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Comunità di S. Egidio: ''La storia di Sergio Piscitello è drammatica, per l’intreccio di disperazione e di solitudine''

"La storia di Sergio Piscitello è drammatica. E’ drammatica per l’intreccio di disperazione e di solitudine che accompagna il mistero di una violenza estrema che non è frutto di rabbia o di odio ma che ha radice in una cura e in un affetto profondi che non hanno saputo trovare vie praticabili per la speranza di un futuro dignitoso". Lo afferma in un comunicato la Comunità di Sant'Egidio, dopo la vicenda di cronaca dei giorni scorsi, che ha visto il padre Salvatore uccidere il figlio Sergio, disabile, nella loro casa romana.

"E’ una vicenda drammatica ma non è la storia privata del dramma della famiglia Piscitello. L’handicap è un dramma che troppe volte ci si trova a vivere da soli, senza mezzi, con pochi sostegni e in una società che dell’handicap ha paura o sembra non interessarsi", prosegue Sant'Egidio, precisando che la disabilità, l’handicap non è una "questione privata". E’ proprio la "privatezza" che "aumenta l’isolamento e che trasforma troppe volte difficoltà autentiche, che sono parte della vita, in difficoltà insormontabili e che diventano premessa della negazione della vita". "La vita di chi è disabile è complessa e aggiunge complessità alla vita di chi disabile non è e sta accanto. La famiglia è troppo spesso lasciata sola nelle scelte difficili, che diventano più difficili quando aumentano gli anni e non si vedono soluzioni per i propri figli non autosufficienti quando si è più vecchi - afferma ancora la Comunità -. Non c’è da giustificare ma c’è da capire. La vita ha sempre un grande valore e una dignità e potenzialità straordinarie anche quando è oppressa, umiliata, appesantita dal bisogno, e sembra davvero già poca. Non è mai non-vita, è sempre vita, anche se a volte può, superficialmente, sembrarlo. La disperazione e i gesti disperati non possono essere l’ultima parola. Ma proprio per questo non si possono lasciare sole le famiglie a gestire problemi a volte troppo complessi, con carichi di sofferenza, dubbi, incertezze, fatica di vivere che possono diventare schiaccianti".

La Comunità di Sant'Egidio propone quindi "a ciascuno, a tutti, di fermarsi un attimo a pensare e di non allontanare il dramma della famiglia di Sergio Piscitello come se fosse un atto di follia che riguarda solo loro. Perché la disperazione non sia l’ultima parola occorre creare una rete di protezione per chi vive il dramma della malattia nella propria vita o nella propria casa. E’ una rete che ha bisogno di tutti, di tante maglie con nomi e ruoli diversi: famiglia, vicini, simpatia attorno, servizi sociali, istituzioni, società civile nel suo complesso, in un clima mutato. Questa rete di protezione e di solidarietà è il contrario dell’indifferenza e della solitudine in cui si è quasi sempre lasciati quando un problema è troppo grande. E’ responsabilità dei servizi sociali ma anche di ognuno di noi e di un clima, amichevole, da creare. Non si scioglie l’handicap, ma anche il più pesante diventa più sopportabile".


Roma, forse una lite alla base della tragedia. La vittima, 39 anni, sordomuto, colpito da due colpi di pistola dal genitore 76enne
Padre uccide figlio con disturbi psichici

ROMA - Forse l'ennesima lite, forse la disperazione, hanno portato un uomo di 76 anni, medico in pensione, a uccidere a colpi di pistola il figlio 39enne, sordomuto dalla nascita e con problemi psichici. E' accaduto stasera a Roma, nell'appartamento dove padre e figlio abitavano, nel quartiere Africano. Dopo l'omicidio, l'uomo, Salvatore Piscitello, ha chiamato i carabinieri autodenunciandosi per l'assassinio del figlio Sergio.

Secondo le prime ricostruzioni, la tragedia è scattata dopo una lite, forse scatenata da una crisi di urla di cui, dicono i vicini della famiglia, il 39enne era spesso soggetto. Dopo lo scontro verbale col padre, il figlio avrebbe preso dei calmanti e sarebbe andato a dormire. A quel punto l'anziano uomo, impugnando una calibro 38 che deteneva regolarmente, ha esploso due colpi contro il petto del figlio mentre dormiva nel suo letto e l'ha uccio. Poi, ha chiamato i carabinieri. Questa versione dei fatti sarebbe stata confermata anche dalla madre, Elvira Cella, una ex insegnante di lingue del liceo Tasso, che ha riferito ai carabinieri della compagnia Parioli di aver sentito solo i colpi di pistola e non rumori di un ulteriore litigio. I carabinieri hanno infatti trovato il corpo della vittima riverso sul letto nella sua stanza.

Secondo le testimonianze dei vicini, più volte si erano sentita urla provenire dall'appartamento della famiglia Piscitello, e più volte le forze dell'ordine erano dovute intervenire, su richiesta dei genitori stessi, per sedare le crisi del figlio. "Non ci posso credere. Era una persona per bene, tranquilla - racconta un vicino di casa - mai mi sarei aspettato qualcosa del genere. Il ragazzo spesso dava in escandescenze e alcune volte è arrivata anche l'ambulanza".

Secondo alcuni ragazzi che frequentano un bar nelle vicinanze del palazzo di via Lucrino, Sergio Piscitello, quando non usciva accompagnato dai genitori, aveva solo questo locale e una vicina edicola come luoghi di svago. Sergio Piscitello, a quanto si è appreso, era tenuto periodicamente in osservazione da assistenti sociali.

"Nonostante le liti e i problemi, la loro era una famiglia unita", dicono sempre i vicini di casa della famiglia Piscitello. "Non riusciamo a capire come sia potuto accade - spiega una signora che conosceva bene la famiglia - Erano una famiglia unita e questo nonostante i problemi che avevano con il figlio". "Il padre - sottolinea la proprietaria di un bar che si trova nei pressi dell'abitazione della famiglia Piscitello - non si era mai lamentato del figlio e, anzi, ne parlava sempre bene".

(13 giugno 2003)


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