
quella minima ammonta a 23 euro, mentre scende a 12 euro in Ucraina,
senza che venga garantita l’assistenza sanitaria gratuita al 30%
degli anziani sotto la soglia di povertà. In un’Europa in cui la
crescita demografica registra dati negativi e l’aspettativa di
vita si allunga, gli anziani rappresentano “una delle fasce più
importanti della società”, commenta Caritas Europa. “Dopo aver
pagato per decenni contributi economici, le persone anziane
dovrebbero avere la possibilità di vivere una vecchiaia serena”.
I richiedenti asilo. Il numero di richiedenti asilo in
Europa, nel 2001, è cresciuto a 21 milioni e 800mila, dei quali 12
milioni di rifugiati (55%) e 900mila richiedenti asilo (4%). La
maggioranza dei rifugiati si trova nei Paesi limitrofi. Alla fine
del 2000 l’Asia aveva accolto il più alto numero di rifugiati
(44,6%), seguita dall’Africa (30%), dall’Europa (19,3%), dall’America
del Nord (5,2%), dall’Océanie (0,6%) e dall’America Latina e i
Caraibi (0,3%). I richiedenti asilo, che fuggono dalle guerre e
dalla persecuzione, spesso si trovano ad affrontare “un sistema
ostile et tenacemente burocratico”, osserva il Rapporto. In
Francia la situazione dei rifugiati è critica e gli aiuti per ogni
adulto si concretizzano in 274,40 euro per la durata di 12 mesi. In
Germania i richiedenti asilo, come gli immigrati, appartengono a una
categoria fortemente a rischio di esclusione sociale; i loro lavori
sono generalmente mal pagati. La Yugoslavia si trova in una
situazione particolarmente delicata a riguardo: la grande affluenza
di cittadini serbi, montenegrini, rom in arrivo dal Kosovo, ha fatto
sì che oltre 500mila persone giungessero a nord del Paese. Circa
625.800 rifugiati, originari della Bosnia Erzegovina, sono dispersi
in 40 Stati diversi.
Le minoranze etniche e il caso dei Rom. Secondo Caritas
Europa, il continente è caratterizzato da “forme inaccettabili di
razzismo e xenofobia nei confronti delle minoranze”. Un esempio?
Nell’ottobre ’99 vivevano in Europa 8 milioni di Rom, di cui 6
milioni in Europa centrale e orientale; le comunità sono più
numerose in Romania (tra un milione 800mila e 2milioni e mezzo),
Bulgaria (circa 800mila), Ungheria (circa 600.000), Slovacchia
(circa 500.000) e nella Repubblica Ceca (300.000).
In Bulgaria il popolo Rom appartiene alla categoria delle
persone con un tasso di disoccupazione elevato, d’analfabetismo,
di scarsa qualificazione professionale e un elevato abbandono
scolastico. Nel decennio scorso in Ungheria la comunità Rom si è
ritrovata ai margini della società e il governo ha preso in
considerazione i loro problemi, in particolare quello dell’istruzione.
In Slovacchia l’aspettativa di vita media della popolazione Rom è
di 15 anni più bassa rispetto al resto del popolo slovacco. Il 95%
dei Rom macedoni sono disoccupati, quindi svolgono attività
illegali; non dispongono di alcun servizio pubblico di base (come il
telefono e l’elettricità, l’acqua e i servizi sanitari). In
Romania fanno parte della categoria “vulnerabile della
popolazione, che soffre di privazioni sociali ed economiche”.
Povertà
minorile: le stime in Europa
Alcune organizzazioni europee (Euronet, European Childen’s
Network) e la rete European for child welfare hanno presentato a
Bruxelles nel gennaio 2002 un rapporto dal titolo “Inclusione dei
bambini: sviluppo di una approccio coerente alla povertà dei
bambini e alla esclusione sociale in Europa”.
