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DOVE
LA BATTAGLIA INFURIA “Mi faccio qualche canna,
cosa vuoi che sia, tanto lo fanno tutti, mica mi faccio di coca”. Questa la lezione che
siamo stati bravi a imparare, i
mezzi di informazione divulgano dati e percentuali denudati dei
segnali di allarme, la
vulgata afferra a due mani il rischio per farne bandiera. Tutto ciò accade
nell’indifferenza del mondo adulto che dovrebbe essere protagonista del
cambiamento su questo ring di colpi proibiti, invece risulta uno
sparring patner di basso profilo, che soccombe agli studi di parte, alle
ricerche smozzicate, alle adunate in onore degli innumerevoli Peter Pan. Droga che non fa passi
indietro, non fa sconti a nessuno, non risparmia occhi innocenti né lupi
dal pelo folto. Droga di ogni tipo, di
ogni forma, per addomesticare la volontà, droga che fa male, tutta,
senza eccezioni, e ancora meno accezioni da inventare a misura per
meglio logorare resistenze, dubbi e perplessità. Lo scontro è ideologico,
politico, di facciata, come fosse un problema che è possibile dilatare,
rallentare, postdatare a piacimento, è droga che non concede metri al
caso, all’accidente dietro l’angolo,
è droga che ti mette sotto, e spesso non ti fa rialzare. A scuola, al pub, in
discoteca, non c’è possibilità di sbagliare, di essere fraintesi, di non
capire quanto è corposa la richiesta di “roba”, mischiata a un bel po’
di alcol, somiglia alla
consumazione di un prodotto affettivo, qualcosa che è divenuto
importante compagno di viaggio senza la cui presenza viene meno ogni
entusiasmo.
E’
droga da “calare” senza badare alla legalità sbeffeggiata, alla salute
che quando c’è, è inscalfibile,
alla vita scolata tutta in un bicchiere, è droga che non porta
mediazione. I ragazzi non hanno paura
delle parole, delle minacce, delle prediche di alto bordo,
perché percepiscono la prostituzione fraudolenta di un certo
mondo adulto, timoroso al punto da risultare incapace di
incidere, di fare la
cosa giusta, capace di un
intervento autorevole, rigoroso, non più rinviabile La droga c’è, aumenta il
suo consumo, ma se ne parla sempre meno, di mafie dislocate qua e là un
po’ di più, se ne discute, se ne prende atto, si circoscrivono le
alleanze, le misure, le quantità, il malaffare, eppure la “roba”
circola, incrocia le menti, trasforma nuove identità, falsifica
passaporti per un ipotetico mondo dall’altra parte della strada, e
attraversare al buio diventa la regola per non avere più paura di
vivere. Droga che non conosciamo,
ma tutto si svolge alla luce del sole, si vende e si compra a ogni
angolo di città, di periferia, nell’indifferenza a vedere oltre la
solita tv extraterreste, eppure genitori, adulti, educatori, sanno bene
quanto la droga sia la più grande delle bugie, e non sia più rinviabile
l’onere del proprio ruolo di tutore del bene, per affrontare a viso
aperto la difficoltà a dare e fare rispettare alcune regole, non tante e
incomprensibili, ma poche,
chiare e dirette, vere e proprie salvavita. Forse è il caso di
affidare meno denari alla cartellonistica che non arriva al cuore del
problema, tanto meno al cuore dei ragazzi in preda al panico. Forse
è necessario recarsi dove infuria la battaglia, dove gli occhi ridono
intontiti, le gambe barcollano
e le mani tremano, forse è il momento di incontrare davvero chi è
in difficoltà, e incontrarlo significa faticare, impegnarsi, soprattutto
conquistare-custodire amore per la giustizia, unica possibile
solidarietà per ogni persona.
Vincenzo Andraous |
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