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MINORI Un confronto sulla criminalità minorile in ambito europeo con il Progetto Jump. Operatori di Spagna, Germania, Romania e Italia s'incontrano Prevenire la criminalità minorile nell'ambito dell'Unione
Europea e favorire il reinserimento sociale di giovani che hanno
commesso dei reati o si trovano in situazioni a rischio di devianza
in alcuni Stati membri o Paesi candidati. Sono i temi centrali del
progetto “Jump” (“Juveniles and models of prevention”). La
scelta dell’acronimo non è casuale, spiega il direttore generale
del Censis, Giuseppe Roma: “Jump, che in inglese significa ‘salto’,
sta a significare la ricerca di un ‘salto di qualità’ nella
prevenzione del crimine giovanile, che ha assunto una dimensione
sempre più preoccupante all’interno dei Paesi membri dell’Unione
Europea, sia in termini quantitativi che qualitativi. In effetti, da
un lato, si registra un aumento della delittuosità o comunque dell’insicurezza
dei cittadini, e dall’altro, si rileva la presenza crescente di
una delinquenza urbana, fortemente connessa a situazioni di
marginalità, nella quale la presenza giovanile è, quindi, ancora
più preoccupante”.
Il primo si è svolto nel mese di luglio presso la Scuola
di Polizia di Catalogna (Spagna). Il 27 settembre a Berlino, nella
sede di Camino (Laboratorio per tirocini pratico-professionali e
indagini nel settore sociale), si terrà l'incontro sul tema “Il
ruolo degli operatori sociali nella gestione dei progetti di
prevenzione sociale della criminalità giovanile”. In tale
occasione verranno illustrate le più rilevanti iniziative
realizzate negli Stati membri che vedono un coinvolgimento degli
operatori sociali (della scuola, del volontariato, ecc.). Inoltre,
si procederà ad esaminare i sistemi e le azioni avviate dalle
organizzazioni di volontariato e dagli operatori sociali che in
Germania si occupano di prevenzione sociale della criminalità.
Si approfondirà lo stato dell’arte delle normative di
prevenzione e di contrasto della criminalità minorile negli Stati
candidati a far parte dell’Unione Europea. Inoltre, verrà
effettuata un’analisi il più dettagliata possibile sulle
politiche e sulle iniziative di prevenzione sociale esistenti nei
Paesi candidati. Infine il ruolo delle amministrazioni locali verrà
esaminato durante seminario conclusivo, in programma a dicembre a
Roma, presso la sede del Censis, che curerà i lavori. Saranno
riepilogati e valutati criticamente i risultati delle indagini
realizzate nel corso del progetto; verranno anche esaminate le più
interessanti esperienze locali realizzate a livello europeo (le
cosiddette “buone prassi”) e si procederà a una ricognizione
degli interventi attivati in Italia, oltre a un confronto delle
esperienze di prevenzione e reinserimento sociale di giovani che
siano già entrati nei circuiti criminali, ovvero che vivano in
condizioni a rischio di illegalità in alcuni Stati membri e nei
Paesi che entreranno a fare parte dell’Unione Europea.
Ministero dell'Interno
Indirizzo:Via
XX Settembre, 8 - 00187 - Roma (RM)
Tel: 06/46531
responsabile:Claudio
Scajola (ministro) addetto
alla comunicazione:Roberto
Arditti (portavoce ministro) Sito
internet: http://www.poliziadistato.it/
http://www.interno.it/ E' il ministero preposto
prevalentemente a garantire la sicurezza dei cittadini, attraverso
il controllo di molteplici settori della macchina organizzativa
dello Stato. Nell'arco di circa 150 anni le vicende del Ministero
dell'interno hanno rappresentato un caso esemplare dell'evoluzione
dell'intero sistema amministrativo, passato da funzioni d'ordine a
compiti di regolazione dell'attività economica e di trasferimento
di ingenti risorse finanziarie, e da un modello fortemente
accentrato ad una progressiva accentuazione dei poteri delle
amministrazioni locali. Attualmente gli Uffici di diretta
collaborazione con il Ministro sono: il Gabinetto, il Servizio di
controllo interno, l’Ufficio centrale per gli affari legislativi e
le relazioni internazionali. Inoltre ci sono i Dipartimenti che
rappresentano le nuove strutture centrali del Ministero dell'interno
e sostituiscono le vecchie direzioni generali, accorpandole tra loro
secondo criteri di funzionalità e di omogeneità delle materie:
Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, Dipartimento
della Pubblica Sicurezza, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione,
Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della
Difesa Civile. Fondazione CENSIS - Centro studi investimenti sociali
Indirizzo:Piazza di Novella, 2 - 00199 - Roma (RM) Tel: 06/860911,
Fax: 06/86211367 E-mail:censis@censis.it
responsabile:Giuseppe De Rita addetto alla comunicazione:Raffaele
Pastore Sito/i internet: http://www.censis.it/
La fondazione Censis svolge dal
1964 una costante e articolata attività di ricerca in campo
socio-economico, con un'attenzione particolare ai fenomeni di
trasformazione del paese, con frequenti riferimenti internazionali.
