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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

LA PRIMA RICERCA DELL’INVALSI SUGLI INDICATORI DI QUALITA’ DELL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA
di Salvatore Nocera

Non potendo partecipare ai lavori dell’appuntamento biennale col seminario di Rimini sulla qualità dell’integrazione, cerco di contribuire con questo mio scritto.

Durante la riunione dell’Osservatorio ministeriale sull’integrazione scolastica, tenutasi nel Giugno scorso, è stato diffuso il rapporto finale di una ricerca sulla qualità dell’integrazione scolastica condotta dall’INVALSI per conto del Ministero della P.I. , su richiesta delle associazioni presenti nell’Osservatorio. Trattasi di un rapporto di oltre 100 pagine, corredato di numerose tabelle ed istogrammi che forniscono una serie di indicazioni assai interessanti.

https://www.edscuola.it/archivio/handicap/sid.htm
http://www.invalsi.it/invalsi/download.php?page=risquestsistema

La ricerca si è svolta nell’a.s. 2005/06 ed ha coinvolto le scuole statali e non statali di ogni ordine e grado. La rilevazione ha avuto un carattere volontaristico e, ciò non ostante, ha risposto il 62% di tutte le scuole . Però la partecipazione volontaria delle scuole di secondo grado è stata esigua e quindi la ricerca riguarda solo le scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione che comunque hanno risposto per circa il 60%. La ricerca è stata condotta con metodologia scientifica dagli esperti dell’INVALSI, che hanno predisposto un questionario sulla base delle indicazioni fornite dagli esperti delle associazioni; il questionario è stato testato e validato e quindi i risultati sono largamente attendibili.Il questionario si suddivide in tre parti, ciascuna delle quali elenca alcuni descrittori sintomatici della qualità dell’integrazione. La prima parte, composta di 9 descrittori, suddivisi talora in sottodescrittori, concerne gli “indicatori” strutturali, cioè quei fatti e circostanze che costituiscono le precondizioni per l’integrazione e debbono essere presenti in ogni istituto, come ad es. numero di alunni per classe, numero di docenti specializzati, eliminazione di barriere architettoniche e sensopercettive etc. La seconda parte, composta da 6 descrittori, comprende “indicatori di processo”, cioè le modalità con cui si svolge l’integrazione, come ad es. la formulazione del Piano educativo individualizzato, l’accoglienza degli alunni con disabilità nella classe etc.La terza parte costituita da quattro “indicatori di risultato” fornisce indicazioni sulle modalità di valutazione dei risultati annuali di integrazione non solo sotto il profilo degli apprendimenti formalizzati, ma anche della crescita nella comunicazione, nella socializzazione e nell’autonomia.

Riportiamo alcuni dei dati più significativi relativi a ciascun gruppo di indicatori che offrono riflessioni preoccupanti,mentre
omettiamo di riferire dei risultati positivi, che pure emergono dalla rilevazione in abbondanza.

INDICATORI STRUTTURALI

Colpiscono immediatamente alcuni dati sull’affollamento delle classi. Infatti l’8% delle classi statali ha 25 alunni di cui però due con disabilità ed il 5,3% delle scuole statali ed il 13% di quelle non statali ha classi con più di 25 alunni con più di un alunno con disabilità.

Questi dati sono preoccupanti e lo divengono ancor di più alla luce della Circolare ministeriale n. 19/07 che ha consentito di raggiungere il numero di 27 alunni di cui uno con disabilità e di 22 alunni di cui più di uno con disabilità, senza l’obbligo di sdoppiamento delle classi.In queste classi quindi questo indicatore strutturale denuncia una mancanza di un presupposto fondamentale di qualità dell’integrazione.

Altro indicatore che fa molto riflettere riguarda la percentuale di docenti curricolari con una preparazione specifica ( specializzazione o formazione). Fra gli istituti statali solo il 30% circa ha docenti curricolari formati in misura del 5% del totale; il 21,3% ha fra il 6 ed il 10% di docenti curricolari formati e solo il 13% arriva al 20% di docenti curricolari formati ed il 4,6% supera dipoco tale percentuale; e ben il 31,5% dichiara di non avere alcun docente curricolare con un minimo di formazione specifica.

Fra le scuole non statali la situazione è drammatica, dal momento che quasi il 68% dichiara di non aver alcun docente curricolare formato.

Inoltre circa nel 50% degli istituti statali e non statali nessun docente curricolare ha seguito corsi di aggiornamento sull’integrazione negli ultimi tre anni e solo un quarto delle scuole non statali ha il 20% dei docenti che li hanno frequentato; mentre la percentuale delle scuole statali scende al 12%, senza però che si conosca l’entità del numero dei docenti curricolari che hanno frequentato tali corsi.

