''Primo Rapporto
Nazionale'': Eurispes e Fondazione
Liberal indagano sul mondo
dell'struzione
E' stato
presentato questa mattina a Roma il "Primo Rapporto Nazionale sulla
Scuola", che esplora il mondo dell’istruzione con l'intento di
rintracciare buone pratiche e nodi critici. Lo studio è realizzato in
occasione del Secondo Meeting Internazionale della Fondazione
Liberal, sul tema “L’educazione e
l’istruzione nel XXI secolo. La civiltà, la
qualità, la libertà”, che avrà luogo a Milano dal 15 al 18 maggio 2003
e nella volontà degli estensori avrà una continuità a cadenza annuale.
"L’approccio metodologico prescelto – afferma il Gian
Maria Fara, presidente
di Eurispes - ha richiesto una
particolare sensibilità di analisi e per questo si è proceduto a
costituire un modello integrato di osservazione in grado di ascoltare
i principali protagonisti del sistema scuola: genitori, studenti,
docenti, dirigenti scolastici, rappresentanti delle associazioni
sindacali e professionali, esperti, educatori e formatori. Si sono
volute rilevare inoltre – prosegue Fara - le opinioni dei genitori sul
funzionamento complessivo del sistema scolastico, sul rapporto tra la
scuola pubblica e la scuola privata, sui limiti e criticità di
sistema, sulla professionalità dei docenti, sull’autonomia didattica,
organizzativa e gestionale della scuola
italiana e sulla recente Riforma Moratti.
Inoltre, si sono verificati il grado di motivazione e il livello
di interesse degli studenti per la storia,
raccogliendo, in particolare, le loro opinioni sulle modalità
tecnico-didattiche di insegnamento della disciplina”.
Lo studio è composto da cinque sezione:
Il rapporto con il futuro, Le risorse umane,
materiali e ambientali, La scuola dell’autonomia tra
centralismo e decentramento, Aspettative e gradimento dei
cittadini sul sistema scolastico italiano e Il rapporto col
passato: cultura, valori, storia (indagine campionaria
realizzata tra gli studenti). Rispetto a questa
impostazione Redattore Sociale ha evidenziato i dati che
riguardano più da vicino il mondo del disagio, come la realtà degli
alunni disabili o l'integrazione degli immigrati.
Oltre 146mila gli alunni disabili: 7
volte più numerosi coloro che proseguono gli studi oltre l'obbligo
rispetto agli anni '90
Sono oltre 146.000
gli alunni disabili presenti nella scuole statali
italiane nell'anno del 2002-2003 e attualmente coloro che
proseguono gli studi oltre l’obbligo scolastico sono 7 volte più
numerosi rispetto all’inizio degli anni ‘90. Secondo il “Primo
rapporto nazionale sulla scuola”, realizzato dalla Fondazione
Liberal e dall’Eurispes
e presentato oggi a Roma, in Italia il grado di
integrazione degli alunni disabili è buono ed i risultati delle
scelte compiute nel Paese in questo senso “sono ormai molto vicini
agli obiettivi prefissati". Del 2% di bambini disabili sul totale,
infatti, l’1,84% va a scuola ed è anche cresciuto il livello
di istruzione (il 38% dei disabili tra 15
ed i 44 possiede un diploma o una laurea). L’incremento, secondo
l’indagine, è stato superiore, più rapido ed ha riguardato in misura
maggiore le donne rispetto a quello registrato fra gli individui non
disabili.
Ad essere iscritti nelle scuole italiane sono soprattutto bambini e
ragazzi che mostrano un “disagio psico-fisico”, il più diffuso tra gli
alunni; i disabili sensoriali (visivo e uditivo) sono invece molto
pochi - lo 0,1% - sulla presenza complessiva di disabili nelle scuole.
Secondo i dati forniti dall’indagine la
percentuale di alunni disabili tra gli iscritti nelle scuole non
statali è circa un terzo (0,67%) di quella relativa alle scuole
statali (1,81%).
In generale la scelta del tipo di scuola cade principalmente sugli
istituti professionali (63,21%), tecnici (18,46%) e artistici (9,54%);
infine, i licei classici e scientifici (8,8%). Fra le scuole
di istruzione professionale poi, si
prediligono gli istituti professionali per l’agricoltura e l’ambiente,
per l’industria edile ed quelli per i servizi commerciali e della
pubblicità.
