LA PRIMA RICERCA DELL’INVALSI SUGLI INDICATORI DI QUALITA’
DELL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA
di Salvatore Nocera
Non potendo partecipare ai lavori dell’appuntamento biennale col
seminario di Rimini sulla qualità dell’integrazione, cerco di
contribuire con questo mio scritto.
Durante la riunione dell’Osservatorio ministeriale sull’integrazione
scolastica, tenutasi nel Giugno scorso, è stato diffuso il rapporto
finale di una ricerca sulla qualità dell’integrazione scolastica
condotta dall’INVALSI per conto del Ministero della P.I. , su richiesta
delle associazioni presenti nell’Osservatorio. Trattasi di un rapporto
di oltre 100 pagine, corredato di numerose tabelle ed istogrammi che
forniscono una serie di indicazioni assai interessanti.
https://www.edscuola.it/archivio/handicap/sid.htm
http://www.invalsi.it/invalsi/download.php?page=risquestsistema
La ricerca si è svolta nell’a.s. 2005/06 ed ha coinvolto le scuole
statali e non statali di ogni ordine e grado. La rilevazione ha avuto un
carattere volontaristico e, ciò non ostante, ha risposto il 62% di tutte
le scuole . Però la partecipazione volontaria delle scuole di secondo
grado è stata esigua e quindi la ricerca riguarda solo le scuole
dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione che comunque hanno
risposto per circa il 60%. La ricerca è stata condotta con metodologia
scientifica dagli esperti dell’INVALSI, che hanno predisposto un
questionario sulla base delle indicazioni fornite dagli esperti delle
associazioni; il questionario è stato testato e validato e quindi i
risultati sono largamente attendibili.Il questionario si suddivide in
tre parti, ciascuna delle quali elenca alcuni descrittori sintomatici
della qualità dell’integrazione. La prima parte, composta di 9
descrittori, suddivisi talora in sottodescrittori, concerne gli
“indicatori” strutturali, cioè quei fatti e circostanze che
costituiscono le precondizioni per l’integrazione e debbono essere
presenti in ogni istituto, come ad es. numero di alunni per classe,
numero di docenti specializzati, eliminazione di barriere
architettoniche e sensopercettive etc. La seconda parte, composta da 6
descrittori, comprende “indicatori di processo”, cioè le modalità con
cui si svolge l’integrazione, come ad es. la formulazione del Piano
educativo individualizzato, l’accoglienza degli alunni con disabilità
nella classe etc.La terza parte costituita da quattro “indicatori di
risultato” fornisce indicazioni sulle modalità di valutazione dei
risultati annuali di integrazione non solo sotto il profilo degli
apprendimenti formalizzati, ma anche della crescita nella comunicazione,
nella socializzazione e nell’autonomia.
Riportiamo alcuni dei dati più significativi relativi a ciascun gruppo
di indicatori che offrono riflessioni preoccupanti,mentre
omettiamo di riferire dei risultati positivi, che pure emergono dalla
rilevazione in abbondanza.
INDICATORI STRUTTURALI
Colpiscono immediatamente alcuni dati sull’affollamento delle classi.
Infatti l’8% delle classi statali ha 25 alunni di cui però due con
disabilità ed il 5,3% delle scuole statali ed il 13% di quelle non
statali ha classi con più di 25 alunni con più di un alunno con
disabilità.
Questi dati sono preoccupanti e lo divengono ancor di più alla luce
della Circolare ministeriale n. 19/07 che ha consentito di raggiungere
il numero di 27 alunni di cui uno con disabilità e di 22 alunni di cui
più di uno con disabilità, senza l’obbligo di sdoppiamento delle
classi.In queste classi quindi questo indicatore strutturale denuncia
una mancanza di un presupposto fondamentale di qualità
dell’integrazione.
Altro indicatore che fa molto riflettere riguarda la percentuale di
docenti curricolari con una preparazione specifica ( specializzazione o
formazione). Fra gli istituti statali solo il 30% circa ha docenti
curricolari formati in misura del 5% del totale; il 21,3% ha fra il 6 ed
il 10% di docenti curricolari formati e solo il 13% arriva al 20% di
docenti curricolari formati ed il 4,6% supera dipoco tale percentuale; e
ben il 31,5% dichiara di non avere alcun docente curricolare con un
minimo di formazione specifica.
Fra le scuole non statali la situazione è drammatica, dal momento che
quasi il 68% dichiara di non aver alcun docente curricolare formato.
Inoltre circa nel 50% degli istituti statali e non statali nessun
docente curricolare ha seguito corsi di aggiornamento sull’integrazione
negli ultimi tre anni e solo un quarto delle scuole non statali ha il
20% dei docenti che li hanno frequentato; mentre la percentuale delle
scuole statali scende al 12%, senza però che si conosca l’entità del
numero dei docenti curricolari che hanno frequentato tali corsi.