Questi dati sono allarmanti. Infatti tanto meno i docenti curricolari sono formati e tanto più sia dalle famiglie che dalle stesse scuole cresce la richiesta di un maggior numero di ore di sostegno, che la Magistratura ha concesso, pervenendo talora ad assegnare a singoli alunni ore di sostegno per tutta la durata dell’orario scolastico.
Quest’anno però la situazione è divenuta drammatica, poiché c’è stato un forte taglio nelle ore di sostegno e la mancanza di preparazione dei docenti curricolari lascia allo sbando moltissimi alunni con disabilità. Questo gruppo di indicatori segnala una assai scarsa qualità dell’integrazione scolastica ed inoltre evidenzia l’inutilità di ingenti spese statali per la formazione dei docenti curricolari, se questa rimane, come previsto dal CCNL, rimessa alla scelta facoltativa dei docenti. L’aggiornamento del personale è un fattore formidabile di sviluppo di tutte le organizzazioni, mentre nella scuola esso continua a rimanere un episodio opzionale, con tutto danno degli alunni con disabilità e crescente delega dell’integrazione ai soli docenti di sostegno.

Altro indicatore significativo è quello relativo alla tempestività di nomina degli insegnanti per le attività di sostegno.
Purtroppo solo nel 6,9% degli istituti statali tali docenti sono nominati tutti entro il primo mese dall’inizio delle lezioni, mentre nel 57,9 nessuno lo è. Sono questi dati assai preoccupanti, poiché l’immediato contatto con il docente per il sostegno è un fattore determinante per un buon avvio dell’anno scolastico, specie per gli alunni con disabilità intellettiva.

In tali casi di ritardo è prevista la nomina di un supplente “provvisorio in attesa dell’avente diritto”; ma questo rimedio può palesarsi peggiore delmale, perché queste supplenze provvisorie durano poche settimane e talora pochi giorni e crreano una grande confusione nella mente degli alunni che, dopo essere entrati in sintonia con un docente, di colpo cambiano figura di riferimento, con la conseguenza talora del rifiuto di continuare a frequentare la scuola. Inoltre c’è da riflettere sull’efficacia e l’utilità di questa spesa.

La conferma di quanto detto si ha analizzando l’indicatore della continuità didattica. Infatti il 3,7% degli alunni delle scuole statali cambia insegnante per il sostegno più volte nello stesso anno; per il 38,8 i docenti sono cambiati ogni anno e solo il 28,9 sono rimasti gli stessi per due anni consecutivi e solo per il 28,6 sono rimasti gli stessi per l’intero ciclo di studi.

La situazione è decisamente migliore nelle scuole non statali dove nel 43,2% degli istituti gli alunni hanno l’ìnsegnante per tutto il ciclo ed nel 44,1% per almeno due anni.

La discontinuità didattica, malgrado le solenni affermazioni dell’art 14 L.n. 104/92 e delle leggi successive, è il cancro che rode dal didentro la qualità dell’integrazione, poiché autodistrugge quello che annualmente si riesce a realizzare. Anche le recentissime immissioni in ruolo attenuano di poco il problema. Infatti esse non riescono ad eliminare comunque il precariato del sostegno e comunque i docenti di ruolo possono dopo cinque anni di sostegno tornare su cattedra comune.

Solo un serio accordo fra Ministero e Sindacati in una visione globale della qualità può rimuovere questa radicale disfunzione.
E’ stato proposto da più parti la costituzione di un’apposita classe di concorso peril sostegno; ma tale soluzione distacca ulteriormente i docenti per il sostegno dal resto dei colleghi curricolari, non impedisce i passaggi ai ruoli ordinari e taluni vorrebbero lasciare per essa in vita il diritto di passaggio su cattedra comune dopo il quinquennio.

Occorre incentivare, non economicamente, la permanenza dei docenti di ruolo su sostegno per un maggior numero di anni e rendere più lunghi ( per almeno un intero ciclo) gli incarichi annuali.

Altro indicatore interessante riguarda l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione che è stata assicurata per il 19,1% nelle scuole statali e per il 27,8 in quelle non statali.

L’assistenza igienica è invece stata assicurata per il 12,8 % nelle statali e per il 6% in quelle paritarie . Questi dati riguardano gli alunni con minore autonomia e da indagini delle associazioni dei familiari risulta che i bisogni insoddisfatti sono ben maggiori.

