Il volontariato tra
nuove forme
del disagio sociale ed evoluzione del welfare
Roma, 21 marzo 2003
1. La
persistente centralità del Volontariato
L’erosione del welfare stato centrico e
monopolista sta lasciando spazio ad un sistema di
tutele articolato, più aderente alla crescente richiesta di
libertà di scelta e di qualità dei cittadini. D’altro canto
l’evoluzione delle forme di disagio sociale richiede una notevole
capacità di modulare le risposte assistenziali,
misurandosi costantemente con l’innovazione dei modelli operativi e di
intervento.
Diventa, inoltre, cruciale, la capacità
di auto organizzazione e di auto promozione
diretta da parte degli utenti che veicolano le proprie esigenze e
chiedono di partecipare alla progettazione ed alla concreta gestione
degli interventi che li riguardano.
E’ quanto sta accadendo in sanità con
le associazioni dei malati e dei loro familiari, ma anche in ambito
socio assistenziale con le esperienze delle
associazioni dei disabili, degli immigrati, degli ex-tossicodipendenti
o dei malati di Aids.
E’ chiaro che, rispetto a queste
dinamiche di auto promozione che
caratterizzano le diverse categorie di soggetti deboli, si innescano
nuove diseguaglianze e differenziazioni che finiscono per penalizzare
quelle categorie che, per deficit culturale o per eccessiva
frammentazione, non sono in grado di attivare “vertenze” per le loro
esigenze.
I minori, in particolare quelli
reclusi, gli homeless, i clandestini, sono solo alcune
tipologie di soggetti deboli che attualmente
risultano particolarmente vulnerabili e incapaci di attivare processi
di auto promozione.
Ed è proprio su
questo aspetto che si innesta come essenziale e insostituibile
il ruolo del volontariato gratuito. Infatti:
- esso è in grado di aprire
canali comunicativi con i soggetti e le realtà del disagio
più estreme, che si muovono spesso al
confine della legalità e che per scelta o per forza sono costretti ad
evitare il rapporto non solo con le istituzioni ma anche con quei
soggetti che fanno da supplenti;
- alimentando la logica del
dono, del gratuito, esso offre una sponda solida a chi è fuori o ai
margini dei mercati;
- è in grado di dare voce a
quei soggetti che per eccesso di frammentazione, per deficit di
capitale culturale o semplicemente perché rinserrati in un isolamento
estremo, non sono in grado di attivare processi di
auto promozione della propria identità e dei propri interessi;
- il suo carattere non
burocratico lo rende più propenso a promuovere innovazione nei modelli
operativi, a partire dal rapporto diretto con le forme meno conosciute
e codificate di disagio sociale.
Sono i “deboli fra i deboli”, quelli
che vivono la doppia esclusione indotta dalla propria condizione e
dalle caratteristiche dei nuovi circuiti della protezione sociale, che
possono trovare nel volontariato gratuito la sponda essenziale in
grado di tutelarli.
2. Le nuove forme
del disagio sociale
Ad una società dai bisogni sempre più
complessi e sofisticati corrisponde un
disagio con sfaccettature, percorsi, situazioni familiari e
individuali diversificate, frutto di un intreccio originale di fattori
di deprivazione materiale e relazionale, difficile da descrivere e
interpretare con categorie omogeneizzanti.
E’ una realtà che rappresenta una
sfida, prima ancora che operativa, concettuale, come capacità della
società di ri/pensare l'altra faccia dello sviluppo, il “volto
sofferente”, solitamente sommerso, della pluralità di forme
di esclusione.
Infatti, l’articolazione del disagio
genera una moltiplicazione delle figure di soggetti deboli che
risultano difficilmente collocabili in un
segmento specifico di disagio, poiché racchiudono diverse patologie
sociali e sono interne ad un circuito auto alimentantesi
caratterizzato dal sovrapporsi e/o sommarsi di forme diverse di
deprivazione che finiscono per consolidare l'emarginazione.
