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DALLA
CATTEDRA DEL COLPEVOLE
Nelle scuole a parlare di bullismo, senza
indebite appropriazioni, sfuggendo l’elargizione dei soliti
consigli, perché su questo fenomeno accade di sentire che il mondo
adulto, professorale, genitoriale, è confuso, perché non è
sufficientemente formato per accorgersi, eventualmente per indagare,
intervenire, aiutare, non è attrezzato per mettersi di traverso a
questo proliferare di guerrieri in erba. Eppure una buona dose di intenzionalità al fare
male, di persistenza nell’usare il colpo di taglio, una asimmetria a
dir poco scandalosa, non possono restare sottotraccia, non
consentire un più appropriato accertamento su quanto si genera in
una classe e si rigenera intorno a noi. Forse per reimpostare il presente, occorre un pò
di pedagogia della nonna, ossia del buon esempio, che riporta
consapevolezza del rispetto come valore inalienabile, persino per
chi lo ha sempre inteso
come una merce di scambio. Rispetto che non è, non può essere inteso come
una “deferenza dovuta” molto in voga in certe sottosocietà coperte,
bensì rispetto dell’attenzione, considerazione, riguardo per le
persone, per le cose, per le regole, e questo rispetto lo si
apprende unicamente attraverso l’esempio di riferimenti autorevoli,
perché accreditati di autorità, che non hanno paura della fatica per
tirarci su dal baratro in cui sovente siamo caduti, in quel dirupo
che spesso scaviamo a nostra misura. Dentro una scuola e una classe anonima, con una
bravata ripetuta all'infinito, una ragazzata autorizzata a passare
inosservata, si comincia sempre così, ma spesso dietro l'angolo c'è
la tragedia, il recinto dove tutto può esser condiviso, persino la
follia più lucida, inaspettata, imprevedibile. Parlare di bullismo fa paura perchè
semplicisticamente disconosciamo, perchè ci illudiamo che non capiti
a noi, a nostro figlio, piuttosto succede al tuo, non al mio, siamo
illusoriamente a distanza di sicurezza, eppure non è per niente un
fenomeno celato, siamo allarmati, spaventati, preoccupati ma
ipocritamente, mentre nelle aule si pesta e si rompe, sotto casa si
spaccia, si consuma, si vende, si compra. Il bullismo è percepito come una prova che mette
chiarezza, da una parte l'imperatore e i suoi viceré, tra omertà e
aggressività che sfocia nella
violenza, in mezzo la tribù degli impauriti plaudenti, quelli che
fanno consenso di partenza e mai di arrivo, per ultimo l'angolo
dello sfigato, del più debole, della carne da macello, quello da cui
mai bisogna venire contaminati, mai correre il rischio di affiancare,
perché si finisce minoranza.
Una sorta di sottosocietà dell'io vinco e tu
perdi, non si fanno prigionieri, il ruolo non è riconosciuto, a
volte neppure il valore della persona. L’adulto c’è, esiste, eppure nel gruppo dei pari,
dove la battaglia infuria, non c’è alcun riconoscimento, perché s’è
inabissato con tutto il suo carico di esempio-autorevolezza-autorità. Occorre prendere posizione e metterci di traverso
per portare il pensiero su stati della mente e del cuore altrimenti
difficili, per non riconfermare il rifiuto delle regole che invece
sono spesso vere e proprie salvavita, a tutela dei deboli e a tutela
anche dei falsi vincenti, per non ricadere negli stessi errori,
quelli che a
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