L'attività della fondazione si è sviluppata negli anni con
indagini sociologiche ed economiche, rapporti di consulenza e
iniziative culturali di diverso tipo (convegnistiche, seminariali,
editoriali). Queste attività vengono svolte sia autonomamente sia
attraverso contratti con istituzioni pubbliche e private, banche,
aziende ecc. Dal 1967 il Censis realizza il "Rapporto sulla
situazione sociale del paese, dove confluiscono tutti i materiali di
ricerca e di studio svolti nel corso dell'anno. Siti web: http://www.mir.es/policia/pproxi/px_indi.htm http://www.info-zone.be/PROGFR/progprox/proximite.htm http://www.haute-garonne.pref.gouv.fr/sommaire/Police_de_proximite206.html
http://www.homeoffice.gov.uk/prghome.htm http://www.kriminalpraevention.de/aufgaben.htm
Criminalità in Italia, fenomeno di dimensioni
ridotte che nel 1999 ha riguardato il 2,8% delle denunce La
criminalità minorile in Italia? Fenomeno preoccupante, ma di
dimensioni decisamente ridotte – per quanto concerne furti e
omicidi, non lo spaccio di stupefacenti - rispetto a ciò che accade
in altri paesi europei. Lo ha evidenziato Giuseppe Roma, direttore
generale della Fondazione Censis, illustrando i risultati della sua
analisi durante il primo seminario previsto dal progetto “Jump”,
che si concluderà a dicembre. Già da alcuni anni, grazie al
contributo dell’Unione Europea, il Censis si occupa di prevenzione
della criminalità minorile. Dati alla mano, Roma ha illustrato la
consistenza del fenomeno nell’ambito dell’Ue. Secondo lo studio
“H.o.p.e.” condotto dal Censis sui sistemi di prevenzione della
criminalità adottati negli Stati membri, nel 1999 in Italia i
minori rappresentavano il 2,8 % del totale delle persone denunciate
alle forze dell’ordine, mentre erano il 13,1% in Germania, il
21,3% in Francia e il 23,9% nel Regno Unito, paese in cui vengono
considerati imputabili a partire dai 10 anni. Analizzando
i reati in cui i minori risultano coinvolti, emerge un quadro non
omogeneo e differenziato da un paese all’altro: “In Italia la
percentuale di infradiciottenni denunciati per tipologia di reato
risulta più bassa rispetto alle altre nazioni prese in
considerazione, eccezion fatta per l’omicidio ed i reati legati
agli stupefacenti – ha illustrato Roma -. Nel primo caso la
percentuale di minorenni denunciati sul totale è del 2,2 %, nel
secondo del 3,9%: solo in Spagna si registrano valori percentuali
più bassi (pari a 0,8% e 1,3% rispettivamente)”. La percentuale
più alta di minori denunciati per rapine viene rilevata nel Regno
Unito (43,8%), seguito dalla Francia (39,9 %). Invece, nel caso
delle denuncie per furto, è la Francia ad evidenziare la maggior
incidenza percentuale di minorenni (33,3%) rispetto al Regno Unito
(32,9%). Per quanto concerne lo spaccio di stupefacenti, la Francia
è di nuovo al primo posto, con il 19,9% di minori denunciati.
Seguono Germania e Regno Unito, con un’incidenza rispettivamente
del 16,7% e 12,8% del totale. Sembra
che in Italia dal punto di vista quantitativo “la delinquenza
minorile tenda, nel suo complesso, a diminuire in maniera lenta ma
costante – ha commentato il direttore generale del Censis -.
Tuttavia, disaggregando i dati in base alla fattispecie di reato, ne
emerge un quadro in chiaro scuro”. Gli omicidi appaiono in netta
diminuzione: all'inizio del periodo preso in considerazione,
risultavano presentate 24 denunce, che si riducono a 11 nel 2000, (-
54,17%). Anche per i furti - che in valore assoluto sono il reato
più “praticato” - si osserva una contrazione, più incisiva con
riferimento ai furti d'auto (- 59,15%) e in appartamento (-5 8,85%).
Però i minorenni risultano maggiormente coinvolti in rapine e nei
reati connessi alla produzione e spaccio di stupefacenti (in aumento
rispettivamente del 69,25% e del 20,22%). “Risulta davvero
preoccupante la prevalenza di quest'ultimo tipo di reato rispetto a
tutte le altre categorie delittuose: oltre ad esser un segno
particolarmente indicativo della stretta relazione esistente tra
devianza minorile e tossicodipendenza, si potrebbe ipotizzare che
tale incremento sia dovuto ad un aumento della partecipazione dei
minori alle attività gestite dalle organizzazioni criminali”. Sembrerebbe
dunque che “la tendenza alla commissione di comportamenti
penalmente rilevanti non rappresenti una condizione generalizzata
nella popolazione giovanile – ha concluso Roma -, mentre è
innegabile la presenza di un malessere diffuso, che sfocia non solo
in atti delittuosi o di teppismo, ma anche in forme autolesioniste,
come testimoniano i suicidi commessi dai giovanissimi: la quantità
di popolazione compresa tra i 15 e i 24 anni deceduta per tale
motivo nel 1991 è stata di 328 unità, che diventano 394 nel 1997,
anno per cui sono disponibili i dati più aggiornati”.