Pertanto, è
possibile stimare alcune delle principali forme di disagio sociale,
purché si tenga conto dei consistenti problemi di valutazione legati
sia alla loro forma sommersa, sia alla concentrazione in singoli
soggetti o unità familiari di più forme di disagio. In
sostanza, il totale delle persone in condizioni di disagio è più basso
della somma dei singoli segmenti, viste le numerose sovrapposizioni.
In concreto è possibile valutare in
oltre 3 milioni gli individui al di sotto della
soglia della povertà, in 1,6 milioni gli alcoolisti, in quasi 1,5
milioni le persone affette da invalidità motoria, in 917.000 i
disoccupati di lunga durata, in 643 mila le persone colpite da
Parkinson, Alzheimer, epilessia e perdita della memoria, in quasi 500
mila gli affetti da insufficienza mentale, in 223 mila circa i minori
in condizioni di marginalità, in 160 mila i tossicodipendenti, in 80
mila le prostitute, in circa 56 mila i reclusi, in oltre 20 mila le
persone con disagio abitativo. Si tratta di segmenti consistenti,
ciascuno portatore di un ampio spettro di
bisogni di assistenza e supporto (tab. 1).
Rispetto alle principali tipologie di
disagio è anche possibile verificare la percezione prevalente tra gli
italiani grazie ai risultati di un’indagine realizzata dal Censis su
un campione nazionale di 1.300 famiglie. Più in concreto, è possibile
definire la graduatoria delle forme di disagio sociale che più
preoccupano gli italiani (tab. 2).
Al vertice si
colloca la tossicodipendenza richiamata dal 58,6% degli intervistati,
seguita dall’Aids (41,1%), dalla disoccupazione di lunga durata
(26,3%), dalla marginalità minorile (20,3%), dalla prostituzione
(17,8%) e dalla povertà economica (15,2%).
E’ chiaro che la tossicodipendenza
rappresenta una pluralità molto ampia di concrete condizioni poiché
alla marginalità estrema e dura del consumatore di
eroina si affianca sempre più l’universo contraddittorio, quasi
schizofrenico, del consumatore integrato, che vive quasi
clandestinamente la condizione di tossicodipendenza rimanendo nella
propria quotidianità. Fondamentali, a questo proposito, sono le
esperienze legate alle smart drug o quelle dei praticanti della
trasgressione ritenuta “temperata e reversibile” (o del sabato sera)
che progressivamente rimangono impantanati nelle sabbie mobili delle
nuove tossicodipendenze.
Nella diffusa preoccupazione verso la
tossicodipendenza è probabilmente presente l’ormai evidente endemicità
del fenomeno, la sua pertinacia e la sua capacità di rigenerarsi e
modularsi rispetto ai mutamenti che hanno investito la società e
soprattutto il mondo dei giovani, il target più direttamente
esposto.
Per quanto riguarda le altre tipologie
di disagio che più preoccupano gli italiani, l’Aids indubbiamente si
caratterizza come un forte catalizzatore di
ansie e paure, anche se negli ultimi tempi sono emersi segnali di un
suo rallentamento nella diffusione nel corpo sociale.
Esso rappresenta una patologia
sanitaria ad alto impatto sociale con un’elevata correlazione con le
problematiche dei tossicodipendenti, tuttavia le sue modalità di
trasmissione generano preoccupazione anche nelle persone che non
rientrano nei gruppi più esposti.
Se la disoccupazione di lunga durata
chiama in causa i percorsi più nuovi di
esclusione sociale legati alla rapida obsolescenza delle competenze ed
ai rischi di marginalità legati alla difficoltà generazionale di
tenere il ritmo dell’innovazione tecnologica, la marginalità minorile
è tema particolarmente cruciale poiché si tratta di soggetti che hanno
evidenti difficoltà ad attivare propri percorsi di autoorganizzazione
e, quindi, potenzialmente più vulnerabili nel nuovo contesto.
La mappa territoriale dei disagi
sociali che più preoccupano gli italiani
evidenzia alcune differenziazioni piuttosto interessanti che
rimandano sia alla diversa configurazione socioeconomica che alla
diversa percezione culturale.