Nell’ultimo decennio l’incremento più
significativo si è registrato nelle scuole materne e superiori:
nella scuola dell’infanzia gli alunni disabili sono lo 0,97% del
totale, nella scuola elementare sono il 2,09%, nella scuola media sono
2,67%. Secondo Eurispes l’elevamento
dell’obbligo scolastico ha contribuito in misura
significativa all’aumento del numero di alunni disabili
all’interno della scuola secondaria.
Una maggiore integrazione si registra nel Lazio (2,23% la percentuale
degli alunni disabili), la più bassa in Basilicata (1,32%) e secondo
l’indagine all’origine di queste differenze
c’è “una disomogeneità nella valutazione delle certificazioni
dell’handicap”. Lo studio inoltre sottolinea
come nel tempo la presenza di alunni con
disabilità sia aumentata soprattutto in alcune regioni: Molise
(70,4%), Emilia Romagna (57,9%) e Campania (53,8%).
In sei anni cresciuti del 35% gli
insegnanti di sostegno, ma il 27,5% segue 4 alunni
I posti di
sostegno per gli alunni disabili sono aumentati dall’anno scolastico
1997/98 a quello del 2002/03 del 35,1%, ma in misura diversa da
regione a regione. L’incremento maggiore in
Campania (72%) e Molise (63,1%), quello minore nel Lazio (10,2%) e in
Umbria (15,3%).
Nell’anno scolastico 2001/02 gli insegnanti su posti di sostegno sono
stati 70.741, di cui 28.165 supplenti; le regioni in cui
è presente il maggior numero di insegnanti
di sostegno sono la Sicilia, la Basilicata e la Puglia, mentre risulta
più bassa nel Lazio, in Abruzzo ed in Veneto.
Attualmente c’è in media un insegnate ogni due alunni disabili
(il rapporto è di 1,57 nelle scuole d’infanzia e 2,06 nelle scuole
medie); sul totale degli alunni i posti di sostegno invece sono pari a
1 su 102,11 (il rapporto previsto dovrebbe invece essere di 1 a 138).
Il loro numero dipende anche dalla gravità della
disabilità degli alunni presenti: i docenti che hanno seguito
un singolo alunno (poiché il suo handicap lo richiede) nell’anno
2001/02 sono stati il 19,7% nella scuola
statale, mentre nel 52,8% dei casi ad un docente sono stati assegnati
2 o 3 alunni e nel 27,5% 4 alunni. L’assegnazione di un docente ad un
unico alunno disabile risulta nettamente
più frequente nella scuola d’infanzia (33,85%).
Secondo questo studio, il rapporto tra alunni disabili e docenti di
sostegno risulta più alto alle medie
inferiori (2,12) ed alle superiori (2,04). Prendendo in analisi l’area
disciplinare di riferimento nella scuola media inferiore e superiore
statale, si osserva che la maggioranza dei docenti di sostegno
proviene dal settore delle Scienze Motorie (25,56%),
seguono quello linguistico - letterario
(15,13%), delle Lingue straniere (10,58%), Arte e disegno (9,2%),
Tecnologico (8,99%).
Livello di
prestigio sociale attribuito alla professione dell'insegnante
- Anno
2002 |
Livello di prestigio sociale |
Valori
% |
Basso |
26,7 |
Medio-basso |
50,4 |
Medio-alto |
14,5 |
Alto |
0,4 |
Non risposta |
8,0 |
Totale |
100,0 |
|
Motivi di
soddisfazione e insoddisfazione dell'insegnante - Anno
2002 |
Motivi |
Valori
percentuali |
Soddisfazione |
Insoddisfazione |
Non
risposta |
Totale |
Lo stipendio
è motivo di ... |
4,6 |
72,5 |
22,9 |
100,0 |
I rapporti
con i colleghi sono motivo di ... |
40,1 |
14,1 |
45,8 |
100,0 |
I rapporti
con gli studenti sono motivo di ... |
79,0 |
4,6 |
16,4 |
100,0 |
Le
strutture/dotazioni scolastiche sono motivo
di ... |
16,8 |
33,6 |
49,6 |
100,0 |
Fonte:
Eurispes, 2002
Crescono gli alunni immigrati, in
Lombardia il maggior numero. Ancora limitata la presenza femminile
Rispetto ad altri
paesi dell’Europa in Italia gi studenti stranieri sono ancora pochi
(il 2,31% in meno) ma sono comunque in
aumento (+ 23,3% in un anno): nel 2001/2002 gli alunni non italiani
erano 181.767 (35mila in più rispetto al 2000/2001 e 155mila in più
rispetto al 1991/1992), il 2,31% della popolazione scolastica totale
(contro l’1,84% del 2000/2001 e lo 0,27% del 1991/1992). L’indagine
condotta da Eurispes e Fondazione
Liberal ha
preso in esame anche il grado di integrazione scolastica degli
immigrati.