In Italia, Germania e Spagna sono imputabili i minori
tra i 14 e i 17 anni; in Francia i minori tra i 13 e i 17 anni; in
Danimarca e Finlandia i minori tra i 15 ed i 17; nel Regno Unito i
minori tra i 10 e i 17 anni.
Per
il Regno Unito i dati si riferiscono al 1998 Istituto Penale Minorile Casal del Marmo L’istituto in cifre Nel 1989
vengono riattivati i laboratori di falegnameria e tappezzeria
inutilizzati da tre anni e nel 1997 viene realizzato un terzo
laboratorio quello della pizzeria che si pensava dapprima di
rivolgere ai ragazzi nordafricani per farli poi rientrare nel loro
paese con una professione acquisita. Attualmente vi lavorano ragazzi
italiani e nomadi. Attraverso le Borse lavoro nel 1998 e nel 1999 è
stata possibile la partecipazione ad attività fuori dall’istituto
rallentate poi nell’anno 2000. L’attività di pizzeria vede
coinvolti ragazzi per lo più condannati, agli altri laboratori
partecipano soprattutto ragazzi in custodia cautelare. Nei
laboratori artigianali lavorano ragazzi prevalentemente stranieri
che provengono dal Nord Africa e dall’Albania Fonti:
Ministero di Grazia e Giustizia – settembre 2002 e Gianni Fulvi
(Responsabile Area Minori Caritas diocesana) Contrasto alla criminalità minorile in Italia e in
Europa. Quale la funzione delle forze dell'ordine. Quale
funzione assumono le forze dell’ordine, italiane ed europee, nelle
politiche di prevenzione della criminalità minorile? Analizza le
diverse modalità di azione della polizia il progetto Jump, che nel
corso del primo seminario di approfondimento – svoltosi nel mese
di luglio a Barcellona - ha cercato di mettere a fuoco le tipologie
d’intervento. Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, ha
messo a fuoco la situazione nei vari paesi dell’Unione europea.
Infatti negli Stati membri “il ruolo della polizia è in continua
evoluzione: alle tradizionali attività di repressione e di
contrasto della criminalità vengono affiancate politiche di
prevenzione sociale. Le forze dell’ordine tendono ad avvicinarsi
sempre più al cittadino, non apparendo più come soggetti
antagonisti dediti unicamente a compiti repressivi, bensì come
partner della cittadinanza nella gestione della sicurezza, in
particolare attraverso la polizia di prossimità”. Secondo
Roma è necessario “rafforzare il coinvolgimento di esperti
impegnati in settori diversi (non solo esponenti delle forze dell’ordine
e magistrati, ma anche amministratori locali, sociologi, operatori
del volontariato, insegnanti, imprenditori...) nelle azioni di
prevenzione, per realizzare un’azione a tutto campo, in grado di
sostenere i giovani sotto ogni profilo, anche quello educativo,
sanitario, ecc.”. L’impegno deve orientarsi su un’area
territoriale ben delimitata, come i quartieri, le piccole città,
“con la quale la polizia dovrebbe instaurare un rapporto
privilegiato, al fine di conoscerne gli specifici bisogni di
prevenzione che spesso sono assai diversi anche tra realtà
territoriali contigue”. Inoltre occorre sviluppare la formazione
“e un sistema di professionalità specifiche e mirate ai bisogni
dei giovani”, quindi vanno incrementate le risorse finanziarie.