La tossicodipendenza è il disagio
sociale che più preoccupa in tutte le aree geografiche con
un’intensità molto diversa poiché si va dal
55,8% del nord-est al 67% del centro; analogamente per l’Aids viene
confermata la seconda posizione nella graduatoria su tutto il
territorio nazionale e, tuttavia, esiste una consistente variabilità
quanto a intensità della preoccupazione poiché si passa dal 36,6% del
sud-isole al 46,3% del centro.
Per il nord-ovest si registra una
preoccupazione più alta, rispetto ai valori medi, relativamente
al lavoro minorile (17,4% di contro a 13,5%), all’immigrazione
clandestina (20,5% di contro a 15,5%), al disagio psichico (13,5%,
9,7%) e all’isolamento sociale (12,4%, 8,6%).
Per il nord-est, invece, spicca in modo
rilevante il richiamo alla povertà economica (22,7%, 15,2%),
all’isolamento sociale (11%, 8,6%), all’alcoolismo (11%, 7,7%). Per il
centro, come già rilevato, va segnalata la preoccupazione
molto più alta per tossicodipendenza e
Aids, mentre per il sud-isole spicca il dato relativo alla
disoccupazione di lunga durata che è pari al 33,2% di contro a valori
molto più bassi nelle altre aree, in particolare nel nord-est (18,8%).
E’ chiaro che le nuove forme del
disagio sono inscritte dentro i cruciali processi
di individualizzazione del lavoro, del consumo, delle forme di
tutela sociale che privilegiano la libertà di scelta, l’auto
responsabilizzazione individuale e che, se da un lato danno vita ad
una proliferazione di opportunità, dall’altro moltiplicano le
occasioni di esclusione sociale.
3. Il ruolo del
volontariato gratuito nel nuovo sistema di welfare
Nel contesto della
società molecolare l'articolazione delle risposte alle forme di
disagio si è sviluppata soprattutto dal basso, in modo spontaneo,
modulata sui processi di empowerment del sociale.
Esiste, infatti, una proliferazione di
comportamenti altruistici, di solidarietà diffusa che non
necessariamente assume forma organizzata. A questo proposito,
un’indagine realizzata dal Censis ha permesso di focalizzare il
radicamento di una pluralità di comportamenti altruistici che
testimoniano la disposizione degli italiani al dono, alla gratuità e
ad operare secondo criteri e finalità di puro altruismo.
Dai dati è emerso che il 68,6% degli
italiani ha aiutato persone in difficoltà, il 59,2% ha versato soldi
ad associazioni di volontariato, il 50,5% ha acquistato prodotti dopo
aver verificato che non inquinassero e/o che fossero realizzati nel
rispetto dei diritti dei lavoratori senza lo sfruttamento del lavoro
minorile, il 26,6% ha svolto attività di volontariato, il 20,8% ha
partecipato a progetti di adozione a
distanza, il 16,7% ha partecipato a campagne a favore di temi etici
(come, ad esempio, l’abolizione della pena di morte), il 14,2% a
campagne di boicottaggio di prodotti di aziende che si ritiene
assumano comportamenti non etici ed il 4,8% ha aperto conti in un
banca etica o acquistato fondi etici (tab. 3).
Si tratta di comportamenti
di altruismo e solidarietà che:
-
risultano radicati e diffusi trasversalmente in tutto il corpo
sociale (anche se hanno una concentrazione più alta in un segmento di
cittadini ad elevata scolarità) e nei diversi contesti territoriali;
- danno vita ad un reticolo
relazionale particolarmente fitto ed offrono risposte innovative e
“calde” alla diverse forme di disagio
sociale, a cominciare da quelli estreme e più gravi.
L’aiuto alle persone in difficoltà è
più praticato dai residenti al centro (72,2%) ed al sud-isole (72%);
le donazioni alle associazioni di volontariato sono state fatte in
misura più consistente al centro-nord, mentre sono gli abitanti del
nord-ovest i consumatori più critici (54,2%), coloro che acquistano i
prodotti che non inquinano e/o per la cui fabbricazione
sono stati tutelati i diritti dei
lavoratori; le attività di volontariato, invece, hanno visto una
partecipazione più alta nel nord-ovest (34,4%) e nel nord-est (33,5%).
