Il 18 Settembre 2002 il
Ministero dell’Istruzione, mentre si discuteva in Parlamento la
proposta di legge n.1306 di riforma dei cicli scolastici del Ministro
Moratti, ha emanato il decreto n. 100, trasmesso con la C M n. 101,
che avvia la sperimentazione della stessa riforma.
I punti caratteristici della "sperimentazione", come
emergono dai due atti amministrativi sono sufficientemente chiari.
La C M n. 101/02, nell’anticipare, semplificandoli, alcuni contenuti
della sperimentazione, precisa che essa sarà accompagnata da un’ampia
attività formativa dei docenti ed informativa dei genitori. I docenti
saranno formati anche con interventi on line, e comunque utilizzando i
fondi della Direttiva n. 74/02 sulla formazione del personale in
servizio e della Direttiva n. 70/02 sull’auto aggiornamento dei
docenti, parzialmente rinborsato.
Si svolgeranno conferenze dei servizi (e quindi con la partecipazione
non solo del mondo della scuola, ma anche degli Enti locali) circa l’analisi
critica delle difficoltà incontrate e delle proposte, da formulare in
vista della riforma definitiva.
Il Decreto n. 100/02 è molto ampio e si compone di un testo
strettamente normativo suddiviso in articoli e di un documento
contenente "gli Indirizzi e le Raccomandazioni" cui la
sperimentazione dovrà informarsi. Mentre le raccomandazioni sono
puramente orientative, le indicazioni sono prescrittive. La
sperimentazione, che trova il suo fondamento negli art. 3, 4 ed 8 del
Regolamento sull’autonomia scolastica, comprenderà mediamente due
Circoli didattici o Istituti comprensivi per ogni Prov. e due scuole
paritarie per ogni Capoluogo di Regione. Ripetutamente si afferma che
la sperimentazione è libera sia da parte delle famiglie, che da parte
delle istituzioni scolastiche, le quali debbono approvarla tramite
delibere degli Organi collegiali. Non può attuarsi senza previe
intese coi Comuni interessati e, comunque nel rispetto delle vigenti
norme contrattuali per quanto attiene ai docenti coinvolti. Si deve
comunque dare priorità ai diritti di quanti si sono iscritti per la
frequenza secondo le vigenti disposizioni di legge.
Quanto all’anticipazione di alcuni mesi per l’iscrizione alla
scuola dell’infanzia e della prima classe della scuola elementare,
ciò potrà avvenire solo previ accordi con gli asili-nido comunali e
con le scuole materne di provenienza e sempre che vi siano disponibili
posti, dopo soddisfatti i diritti di quanti non sperimentano. In caso
di eccesso di domande di sperimentazione, ogni Circolo o Istituto
fisserà dei criteri selettivi. La sperimentazione deve avvenire in
base ad un progetto, che deve essere recepito nel POF, Piano dell’Offerta
Formativa e deve tener conto degli obiettivi generali della
sperimentazione, delle strategie organizzative e delle metodologie
didattiche, nonché dei criteri di verifica e valutazione.
Caratteristiche della sperimentazione sono, oltre all’anticipazione
volontaria delle iscrizioni in scuola materna e prima elementare anche
dell’obiettivo dell’insegnamento dell’inglese e dell’informatica
già in scuola elementare, ovviamente secondo le disponibilità
finanziarie di istituto, arricchite da finanziamenti regionali e
nazionali. É comunque assicurata l’assistenza tecnica di centri
specializzati come l’INVALSI, l’istituto nazionale per la
valutazione del servizio d’istruzione e come gli IRRE, gli istituti
regionali per la ricerca educativa.
La sperimentazione riguarderà più specificamente i progetti
educativi personalizzati degli alunni, il loro "portfolio",
cioè una specie di libretto personale comprendente sia la
documentazione degli apprendimenti e competenze maturate, sia il loro
orientamento nella continuità educativa, sia la valutazione dei
risultati. Ciò comporterà di necessità un forte intervento
formativo sui docenti, specie quelli della prima elementare, uno dei
quali diverrà "responsabile del progetto" e "tutor"
verso i colleghi e gli studenti, con particolare attenzione alla
continuità fra diversi ordini di scuole (che per il momento si
limiterà solo al passaggio dalla scuola dell’infanzia alla prima
elementare).