Questi dati sono allarmanti. Infatti tanto meno i docenti curricolari
sono formati e tanto più sia dalle famiglie che dalle stesse scuole
cresce la richiesta di un maggior numero di ore di sostegno, che la
Magistratura ha concesso, pervenendo talora ad assegnare a singoli
alunni ore di sostegno per tutta la durata dell’orario scolastico.
Quest’anno però la situazione è divenuta drammatica, poiché c’è stato un
forte taglio nelle ore di sostegno e la mancanza di preparazione dei
docenti curricolari lascia allo sbando moltissimi alunni con disabilità.
Questo gruppo di indicatori segnala una assai scarsa qualità
dell’integrazione scolastica ed inoltre evidenzia l’inutilità di ingenti
spese statali per la formazione dei docenti curricolari, se questa
rimane, come previsto dal CCNL, rimessa alla scelta facoltativa dei
docenti. L’aggiornamento del personale è un fattore formidabile di
sviluppo di tutte le organizzazioni, mentre nella scuola esso continua a
rimanere un episodio opzionale, con tutto danno degli alunni con
disabilità e crescente delega dell’integrazione ai soli docenti di
sostegno.
Altro indicatore significativo è quello relativo alla tempestività di
nomina degli insegnanti per le attività di sostegno.
Purtroppo solo nel 6,9% degli istituti statali tali docenti sono
nominati tutti entro il primo mese dall’inizio delle lezioni, mentre nel
57,9 nessuno lo è. Sono questi dati assai preoccupanti, poiché
l’immediato contatto con il docente per il sostegno è un fattore
determinante per un buon avvio dell’anno scolastico, specie per gli
alunni con disabilità intellettiva.
In tali casi di ritardo è prevista la nomina di un supplente
“provvisorio in attesa dell’avente diritto”; ma questo rimedio può
palesarsi peggiore delmale, perché queste supplenze provvisorie durano
poche settimane e talora pochi giorni e crreano una grande confusione
nella mente degli alunni che, dopo essere entrati in sintonia con un
docente, di colpo cambiano figura di riferimento, con la conseguenza
talora del rifiuto di continuare a frequentare la scuola. Inoltre c’è da
riflettere sull’efficacia e l’utilità di questa spesa.
La conferma di quanto detto si ha analizzando l’indicatore della
continuità didattica. Infatti il 3,7% degli alunni delle scuole statali
cambia insegnante per il sostegno più volte nello stesso anno; per il
38,8 i docenti sono cambiati ogni anno e solo il 28,9 sono rimasti gli
stessi per due anni consecutivi e solo per il 28,6 sono rimasti gli
stessi per l’intero ciclo di studi.
La situazione è decisamente migliore nelle scuole non statali dove nel
43,2% degli istituti gli alunni hanno l’ìnsegnante per tutto il ciclo ed
nel 44,1% per almeno due anni.
La discontinuità didattica, malgrado le solenni affermazioni dell’art 14
L.n. 104/92 e delle leggi successive, è il cancro che rode dal didentro
la qualità dell’integrazione, poiché autodistrugge quello che
annualmente si riesce a realizzare. Anche le recentissime immissioni in
ruolo attenuano di poco il problema. Infatti esse non riescono ad
eliminare comunque il precariato del sostegno e comunque i docenti di
ruolo possono dopo cinque anni di sostegno tornare su cattedra comune.
Solo un serio accordo fra Ministero e Sindacati in una visione globale
della qualità può rimuovere questa radicale disfunzione.
E’ stato proposto da più parti la costituzione di un’apposita classe di
concorso peril sostegno; ma tale soluzione distacca ulteriormente i
docenti per il sostegno dal resto dei colleghi curricolari, non
impedisce i passaggi ai ruoli ordinari e taluni vorrebbero lasciare per
essa in vita il diritto di passaggio su cattedra comune dopo il
quinquennio.
Occorre incentivare, non economicamente, la permanenza dei docenti di
ruolo su sostegno per un maggior numero di anni e rendere più lunghi (
per almeno un intero ciclo) gli incarichi annuali.
Altro indicatore interessante riguarda l’assistenza per l’autonomia e la
comunicazione che è stata assicurata per il 19,1% nelle scuole statali e
per il 27,8 in quelle non statali.
L’assistenza igienica è invece stata assicurata per il 12,8 % nelle
statali e per il 6% in quelle paritarie . Questi dati riguardano gli
alunni con minore autonomia e da indagini delle associazioni dei
familiari risulta che i bisogni insoddisfatti sono ben maggiori.
Comunque la situazione si è certamente aggravata nell’a.s. 2007/08, dati
i drastici tagli, imposti dal Governo, alle spese del ministero P I e
degli Enti locali, rispettivamente competenti per la fornitura di
collaboratori e collaboratrici scolastiche per l’assistenza igienica e
per la fornitura di assistenti per l’autonomia e la comunicazione.
