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Quel ragazzo ritardato Una volta veniva chiamato imbecille o idiota. Oggi si usano termini diversi: disabilità mentale, oligofrenia, ritardo mentale, ma ricorda che non esiste una precisa definizione di disabilità intellettiva per tutti e, soprattutto, valida per ogni periodo storico e per ogni paese.
Bambini di differenti epoche storiche
hanno evidenziato, alla Prima del secolo appena trascorso non si parlava di ritardo, non ne esisteva neppure il concetto, come non esisteva la misurazione dell’intelligenza, il famoso quoziente intellettivo (QI) che avrebbe la pretesa (falsa e presuntuosa) di misurare la quantità di intelligenza che ciascuno di noi possiede. E, fino a non molti anni fa, gli studiosi ritenevano che gran parte delle forme patologiche caratterizzate da <<ritardo mentale>> fossero irrecuperabili dal punto di vista cognitivo. Se oggi i bambini con ritardo mentale traggono benefici non indifferenti dal frequentare scuole comuni, ciò si deve agli studiosi di psicologia sperimentale che non considerano il ritardo come una forma di comportamento limitato, a cui ha contribuito l’ambiente in cui ha vissuto il soggetto.
Fra gli eventi capaci di indurre un
certo grado di ritardo mentale In altre parole il ritardo non è solo causato dal danno organico che avrebbe <<distrutto>> nella sua mente idee, conoscenze, processi, operazioni, funzioni, memoria, ma anche dal fatto che quel danno biologico non gli ha permesso di attuare esperienze specifiche che, nel tempo, lo avrebbero condotto a elaborare contenuti, idee, concetti, apprendimenti.
Per dimostrare ciò non c’è
bisogno di ricorrere a esemplificazio- Si consideri il caso di due bambini con un’analoga lesione cerebrale: come mai uno è del tutto incapace di fare operazioni logico-matematiche, mentre l’altro eccelle proprio in esse? Ma in questo caso non credo interessi approfondire le classificazioni concettuali. A te interessa sapere come devi comportarti concretamente con questi ragazzi comunemente definiti con disabilità mentale. Vorrei fornire alcuni suggerimenti, molti dei quali sanno di già sentito. Poco male: repetia invant, dicono quelli che masticano il latino. La ripetizione aiuta a memorizzare, aiuta a operare il cambiamento di atteggiamento.
Spezza i tuoi discorsi in un diagramma di flusso. Cos’è un diagramma di flusso? Lo usi tutti i giorni con il tuo cellulare: 1. Aprire il cellulare. 2. Andare su menu. 3. Pigiare 4. Scendere con il cursore fino alla voce <<rubrica>>. 5. Pigiare. 6. Scendere dalla a fino alla lettera iniziale del nome che ti interessa: poniamo sia Maria. 7. Pigia le lettere m, a, r… 8. Ti apparirà: Maria 9. Chiamare? 10. Ok. Si fa più presto a farlo che a dirlo. Non per tutti. L’automatismo a volte, come nel caso del ragazzo che hai davanti, è una conquista.
Se una mattina arriva, entra normalmente, saluta (al suo saluto hai sempre risposto con un altro saluto sorridente), ma poi getta per terra il cappotto e corre via, tu devi dirgli che non ci si comporta così. Se lui sembra non aver recepito il rimprovero, non punirlo costringendolo <<fisicamente>> a raccattare il cappotto ed appenderlo. Qualora il mattino successivo dovesse ripetere lo stesso comportamento, non salutarlo e soprattutto non sorridergli. A quel sorriso rassicurante tiene tanto. Forse ti chiederà perché non gli sorridi più. Digli che è per il cappotto. Capirà, anche se non immediatamente. E ritornerà ad appenderlo. Anche se non subito.
Per chi suono la
campanella?
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