Infatti le esperienze condotte nei diversi paesi dimostrano “che
gli interventi di maggiore successo sono quelli in cui vi è quanto
meno una compartecipazione alle spese da parte delle comunità
locali”. Infine, si deve agire nel rispetto dei diritti
fondamentali dell’individuo: “Poiché alcuni interventi tendono
a limitare le libertà individuali e il diritto alla privacy –
osserva il direttore generale del Censis -, è necessario
raggiungere un punto di equilibrio tra l’esigenza di sicurezza
della collettività ed i diritti a cui non si intende rinunciare”. “In
Italia, solo di recente si è cominciata a riconoscere l’importanza
delle attività di prevenzione della criminalità, non solo di
quelle mirate a creare le condizioni per inibire la commissione di
un reato ma, più in generale, di tutte quelle attività finalizzate
a creare un clima sociale positivo, a sostenere i gruppi sociali a
più elevato rischio di devianza, a mettere in rete (per renderne
l'azione più immediata, efficace e produttiva) i soggetti che, all’interno
di una stessa area, si dedicano ad attività di prevenzione e
recupero”, ha osservato Roma, precisando: “La politica di
prevenzione appare essere ancora ferma ad uno stato embrionale e
marcatamente settoriale. Pur non mancando alcuni significativi
programmi di prevenzione e sostegno dei giovani, si rileva che a
livello centrale, manca un soggetto cui sia stata assegnata
esplicitamente la titolarità e il coordinamento delle politiche e
delle azioni di prevenzione sociale della criminalità in generale,
risultando coinvolti il Ministero dell’Interno, della Giustizia,
del Welfare nonché le forze dell’ordine”. Sono stati istituiti
presso le Questure gli Uffici per i Minori, apposite sezioni
operanti sul territorio in un’ottica globale comprensiva sia della
delinquenza minorile – con interventi di recupero e
risocializzazione – sia dei reati commessi in pregiudizio dei
minori. Importanti per la prevenzione le iniziative mirate a
realizzare la cosiddetta “polizia di prossimità, che nell’esperienza
italiana è qualcosa di più di una ridistribuzione della presenza
sul territorio. Alla sua base vi è una vera e propria filosofia di
intervento complessivo, che implica una modifica delle quotidiane
modalità operative della polizia: l’operatore delle forze dell’ordine
destinato al controllo del territorio si deve porre come parte
attiva di un più diretto e costante rapporto con la cittadinanza,
consolidando la propria presenza nei luoghi in cui svolge il
servizio, rendendosi un punto di riferimento permanente, informato,
qualificato e affidabile per le necessità dei cittadini”. In
questo solco vanno inseriti sia il “vigile di quartiere”, sia il
progetto attuato in 17 città nel marzo 2001, denominato “Il
poliziotto: un amico in più”, che ha previsto una serie di
incontri per avvicinare i giovani alla polizia. Rilevanti
soprattutto i programmi locali, attuati di solito grazie al
partenariato tra amministrazioni locali, associazioni del
volontariato, scuola, forze dell’ordine. È in via di adozione un
“Protocollo di Intesa”, al quale prendono parte rappresentanti
del Ministero dell’Interno, della Giustizia, dell’Istruzione e
del Lavoro nonché esponenti della categoria degli artigiani, con l’obiettivo
di istituzionalizzare “un intervento multistituzionale per
prevenire fenomeni come la dispersione scolastica, il lavoro nero,
la devianza e la delinquenza minorile. Le direttive adottate a
livello centrale troveranno concreta attuazione, a livello
periferico, tramite l’intervento di Tavoli permanenti di
consultazione, che verranno istituiti in ambito provinciale a questo
specifico scopo e manterranno la medesima composizione istituzionale”. Giustizia minorile: alcuni dei primi commenti sulla
bozza di riforma “E’
una politica regressiva rispetto all’apertura di questi anni che
consentiva la realizzazione di recupero dei soggetti minori che
hanno commesso dei reati. - ha commentato Ferrari - Il ridurre la
messa in prova, la possibilità di sconto di pena per questi
soggetti sicuramente è una tendenza a voler dare delle risposte
repressive rispetto invece a problemi sociali che hanno bisogno di
tutt’altro tipo di risposta. La risposta di una società che
riesca a percorrere strade di comprensione e attenzione con tutta la
difficoltà del caso, perché molti di questi minori possono aver
compiuto atti gravi come l’omicidio. Non è attraverso una più
lunga carcerazione che noi riusciamo a dare delle risposte reali a
questi disagi”. (Livio Ferrari, Conferenza nazionale volontariato
giustizia) “Questa
proposta va dietro a quello che la gente vuole. Lo dico spesso
quando parlo di Erika ed Omar. Quando c’è incapacità di gestire
le regole in famiglia piuttosto che nella società di fatto
chiediamo che siano altri a gestirle al posto nostro. Noi abbiamo
oggi una reale difficoltà a gestire il mondo degli adolescenti e
non ci siamo messi in testa che questa difficoltà sta dentro di
noi, genitori, scuole, parrocchie. Tutti. E’ più facile pensare
che la maggior punibilità possa aiutare, ma io non sono convinto
per nulla”. (Don Domenico Ricca, Cappellano "Ferrante Aporti"
Torino) “I
ministri fanno a gara a rendere più sicura la società dei
benestanti: prima i tossicodipendenti poi le prostitute, passando
per gli immigrati e ora per i minori “delinquenti”. A nessuno
interessa la vita di queste persone, ma esse possono esistere e
vivere solo in funzione dei benestanti i quali, guarda caso, si sono
sistemate bene le leggi per l’abbassamento della soglia del loro
“delinquere”. La logica è semplice: tolleranza per i ricchi,
pugno di ferro per i “poveri cristi”. (don Vinicio Albanesi,
presidente del Cnca) “Si
tratta di un moralismo, gretto e sterile, che si illude che con la
punizione o il fantasma della punizione si possa disincentivare o
prevenire la criminalità. Se questo Ministro conoscesse le
esperienze delle altre nazioni, dove le misure cono certamente più
aspre, saprebbe che ad un inasprimento della pena corrisponde in
genere un aumento della criminalità. Quando si crea questo clima
tra i soggetti che delinquono e forze di polizia, la cultura che ne
nasce è quella della durezza: un incremento di repressione produce
più criminalità. Questo è un aspetto ancora più tragico. Nel
momento in cui gli adulti non sono più capaci per mille motivi di
essere degli educatori o, se vogliamo usare una brutta parola, dei
“rieducatori” questa è la scorciatoia, ma è una scorciatoia
assolutamente sterile ed una dichiarazione di fallimento.” (don
Gino Rigoldi, Comunità Nuova, cappellano del carcere minorile
"Beccaria" di Milano) Giustizia minorile: cosa cambia con il nuovo ddl Giudici onorari Vengono
ridotti da due a uno (art. 1, 2 e 3). Il ddl infatti mira a far
prevalere il profilo giurisdizionale dell''organo giudicante, pur
non privandolo del supporto di specialisti di carattere sociale,
tradizionalmente assicurato attraverso la partecipazione dei
componenti privati dei Tribunali per i minorenni. La riduzione
comunque fa si che la maggioranza rispecchi una specializzazione di
carattere giuridico.