Inoltre la situazione è talora resa drammatica per l’assistenza
igienica, dal momento che, malgrado la nota min prot. n. 3390/01 ed il
CCNL del 2003 ( art 47,48 ed allegato A) alcuni sindacati autonomi
istigano i collaboratori scolastici a non prestare tale assistenza, pur
essendo prevista per tale mansione un compenso aggiuntivo che è
pensionabile. Quanto alla formazione dei collaboratori scolastici ben il
55,1% delle scuole sttatali haalmeno un collaboratore formato e l’11,4%
li ha tutti formati in base a corsi specifici. Per converso il 44,9% e
la quasi totalità di quelle paritarie non hanno personale preparato.La
ricerca non affronta il delicatissimo problema del genere, poiché non
sempre nella stessa scuola si trova almeno un maschio ed una donna
preparati per svolgere questo compito.
Altro indicatore significativo riguarda la formazione dei Dirigenti
scolastici sull’integrazione. Circa il 25% ha titolo di specializzazione
ed ha frequentato corsi di formazione,mentre un altro 25% circa non ha
nulla di tutto questo. Ciò spiega forse alcuni casi eclatanti di
esclusione dal diritto alla qualità dell’integrazione, addebitabile a
Dirigenti scolastici, per i quali il Ministero P I dovrebbe
obbligatoriamente prevedere una specifica formazione
giuridico-organizzativa in materia.
Quanto alla presenza di barriere architettoniche ben il 38,1% delle
scuole statali edil 26,6% dichiara di non avere bagni
accessibili.Inoltre circa un terzo delle scuole statali ed oltre la metà
di quelle paritarie non risponde circa la domanda relativa alla presenza
di ascensori, servoscala o montacarichi.Questi dati , di per sé assai
preoccupanti, sono comunque meno allarmanti di quelli effettivamente
riscontrati da ricerche specifiche su singoli territori, effettuate da
Associazioni, come ad es. Cittadinanza Attiva.
INDICATORI DI PROCESSO
Il Rapporto non dice in quanti istituti scolastici sono stati istituiti
i Gruppi di lavoro di istituto, struttura assai importante per gli
orientamenti interistituzionali da fornire agli organi collegiali ed al
Dirigente di ogni istituto (composti da rappresentanti delle famiglie e
operatori scolastici e sociosanitari). Però evidenzia che solo nel 52%
delle scuole statali e nel 18% delle non statali questo organismo
funziona regolarmente.
Altro indicatore fondamentale per la corretta lettura dei bisogni e la
personalizzazione puntuale e del Piano educativo individualizzato è la
diagnosi funzionale. Orbene quasi la totalità delle scuole lamenta
l’incompletezza di indicazioni significative chedovrebbero essere per
legge rilasciate dalle AASSLL. Addirittura l’8% delle scuole statali ed
il 14% di quelle paritarie dichiara di non ricevere tale documento.
Quale possa essere la qualità dell’integrazione scolastica specie in
questi casi risulta pleonastico chiederselo.
Ma anche nei casi in cui la diagnosi funzionale è consegnata, la
tempestività del rilascio concomitante alla scadenza della data delle
iscrizioni( Gennaio dell’anno precedente la
frequenza) riguarda solo il 37% delle scuole statali; ben il 43 % riceve
la diagnosi appena entro Maggio, cioè in tempo utile per formulare la
richiesta di sostegno in
organico di fatto e di risorse agli enti locali. Circa un quinto delle
statali riceve il documento oltre tale data e quindi la richiesta di
risorse per il PEI diviene allora assai problematica.
Quanto alla coralità di formulazione del PEI, richiesta dall’art 12
comma 5 L.n. 104/92 (tutti gli insegnanti, gli operatori sociosanitari
che seguono il caso ed i genitori) solo nel 13% delle scuole statali la
legge è rispettata. In quasi un terzo delle stesse il PEI è redatto dai
soli docenti del Consiglio di classe e ben nel 9% è redatto dal solo
docente per il sostegno. Se però si confrontano tali dati con quelli
relativi alla formazione specifica dei docenti curricolari si rafforza
il sospetto che anche in moltissimi casi in cui è dichiarata la
partecipazione attiva dei docenti curricolari, in verità questi si
limitino a ratificare quanto predisposto dal docente peril sostegno.
INDICATORI DI RISULTATO
Passando alle modalità di valutazione ed ai risultati, il 40% circa
degli istituti usa esclusivamente prove differenziate, mentre il 30% le
affianca ad altre prove.