La storia dell’immigrazione in Italia ha determinato una
concentrazione degli alunni stranieri soprattutto alle elementari
(42,17%), mentre rimane ancora bassa la percentuale di stranieri nelle
scuole superiori (13,24%). Il 24,73% degli alunni con cittadinanza non
italiana è concentrato in Lombardia, il 12,60% in Veneto, il 12,55% in
Emilia Romagna; le quote più basse sono quelle
relative a Molise (0,12%) e Basilicata (0,23%). L’incidenza più
alta di alunni stranieri sulla popolazione
scolastica complessiva si trova però in Emilia Romagna (4,8%), seguita
da Umbria (4,31%), Lombardia (3,8%), Marche (3,8%) e Toscana (3,7%).
Le province italiane più popolose in questo senso invece Milano
(19.166) e Roma (11.863), seguite da Torino
(7.640), Brescia, Vicenza, Treviso, Verona, Bologna, Firenze e Modena.
Limitata la presenza femminile fra gli alunni stranieri (45,82%)
inferiore a quella maschile, ad eccezione le scuole superiori dove le
studentesse di cittadinanza non italiana superano gli studenti
(50,53%). Gli alunni stranieri sono residenti maggiormente nel
Nord-Ovest (37,79%) e nel Nord-Est (28,88%); seguono il Centro
(23,32%) e, con percentuali molto più
basse, il Sud (7,04%) e le Isole (3,07%) e provengono da ben 186 paesi
del mondo su 195 esistenti. Il 44,3% dall’Europa
(il 2,7% Ue, il 41,6% non
Ue), per il 28,4% dall’Africa (51.681),
per il 15% dall’Asia (27.374), per il 12% dall’America (21.825)
e solo per lo 0,1% da Oceania e apolidi (265). I paesi da cui proviene
il numero più consistente di alunni
rimangono l’Albania (32.268), il Marocco (28.072) e la
ex-Jugoslavia (18.577). Gli stranieri
scelgono prevalentemente gli istituti professionali (42,53%) e gli
istituti tecnici (35,62%), e con frequenza nettamente minore gli
istituti classici, scientifici e magistrali (18,32%) e artistici
(3,53%).
L’indagine ha analizzato anche la distribuzione delle diverse etnie
nelle province italiane: a Milano ci sono soprattutto studenti
provenienti dalle Filippine (9,65%), a Roma quelli provenienti dalla
Romania (14,42%); a Torino, Brescia, Bologna, Verona e Bergamo gli
alunni stranieri più numerosi provengono dal Marocco; a
Perugia sono invece originari
dell’Albania, a Vicenza della
ex-Jugoslavia, a Firenze della Cina.
Milano e Roma sono anche le città nelle
quali è rappresentato, nelle scuole, il maggior numero di cittadinanze
straniere (rispettivamente 154 e 149).
Meno della metà dei laureati trova il
lavoro per cui ha studiato. Italia
all'ultimo posto per aspettative negate
Solo il 47% dei
giovani laureati italiani trova il lavoro per il quale ha
effettivamente studiato. Una situazione che regala
all’Italia l’ultimo posto nella graduatoria, dopo la Grecia. E’
uno dei risultati dell’indagine della Fondazione
Liberal e
Eurispes che hanno presentato stamani il “Primo rapporto
nazionale sulla scuola”.
Secondo il rapporto, su 100 laureati o diplomati universitari assunti
dalle imprese, circa il 65,7% ha bisogno di
formazione ulteriore, con picchi del 78,7% per coloro che
provengono da corsi universitari del settore chimico e del 76% per
quello informatico. Il che testimonia secondo gli esperti che
“l’impianto della formazione universitaria italiana è ancora troppo
teorico”. La laurea tuttavia è ancora sentita come un investimento che
“aiuta a tutelarsi dai rischi di disoccupazione soprattutto nel Sud”:
dal diploma di maturità alla laurea il tasso di
occupazione sale del 3,6% nel Nord-Est e del ben 16,5% nel
Sud-Italia, dove per i laureati è pari al
76,9%.