Si
introduce un diverso regime sansonatorio per i soggetti compresi tra
i 16 e i 18 anni, per i quali la pena può essere ridotta solo fino
ad un quarto. Rimane inalterata invece la riduzione di un terzo per
i minori di 16 anni (art. 4). La motivazione di fondo risiede nella
convinzione che i fenomeni di devianza che suscitano maggiore
allarme hanno più spesso interessato proprio questo fascia d''età. Misure cautelari Gli
articoli 7, 8, 9 e 10 ridefiniscono il sistema delle misure
cautelari riducendo i margini di discrezionalità del giudice,
aumentando la durata dei termini della custodia cautelare e
distinguendo secondo fasce di età e distinti livelli di devianza.
Si introduce l'ipotesi del pericolo di fuga, anche in considerazione
della "condotta di vita dell'imputato”, come ulteriore
criterio per definire i provvedimenti di adozione di misure
cautelari restrittive, stabilendo un parallelismo con quanto prevede
il codice di procedura penale per i maggiorenni. Viene inoltre
indicato un elenco di delitti ritenuti “di particolare allarme
sociale” rispetto a cui viene determinata l’adozione delle
misure cautelari. Tra questi anche la “resistenza aggravata”. Il
ddl conferma l''istituto della sospensione del processo e della
messa alla prova ma stabilendo che la durata della sospensione del
processo non sia superiore a tre anni, modalità oggi prevista solo
per i reati di maggiore gravità. La sospensione del processo e la
messa alla prova sono escluse per i delitti di omicidio volontario,
consumato o tentato. Compimento della maggiore età Al
compimento del diciottesimo anno di età il giudice competente può
disporre anche di ufficio, tenuto conto della personalità
dell'imputato o del condannato, delle esigenze del trattamento e
della durata della pena o del residuo di pena, che la misura della
custodia cautelare in carcere o la pena detentiva siano eseguite
negli istituti per adulti.
Primi interventi in favore dei minori soggetti a
rischio di coinvolgimento in attività criminose - Interventi per i
minori a rischio La
legge prevede l'erogazione di contributi a favore di enti locali, di
volontariato, associazioni e cooperative di solidarietà sociale che
realizzino iniziative e servizi volti a tutelare e favorire la
crescita, la maturazione individuale e la socializzazione del minore
mediante la creazione di comunità di accoglienza, interventi a
sostegno delle famiglie, centri di incontro e interventi di varia
natura nelle strutture scolastiche ma in orario extra-scolastico. Progetto jump: a
confronto i sistemi di prevenzione dei paesi dell’Unione europea. In
sintesi, una breve presentazione delle attività di prevenzione
della delinquenza giovanile nei paesi dell’Unione europea messe in
atto dalle forze di polizia, in collaborazione con le istituzioni e
il mondo del volontariato. Regno
Unito.
Nel
sistema di prevenzione anglosassone (Regno Unito e Irlanda) il
lavoro degli agenti si svolge in stretta collaborazione con i
cittadini e si fonda sul controllo congiunto del territorio, “tanto
da assumere delle connotazioni di carattere quasi repressivo”. Da
qui nascono i “Neighbourhood Watch Schemes” (Piani di vigilanza
di quartiere): gruppi di cittadini volontari, coordinati dalle forze
dell’ordine, che svolgono un’attività di sorveglianza nell’ambito
del quartiere e che riferiscono alla polizia tutti i movimenti o le
situazioni che destino in loro qualche sospetto di illegalità.
Interessante è la “Strategia per la riduzione della criminalità”,
pubblicata nel 1999, con un ruolo centrale delle politiche di
prevenzione e controllo della criminalità attuate nel paese; tra le
priorità individuate, le azioni nei confronti della delinquenza
giovanile e nei comportamenti antisociali. Un altro strumento
introdotto nel Regno Unito per contrastare la criminalità
giovanile: “Youth Offendings Teams”, costituiti da esperti -
psicologi, operatori sociali e sanitari ed esponenti delle forze
dell’ordine – con il compito di seguire i giovani con una storia
criminale alle spalle, aiutandoli a reinserirsi nella società. Irlanda.
