BULLISMO UNA VERA E PROPRIA
CONTRAPPOSIZIONE CULTURALE
Bullismo in
percentuale accettabile, sento dire da qualche tempo, trasgressione
da ragazzi, devianza che non è ancora diventata un dato
esponenziale, insomma si tratta di una violenza addomesticabile, è
tutto sotto controllo, come se la scuola innanzitutto e la famiglia
in coda, avessero deciso di stendere un velo su questo argomento.
Bullismo che non è
più riconducibile al solo disagio relazionale che assale gli
adolescenti e pure qualche adulto idiota, ormai bisogna parlare di
una vera e propria contrapposizione culturale: una parte non troppo
marginale dei nostri giovani ha deciso di intraprendere un tragitto
di vita senza servirsi degli strumenti salvavita che la prudenza e
la pazienza impongono, l’esperienza che il mondo adulto gli mette a
disposizione.
E’ pesante la
sensazione che di bullismo non si debba più parlare, quasi non si
trattasse di un cancro, una metastasi culturale da estirpare.
Qualcuno cita
inopportunamente altri paesi, altre realtà e altri organigrammi
sociali per fare intendere come si dovrebbe operare per risolvere
definitivamente l’epidemia; durezza e galera, come in Inghilterra,
in America, omettendo però di dire che si tratta di parallelismi
assurdi. Infatti sono situazioni e problematiche che non è possibile
fotocopiare, e soprattutto in questi paesi, dove si è cercato di
“ridurre il danno” attraverso una dose robusta di castigo e
punizione statuale, s’è venuta a creare una situazione
insostenibile, minori morti ammazzati ai bordi delle strade, carceri
stracolme di giovanissimi pronti a morire alla prima occasione.
Atti di bullismo
zero, ma allora come è possibile che a ogni corridoio di scuola,
angolo di classe, al centro di una piazzetta, dentro un raduno,
l’odore della prepotenza si respira senza possibilità di errore.
Come è possibile
dialogare sulle problematiche giovanili con un fare e dire sempre
più isterico, sempre meno professionale, e di rimando con un uso
improprio delle regole e delle civicità calate dall’alto,
autoassolvendo il mondo dei grandi da una responsabilità
imperdonabile.
Chissà se forse non
occorrono meno effetti speciali, mettendo davanti a quanti sono già
futuri “carcerati”, persone lacerate dalla sofferenza, da quel
dazio pagato e ancora da pagare, testimoni senza più parola che
potrebbero spiegare ciò attende coloro che si sentono stoltamente i
più furbi.
Opporre alla
violenza di un’età bloccata, la storia raccontata in prima persona
da chi è diventato vecchio da giovane per quella prepotenza
perpetrata, per il male fatto e per la tragedia colpevole che ne è
seguita, e non avrà a disposizione un’altra vita per provare a
riconsegnare dignità alla propria esistenza.
Insegnanti assenti,
educatori distratti, genitori dall’arringa aggressiva, disposti a
sferrare schiaffi e gomitate pur di difendere a spada tratta i
propri pargoli: forse è il caso di riformare il mondo della maturità
diplomata e laureata, quella maturità raggiunta senza troppe
fatiche, che quindi reclama altrettante facilità operative,
forse è più urgente “insegnare” dapprima ai grandi: per poter
arrivare senza fraintendimenti ai più piccoli, l’importanza del
rispetto per se stessi e per gli altri. E questo rispetto non è
possibile impararlo attraverso la solita formuletta disegnata alla
lavagna, semmai con l’esempio autorevole di chi rimane un
protagonista positivo del proprio destino.
Vincenzo Andraous
Responsabile Centro Servizi Interni Comunità Casa del Giovane Pavia