All’alba del terzo millennio il numero dei bambini che vivono in
stato di povertà è causa di allarme. Un fenomeno che sembra
riguardare 17 milioni di bambini in Europea. In alcuni stati
3 bambini su 10 vivono in famiglie con un reddito che è al di sotto
del 60% rispetto alla media nazionale, ovvero la soglia per
calcolare lo stato di povertà ormai ampiamente accettata in tutta
Europa. All’interno dei Paesi dell’Unione Europea la situazione
è molto diversa: si va da un minimo del 5,5% di bambini che
vivono questa condizione in Svezia alla situazione della Gran
Bretagna dove i minori in difficoltà risultano pari al 30,1%.
Il secondo paese dopo la Gran Bretagna è proprio l’Italia con il 28,8%
di minori in stato di povertà.
La ricerca ha mostrato anche che le famiglie povere spendono gran
parte del reddito per i loro bambini; i genitori, in particolare le
madri, fanno sacrifici molto alti per il bene dei figli arrivando a
sostenere privazioni essi stessi piuttosto che far subire disagi ai
bambini. I nuclei familiari che sperimentano per un breve periodo la
povertà spesso tendono ad ammortizzarne gli effetti sui loro
bambini ma a volte questo può essere causa di tensione e
esaurimento all’interno delle famiglie.
Il documento si concentra sul fatto che la povertà dei bambini ha
forti costi potenziali per la società e inoltre considera le
conseguenze del crescere poveri. Studi sulla disuguaglianza hanno
mostrato che per un bambino che viene da un’infanzia di privazione
le cose che si possono ottenere sono più limitate della media.
Questa situazione è evidente in tutta una serie di fenomeni:
mortalità dei bambini, tasso di malattia, bambini che hanno
incidenti casuali, negligenza e abusi fisici, minorenni che restano
incinta, povere condizioni abitative, educazione, carenza di
autostima e suicidi.
Non ci sono dimostrazioni invece che esistano legami tra lo stato di
povertà dei bambini e fenomeni quali la criminalità, abusi
sessuali, abuso di droga e alcol e lavoro minorile.
Non va neanche sottovaluto il problema della percezione che i
bambini possono avere delle loro condizioni. Oltre ad essere privati
di opportunità e beni materiali, infatti accumulano stress e
provano dolore quando percepiscono la loro condizione che può
arrivare a creare forme di esclusione. Compagni di scuola che
sottolineano l’abbigliamento dimesso, il raffronto tra la propria
casa e quella dei compagni di scuola, il non aver nessuna vacanza da
raccontare sono situazioni che possono sottoporre i minori ad una
pressione eccessiva che spesso rimane inespressa.
Fonte: Rapporto inclusione dei bambini: sviluppo di un approccio
coerente alla povertà dei bambini e all''esclusione sociale in
Europa, 2002
Le
condizioni sociali peggiori in Italia e Gran Bretagna
Un continente che presenta ancora situazioni estese di
povertà, Italia in testa: è il quadro che emerge dal primo “Rapporto
sulla povertà in Europa”, reso noto nei giorni scorsi a
Bruxelles. Il dossier è stato curato da Caritas Europa, che ha
condotto uno studio statistico e descrittivo della condizione
sociale nel continente grazie ai contributi di 43 Caritas nazionali;
le fonti delle statistiche sono, nella maggioranza dei casi, il
Rapporto 2001 stilato dal Programma delle Nazioni Unite per lo
Sviluppo, l’Eurostat e la Banca Mondiale. Il Rapporto redatto da
Caritas Europa è stato inviato a tutte le istituzioni europee, ai
governi dei singoli Stati e alle Caritas nazionali, che hanno il
compito di diffonderlo nelle sedi diocesane e parrocchiali.
