I Piani di Zona
di Rolando A. Borzetti
Il sistema delle responsabilità e le specifiche attribuzioni di competenza, ripartite tra i diversi livelli istituzionali, comportano la necessità di coniugare il livello di programmazione regionale con un livello che risulti adeguato e funzionale alla rappresentanza, promozione e protezione degli interessi specifici della popolazione, nelle singole comunità locali, adeguate per territorio e popolazione.
Che cos'è il Piano di Zona?
Il Piano di zona è l'occasione offerta alle comunità locali per leggere, valutare, programmare e guidare il proprio sviluppo e va visto e realizzato come piano regolatore del funzionamento dei servizi alle persone. In particolare, il Piano di zona è lo strumento promosso dai diversi soggetti istituzionali e comunitari per:
- analizzare i bisogni e i problemi della popolazione sotto il profilo qualitativo e quantitativo;
- riconoscere e mobilitare le risorse professionali, personali, strutturali, economiche pubbliche, private ( profit e non profit ) e del Volontariato;
- definire obiettivi e priorità, nel triennio di durata del piano attorno a cui finalizzare le risorse;
- individuare le unità d'offerta e le forme organizzative congrue, nel rispetto dei vincoli normativi e delle specificità e caratteristiche proprie delle singole comunità locali;
- stabilire forme e modalità gestionali atte a garantire approcci integrati e interventi connotati in termini di efficacia, efficienza ed economicità;
- prevedere sistemi, modalità, responsabilità e tempi per la verifica e la valutazione dei programmi e dei servizi.
Perché il Piano di zona?
I bisogni, vecchi e nuovi, impongono una revisione critica dell'attuale sistema di unità di offerta, non sempre adeguata sotto il profilo qualitativo e quantitativo, spesso non idoneo a garantire le opportunità necessarie perché i diritti sanciti risultino esigibili. A questo scopo va promossa e consolidata la logica del lavorare per progetti, con il potenziamento di iniziative di concertazione interistituzionale, per garantire approcci integrati all'interno di circuiti e procedure programmatiche propri del livello regionale e di quello locale, nel rispetto degli obiettivi e delle priorità definite dalla Regione, fatte salve le specifiche esigenze delle comunità locali.
Il Piano di zona è lo strumento e l'occasione nelle mani del programmatore locale per garantire le concordanza tra i programmi, gli obiettivi e i risultati attesi, da un lato, e le previsioni finanziarie annuali e pluriennali dei Comuni e degli altri soggetti che concorrono alla realizzazione degli obiettivi, dall'altro.
La maggiore interazione tra i soggetti, nel rispetto dei ruoli e delle specifiche funzioni, può essere garanzia di maggior tutela delle persone, in particolare di quelle più deboli che, spesso, oltre a non essere in grado di soddisfare autonomamente i propri bisogni, non sempre riescono a formulare domande pertinenti ai servizi.
Lo strumento Piano di zona può risultare la risposta strategica all'esigenza di passare da una cultura assistenziale di erogazione di prestazioni alla persona bisognosa ad una politica positiva di servizi, fra loro integrati, a favore della comunità locale.
Il Piano di zona, infine, contestualizza le finalità e gli obiettivi definiti nel Piano Sociale Regionale in alcune aree ritenute strategiche, con riferimento alle esigenze e ai bisogni locali. Questi obiettivi comportano a livello locale l'adozione di atti, l'effettuazione di scelte, la predisposizione di strumenti, l'avvio di rapporti interistituzionali, che, puntualmente, nelle forme, nelle modalità e nei tempi definiti dalla Regione, si configureranno come specifici Piani di Zona.
Quali le aree di competenza del Piano di Zona
I Piani di Zona devono dare priorità agli anziani, ai disabili e all'età evolutiva. La famiglia, verso la quale si sono sviluppate aspettative notevoli ed alla quale sono state spesso delegate funzioni gravose, deve essere soggetto attivo e destinatario delle politiche sociali locali contribuendo a realizzare gli inderogabili doveri di solidarietà nello specifico contesto e con le modalità tipiche dei rapporti familiari. In tal senso, gli eventuali contributi economici a favore di nuclei familiari in difficoltà, erogati dall'Ente gestore locale, devono essere motivati nel quadro di progetti individualizzati di aiuto e sostegno alla persona e alla sua famiglia.