Solo il 54,9% degli immatricolati che hanno conseguito un diploma
liceale giunge al conseguimento della
laurea, la percentuale scende rispettivamente al 30,5% e al 22,7% per
gli immatricolati provenienti dagli istituti tecnici e professionali.
In media si laurea il 32,2% in meno degli immatricolati con diploma
tecnico e il 24,4% dei diplomati professionali.
Dispersione: 240mila ragazzi di 15-18
anni lasciano ogni anno gli studi. Fenomeno più grave nelle Isole
Scolarizzazione
inferiore a quella dei maggiori paesi europei ed un altissimo tasso di
dispersione soprattutto nella scuola secondaria e nell’università: il
sistema scolastico italiano, secondo i dati del “Primo Rapporto
Nazionale sulla Scuola”, è dunque “ancora caratterizzato da ritardi ed
inefficienza”. I dati dello studio di
Eurispes e Fondazione
Liberal indicano che in Italia 240mila ragazzi tra i 15 ed i 18
anni ogni anno lasciano gli studi ed il fenomeno riguarda soprattutto
i maschi. Se nelle scuole elementari l’abbandono è minimo e stabile
(0,08%) e secondo gli esperti è determinato in gran parte dagli alunni
appartenenti a comunità nomadi e nelle scuole
medie inferiori il valore è più alto (0,33%), ma non allarmante (anche
se al Sud la percentuale sale allo 0,45% con la situazione più grave
in Calabria: 0,70%), il fenomeno diviene preoccupante soprattutto alle
scuole superiori. Qui la percentuale degli studenti non valutati
è del 4,6% (in aumento rispetto al 4,5% del
2000/01) e l’incremento riguarda tutti i tipi di scuola superiore, con
l’eccezione dei licei scientifici (in calo dal 2,1% all’1,8%). La
situazione risulta grave in particolar modo
negli istituti professionali (8,9%), seguiti dagli istituti d’arte
(6,5%) mentre i meno interessati sembrano essere i licei scientifici,
i classici (2,3%) e gli istituti magistrali (3,2%).
A rischio soprattutto i primi anni delle superiori perché secondo gli
esperti “rappresentano il difficile impatto col nuovo corso, con un
diverso ambiente, carico di lavoro e tipo di materie”: durante il
primo anno infatti la percentuale media di
abbandoni è del 6,4% (10,2% nelle Isole). Secondo questo studio la
percentuale degli alunni delle superiori non
valutati agli scrutini finali è particolarmente alta nelle
Isole (7,1%), e più bassa al Centro (3,4%); i dati relativi al Nord ed
al Sud sono molto vicini (4,3% e 4,6%).
L’indagine ha preso in esame anche le bocciature, altro indice della
dispersione: fra gli alunni delle elementari la
percentuale dei respinti sugli scrutinati è dello 0,7%, mentre la
percentuale dei ripetenti sui frequentanti è dello 0,34%. Le
bocciature risultano decisamente più
frequenti alle scuole medie (il 4,43% degli scrutinati, i ripetenti
sono invece il 3,59% ) ed ovviamente alle superiori (14,19% gli alunni
respinti, 6,3% i ripetenti).
Dal punto di vista geografico non esistono particolari differenze
nelle elementari, mentre nelle medie e nelle
superiori gli osservatori hanno registrato particolari
problematicità nelle Isole, dove la percentuale dei respinti alle
medie è del 7,5%, ben sopra la media nazionale (4,4%); mentre alle
superiori è del 17,5% (contro il 14,2%% della media nazionale). Anche
il numero dei ripetenti sui frequentanti è superiore alla media
nazionale in tutti e tre i gradi di scuola (0,67% alle elementari,
6,12% alle medie, 8,1% alle superiori).
Molto vicini alla media del Paese invece i dati
relativi al Centro ed al Nord-Ovest, più bassi quelli del
Nord-Est ed al Sud.
Secondo gli esperti nell’analisi delle origini della dispersione
scolastica va tenuto in considerazione l’aumento progressivo degli
alunni stranieri nelle scuole italiane.