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BIMBI ROM DOVE ASSENTE
E’ LA GIUSTIZIA Bambini scomposti, famiglie derubricate a poco più di
niente, umanità dispersa nello spicchio di una solidarietà spogliata del
suo valore inalienabile. Quattro creature incendiate, nell’abbrutimento
travestito di vita, una sopravvivenza piegata a malattia incurabile, un
dolore che trancia carne e ossa, che non lascia spazio alle solite
contumelie buttate lì per non pagare dazio. Quattro innocenti tra fame e freddo, in mezzo alle
pantegane, a un luridume irraccontabile, anime belle e anime vuote,
conviventi e conniventi, nel silenzio privato di parole, di significati
universali, con gli occhi reclinati dal pregiudizio, dall’indifferenza
che non è soltanto vergogna del sangue, ma responsabilità e
corresponsabilità, inconciliabilità a ogni difesa, cavillo, codicillo,
studiato a misura per rendere incontrollabile l’ira e la rabbia, nei
riguardi di chi in casa nostra non si adegua, non si allinea, non prende
per buone le usanze e le tradizioni di questa terra generosa e leale, ma
coltivata con i rifiuti tossici, con le ideologie dai detriti di fuoco,
la politica d’accatto, i rubamenti fraudolenti diventati arte da
imparare in fretta. Televisioni e giornali, tutti dentro l’arena delle
autoliberazioni, delle prese di posizione, improvvisamente schierati
dalla parte del rispetto dei ruoli e delle persone, di tutte le persone. Rispetto, sì,
ci vuole rispetto per quattro bambini che non ci sono più, per
chi non ne ha mai ricevuto, per quanti non ci sono più, per chi resta
con il ventre rinsecchito, con gli occhi svuotati, con il cuore
desertificato, senza più fiducia nel mondo di creature irripetibili che
costituisce il nostro unico futuro possibile. Su quei campi, in quei recinti, nelle fogne a cielo
aperto, ogni casacca di casata apre alle proprie giustificazioni, offre
le proprie tesi, antitesi e sintesi, gridando che quelle persone non
dovevano esserci, non devono più esserci, ma purtroppo c’erano,
apparentemente invisibili,
abbandonate a se stesse. Chi è trattato ignobilmente, lo è perché percepito
come una presenza da allontanare, non serve affidare alle menzogne una
prossimità ripetutamente presa a calci nel sedere, tradita sul corpo di
esistenze incolpevoli ma impietosamente crocifisse. Perimetri inguardabili tra città e periferie, volumi
e metrature di confini mal tollerati, inquadrati in un progetto di
accoglienza che non c’è mai stato. Esseri umani nell’immondizia, negli escrementi, nella
promiscuità, prostrati da una condizione che non crea alcuna
emancipazione, ma allo stesso tempo veste i panni dell’auspicio alla
partecipazione e condivisione. Grande assente è la Giustizia, denudata di valore
sociale, del dovere di perseguire il benessere delle persone,
soprattutto dei bambini, costretti a scivolare dove c’è poco Dio a fare
da ponte, c’è poca fede a fare da collante, c’è poca preghiera a fare da
strada maestra. Ferite insanabili, divaricazioni senza volontà di
incontrarsi, una separazione che
spinge a non
praticare alcun diritto,
men che meno dovere, tradendo
il tentativo di sviluppare in ogni individuo un senso di
appartenenza nel luogo del rispetto reciproco. Quattro bambini inchiodati a una croce, la stessa
innocenza, l’identica colpa, testimoni di ingiustizie irrappresentabili,
vittime della condanna del silenzio, incurvati dalla miserabilità di chi
non possiede neppure il più ovvio diritto di cittadinanza.
Vincenzo Andraous |
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