E’ ovvio che diversi interrogativi si sono affacciati nella vostra mente leggendo il titolo di questa rubrica. Parlare per metafore stuzzica il ragionamento o dissuade dal ricercare il senso di quanto si legge. Avrei voluto non occuparmi con tanto coinvolgimento di disabilità nella mia vita. Ma chi di noi non avrebbe voluto cose diverse da quelle che la vita gli ha riservato?

Affrontare con determinazione gli eventi, tirare fuori il meglio di sé, non basta.

Essere fino in fondo se stessi in tutte le circostanze senza dover per convenienza scindere l’essere madre di un bambino diversamente abile, dall’essere insegnante di sostegno, dal presiedere una associazione di genitori, dal prestare opera di volontariato è una dimensione da raggiungere messa in discussione spesso da chi vorrebbe considerare solo uno degli aspetti nel tirarti fuori delle risposte che mettono in luce solo un aspetto della realtà.

L’idea di chiamare Prisma questa rubrica è semplice da spiegare anche senza ragionamenti complessi.

Non si tratta di concentrare la verità nelle parole di chi ha uno spettro più ampio del solito per fare considerazioni su tematiche dell’handicap , si tratta di offrire al lettore una visione globale fatta di molteplici aspetti che spesso non si possono non si devono scindere.

In questo spazio troverete tante facce di un problema, di una notizia o di una decisione che vi faranno riflettere, almeno lo spero, a tutto campo.

Qualsiasi progetto di vita se non è unitario si trasforma in un labirinto, chi ha responsabilità nel progetto di vita di un disabile è un binario morto se pensa che sia sufficiente occuparsi del suo solo segmento ignorando che esistono altri binari, che sono essenziali gli scambi, che ci si dirige verso la stessa stazione.

Quante volte deve pagare un handicappato nella sua vita, sviluppare le sue potenzialità, rispondere alle sue necessità è possibile senza scindere famiglia, scuola, riabilitazione, società?

Questo non è un regalo è un dovere.