L’aspetto della continuità educativa è molto importante per
migliorare anche la qualità dell’integrazione scolastica e
bisognerà seguirlo con attenzione.
I principi che vengono prioritariamente postulati
ed attuati sono quelli della "flessibilità"" delle
classi, con la loro temporanea scomposizione di Gruppi, della
flessibilità degli orari e dei programmi, nonché il principio della
"individualizzazione".
Quello che però è assai più interessante è il "Quadro di
riferimento", che dettagliatamente espone i principi, gli
Indirizzi e le Raccomandazioni della sperimentazione e si compone di
diversi Capitoli (suddivisi in paragrafi), concernenti una Premessa,
gli Obiettivi generali dei piani personalizzati per la scuola dell’infanzia
e della scuola primaria, gli Obiettivi specifici per ciascun anno
della scuola primaria, degli Obiettivi specifici delle discipline ed
il "Profilo" dello studente alla fine del primo ciclo (6-14
anni ).
Gli "Obiettivi generali" dei Piani di studio della scuola
dell’infanzia e della scuola primaria, come pure il
"profilo" conclusivo dello studente sono indicazioni
normative con carattere "prescrittivo". Ciò significa che
non sono derogabili da nessuna istituzione scolastica; anzi
costituiscono i "Livelli essenziali" delle prestazioni
scolastiche, che l’art. 117 della Costituzione, come modificato
dalla Legge costituzionale n. 3/01 riserva esclusivamente allo Stato.
Questo è l’aspetto più interessante che certamente interferisce
con gli aspetti relativi all’integrazione scolastica degli alunni
con handicap.
Quello che particolarmente interessa gli alunni con handicap è il
modo con cui verrà attuato il principio di flessibilità della
Classe. Si prevede infatti la possibile scissione di questa in Gruppi,
che possono essere "di livello" (ad es. per alunni molto
bravi, meno bravi, con difficoltà di apprendimento dovuta all’handicap
o a stati di disagio); Gruppi "di compito" (ad es. maggiori
approfondimenti per gli alunni più bravi; corsi di recupero per
quelli con difficoltà di apprendimento); Gruppi "elettivi"
(ad es. un breve corso monografico su aspetti particolari,
eventualmente proposti anche dalle Regioni). Il docente "tutor"
destina alla classe, intesa unitariamente un tempo-scuola pari a circa
i due terzi del suo tempo globale di lezione ed il resto al
coordinamento dei lavori anche dei Gruppi o alla partecipazione agli
stessi, insieme o disgiuntamente dagli altri docenti dell’attuale
modulo.
È espressamente previsto che i Gruppi siano "variabili"
nella loro composizione interna, sia nel tempo. Pertanto non si
dovrebbero avere gruppi permanenti, ad es., di "livello",
perché altrimenti, ad es. con gli alunni in situazione di handicap,
si ricostituirebbero le "classi differenziali". I docenti
dovranno occuparsi dei piani educativi personalizzati e del portfolio,
i cui contenuti verranno determinati anche con la collaborazione dei
familiari; il porfolio potrà essere utilizzato anche dopo la scuola
per la formazione professionale.
Sempre per l’integrazione scolastica sono molto interessanti due
passaggi, rispettivamente del Capitolo sugli Obiettivi generali dei
piani personalizzati per la scuola elementare e del capitolo sul
"profilo" finale dello studente.
Nel primo passaggio si afferma che gli studenti
debbono essere educati non solo a prendere atto dell’esistenza delle
diversità, come ad es. l’handicap, ma anche a considerarle
"risorse per tutti".
Nel secondo passaggio si afferma che la persona non può essere
valutata "per sottrazione", cioè tenendo conto solo dei
suoi deficit, come ad es. per le persone con handicap; ma l’obiettivo
dell’educazione deve essere quello di sviluppare tutte le
potenzialità, a differenza della sanità che interviene solo sulle
minorazioni. Queste due affermazioni, contenute nella parte delle
"Indicazioni" che, come detto, hanno carattere "prescrittivo"
sono principi fondamentali per l’integrazione scolastica.
Roma, 18 novembre 2002
Salvatore Nocera
Osservatorio dell’AIPD sull’integrazione scolastica
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