La
politica di prevenzione si distingue per il ruolo centrale assunto
dall’ “An Garda Síochána” (Polizia Nazionale) e per il
ricorso a strumenti volti ad incidere sulle attività delinquenziali
più che sui soggetti deviati. Tra le iniziative di prevenzione
sociale, i “Progetti speciali a cura della polizia”, rivolti ai
giovani coinvolti in attività criminali o a rischio di
coinvolgimento. L’obiettivo di tali iniziative è di rieducare i
giovani; le azioni di prevenzione si indirizzano in particolare ai
minori a “rischio” tra i 10 e i 18 anni, che evadono i consueti
sistemi di educazione e di tutela e sono esposti al pericolo di
diventare cronicamente inadatti al lavoro, con tutte le possibili
implicazioni criminali che ne derivano. Francia.
È il
paese dove si è maggiormente sviluppata una politica di prevenzione
sociale della criminalità minorile, orientata soprattutto a
promuovere l’occupazione giovanile e a contrastare le inciviltà
(gli atti di vandalismo, l’occupazione e la distruzione di spazi
pubblici, i piccoli furti, gli schiamazzi notturni), a incentivare l’azione
della “police de proximité”, che agisce su un territorio ben
definito (zona, quartiere, via). Tra le più rilevanti iniziative
nazionali in vigore: il programma “Ville, Vie, Vacances”,
tramite il quale vengono attivate delle azioni specifiche rivolte ai
giovani tra i 13 e i 18 anni provenienti da quartieri sensibili,
allo scopo di tenerli occupati durante il periodo estivo; il
programma “Noveaux services, emplois jeunes” a titolarità del
Ministero del lavoro e della solidarietà, con cui lo Stato conclude
convenzioni per lo sviluppo di attività che presentano un carattere
di utilità sociale, impiegando giovani disoccupati. Promosse anche
nuove figure professionali, come gli “Agenti locali di mediazione
sociale” (Alms): giovani assunti da soggetti pubblici o privati,
essendo impegnati nell’animazione diretta dei giovani nel campo
dello sport, della cultura, dell’educazione, così come nel
dialogo e nella mediazione tra la popolazione e le istituzioni
(anche di notte e a distanza, ad esempio rispondendo ad un numero
verde). “Il sistema, tuttavia, non è esente da critiche, che in
questi giorni stanno portando ad un ripensamento: per tessere un
legame tra polizia e cittadini, interi servizi sono stati
scompaginati e privati di numerose unità destinate ad attività di
carattere preventivo a tutto discapito del necessario e primario
compito repressivo, mentre sul territorio sono stati dislocati
15.000 ausiliari di sicurezza dopo appena 5 settimane di formazione”,
ha commentato Roma. Spagna.
La
Polizia “svolge un ruolo fondamentale nella politica di
prevenzione, avendo preso coscienza della necessità di operare non
solo come servizio repressivo, ma soprattutto come mediatore sociale”,
ha rilevato il direttore generale del Censis. Sono state adottati il
“Programa policìa-menor” e il “Programa Policia-jovenes a
riesgo”, per avviare iniziative che favoriscano un intervento di
polizia più mirato per i reati nel contesto giovanile e nel cui
ambito assume un ruolo particolarmente importante la politica di
prevenzione, con azioni dirette sia alle vittime che agli
aggressori. Portogallo.
Negli
anni ’90, è stato avviato un programma di modernizzazione delle
forze dell’ordine, culminato nel 1998 con l’adozione del “Programma
integrato di Polizia di prossimità”. L’iniziativa permette lo
sviluppo articolato, in cooperazione con altre entità pubbliche,
delle azioni preventive in favore dei gruppi più vulnerabili
(giovani, anziani, vittime), mirate alla sensibilizzazione della
popolazione sulla tematica della sicurezza. Tra le attività nel
campo della prevenzione della devianza giovanile, il Programma “Sicurezza
a scuola”, iniziativa congiunta del Ministero dell’Interno e
dell’Educazione che prevede un sistema di sorveglianza rinforzata
da parte delle forze dell’ordine a beneficio di alcuni istituti
scolastici inseriti in aeree particolarmente problematiche. La
polizia assicura, inoltre, delle azioni speciali di contatto e di
informazione per i giovani, al fine di promuovere delle condotte
più consapevoli del rispetto della legalità. Paesi
scandinavi.
