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Philip Zimbardo (2008; 2007) fece uno studio, diversi anni fa, attraverso una simulazione – va sottolineato che a tutti i partecipanti era noto che era una vicenda simulata, in un contesto simulato – in un ambiente penitenziario. Lo fece come sanno farlo gli statunitensi che hanno grandi fondi a disposizione: costruì all’interno di una università un ambiente carcerario talmente realistico che poteva essere scambiato per un carcere vero. Coinvolse quindi delle persone tranquille, che non avevano assolutamente nessuna storia precedente che le potesse segnalare come in qualche modo disturbate e formò, casualmente, due gruppi, uno di persone che entravano nella parte di detenuti e l’altro di persone che entravano nella parte di guardie carcerarie. Dopo qualche tempo, sospese l’esperimento, accorgendosi che la situazione degenerava e i detenuti subivano angherie, ingiustizie, crudeltà inaudite da parte di quelli che erano entrati nella parte di guardie carcerarie. Il tutto era finto e tutti sapevano che era finto, ma erano tutti talmente calati nella parte da ritenere utile, per l’esperimento e per la parte che interpretavano, assumerne tali caratteristiche. Zimbardo sospese l’esperimento e non diede seguito alla pubblicazione dei risultati, anche perché ne era rimasto colpito e spaventato. Ma passati diversi anni si accorse che era utile riordinare i materiali e pubblicare quella ricerca, perché il mondo viveva le degenerazioni di guerre in cui persone miti e tranquille, per il solo fatto di indossare una divisa, in contesti simulati e a maggior ragione in situazioni belliche, assumevano condotte e comportamenti di una crudeltà impensabile. Abbiamo saputo tutto attraverso documentazioni “ingenue”, fotografie e riprese con telefonini fatte per gli amici e finite a giornali. Erano soldati – uomini, donne – di leva, che vivevano abitualmente una vita civile molto comune ed erano capitati in un contesto di guerra per uno stipendio maggiorato e non certo per scelte bellicistiche e bellicose. Il libro di Zimbardo è stato tradotto in italiano nel 2008, un anno dopo l’edizione statunitense. Anni prima, il lettore italiano aveva potuto leggere il libro di Stanley Milgram (1978;1974) che, a suo tempo, ebbe una larga risonanza. Milgram, come Zimbardo, organizzò un’esperienza simulata. I partecipanti, anche questi scelti con il parametro della più tranquilla normalità, non erano al corrente che il soggetto, in una cabina di vetro, era un attore; non sapevano che le scosse elettriche sempre più intense ad ogni risposta sbagliata alle domande che ciascun partecipante poneva, erano scariche inesistenti e l’attore simulava un dolore sempre più forte, fino a simulare uno svenimento; i partecipanti ritenevano che tutto fosse vero, ma insistevano, ubbidendo alle richieste di quella che ritenevano fosse una sperimentazione scientifica. in base a quella, non esitarono a mostrarsi capaci di far soffrire, e quindi di essere crudeli. Nel 1968 era stato pubblicato il libro di don Lorenzo Milani, L’obbedienza non è più una virtù. Nel 2008 è stata pubblicata la traduzione italiana del libro di Svetlana Broz che raccoglie, in 456 pagine, le testimonianze di chi ha avuto il coraggio civile di ribellarsi a ordini ingiusti che costituivano la guerra nella ex Jugoslavia, mostrando, nella quotidianità della propria vita, di saper essere capace di aiutare chi avrebbe dovuto essere nemico, perchè del gruppo culturale (qualcuno dice, sbagliando, “etnico”…) avversario. * * * Queste fonti permettono qualche riflessione sui compiti formativi che hanno coloro che sono già cresciuti nei confronti di chi sta crescendo, con le sue caratteristiche, con possibilità e limiti. Una interpretazione dei compiti formativi può esprimersi, azzardando una sintesi: educare a cercare la verità in ogni avvenimento. Non è facile. Esige una certa diffidenza nei confronti di alcune semplificazioni, che possono venir desunte proprio dalle fonti citate, che sono innocenti e non hanno colpe. Le semplificazioni potrebbero portare a dire che bisogna obbedire o che bisogna disobbedire. Non è così. Dobbiamo capire che è importante evitare di ritenersi incapaci di violenza nei confronti degli altri, soprattutto quando sono “diversi”. Non siamo garantiti. I protagonisti delle ricerche di Milgram e di Zimbardo erano persone che, sinceramente, si ritenevano lontane dal poter agire con crudeltà. E alcuni individui che occupano ruoli politici ed esercitano responsabilità, sono sicuramente convinti di essere lontani dal voler agire con crudeltà. Sentono di dover assicurare alla popolazione, e anche a chi sta crescendo, maggior sicurezza, più ordine e indurre a comportamenti disciplinati. Ritengono di dover prendere decisioni che vadano in quel senso e che, possibilmente, siano visibili e si potrebbe anche dire “spettacolari”. E proprio le ricerche di Milgram e di Zimbardo possono spiegare che bastano decisioni più spettacolari che sostanziose per creare cambiamenti di grande entità. Non sono, quindi, decisioni da sottovalutare e considerare come esclusivamente decorative. Prendiamo le vicende della nostra situazione derivata dalle scelte della Pubblica Istruzione con gli annunci di decisioni dichiarate come utili e da prendere quali quelle di far sì che tutti i bambini e le bambine che frequentano la scuola abbiano i grembiuli e sia ripristinato il 7 in condotta. Richiamano le vicende delle ricerche di Milgram e di Zimbardo. Si tratta di piccoli elementi che per qualcuno potrebbero essere trascurabili; ma