Considerando come soglia della povertà la metà del reddito medio,
tra gli Stati membri dell’Unione la percentuale più elevata della
popolazione povera tra il 1987 e il 1997 si registra in Italia
(14,2%) e nel Regno Unito (13,4%). Belgio e Finlandia raggiungono il
5,2%. Ma in confronto con i dati rilevati negli stati esterni all’Unione
o candidati ad entrarvi, il nostro Paese e la Gran Bretagna
totalizzano una percentuale più alta di poveri rispetto anche alla
Repubblica Ceca (12,3%), all’Ungheria (10,1%), alla Polonia
(11,6%) e alla Slovacchia (2,1%). Tra gli Stati non candidati la
Federazione russa registra il maggior numero di poveri (20,1%),
mentre i Paesi a più basso reddito sono Armenia, Georgia, Moldavia
e Ucraina. Grecia, Armenia e Turchia devolvono dal 2 al 3% del
Prodotto interno lordo all’educazione, Svezia e Polonia l’8%,
Moldavia l’11%. I Paesi sono stati divisi in tre gruppi: i membri
dell’Unione, gli Stati candidati ad aderire all’UE, infine i
Paesi che non sono attualmente candidati. Dai risultati emersi –
che denunciano la carenza delle politiche sociali nella protezione
delle fasce più deboli della popolazione - si delineano alcune
priorità, secondo Denis Viénot, presidente di Caritas Europa: “l’accesso
al lavoro e la lotta contro la discriminazione, l’aiuto economico
per l’istruzione dei bambini in famiglie disagiato e lo sviluppo
di scambi economici e di solidarietà tra Europa dell’est e dell’ovest”.
Al Consiglio europeo di Barcellona, previsto il prossimo 15 marzo e
incentrato su occupazione e formazione, Caritas Europa invierà un
delegato; in seguito verrà redatto un documento politico da inviare
alle Istituzioni europee e ai Governi, indicando suggerimenti sulla
lotta alla povertà. (lab)
Povertà
assoluta in Italia: i principali indicatori
per ripartizione geografica Anni
1999 - 2000
|
|
NORD
|
CENTRO
|
MEZZOGIORNO
|
ITALIA
|
1999
|
2000
|
1999
|
2000
|
1999
|
2000
|
1999
|
2000
|
Migliaia
di unità
|
famiglie
povere
|
140
|
163
|
108
|
116
|
790
|
675
|
1.038
|
954
|
persone
povere
|
325
|
383
|
340
|
341
|
2.612
|
2.213
|
3.277
|
2.937
|
Composizione
percentuale
|
famiglie
povere
|
13,5
|
17,1
|
10,4
|
12,2
|
76,1
|
70,7
|
100,0
|
100,0
|
persone
povere
|
9,9
|
13,0
|
10,4
|
11,6
|
79,6
|
75,4
|
100,0
|
100,0
|
Incidenza
della povertà (%)
|
famiglie
|
1,4
|
1,6
|
2,6
|
2,7
|
11,0
|
9,4
|
4,8
|
4,3
|
persone
|
1,3
|
1,5
|
3,1
|
3,1
|
12,6
|
10,7
|
5,7
|
5,1
|
Intensità
della povertà (%)
|
famiglie
|
18,5
|
15,4
|
18,9
|
20,1
|
19,8
|
19,9
|
19,6
|
19,3
|
Fonte: ISTAT
Povertà
Italia: povertà tra le famiglie con figli
Per tipologia
familiare e numero di percettori di reddito
Anno 2000 - valori percentuali
|
|
Fino
a 1 percettore
|
2
o più percettori
|
Italia
|
Tipologia
familiare
|
|
|
|
Coppia
con un figlio minore
|
15,8
|
5,4
|
10,0
|
Coppia
con due figli minori
|
23,5
|
7,4
|
15,9
|
Coppia con tre o più figli minori
|
35,2
|
7,2
|
26,0
|
Monogenitore
con solo figli minori
|
11,8
|
*
|
11,4
|
Monogenitore
con solo figli maggiori
|
17,3
|
10,1
|
12,7
|
Coppia
con solo figli maggiori
|
21,8
|
7,6
|
11,1
|
Altre tipologie familiari con minori
|
31,8
|
11,7
|
19,4
|
Altre tipologie familiari senza minori
|
21,5
|
14,1
|
15,7
|
Totale
famiglie
|
15,1
|
9,2
|
12,3
|
* Valore non
significativo a causa dela scarsa numerosità
Fonte: Istat "Indagine sui consumi delle famiglie
2000"
Povertà Italia: povertà relativa
tra le famiglie con minori
Per ripartizione
geografica - Anno 2000
|
|
Nord
|
Centro
|
Mezzog.