Come dovrà essere articolato il Piano di Zona?
La predisposizione del Piano di zona comporta tre fasi di lavoro:
- una prima, propedeutica, di analisi dei problemi e dei bisogni, di lettura delle risorse, di individuazione dei soggetti che, a diverso titolo, sono interessati a questa programmazione;
- una seconda, in cui vengono messi a punto i contenuti del Piano e si procede alla sua approvazione ed alla stipula dell'accordo di programma ove necessario;
- una terza, in cui si avvia e sperimenta la sua gestione unitaria ed integrata (anche con soggetti comunitari), all'interno degli ambiti per la gestione dei servizi sociali.
La Giunta Regionale, entro un certo periodo di tempo (sei mesi), fornisce orientamenti per il lavoro del programmatore locale, nella fase conoscitiva ed in quella di predisposizione del Piano di Zona, con linee guida per l'ente gestore in funzione del monitoraggio (osservatorio permanente a livello di distretto socio-sanitario) e della valutazione dei risultati conseguiti.
Chi predispone il Piano di Zona?
I Sindaci, da soli, ovvero riuniti nella Conferenza dei Sindaci negli ambiti pluricomunali, sono i soggetti che promuovono e curano la predisposizione del Piano di Zona. Essi coinvolgono, nelle diverse fasi e nel rispetto delle specifiche competenze di ognuno, tutte le istituzioni pubbliche, le istituzioni private, le famiglie e tutti i soggetti della solidarietà organizzata presenti nell'ambito territoriale e disponibili a collaborare, così come in realtà stabilisce la nuova Legge Quadro sui Servizi Sociali (328/00).
Quali le procedure, i metodi per la predisposizione dei Piani di zona?
E' opportuno che il Sindaco o la Conferenza dei Sindaci costituiscano un "gruppo di piano" formato da forze politiche, tecnici, e rappresentanti dei soggetti istituzionali o della solidarietà organizzata, ivi comprese le "associazioni storiche" operanti nel settore nel settore della disabilità, presenti nello specifico ambito territoriale. Questo gruppo è lo "strumento operativo" del programmatore locale nella predisposizione del Piano.
Le fasi principali in cui può articolarsi il lavoro sono le seguenti:
a) predisposizione degli strumenti di rilevazione dei soggetti presenti sul territorio e dei dati relativi ai bisogni, alle risorse, ai servizi;
b) analisi dei dati, individuazione degli obiettivi e delle priorità, con diretto coinvolgimento del Sindaco o della Conferenza dei Sindaci e altri soggetti istituzionali e sociali;
c) stesura del Piano di Zona con obiettivi, sotto-obiettivi, risultati attesi, indicatori, azioni da compiere, interventi e servizi da garantire, soggetti responsabili, oneri necessari, tempi di realizzazione dei servizi, rapportati alla durata del Piano, momenti di verifica e valutazione;
d) individuazione delle modalità delle modalità gestionali per garantire approcci integrati con il distretto sanitario.
La fase finale: approvazione del Piano di Zona
Una volta predisposto, il Piano di Zona viene sottoposto alla approvazione dei consigli Comunali dei Comuni facenti parte dell'ambito territoriale e, quindi, trasmesso alla regione a cura del Sindaco o della Conferenza dei Sindaci.
La Giunta Regionale, ne verificherà la compatibilità con gli obiettivi di sistema e con gli obiettivi caratterizzati su problemi specifici, definiti dalle direttive del Piano Sociale Regionale.
Dopo l'approvazione da parte della Regione, possono essere formalizzati gli accordi e i contratti di programma e quant'altro necessario per la gestione integrata del Piano di Zona.
Il Piano approvato, in particolare costituisce il necessario presupposto per la stipula dell'accordo di programma tra comuni, singoli e associati, e l'Azienda ASL di riferimento per quanto attiene alle competenze gestionali relative ai servizi ad elevata integrazione socio-sanitaria.
Appunti su:
"Norme per la programmazione e l'organizzazione dei servizi di assistenza sociale"