non è così. Intanto hanno fatto sì che ci fosse la sensazione che il Ministro della Pubblica Istruzione facesse un’operazione attenta, cioè immettesse la parola ‘ordine’ al centro di un prodotto educativo. E sappiamo come i grandi mezzi di comunicazione abbiamo disposto il grande pubblico a considerare la scuola un mondo disordinato e inefficiente, bisognoso quindi di decisioni che indichino netti cambiamenti di rotta. Dobbiamo riflettere: una piccola decorazione -.grembiuli - e il 7 in condotta possono entrare in una dinamica e diventare segnali di una dinamica che porta lontano e che ha dei contorni. I contorni, in queste scelte così apparentemente innocue e ristrette all’ambito della scuola, sono il conflitto d’interesse; l’immunità e quindi l’irresponsabilità per le “alte cariche dello stato”; la possibilità che un ministro della Repubblica insulti la Costituzione e la bandiera italiana e per questo non sia toccato da nessuno se non da commenti ritenuti anche eccessivi, e la possibilità quindi chesia considerato come un simpatico intemperante che gode dell’appoggio di una comunità organizzata e che ha avuto ampi appoggi elettorali, grazie ai quali ha assunto responsabilità che stanno insieme ad un atteggiamento irresponsabile… lo stesso personaggio non manca di esprimere giudizi sulla scuola, anche in contrasto con il ministro della Pubblica Istruzione, che pure è parte del governo cui lui stesso appartiene. Ma sembra che abbia una sorta di diritto alla perdita di controllo. Assumendo il compito di cercare la verità in ogni avvenimento, bisogna lavorare anche sulla memoria. E la memoria ci può portare a ricordare come quello stesso personaggio fosse sinceramente sostenitore di Milosevic e delle sue scelte belliche, che lo isolavano da molta parte delle formazioni politiche europee. Ma anche allora, la responsabilità irresponsabile fece apparire questi personaggi come pittoreschi e non di più. E permette loro, in generale, il continuo insulto alla Costituzione. Per chi si occupa di educazione questo è un segnale quanto mai preoccupante. Permette di allontanare la possibilità che il senso di responsabilità sia proporzionale al ruolo che il singolo occupa. In un gruppo-classe – ci dicono coloro che si occupano in genere di guidare una classe si può chiedere ad un bambino o a una bambina di essere responsabile, e tanto più sono responsabili tanto più hanno compiti rilevanti nella organizzazione della classe. Ma un bambino, una bambina, che vivono in un ambiente culturale quale quello di questo nostro paese – al di là delle dichiarazioni – dovrebbe andare in senso contrario a ciò che, per esempio, vede alla televisione. Deve avere una grande forza di carattere, quel bambino o quella bambina, per andare contro corrente. * * *
Faccio parte di un gruppo di studiosi che si occupa soprattutto di chi ha “bisogni speciali”. Ci occupiamo più specificamente di accoglienza, delle diversità chiamate disabilità. Queste non possono essere dissociate da una possibilità di accoglienza di altre diversità. Non posso ignorare le indicazioni date nei confronti degli stranieri. In particolare le indicazioni date nei confronti di coloro che non sono stranieri; sono zingari, Rom o Sinti. La copertura un po’ ipocrita contenuta nella dichiarazione che dice che, ai bambini e alle bambine viene presa l’impronta digitale per poterli meglio inserire nella scuola, peggiora la decisione. Il modo con cui trattiamo un bambino, una bambina, è decisivo per capire che cosa si intende per ‘andare a scuola’. Temo che non sia il modo giusto perché considera lo studio soprattutto uno strumento di controllo del comportamento sociale. E altri elementi non mi sembrano rassicuranti. Paradossalmente, mi rassicura molto poco il fatto, ad esempio, la decisione di dare sicurezza alla popolazione e attenuare gli allarmi sociali attraverso l’uso dell’esercito o attraverso il maggior potere ai sindaci. Decisioni come queste hanno due conseguenze che ostacolano il compito della ricerca della verità in ogni avvenimento. Oltre a creare confusione nei ruoli istituzionali, sembrano unicamente rispondere alle rappresentazioni sociali della realtà, trascurando l’accertamento della loro corrispondenza con la realtà. Così si alimenta l’idea che la popolazione italiana sia minacciata dal popolo degli zingari, nascondendo la realtà dei numeri – gli zingari, in Italia, sono 160 mila; dunque un numero contenuto e che non può rappresentare una minaccia. La disinformazione si accompagna con un allarme sociale, fuori luogo sotto certi aspetti. Le decisioni che riguardano le università (il turn over ridotto a 2 che entrano per 10 che escono…) avvierebbero alla morte le università pubbliche… Questo è il contorno a grebiulini e 7 in condotta. Fa pensare alla ricerca di Zimbardo e alla sorpresa che provò a suo tempo, accompagnata da una paura preoccupata. Non dovremmo preoccuparci anche noi? * * * Nella presentazione italiana della ricerca di Philip Zimbardo, Roberto Escobar cita Zygmunt Bauman (2004, p. 46). “Si potrebbe dire che tutto ciò dipende dalla particella ‘no’, presente in tutte le lingue che gli uomini […] dopotutto e forse prima di tutto la moralità riguarda la scelta “ Saper dire no, saper disobbedire, e sapere quando obbedire e quando no, conservare, o far crescere, “eroicamente questa capacità, l’unica che ci consenta di decidere e scegliere: questo ci serve per sfuggire all’effetto Lucifero” (R. Escobar, in Ph. Zimbardo, 2008, p. XXI). Sono convinto che nella scuola ci siano molti insegnanti capaci di sfuggire all’effetto Lucifero.