Per quanto riguarda la propensione alla
solidarietà dei gruppi sociali in relazione al
titolo di studio, sono soprattutto le persone con più elevata
scolarità a fare donazioni ad associazioni di volontariato (71,4%
contro il 47,1% dei possessori di licenza elementare e dei soggetti
che non hanno alcun titolo di studio), a partecipare ad attività di
volontariato (37,1%), ad aderire a progetti di adozione a distanza
(31,4% contro il 20,8% degli italiani), ad acquistare prodotti non
inquinanti (60,7%). Le persone senza titolo di studio o con licenza
elementare, invece, sono le categorie sociali che più aiutano le
persone in difficoltà (73,5% contro il 63,6% dei laureati) (tab. 4).
Con riferimento ai principali soggetti
che devono essere rafforzati nella lotta alle diverse forme di disagio
sociale, gli italiani ritengono che oltre alle strutture pubbliche (il
63,9% ritiene che occorre dare loro più potere nel fronteggiare il
disagio sociale), occorre potenziare il volontariato (33,7%
di italiani) e le famiglie (32,6%) (tab.
5).
Da sottolineare
che il potenziamento del volontariato viene considerato cruciale
soprattutto dai laureati (47,9%), dai residenti nel nord-est (39,1%),
da quelli del nord-ovest (32,8%) e da quelli del centro (36,6%).
Alla luce delle emergenze sociali degli
ultimi anni, dal fenomeno metropolitano dei senza fissa dimora
all'irruzione dell'Aids come malattia a rapida diffusione con bisogni
assistenziali continui e “difficili”, alle
ondate di clandestini sulle coste pugliesi o calabresi, va segnalato
il ruolo cruciale esercitato dal volontariato laico e religioso.
Infatti, la
risposta più efficace ai disagi vecchi e nuovi è stata la
proliferazione di soggetti non statuali, alimentati da nuove forme di
militanza e di solidarietà. Il sociale viene, dunque, a configurarsi
come contenitore di una pluralità crescente di soggetti e reti che
sviluppano forme articolate di interazione,
formali e informali, secondo logiche di architettura decentrata, in
cui coesistono il politeismo delle opportunità sociali e la trama dei
legami comunitari.
Si tratta di un giacimento
di energie e competenze ad alta motivazione
e intenzionalità, spesso laboratorio di innovazione dei modelli
operativi, che offre un contributo concreto agli aspetti gestionali e
di intervento sull’utenza e sulla capacità di rivitalizzazione
istituzionale.
Dai dati emerge che esistono circa 230
mila istituzioni in cui operano a diverso titolo circa 5 milioni di
persone tra dipendenti, collaboratori, lavoratori distaccati,
obiettori, volontari e religiosi (tab. 6).
E’ un universo attraversato da
dinamiche molto diverse tra loro, come
diverse appaiono le soluzioni organizzative, il rapporto con il
pubblico e anche il modo di concepire il proprio ruolo.
Una componente
consistente del terzo settore si muove ormai secondo logiche di
imprenditorializzazione e pone al centro della propria azione la sfida
col mercato, la capacità di innescare processi di sviluppo dal basso
che coinvolgano, in dinamiche di oltrepassamento della marginalità
socioeconomica, singoli utenti, comunità o interi territori.
D’altro canto, l’associazionismo che
nasce come strumento di auto tutela di
soggetti che hanno uno stesso bisogno (legato ad una patologia o una
condizione sociale) si muove lungo traiettorie che vanno dalle prime
sporadiche forme di auto organizzazione e visibilità pubblica alla
richiesta di riconoscimento soprattutto istituzionale, dall’esercizio
di un ruolo di pressione sino a quello della gestione diretta di
alcune risorse o di intervento su aspetti programmatori.
Sotto questo profilo quanto sta
accadendo in sanità con le associazioni dei malati
è un esempio molto indicativo e probabilmente anticipatorio delle
dinamiche che caratterizzeranno sempre più anche il contesto socio
assistenziale.
All’interno del composito insieme di
soggetti del sociale occorre prestare attenzione specifica al
volontariato e, in particolare, a quello gratuito, che si chiama
fuori dalle logiche di
imprenditorializzazione. Si tratta di una parte rilevante del
volontariato con una lunga tradizione che non può assolutamente essere
considerato come residuale.
