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Volontariato, non vogliamo tornare alle origini Si apre domani ad
Arezzo la IV Conferenza nazionale sul
volontariato.
Io non andrò: non ne
vale la pena. Non per preconcetto, ma per il semplice motivo che è
inutile fare clacca: è preferibile il
motto benedettino “ora et labora”,
“prega e lavora”, perché le povertà, antiche e nuove,
sembrano sempre più frequenti e gravi, con l’aggravante, ahimè,
delle risorse di aiuto minori. Chissà, se per questo
motivo, è stata scelta la figura del bambino povero che riceve da
un nobile con giacca di velluto un “tozzo di pane”. L’on.
Sestini ha dichiarato che la scelta è
stata fatta per “tornare alle origini”, riprendendo il
particolare di un affresco di S. Maria della
Scala a Siena, del 1200. Ebbene
non vogliamo tornare alle origini: non vogliamo che i bambini
soffrano e chiedano la carità. Ne vediamo troppi ai semafori e
sappiamo che sono rom, spesso schiavizzati da adulti violenti e
profittatori. Avevamo sognato uno
stato democratico, attento ai bisogni di chi stava male, con
interventi capaci di alleviare dolori alle
famiglie e di dare dignità a chi era in difficoltà, qualunque
fosse stato il motivo di fragilità. Ci ritroviamo a
ricominciare daccapo: sempre daccapo, con una specie di maledizione
che ci accompagna, che preferisce le briciole di
evangelico ricordo, ai diritti della dignità moderna. I gesti di “carità”
aggiungono qualcosa di bello e di dignitoso, se poggiano su una
protezione sociale solida e consistente, altrimenti diventano un
pericoloso alibi di ingiustizia. Noi, qualunque siano
le indicazioni che vengono da Arezzo, continueremo a stare al nostro
posto. Troppe richieste ci assalgono; tutte persone deboli e fragili
nel contesto sociale: chi per salute
fisica, chi per salute mentale, chi per difficoltà familiari e
sociali. L’Italia grande e prospera nasconde infinite tragedie di
malessere e, non si dimentichi, di vere e
proprie povertà. Con tristezza
registriamo, al di la delle conferme, che
le risorse saranno scarse. In fondo è stato sempre così: a chi ha
poco, si chiede di stringere la cinghia, forse perché è abituato a
non essere esigente. Ma non è giusto,
aggiungiamo noi. Le cifre sbandierate
sulla finanziaria non solo non sarebbero abbondanti, ma costerebbero
alle famiglie più bisognose 300 euro a mese, così come denuncia
un recente studio della CGIL. Ci risponderanno che non sappiamo leggere. Stavolta ci consoliamo perché siamo in buona compagnia: è stato risposto così anche alla Confindustria che, come si sa, ha tanti difetti, ma certamente non quello di non saper fare i conti. |
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