Comunque la situazione si è certamente aggravata nell’a.s. 2007/08, dati i drastici tagli, imposti dal Governo, alle spese del ministero P I e degli Enti locali, rispettivamente competenti per la fornitura di collaboratori e collaboratrici scolastiche per l’assistenza igienica e per la fornitura di assistenti per l’autonomia e la comunicazione. Inoltre la situazione è talora resa drammatica per l’assistenza igienica, dal momento che, malgrado la nota min prot. n. 3390/01 ed il CCNL del 2003 ( art 47,48 ed allegato A) alcuni sindacati autonomi istigano i collaboratori scolastici a non prestare tale assistenza, pur essendo prevista per tale mansione un compenso aggiuntivo che è pensionabile. Quanto alla formazione dei collaboratori scolastici ben il 55,1% delle scuole sttatali haalmeno un collaboratore formato e l’11,4% li ha tutti formati in base a corsi specifici. Per converso il 44,9% e la quasi totalità di quelle paritarie non hanno personale preparato.La ricerca non affronta il delicatissimo problema del genere, poiché non sempre nella stessa scuola si trova almeno un maschio ed una donna preparati per svolgere questo compito.

Altro indicatore significativo riguarda la formazione dei Dirigenti scolastici sull’integrazione. Circa il 25% ha titolo di specializzazione ed ha frequentato corsi di formazione,mentre un altro 25% circa non ha nulla di tutto questo. Ciò spiega forse alcuni casi eclatanti di esclusione dal diritto alla qualità dell’integrazione, addebitabile a Dirigenti scolastici, per i quali il Ministero P I dovrebbe obbligatoriamente prevedere una specifica formazione giuridico-organizzativa in materia.

Quanto alla presenza di barriere architettoniche ben il 38,1% delle scuole statali edil 26,6% dichiara di non avere bagni accessibili.Inoltre circa un terzo delle scuole statali ed oltre la metà di quelle paritarie non risponde circa la domanda relativa alla presenza di ascensori, servoscala o montacarichi.Questi dati , di per sé assai preoccupanti, sono comunque meno allarmanti di quelli effettivamente riscontrati da ricerche specifiche su singoli territori, effettuate da Associazioni, come ad es. Cittadinanza Attiva.

INDICATORI DI PROCESSO

Il Rapporto non dice in quanti istituti scolastici sono stati istituiti i Gruppi di lavoro di istituto, struttura assai importante per gli orientamenti interistituzionali da fornire agli organi collegiali ed al Dirigente di ogni istituto (composti da rappresentanti delle famiglie e operatori scolastici e sociosanitari). Però evidenzia che solo nel 52% delle scuole statali e nel 18% delle non statali questo organismo funziona regolarmente.

Altro indicatore fondamentale per la corretta lettura dei bisogni e la personalizzazione puntuale e del Piano educativo individualizzato è la diagnosi funzionale. Orbene quasi la totalità delle scuole lamenta l’incompletezza di indicazioni significative chedovrebbero essere per legge rilasciate dalle AASSLL. Addirittura l’8% delle scuole statali ed il 14% di quelle paritarie dichiara di non ricevere tale documento. Quale possa essere la qualità dell’integrazione scolastica specie in questi casi risulta pleonastico chiederselo.

Ma anche nei casi in cui la diagnosi funzionale è consegnata, la tempestività del rilascio concomitante alla scadenza della data delle iscrizioni( Gennaio dell’anno precedente la
frequenza) riguarda solo il 37% delle scuole statali; ben il 43 % riceve la diagnosi appena entro Maggio, cioè in tempo utile per formulare la richiesta di sostegno in
organico di fatto e di risorse agli enti locali. Circa un quinto delle statali riceve il documento oltre tale data e quindi la richiesta di risorse per il PEI diviene allora assai problematica.

Quanto alla coralità di formulazione del PEI, richiesta dall’art 12 comma 5 L.n. 104/92 (tutti gli insegnanti, gli operatori sociosanitari che seguono il caso ed i genitori) solo nel 13% delle scuole statali la legge è rispettata. In quasi un terzo delle stesse il PEI è redatto dai soli docenti del Consiglio di classe e ben nel 9% è redatto dal solo docente per il sostegno. Se però si confrontano tali dati con quelli relativi alla formazione specifica dei docenti curricolari si rafforza il sospetto che anche in moltissimi casi in cui è dichiarata la partecipazione attiva dei docenti curricolari, in verità questi si limitino a ratificare quanto predisposto dal docente peril sostegno.

INDICATORI DI RISULTATO

Passando alle modalità di valutazione ed ai risultati, il 40% circa degli istituti usa esclusivamente prove differenziate, mentre il 30% le affianca ad altre prove.