Non è un caso che esso appare
sostanzialmente potenziato anche dalle più recenti
dinamiche del volontariato:
- la maggioranza delle
organizzazioni di volontariato, sorte in tempi più recenti, è
espressione di iniziative autonome dei
cittadini;
- si va riducendo la
dimensione media delle organizzazioni di volontariato con una
concentrazione delle risorse disponibili sul core
dell’attività, secondo una logica di piccoli gruppi e
di orientamento all’oggetto specifico della
proprio azione.
Il volontariato,
inoltre, continua a rappresentare il soggetto organizzato che riscuote
la quota più alta di fiducia tra gli italiani.
Infatti, il 21% ha dichiarato di avere
fiducia nelle organizzazioni di volontariato, percentuale
sostanzialmente omogenea nel corpo sociale e in tutto il territorio
nazionale (tab. 7).
Il ruolo del volontariato gratuito va
letto anche dentro le lunghe derive dell’evoluzione sociale e del
welfare, con particolare attenzione alle modalità operative dei
diversi soggetti e all’approccio prevalente a livello istituzionale.
Infatti, una società che introietta al
suo centro l’insicurezza e l’incertezza e sposta sui singoli il peso
di un numero crescente di rischi, affinché li valorizzi come
opportunità, moltiplica al contempo le occasioni
di esclusione sociale. E non tutti i disagi hanno le stesse
potenzialità di generare soluzioni adeguate sotto il profilo delle
risposte assistenziali e dei percorsi di
fuoriuscita.
Ecco perché, come
già rilevato, i disagi vanno differenziandosi non tanto per il
contenuto o per l’intensità di sofferenza che comportano, ma per la
capacità o meno delle persone che li vivono di attivare processi
individuali e collettivi di risposta.
E’ esattamente su
questo aspetto che il volontariato gratuito, grazie alla sua
capacità di misurarsi con i disagi più estremi, risulta
particolarmente predisposto a veicolare i bisogni dei “deboli tra i
deboli”, dei soggetti che vivono forme di disagio di cui c’è una
percezione ridotta o che, ancora, non sono state adeguatamente
“elaborate” sul piano concettuale e operativo e che, soprattutto, non
sono in grado di attivare proprie percorsi di promozione e “vertenza”.
Tab. 1 – La dimensione quantitativa di
alcune tipologie di disagio (v.a.)
|
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|
v.a. |
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|
Sociali
Relazionali |
|
Alcoolismo |
1.600.000 |
Marginalità minorile |
223.000 |
Tossicodipendenza |
160.000 |
Prostituzione |
80.000 |
Reclusione/Detenzione |
55.670 |
Disagio abitativo |
20.387 |
|
|
Economiche |
|
Povertà economica* |
3.028.000 |
Disoccupazione di
lunga durata |
917.000 |
Lavoro minorile |
147.000 |
|
|
Patologico Sanitarie |
|
Sordomutismo e
sordità |
973.000 |
Parkinson, Alzheimer,
Epilessia, Perdita della memoria |
643.000 |
Tumore |
544.000 |
Insufficienza
mentale |
475.000 |
Aids |
50.271 |
|
|
Fisiche Motorie |
|
Invalidità motoria |
1.430.000 |
Privi della vista |
353.000 |
|
|
|
|
* il dato si riferisce agli individui che si
collocano sotto la soglia della povertà assoluta
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat,
Ministero Giustizia, Gruppo Abele, Caritas, Ministero della Salute,
Ministero dell’Interno, Società Italiana di
Alcoologia
Tab. 2 – Le tipologie di disagio sociale che
più preoccupano gli italiani, per area geografica (val.
