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Prisma

a cura di Elena Duccillo

Se qualcosa resta

 

Non mi sono tuffata mai tanto volentieri nella composizione come in questi giorni.

Non ho mai nascosto che mi piace scrivere, ma raccontare le emozioni mi entusiasma ancor più che giocherellare con i tasti per mandare un messaggio ad una amica.

Poi se la comunicazione ha uno scopo si unisce l’utile al dilettevole.

Forse devo rifarmi visto che per tre giorni ho ascoltato invece di parlare, forse penso di approfittare della vostra curiosità per condividere quello che voglio esternare.

Che cosa aggiungere alle riflessioni di questi giorni che possa avere senso per la mia rubrica.

Sto parlando ovviamente del Meeting regionale tenutosi alle Terme Euganee dal 27 al 29 giugno.

Quando ho letto il programma qualche settimana fa non ho resistito dall’iscrivermi, si la distanza quella un po’ mi metteva pensiero, ma la motivazione era forte e tutto per il fascino della Venere di Milo. Non so se voi riuscite a sottrarvi all’ipnosi senza appello delle pubblicità: io per quanto cerco di fuggirla a certe campagne non resto che irretita.

La regione Veneto ha portato avanti una campagna di sensibilizzazione per l’anno europeo delle persone con disabilità per l’abbattimento dei pregiudizi che invita ad un percorso di cambiamento culturale come punto di partenza per la non discriminazione.

E di una campagna per l’abbattimento delle barriere culturali avrebbe bisogno paradossalmente proprio il luogo il cui fulcro è la cultura: la scuola.

A vederlo nella normativa ( e questo si è ribadito ancora una volta negli interventi ) l’Italia ha una marcia in più degli altri paesi, non c’è occasione nella quale non si ricorda che negli altri paesi impera ancora l’istruzione separata. A vederlo nella storia l’integrazione sta perdendo colpi per il dimensionamento di questi anni degli insegnanti di sostegno e per la frammentazione delle competenze nell’erogazione dei servizi.

Di questo si è parlato oltre che degli altri argomenti, uno dei presidenti della regione Valle d’Aosta ha parlato degli insegnanti specializzati, si è soffermato su tutti quegli aspetti che fanno del sostegno una categoria che non ha pari dignità dei colleghi docenti. Si è chiesto da parte delle associazioni, che la conferenza Stato-Regioni definisca le linee guida sull'integrazione scolastica che finisca l’applicazione a “macchia di leopardo” dei provvedimenti e delle garanzie in materia di scuola.

Va bene – mi dicevo- ho ascoltato delle cose giuste e importanti, ma fuori di qui chi mi dirà che qualcosa anche una piccola cosa cambi nello stato attuale dei fatti?

Non era solo il mio timore: ognuno dei convenuti per ciò che gli stava più a cuore cercava di mettere le mani avanti per avere garanzie che alle parole seguissero i fatti.

Il più simpatico a questo proposito Giuseppe Scalise, presidente dell'Unione Italiana Ciechi del Veneto che ha parlato nella tavola rotonda conclusiva "Attenzione, perché il disabile è come un elefante, ha un'ottima memoria e non perdona quando le promesse non vengono mantenute. Alle parole si devono accompagnare gli impegni economici, altrimenti restiamo al palo, disabili o diversabili che dir si voglia".

Disabili o diversabili (termine proposto dal ministro La Loggia): si perché si è dato molto peso ai termini in questo meeting.

C’è chi ha fatto un excursus sulle definizioni delle persone disabili dagli anni trenta ad oggi, c’è chi ha ripetuto l’appello a molti relatori di non usare le parole “diversamente abile” che sottolineano una differenza invece di valorizzare la persona in quanto tale.

Tutti, ma proprio tutti hanno ribadito che non esistono solo barriere architettoniche, ci sono barriere culturali che sono peggiori di gran lunga.

E una barriera culturale che si sta innalzando inesorabilmente sembra essere quella che contrasta con provvedimenti e mancata applicazione delle leggi l’inserimento lavorativo. Chiude infatti il meeting un intervento Grazia Sestini, sottosegretario al Ministero del Lavoro e del Welfare che non ha convinto molti.

Parla di forte impulso all’integrazione lavorativa ma gli articoli di questi giorni sull’argomento e l’allarme lanciato dalle associazioni non sembra corrispondere alle sue parole. Come si paventa il ritorno alle scuole speciali nei provvedimenti che arretrano le conquiste di anni nel campo della scuola così si fa strada l’ipotesi di un ritorno alle strutture speciali protette nel lavoro.

Non possiamo cambiare il mondo in materia di disabilità se non cambiamo la mentalità.

Fiato sprecato, soldi buttati se non ci saranno progressi nelle frontiere della mente.

Di qui il mio impegno a raccontare ad adoperarmi perché qualcosa resti per lo meno a chi mi legge.

E’ stato opinato che questo governo è quello che ha impegnato meno risorse finanziarie nel sociale: vero probabilmente.

E’ stato denunciato che anche in questo anno europeo molte iniziative cadranno nel nulla: sicuramente.

Ma quand’è che ci impegniamo personalmente per una inversione di tendenza se non siamo capaci nemmeno di posteggiare una macchina senza che ostacoli il passaggio di una carrozzina, se cambiamo fila al supermercato perché la cassiera è lenta in barba al collocamento mirato, se ci stupiamo che l’hamburger ce lo incarta un ragazzo Down, se troviamo giusto usare i finanziamenti per l’integrazione scolastica per comprare di tutto tranne quello di cui ha bisogno realmente il nostro bambino?

Quante volte ho sentito informarsi con largo anticipo colleghe sulla gestibilità dell’alunno che stava per fare il suo ingresso a scuola come si ascoltano le previsioni del tempo? Tutte queste cose non dipendono direttamente dalle istituzioni e troppo facile tra noi l’atteggiamento disfattista o il dito contro gli altri.

Non bastano 365 meeting, non deve rimanere tra gli addetti ai lavori la promozione sociale, non si va da nessuna parte se non c’è vero progresso che parte dal senso civico, dalla formazione dell’uomo e del cittadino, dal proposito di avere rispetto vero per la persona. La nostra responsabilità cresce in quanto educatori: possiamo dirci educatori se non viviamo in prima persona quello che vogliamo insegnare?

Nessuno proprio nessuno si dimentica di usare alla prima occasione il concetto celebre di Don Milani e anche a Montegrotto non è mancata:“Nulla è più ingiusto che fare parti uguali fra disuguali”: che significa dare di più dove c’è più bisogno, non dare di meno a chi ha già di meno. Ora non ricordo chi la abbia citata: so solo che ho fatto in proposito una riflessione.

L’accelerazione del progresso è nota a tutti: ma deve ancora invadere il campo umano?


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