Circa i risultati, emerge che nel 46,4% degli istituti gli alunni con disabilità viene promosso; però nel 4,4% degli istituti gli alunni con disabilità non conseguono il diploma di licenza media. Questa ultima rilevazione deve fare riflettere, poiché è ancora assai presente la convinzione che se tali alunni non sanno leggere, scrivere e far di conto , non possono conseguire il diploma, ma solo un attestato di frequenza; al contrario però l’lart 16 comma 2 della L.n. 104/92 indica che la valutazione deve registrare i “progressi” realizzati rispetto “ai livelli iniziali degli apprendimenti”, predisposti secondo un PEI calibrato sulle effettive capacità e potenzialità degli alunni. La cosa potrebbe aggravarsi nel prossimo anno scolastico, quando si applicherà la norma che reintroduce il giudizio di ammissione agli esami. In tal caso, se gli alunni non venissero ammessi agli esami, non potrebbero neppure conseguire l’attestato , rilasciato solo dalla commissione di esami,che è titolo idoneo per l’iscrizione alle scuole secondarie di secondo grado.

Quanto all’autovalutazione della qualità realizzata nelle scuole, svolta dai Gruppi di lavoro di istituto, essa è ancora assai poco diffusa, essendo effettuata solo dal 53,3% delle scuole statali e nel32,4% di quelle paritarie.

Inoltre circa i possibili livelli di tale autovalutazione, i risultati sono poco lusinghieri. Infatti considerando ottimale la situazione di quelle istituzioni che adottano
l’autovalutazione operata sia dal GLH d’istituto, che dal Gruppo di lavoro sui singoli casi, che dal Collegio dei docenti, si osserva che essa è presente solo in circa un quarto delle scuole statali, mentre è totalmente assente in un altro 25% circa, risultando realizzata solo da uno o due degli organismi citati nel restante 50%.

Passando ora all’autovalutazione delle risorse umane da parte delle scuole statali, queste risultano adeguate solo nel 15%, appena sufficienti nel 33,4% e scarse per circa il 50%. Migliore è la valutazione da parte delle scuole paritarie. C’è da chiedersi quanto influisca su tale valutazione la consapevolezza dei forti tagli alle scuole statali e l’incremento dei finanziamenti alle scuole non statali.

Quanto alla presenza di strumenti ed attrezzature, sono considerate adeguate solo per il 14,3% delle scuole statali , che invece le considerano appena sufficienti per il 33% e scarse per quasi il50%. E’ questo un ambito in cui la tecnologia può giovare molto; ma i tagli alla spesa pubblica creano gravi ostacoli.

Quanto alle strategie impiegate per l’integrazione , è preoccupante che il 48,6% delle scuole affronta come disabilità casi di disagio e difficoltà comportamentali. E’ questa un’ulteriore riprova dell’inadeguata formazione ed aggiornamento dei docenti curricolari circa le problematiche della diversità che crescono sempre di più nella scuola.

Molto importante è la percezione dei cambiamenti nella didattica verificatisi a seguito dell’integrazione scolastica. Le scuole statali dichiarano per il 45,7% che è cambiata l’impostazione della tradizionale lezione frontale, mentre ciò è dichiarato dal 31,8% di quelle non statali. Modifiche complessivamente interessanti sono dichiarate dal 26% delle scuole statali edal 28,9% da quelle non statali. Non è invece cambiato nulla per il 25,6% delle scuole statali e per il 33% delle paritarie.

Questo ultimo dato è assai preoccupante, perché ad oltre trentasei anni dalla L.n. 118/71, che avviò in Italia il processo d’integrazione, ancora oltre un quarto delle scuole primarie italiane non ha tratto alcun vantaggio dall’integrazione che quindi continuerà a svolgere in modo routinario, burocratico e privo di qualità alcuna.

In conclusione, il quadro che ci presenta questa ricerca, se ci rassicura circa l’incidenza positiva avuta dall’integrazione scolastica nella maggioranza delle scuole italiane, suona un forte campanello d’allarme per quanto rimane ancora da fare per rimuovere inadeguatezze, superficialità ed incongruenze del sistema nel suo complesso. Ormai nessuno può più dire che ancora non abbiamo dati attendibili di valutazione, né può trincerarsi dietro rinvii per conoscere meglio la situazione. La situazione è sufficientemente chiara nelle sue luci, che pur ci sono e nelle sue ombre che sono ancora tante ed alle quali ancora non si pone dai Responsabili la dovuta attenzione, malgrado le insistenti sollecitazioni delle Associazioni, specie della F I S H, Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap.

Ritengo indispensabile entro un triennio, una nuova rilevazione ufficiale, per verificare se si è tenuto conto dalla classe politica dei problemi qui sollevati e vi si è posto il dovuto rimedio.


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