%)
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Nord-Ovest |
Nord-Est |
Centro |
Sud e isole |
Totale |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
La tossicodipendenza |
56,4 |
55,8 |
67,0 |
57,1 |
58,6 |
L’Aids |
42,9 |
41,4 |
46,3 |
36,6 |
41,1 |
La disoccupazione di
lunga durata |
26,6 |
18,8 |
20,7 |
33,2 |
26,3 |
La marginalità
minorile (delinquenza minorile, bambini maltrattati, ecc.) |
22,0 |
20,4 |
23,9 |
16,9 |
20,3 |
La prostituzione |
19,7 |
14,9 |
20,2 |
16,6 |
17,8 |
L’immigrazione
clandestina |
20,5 |
18,8 |
6,9 |
14,8 |
15,5 |
La povertà economica |
17,4 |
22,7 |
17,6 |
8,2 |
15,2 |
Il lavoro minorile |
17,4 |
14,9 |
6,4 |
13,6 |
13,5 |
Il disagio psichico |
13,5 |
13,3 |
8,5 |
5,4 |
9,7 |
L’isolamento sociale
(mancanza di relazioni, affetti, ecc.) |
12,4 |
11,0 |
10,6 |
3,0 |
8,6 |
L’alcoolismo |
8,9 |
11,0 |
8,5 |
4,5 |
7,7 |
Il disagio abitativo
(in particolare, i senza fissa dimora) |
8,9 |
7,7 |
6,4 |
1,8 |
5,7 |
La
reclusione/detenzione |
5,0 |
6,1 |
6,4 |
1,8 |
4,4 |
Non so |
1,2 |
1,1 |
0,5 |
1,8 |
1,3 |
|
|
|
|
|
|
Il totale non è uguale a
100 perché erano possibili più risposte
Fonte:
indagine Censis, 2003
Tab. 3 - Comportamenti altruistici e di
solidarietà messi in atto dagli italiani, per area geografica
(val. %)
|
|
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|
|
|
|
Nord-Ovest |
Nord-Est |
Centro |
Sud e isole |
Totale |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Aiutato persone in difficoltà (es.
vicini di casa, anziani, bambini...) |
64,4 |
65,4 |
72,2 |
72,0 |
68,6 |
Versato soldi ad associazioni di
volontariato |
66,4 |
66,5 |
67,6 |
43,3 |
59,2 |
Acquistato prodotti dopo aver
verificato che non inquinino e/o che per la loro produzione non
siano stati impiegati minori e/o siano stati rispettati i diritti
dei lavoratori |
54,2 |
45,8 |
50,0 |
50,5 |
50,5 |
Fatto attività di volontariato |
34,4 |
33,5 |
23,3 |
17,6 |
26,6 |
Partecipato a progetti
di adozione a distanza |
24,5 |
28,5 |
19,9 |
13,5 |
20,8 |
Partecipato a campagne a favore di temi
etici (es. abolizione pena di morte, ecc.) |
24,9 |
17,3 |
15,3 |
10,0 |
16,7 |
Partecipato a campagne di boicottaggio
di prodotti di aziende che si ritiene
abbiano comportamenti non etici |
21,7 |
13,4 |
14,2 |
8,0 |
14,2 |
Aperto un conto in banca etica e/o
comprato quote di un fondo comune di
investimento “etico” |
7,9 |
7,8 |
2,8 |
1,4 |
4,8 |
|
|
|
|
|
|
Il totale non è uguale 100 perché erano possibili più
risposte
Fonte: indagine Censis, 2003
Tab. 4 - Comportamenti altruistici e di
solidarietà messi in atto dagli italiani, per titolo di studio
(val. %)
|
|
|
|
|
|
|
Nessuno/
elementare |
Diploma media inferiore |
Diploma media superiore |
Laurea |
Totale |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Aiutato persone in difficoltà (es.