Sono
valorizzati i sistemi di prevenzione sociale diretti ai giovani a
rischio di ingresso nel circuito dell’illegalità. Le prime
iniziative hanno coinvolto la scuola e la polizia. I principali
destinatari degli interventi di prevenzione sono i giovanissimi
emarginati o a rischio di emarginazione, che cominciano generalmente
a delinquere prima di raggiungere i 15 anni e provengono da
situazioni sociali di forte emarginazione o di ricorso precoce all’utilizzo
di alcool e di sostanze stupefacenti. “Tale connessione crea un
circolo vizioso e senza uscita: l’emarginazione incrementa il
crimine, e una volta divenuti criminali ci si trova sempre più
emarginati”. La politica di contenimento della devianza giovanile
è caratterizzata anche dalla collaborazione ad “ampio raggio” a
livello locale: tutti sono considerati responsabili del corretto
andamento della società (“We are all responsible”)
Fonte:
Annuario Sociale 2000 - Gruppo Abele
Fonte:
Istat
Fonte:
Annuario Sociale 2000 - Gruppo Abele Criminalità, il caso della Romania. Tra i reati
commessi più frequentemente furti (85%) e aggressioni. Parlare
di delinquenza minorile in Romania significa anche “di attività
che non sempre presentano un carattere penalmente rilevante, quali l’allontanamento
dalla famiglia, l’assenza prolungata o l’immotivato abbandono
della scuola”. Il tenente del dipartimento di Polizia di Constanta,
Razvan Mocanu, ha presentato il quadro della devianza giovanile nel
suo paese nel corso del primo seminario previsto dal progetto
europeo Jump. La Romania, quale paese candidato all’ingresso nell’Ue,
è inserita nell’inziativa insieme a 3 paesi membri: Italia,
Germania e Spagna. In
Romania l’attività delle Forze di Polizia si concentra
specialmente sul contrasto del crimine, ma anche sulla prevenzione
della delinquenza, in particolare giovanile: “In conformità alle
direttive del Ministro degli Interni rumeno e del Quartier Generale
della Polizia rumena, ogni unità o sottounità di polizia prevede
al suo interno un agente ad hoc incaricato a svolgere attività
preventiva rivolta ai minori – ha illustrato Mocanu -. Egli deve
possedere determinati requisiti come la laurea in giurisprudenza ed
un’impeccabile condotta morale, oltre a dover dimostrare interesse
a lavorare con i minori. Gli agenti nominati dai comandanti delle
unità di polizia a eseguire tale incarico, devono indagare
unicamente sui reati commessi dai minori”. Recentemente le
iniziative intraprese dalla polizia in tema di prevenzione della
delinquenza minorile hanno assunto un rilievo crescente, fino a un
incremento del numero di agenti in questo ambito. I minori vengono
identificati, inseriti in appositi elenchi, reintegrati nelle
famiglie di appartenenza e accompagnati a casa se provenienti da
altre regioni. Se i genitori non adempiono agli obblighi di
sorveglianza del minore, è prevista una pena a loro carico degli
stessi. Gli
agenti di polizia svolgono anche iniziative di prevenzione della
delinquenza minorile all’interno delle scuole: a ogni istituto
viene assegnato almeno un agente che si impegna a svolgere attività
di natura assistenziale e di orientamento. Inoltre diverse unità
delle forze di polizia intervengono in programmi televisivi e
radiofonici, locali e nazionali, che affrontano temi relativi alla
prevenzione della delinquenza. Numerose istituzioni rumene,
governative e non, realizzano forme di collaborazione con la polizia
per lo sviluppo di progetti relativi alla tutela dei minori. Infatti
la Direzione generale per la Protezione dei diritti dei minori è il
partner più importante a livello locale del Dipartimento di
Polizia.(lab) Quale riforma
per i nostri minori? I minorenni condannati sono passati dai
2.306 del 1991 ai 3.466 del 2000. Modifica nella composizione dei
Tribunali minorili, innalzamento delle pene. L'attuale riforma pare
non tenere in gran conto i principi del diritto internazionale. A
colloquio con l'ex Direttore generale dell'Ufficio per la giustizia
minorile, Giuseppe Magno. Vedi
testo completo in formato PDF. Criminalità, il caso della Germania. ''Non esiste
un sistema nazionale di prevenzione'' Come
funziona il sistema di prevenzione della criminalità giovanile in
Germania? “Non esiste un sistema nazionale di prevenzione, che
rientra tra le competenze dei sedici Stati federali e viene quindi
attuata a livello federale e locale”, spiega Sabine Behn,
direttore a Camino (Berlino) del Laboratorio per tirocini
pratico-professionali e indagini nel settore sociale nell’ambito
della polizia. Nella città tedesca, il prossimo 27 settembre, si
svolgerà il seminario sul tema “Il ruolo degli operatori sociali
nella gestione dei progetti di prevenzione sociale della
criminalità giovanile”, previsto dal progetto europeo “Jump”.