Circa i risultati, emerge che nel 46,4% degli istituti gli alunni con
disabilità viene promosso; però nel 4,4% degli istituti gli alunni con
disabilità non conseguono il diploma di licenza media. Questa ultima
rilevazione deve fare riflettere, poiché è ancora assai presente la
convinzione che se tali alunni non sanno leggere, scrivere e far di
conto , non possono conseguire il diploma, ma solo un attestato di
frequenza; al contrario però l’lart 16 comma 2 della L.n. 104/92 indica
che la valutazione deve registrare i “progressi” realizzati rispetto “ai
livelli iniziali degli apprendimenti”, predisposti secondo un PEI
calibrato sulle effettive capacità e potenzialità degli alunni. La cosa
potrebbe aggravarsi nel prossimo anno scolastico, quando si applicherà
la norma che reintroduce il giudizio di ammissione agli esami. In tal
caso, se gli alunni non venissero ammessi agli esami, non potrebbero
neppure conseguire l’attestato , rilasciato solo dalla commissione di
esami,che è titolo idoneo per l’iscrizione alle scuole secondarie di
secondo grado.
Quanto all’autovalutazione della qualità realizzata nelle scuole, svolta
dai Gruppi di lavoro di istituto, essa è ancora assai poco diffusa,
essendo effettuata solo dal 53,3% delle scuole statali e nel32,4% di
quelle paritarie.
Inoltre circa i possibili livelli di tale autovalutazione, i risultati
sono poco lusinghieri. Infatti considerando ottimale la situazione di
quelle istituzioni che adottano
l’autovalutazione operata sia dal GLH d’istituto, che dal Gruppo di
lavoro sui singoli casi, che dal Collegio dei docenti, si osserva che
essa è presente solo in circa un quarto delle scuole statali, mentre è
totalmente assente in un altro 25% circa, risultando realizzata solo da
uno o due degli organismi citati nel restante 50%.
Passando ora all’autovalutazione delle risorse umane da parte delle
scuole statali, queste risultano adeguate solo nel 15%, appena
sufficienti nel 33,4% e scarse per circa il 50%. Migliore è la
valutazione da parte delle scuole paritarie. C’è da chiedersi quanto
influisca su tale valutazione la consapevolezza dei forti tagli alle
scuole statali e l’incremento dei finanziamenti alle scuole non statali.
Quanto alla presenza di strumenti ed attrezzature, sono considerate
adeguate solo per il 14,3% delle scuole statali , che invece le
considerano appena sufficienti per il 33% e scarse per quasi il50%. E’
questo un ambito in cui la tecnologia può giovare molto; ma i tagli alla
spesa pubblica creano gravi ostacoli.
Quanto alle strategie impiegate per l’integrazione , è preoccupante che
il 48,6% delle scuole affronta come disabilità casi di disagio e
difficoltà comportamentali. E’ questa un’ulteriore riprova
dell’inadeguata formazione ed aggiornamento dei docenti curricolari
circa le problematiche della diversità che crescono sempre di più nella
scuola.
Molto importante è la percezione dei cambiamenti nella didattica
verificatisi a seguito dell’integrazione scolastica. Le scuole statali
dichiarano per il 45,7% che è cambiata l’impostazione della tradizionale
lezione frontale, mentre ciò è dichiarato dal 31,8% di quelle non
statali. Modifiche complessivamente interessanti sono dichiarate dal 26%
delle scuole statali edal 28,9% da quelle non statali. Non è invece
cambiato nulla per il 25,6% delle scuole statali e per il 33% delle
paritarie.
Questo ultimo dato è assai preoccupante, perché ad oltre trentasei anni
dalla L.n. 118/71, che avviò in Italia il processo d’integrazione,
ancora oltre un quarto delle scuole primarie italiane non ha tratto
alcun vantaggio dall’integrazione che quindi continuerà a svolgere in
modo routinario, burocratico e privo di qualità alcuna.
In conclusione, il quadro che ci presenta questa ricerca, se ci
rassicura circa l’incidenza positiva avuta dall’integrazione scolastica
nella maggioranza delle scuole italiane, suona un forte campanello
d’allarme per quanto rimane ancora da fare per rimuovere inadeguatezze,
superficialità ed incongruenze del sistema nel suo complesso. Ormai
nessuno può più dire che ancora non abbiamo dati attendibili di
valutazione, né può trincerarsi dietro rinvii per conoscere meglio la
situazione. La situazione è sufficientemente chiara nelle sue luci, che
pur ci sono e nelle sue ombre che sono ancora tante ed alle quali ancora
non si pone dai Responsabili la dovuta attenzione, malgrado le
insistenti sollecitazioni delle Associazioni, specie della F I S H,
Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap.
Ritengo indispensabile entro un triennio, una nuova rilevazione
ufficiale, per verificare se si è tenuto conto dalla classe politica dei
problemi qui sollevati e vi si è posto il dovuto rimedio. |