vicini di casa, anziani, bambini...) |
73,5 |
70,9 |
67,6 |
63,6 |
68,6 |
Versato soldi ad associazioni di
volontariato |
47,1 |
55,7 |
60,1 |
71,4 |
59,2 |
Acquistato prodotti dopo aver
verificato che non inquinino e/o che per la loro produzione non
siano stati impiegati minori e/o siano stati rispettati i diritti
dei lavoratori |
40,2 |
44,7 |
53,0 |
60,7 |
50,5 |
Fatto attività di volontariato |
22,5 |
23,0 |
26,3 |
37,1 |
26,6 |
Partecipato a progetti
di adozione a distanza |
11,8 |
14,8 |
23,1 |
31,4 |
20,8 |
Partecipato a campagne a favore di temi
etici (es. abolizione pena di morte, ecc.) |
6,9 |
8,6 |
17,5 |
35,7 |
16,7 |
Partecipato a campagne di boicottaggio
di prodotti di aziende che si ritiene
abbiano comportamenti non etici |
2,9 |
7,8 |
14,6 |
32,1 |
14,2 |
Aperto un conto in banca etica e/o
comprato quote di un fondo comune di
investimento “etico” |
3,9 |
3,3 |
5,4 |
6,4 |
4,8 |
|
|
|
|
|
|
Il totale non è uguale 100 perché erano possibili più
risposte
Fonte: indagine Censis, 2003
Tab. 5 – Soggetti ai quali occorre dare più
potere per fronteggiare il disagio, per area geografica (val.
%)
|
|
|
|
|
|
|
Nord-Ovest |
Nord-Est |
Centro |
Sud e isole |
Totale |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Strutture pubbliche |
64,8 |
63,7 |
72,6 |
58,0 |
63,9 |
Organizzazioni di volontariato |
32,8 |
39,1 |
36,6 |
29,5 |
33,7 |
Famiglie |
37,2 |
29,6 |
37,1 |
27,9 |
32,6 |
Strutture del privato sociale |
16,6 |
18,4 |
11,8 |
9,3 |
13,5 |
Imprese private |
9,9 |
8,4 |
4,3 |
12,5 |
9,4 |
Altro |
0,4 |
- |
- |
- |
0,1 |
|
|
|
|
|
|
Il totale non è uguale 100 perché erano possibili più
risposte
Fonte: indagine Censis, 2003
Tab. 6 - I soggetti del sociale
|
|
|
|
|
Numero istituzioni |
Personale retribuito |
Personale non retribuito |
|
|
|
|
|
|
|
|
Associazioni |
202.061 |
281.099 |
3.039.088 |
Cooperative sociali |
5.600 |
156.900 |
23.000 |
Fondazioni |
3.008 |
56.145 |
65.432 |
Comitati |
3.832 |
1.813 |
39.224 |
ONG |
170 |
- |
1.526 |
Altre tipologie |
7.861 |
146.571 |
94.009 |
Totale non profit |
222.532 |
642.528 |
3.262.279 |
|
|
|
|
Organizzazioni di volontariato(*) |
26.403 |
43.600 |
968.000 |
|
|
|
|
(*) Parte di tali organizzazioni sono
già incluse nelle associazioni
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Fivol, Gruppo
Abele, Cgm, Ministero del Welfare, 2002
Tab. 7 - Soggetti dai quali gli italiani si
sentono più rappresentati, per area geografica (val.
%)
|
|
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Nord-Ovest |
Nord-Est |
Centro |
Sud e isole |
Totale |
|
|
|
|
|
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|
|
|
|
|
|
Nessuno soggetto |
32,8 |
27,0 |
29,5 |
24,2 |
28,0 |
Organizzazioni di volontariato |
22,9 |
21,6 |
17,6 |
21,1 |
21,0 |
Chiesa |
10,3 |
17,8 |
13,0 |
20,8 |
16,0 |
Sindacati e associazioni di categoria |
14,5 |
14,6 |
18,1 |
11,7 |
14,2 |
Giornali e informazione televisiva |
11,1 |
10,3 |
8,8 |
11,1 |
10,5 |
Governo |
8,4 |
8,6 |
10,9 |
10,6 |
9,7 |
Comuni e provincie |
9,2 |
14,6 |
4,7 |
6,4 |
8,3 |
Associazioni ambientaliste e civiche |
6,9 |
6,5 |
10,4 |
6,7 |
7,4 |
Regioni |
6,5 |
8,1 |
4,7 |
5,8 |
6,2 |
Parlamento |
4,6 |
2,7 |
7,8 |
4,4 |
4,8 |
Partiti politici |
4,2 |
3,2 |
5,2 |
4,4 |
4,3 |
|
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Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più
risposte
Fonte: indagine Censis, 2002