A livello nazionale sono stati avviati in Germania i “Programmi
contro l'estremismo di destra e la xenofobia”, “in seguito al
drammatico incremento degli attacchi diretti da gruppi dell'estrema
destra contro cittadini stranieri, persone in cerca di asilo e
soggetti deboli della società”, ha riferito Behn. Tra le
iniziative, “Xenos”, che affianca alle attività contro
l'estremismo di destra e il razzismo una serie di misure relative
allo sviluppo ed alla promozione dell'occupazione. Alla base di
questo programma vi è la convinzione che l’istruzione e la
formazione (l’educazione contro il razzismo, la comunicazione, la
gestione dei conflitti) costituiscano azioni da promuovere sui
luoghi di lavoro e nelle scuole professionali, dove sono più scarse
le risorse economiche e quelle attività che facilitano un sano
inserimento dei giovani nella società. “Tuttavia, occorre tenere
presente che tali misure possono essere efficaci, nel lungo periodo,
solo se affiancate da un miglioramento delle opportunità di impiego
per i giovani svantaggiati”. Tuttavia
le attività di prevenzione vengono attuate principalmente a livello
federale e locale: nell’ultimo decennio i “Comitati statali per
la prevenzione” sono stati istituiti nella maggioranza dei 16
stati tedeschi e sono composti da rappresentanti di ministeri, enti
statali, polizia, organismi che si occupano di assistenza giovanile,
autorità scolastiche e di altre istituzioni pubbliche quali la
chiesa, le associazioni sportive e/o le organizzazioni sociali.
Talvolta vengono invitati a collaborare anche degli scienziati.
Anche i “Comitati di prevenzione locali” si occupano di
criminalità giovanile, soprattutto degli episodi di violenza di
gruppo perpetrate da e tra i giovani. Ulteriori aree di intervento
si riferiscono ai reati connessi al consumo e lo spaccio di sostanze
stupefacenti nei grandi centri urbani, la disoccupazione dei giovani
immigrati nelle città ove si registra una forte presenza di
residenti stranieri o i reati commessi dai gruppi di estrema destra. La
polizia svolge “un ruolo attivo e fondamentale nella maggior parte
dei progetti di prevenzione della criminalità – ha evidenziato
Behn -. La cooperazione tra le forze dell’ordine e le istituzioni
civili come i servizi sociali e giovanili non è, naturalmente,
esente da conflitti, in quanto i servizi sociali a volte ritengono
che in nome della prevenzione del crimine si persegua, in realtà,
il controllo della comunità”. Inoltre alcuni operatori sociali
“temono che la polizia possa assumere, con il passare del tempo,
incarichi di tipo socio-pedagogico, creando una sovrapposizione di
competenze e un incremento dei problemi nella distribuzione dei
compiti. Eppure, nonostante tali perplessità, nel corso degli
ultimi anni la collaborazione tra la polizia e le altre istituzioni
si è intensificata”. Alcune
esperienze: presso il Dipartimento di Polizia del quartiere
Schöneberg, zona di Berlino caratterizzata da gravi problemi
sociali (criminalità, violenza, uso di stupefacenti e
prostituzione), opera la Squadra di Prevenzione e Investigazione,
che realizza nelle scuole e in altre istituzioni giovanili programmi
di educazione comportamentale. “Considerando il fatto che,
soprattutto per gli adolescenti, la polizia rappresenta l'autorità
costituita, un intervento tempestivo offre a questi agenti la
possibilità di influire positivamente sulla condotta dei giovani,
riuscendo ad evitare la commissione di reati”. Come nel caso di
Mehmet, un ragazzo che era solito appostarsi davanti all’ingresso
della scuola di quartiere maneggiando in modo provocatorio il suo
coltello per intimorire alcuni studenti; i loro genitori avvisarono
la Squadra di prevenzione e Memhet venne invitato dagli agenti a
descrivere la propria situazione familiare. “Essendo il più
piccolo tra i fratelli e gli amici che frequentava, aveva sempre
dovuto lottare per essere accettato nella propria comunità. Il
ragazzo venne così messo in contatto con i responsabili di un
progetto di assistenza e recupero per adolescenti inseriti in
contesti socio-ambientali problematici o a rischio di devianza –
ha raccontato Behn -. Accettò l’aiuto che gli venne offerto e
iniziò a modificare la propria condotta, senza più commettere atti
illeciti”. Esperienza che dimostra “come sia molto più efficace
attivare tempestivi interventi di prevenzione assistenziali e di
recupero, che hanno una effettiva azione deterrente, piuttosto che
porre in essere attività a carattere essenzialmente repressivo in
seguito alla commissione dei reati”. Un
altro esempio di collaborazione tra forze dell’ordine e
cittadinanza è il “Servizio Consultivo Giovanile per l'Educazione
sociale” (Jubp), progetto del Quartier generale della polizia di
Magdeburg. L’obiettivo è prendersi cura dei delinquenti minorenni
inseriti nei circuiti criminali immediatamente dopo il primo
interrogatorio da parte della polizia, per offrire loro assistenza e
istruzione. “Tra il momento dell'arresto e dell'interrogatorio e
quello della sentenza intercorre un periodo di circa 1 anno, durante
il quale i minori, abbandonati a sé stessi, rischiano di infrangere
nuovamente la legge”. Il Jubp entra in azione subito dopo
l'interrogatorio, offrendo al minore la consulenza di un assistente
sociale. I servizi sociali offrono attività da realizzare nel tempo
libero e segnalano i ragazzi a rischio o particolarmente
problematici ai servizi sociali specializzati. (lab) |
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