CHE NESSUN DORMA
Da poco la scuola ha ripreso a movimentare
pensieri e parole, le vacanze sono trascorse
ma questo momento di
giusto riposo non deve indurre a lasciare le cose come stanno, a pensare
che è tutto sotto controllo, che luci rosse di emergenza sono state
spente.
Nonostante il calo delle denunce, il fenomeno dei
famosi per forza, della platea plaudente, degli sfigati domiciliati
all’angolo indifferente, non stacca la spina, è stato in ferie su
qualche spiaggia assolata, dove non esistono soltanto compagni di
cortile periferico militarizzato.
La scuola ha riposato le membra stanche, ma “
nessun dorma”, perché è inizio ancora,
occorre pensare a un cominciamento più conforme alla vita che
spetta di diritto a studenti, professori e genitori, finalmente più
rispettosi del ruolo che ciascuno ricopre, dell’autorevolezza
conquistata sul campo, del valore insito in ogni persona.
Riaprono le aule, i più giovani saranno nuovamente
in balia di una maturità che ancora non c’è, di una libertà spesso
percossa con mille bugie, perché non è facile
comprendere che
" la libertà non è un regalo che si
ottiene una volta raggiunta la maturità, ma la condizione per acquisire
maturità in relazione alla libertà".
Famosi e sfigati si ritroveranno ancora e
quando la lavagna sarà imbrattata di scherno, l’aula avrà il rumore
della minaccia travestita di risata, sarà bene non guardare da un’altra
parte, indipendentemente dallo stipendio decurtato, dalle ore ridotte,
dagli spazi angusti e affollati ove operare: dovrà esserci coraggio
sufficiente a intraprendere un percorso ostinato e contrario alle
angherie, alle omertà, ai colpi sferrati sottobanco.
Il comparto educazionale
ha bisogno di riemergere dal suo torpore, di sganciarsi
dall’apnea asfissiante della routine che narcotizza le responsabilità,
il silenzio non è mai buona eredità da consegnare a chi è seduto al
banco per imparare a ben pensare, a ben camminare, a ben agire.
Quando si verificano alcuni accadimenti nei
luoghi dello studio, nelle adiacenze, quella aggressività così
determinata da diventare addirittura
feroce, è qualcosa che nasce individualmente, già prima
dell’ingresso in aula. Bisogna individuare tempi, spazi e modi, per dare
uno sbocco a quella aggressività, che spesso si trasforma in violenza e
infine devianza.
La scuola ha un grande impegno di fronte a
sé, non solamente trasmettere nozioni, insegnare formule, tracciare
linee e curve geometriche, bensì infondere l’entusiasmo di un’emozione,
che possa esser talmente forte da arginare l’omertà e la violenza,
l’incapacità a sostenere un confronto, a parlare con il rispetto dovuto
alle persone e alle cose.
Un’emozione che possa risultare un contributo
coerente a bloccare l’avanzamento costante di una deriva educativa che
corrode la voglia dei giovani di condividere tutti i colori del mondo,
anche quelli che parlano di qualche rinuncia.
Come ha detto un grande uomo di chiesa,
camminatore instancabile della strada, rivolgendosi agli educatori di
oggi e a quelli di domani, “ non serve avere le mani pulite se poi si
tengono in tasca”: per la scuola non servono libri nuovi, ma pagine
consumate per apprendere l’importanza di sentirsi parte di qualcosa di
più grande, che consenta di ritornare al centro della vita, nella
consapevolezza che per raggiungere qualsivoglia conquista personale, c’è
bisogno di più cura a custodire la propria dignità, un impegno che
riguarda gli studenti come gli insegnanti.