|
Italia
|
Migliaia
di unità
|
|
|
|
|
Famiglie
con minori
|
2.709
|
1.188
|
2.660
|
6.556
|
Famiglie
con minori povere
|
184
|
130
|
698
|
1.011
|
Minori
|
3.891
|
1.764
|
4.435
|
10.089
|
Minori
poveri
|
290
|
198
|
1.216
|
1.704
|
Compos.
percentuale
|
|
|
|
|
Famiglie
con minori
|
41,3
|
18,1
|
40,6
|
100,0
|
Famiglie con minori povere
|
18,2
|
12,8
|
69,0
|
100,0
|
Minori
|
38,6
|
17,5
|
44,0
|
100,0
|
Minori poveri
|
17,0
|
11,6
|
71,4
|
100,0
|
Diffus.
della povertà (%)
|
|
|
|
|
Famiglie
con minori *
|
6,8
|
10,9
|
26,2
|
15,4
|
Minori
**
|
7,4
|
11,3
|
27,4
|
16,9
|
Intensità
della povertà (%)
|
|
|
|
|
Famiglie
con minori
|
17,4
|
18,4
|
23,7
|
21,8
|
·
Famiglie con minori
povere sul totale delle famiglie con minori
** Minori poveri sul totale dei minori
Fonte: Istat "Indagine sui consumi delle famiglie
2000"
Rapporto
Europa della Caritas. Il crollo del blocco dell'Est ha creato oltre
150 milioni di indigenti
Le cause della povertà in Europa sono da ricercare sua
nelle ripercussioni geopolitiche del crollo dell’Unione Sovietica
e del blocco dell’Est, che ha provocato l’emergere di oltre 150
milioni di “nuovi poveri”. È l’analisi del primo “Rapporto
sulla povertà” del continente curato da Caritas Europa e diffuso
nei giorni scorsi. Inoltre la “recrudescenza dei conflitti nel
mondo – compresa l’Europa orientale” ha provocato l’aumento
massiccio del numero di rifugiati, sfollati, richiedenti asilo e
immigrati. A questo si aggiunge l’accelerazione del processo di
globalizzazione, “occasione per una più grande ingiustizia”,
denuncia il Rapporto. Infatti si sono globalizzati anche “la
tratta di esseri umani, il traffico di stupefacenti e il terrorismo
internazionale”.
Il Rapporto si conclude con alcune proposte politiche: attività
mirate all’impiego (per lavori di lungo periodo); potenziare
istruzione e formazione, insieme alla protezione sociale; aumentare
gli aiuti per le famiglie monoparentali e numerose (con oltre 3
figli a carico), per gli anziani (garantendo pensioni adeguate), i
richiedenti asilo, gli immigrati e le vittime della tratta (ad
esempio snellendo le procedure). Inoltre occorre implementare le
relazioni tra l’Unione europea e i Paesi dell’Europa centrale e
orientale, i Paesi candidati all’Unione e i non candidati.
Cominciando da una “solidarietà finanziaria” significativa fra
tutti gli Stati, che favorisca lo sviluppo economico dei Paesi in
difficoltà.
Donne
vittime delle tante povertà
Secondo stime ufficiali 50.000 sarebbero le donne schiave
avviate alla prostituzione in Europa. Il mercato del sesso è più
fruttuoso di quello della droga e delle armi. Solo in Italia viene
alimentato da ben 9 milioni di fruitori. L’intervento di Carmen
Bertolazzi, presidente dell’Ass. Ora d’Aria - Per i diritti e le
libertà, attiva nel campo del recupero di chi ha subito il dramma
della tratta e impegnata a condurre un lavoro paziente e capillare
per cercare di restituire la libertà alle schiave del sesso.
vedi
testo completo
Strategia
comunitaria contro l'esclusione sociale
Oltre 60 milioni di persone dell'Unione europea sono a
rischio di povertà. Categorie a rischio sono: infanzia, giovani,
anziani, disoccupati, famiglie monoparentali. Per far fronte a
questa situazione, la Commissione europea ha approvato una relazione
che analizza la politica dei governi europei in materia di
integrazione sociale. La relazione individua i principali fattori di
rischio che accrescono la minaccia di povertà e le principali sfide
che gli Stati membri dell'Ue devono affrontare e in parte stanno
già affrontando.
vedi
testo completo