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DETONATORI DI IDEE Anche oggi una bomba ha invitato ogni uomo a farsi gli affari propri. Anche oggi una deflagrazione ha imposto a ciascuno di pensare bene alle proprie responsabilità, un botto a perdere ha insegnato a ognuno un versetto introvabile contenuto in qualche dannato libro non ben identificato. Anche oggi, sì, anche oggi, qualcuno ha perso la vita, e l’ha perduta in nome di quell’amore, di quella fratellanza allargata, auspicata da ogni umanità, persino la più remota e lontana. Pezzi di carne incollate alle lamiere roventi, brandelli di pensieri, gli ultimi probabilmente, dispersi come le dignità mal riposte ai bordi delle coscienze, ove non è più concesso, non solo guardare, ma osare una preghiera. Esplosioni e polvere, come a dire che il mondo è oramai un cumulo di macerie dialettiche ricoperte di buone intenzioni andate a farsi benedire. Sangue a scaraventare all’indietro la ragione, la mia, la tua, la nostra, di chi la ragione non avrà mai, sebbene possegga voce tonante quanto un colpo di pistola, dietro, alla nuca, come il vile che vaga nascosto nella notte dei tempi. Agli angoli delle strade si spara, negli scantinati si preparano le scatole della morte, nelle stanze quiete si adoperano le strategie più sofisticate per salvare i popoli in disuso per difetto. Anche oggi un’altra bomba ha estinto persone sconosciute, in storie mai ancora del tutto vissute, anche oggi una bomba ha mandato a quel paese la nostra bella partecipazione a ogni comprensione, figuriamoci compassione. L’era del napalm è ormai una canna di bambù corrosa, esattamente come la democrazia e il benessere esportate. In questo presente di proselitismo impacciato dalle sensibilità differenti, perché incrociato dagli spasmi degli assoluti che non sanno concedere metri alla ragione, è in un Gesù con barba e turbante che si intende cancellare ogni speranza alla storia…..ma Gesù nudo sulla croce urla ancor ora attraverso i nostri silenzi e le nostre maledette complicità. Le leggi antiterrorismo, le espulsioni, le frontiere improvvisamente sbarrate, non saranno mai diga sufficiente a frenare l’ottusità umana, essa infatti è parente stretta della inumana volontà di potere. I proclami, gli slogans, quelli sanno di politica e portano al morto innocente senza alcuna pietà. Allora che fare? Forse occorre una volta di più rinunciare ai primati, quelli gridati con gli abiti dismessi dai secoli sopravvenuti, così pure da quelli sussurrati con gli sguardi bassi ma con le dita strette a pugno. Forse occorre smetterla di pensare agli altri come trogloditi o come vittime dell’ignoranza, del potere che opprime e non soddisfa alcun servizio. Forse occorre avvistare senza ipocrisie lo zingaro dell’est e il nomade africano. Forse occorrerebbe provare e riprovare, affinché dagli sguardi degli adolescenti, piombasse a mare quel fondo sommerso di dissacrante fatalità, quella tristezza rivestita di una sola scelta, perciò priva di ogni libertà. Forse occorre davvero denudare di tanti e troppi orpelli le nostre belle certezze, ritornare a quella prima aula scolastica che ci ha condotti alla nostra attuale condizione, sistemarci dietro i banchi, allontanandoci, per una volta, finalmente, dalla cattedra, per imparare qualcosa da quegli occhi disincantati, foss’anche la pietà per chi alla dignità umana non ha mai potuto abbeverarsi.
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