* * * Faccio parte dell’Osservatorio del Ministero della Pubblica Istruzione per l’integrazione scolastica nominato dal Ministro Fioroni e coordinato dalla Sottosegretaria Letizia De Torre e dal collega Italo Fiorin. Ero già stato nell’Osservatorio nominato dal Ministro Luigi Berlinguer, e coordinato, oltre che dalla Sottosegretaria Albertina Soliani, da Sergio Neri e Raffaele Iosa. Ricordo che l’Osservatorio non è una concessione del Ministro in carica, ma un atto dovuto e previsto dal D.L. 16/4/1994 n. 297; vista la legge %/2/1992 n. 104 legge-quadro sull'handicap - sui diritti delle persone in situazione di handicap e, in particolare, gli artt. 1, 2, 5, 8 da 12 a 17 e 43; visto il D.P.R. n. 275 dell'8/3/1999, concernente il Regolamento dell'autonomia delle istituzioni scolastiche che prevede, all'art. 4, l'attivazione di percorsi didattici individualizzati anche in relazione agli alunni in situazione di handicap. Ricordo che il verbale della riunione del 21.09.2006, diceva: “L’On.le Ministro Giuseppe Fioroni ringrazia i presenti per la partecipazione e comunica gli obiettivi che intende perseguire a breve e medio termine, sottolineando in particolare i seguenti aspetti: · Superamento del rapporto 1/138 anche, se per il momento, non è possibile azzerare la situazione esistente. · Ripensamento del sistema delle certificazioni e dell’ assegnazione del docente in relazione al contenuto delle stesse. · Formazione degli insegnanti di sostegno e degli insegnanti curriculari, che devono operare in sinergia. L’appartenenza alla tipologia del sostegno non deve essere considerata come mezzo con il quale ottenere un più rapido scorrimento nella graduatoria. Occorre favorire la vocazione per scelta. Occorre privilegiare una formazione con elementi di specificità. · Continuità: è possibile pensare al turn over degli insegnanti solo dopo aver garantito la continuità. · Promozione di incontri con gli EE.LL. per valutare l’incidenza dei possibili tagli in materia di disabilità, individuare le competenze, le figure professionali necessarie, sancire di chi siano gli obblighi, quali quelli a carico dei comuni e quali afferenti alla scuola ed in particolare quelli riguardanti la figura professionale degli A.T.A. · Sulla base dell’analisi dei bisogni, assicurare i livelli minimi di integrazione anche attraverso il superamento del patto di stabilità nel campo integrazione.” Questi punti ci e mi hanno impegnato e sarei pronto a impegnarmi ancora. Ma esaminandone la coerenza con il quadro generale, il rispetto non formale della nostra Costituzione: non ritenendo possibile che i diritti di un disabile possano convivere con i soprusi nei confronti di un non disabile, magari zingaro. Al termine della mia prima esperienza di Osservatorio, quando Letizia Moratti divenne ministro di un’Istruzione che non era più Pubblica, i componenti dell’Osservatorio fra cui ero anch’io seppero tacitamente che altri venivano nominati in un nuovo Osservatorio, e dovettero tacitamente capire che erano stati sostituiti. Non vorrei che ciò si ripetesse o che assumesse la nuova veste di un Osservatorio che rimane ma non opera. Ritengo che sarebbe sbagliato tacere. Per questo comincio a riflettere su grembiulini e 7 in condotta, e possibile rischio di effetto Lucifero. Note bibliografiche. Ph: ZIMBARDO (2008;2007), L’effetto Lucifero. Cattivi si diventa?, Milano, Raffaele Cortina. S. MILGRAM (1975; 1974), Obbedienza all’autorità. Il celebre esperimento di Yale sul conflitto tra disciplina e coscienza, Milano, Bompiani. L. MILANI (1968), L’obbedienza non è più una virtù, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina. S. BROZ (2008; 1999), I giusti nel tempo del male. Testimonianze dal conflitto bosniaco, Erickson, Gardolo di Trento. Z. BAUMAN, K.TESTER 82007), Società, etica, politica. Conversazione con Zygmunt Barman, Milano, Raffaele Cortina
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