Quando la
trasgressione diventa così feroce e sorda da divenire violenza e
quindi devianza, si corre il rischio di banalizzare ogni cosa, anche
le persone, le vittime, gli stessi aggressori, affermando che le
ragioni sono evidenti e riconducibili a fattori noti.
Eppure nei tanti
fatti di cronaca violenta che attraversano il paese, nelle tragedie
e nelle ruvidità della realtà che ci scuote, c’è la pretesa di una
spiegazione, che vada oltre le solite pantomime elargite a piene
mani.
Ci sono
atteggiamenti, comportamenti e stili di vita che trasversalmente
sono propri di condizioni differenti, di età scompaginate dalle
rappresentazioni mediatiche che non concedono tregua al bisogno di
ottenere e esaudire.
Adolescenti che
sbandano, che urtano sui guard-rail, piombano sulle carreggiate
opposte alla loro visuale, in frontali apparentati alla fretta di
fuggire via dalle banalità e dalle abitudini vissute come debolezze
per sfigati, schiacciati dalla paura di non farcela, per non dover
incontrare la scelta obbligante, la responsabilità della fatica e
della sofferenza di una emozione, di una passione, di una rinuncia.
Muoiono ragazzi,
rimangono a terra donne e bambini, falcidiati dalla disattenzione
con cui si sorvola sulle difficoltà a riconoscere nell’immediato una
violenza “ingiustificata, gratuita”, stupida fino a renderla
insopportabile, come dovrebbe essere per ogni azione svuotata di
valori legati al rispetto della dignità umana.
Non sarà certo il
ricorso agli slogans, alle minacce, alla galera sempre più
facilmente erogabile, che aiuterà a individuare i motivi che muovono
le strategie più folli.
Durante un
incontro un ragazzo mi ha detto che sono un rigorista esagerato, che
non è il caso, in fin dei conti dare un pugno sul naso a qualcuno
non è corretto, ma a volte serve, perché conta colpire per primi, e
non fidarsi mai di nessuno è anche meglio.
Accadimenti
tragici moltiplicano le ansie, le paure, le violenze divengono
vissuti quotidiani, è allarme che non cessa di tramortire la
ragione, eppure continuiamo a spintonare le eventuali risposte, a
spostarle qua e là, come a voler significare che si tratta di mera
“sporadicità”, di delinquenza comune, di criminalità di piccolo
cabotaggio, lacerazioni autoescludenti in poco tempo.
Un bullo
maltratta il compagno, un ragazzino diventa eroe negativo del gruppo
dei pari che lo esalta e protegge, giovani dalla guida assassina,
altri con la roba in tasca per arrivare a mattina, o meglio iniziare
a “vivere” nel week-end, gli altri a violentate donne e atterrare
nuclei famigliari.
C’è un grande e
impellente bisogno di onestà intellettuale, di risposte condivise,
per non assoggettarsi a trame più teatrali che sociali delle
urgenze del paese, ai nostri figli è richiesto di esser ben
preparati e formati per poter occupare i nostri scranni di buoni
educatori, eppure la morale ricorrente è quella del piedistallo
inamovibile, perché non c’è tempo da “ buttare via” quello che
rimane è asservito al raggiungimento di un benessere finanziario
oramai sprovvisto di deroghe.
Giovani aspiranti
professionisti dell’ultima meta appaiono sicuri della loro
infallibilità, purtroppo scambiata per impunibilità, in questa fossa
comune dei sentimenti e delle relazioni che non crescono, dove le
motivazioni sono una punteggiatura assente, incontrano il vicolo
cieco del reato.
Reale e virtuale
non hanno più separatezza come l’inganno che ne scaturisce.