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IL DISONORE DELLE TASCHE
PIENE DI DOLORE ALTRUI Schiave, violentate, uccise, donne raccattate qua
e là, senza un briciolo di umana desolazione, dietro la disumanità
del potere, del
dominio, della forza, che afferra, prende e getta via, come fanno
quegli uomini che non hanno commozione agli occhi del cuore,
solamente disonore dalla pancia alle tasche piene di dolore altrui. Donne ridotte a cose, che stanno alla catena con
le caviglie legate, con le palpebre abbassate, con il cuore
strappato, dentro una bugia travestita di domani che forse non ci
sarà. Donne prese per il bavero, scaraventate ai bordi
delle strade, lasciate lì a invecchiare dentro una minaccia, un
insulto, un colpo di taglio, donne a morire senza proferire parola,
lamento, una preghiera inascoltata. Donne di tutti i colori del mondo che non
esistono più, donne nel solo colore del fondo, dove tutti gli uomini
dovrebbero saper guardare per non consentire ulteriore degrado
umano. Donne per strada, senza considerazione, dove non
rimane neppure ipotesi di residenza, di
cittadinanza, ai
metri del pudore e
della compassione, donne messe di lato, costrette a stare senza
fissa dimora, se non quella della morte che verrà domani, perché
oggi è tempo di sangue e lacrime che debbono ancora essere versate. Bambine, donne, mamme, nella tempesta, nella
sete, nella fame, a sopravvivere nella violenza subita, nell’omertà
imposta e consolidata dalla paura, nella sottomissione bieca e
cieca, dove nulla è risparmiato, neanche un conforto, un sollievo,
una speranza di farcela fino a domani. Donne svestite, donne alla rinfusa, piccole cose
lasciate qua e là, fintamente alla meglio, per essere trovate subito
all’occorrenza, quando si fa impellente l’inadeguatezza,
l’inferiorità, quella che non è possibile celare, ma che prima o poi
rende quel che ingiustamente è stato rubato
a chi non può
sottrarsi, difendersi, dire no. Donne ripudiate, cancellate, uomini alla sbarra
di nessuna coscienza, al saldo dell’offerta, della richiesta, del
mercato che non ha mai conclusione, nel ribasso e nel
rialzo di una comunicazione malata, di una informazione
deviante. Donne bambine e donne adulte, senza più un ruolo
e un valore, donne tra i conati di vomito di un pregiudizio, a metà
strada di un giudizio, di una condanna che non le libera né le
assolve, sono donne anche queste, ma non possono gridare, imprecare,
scappare da un morso, da un giogo, stanno in piedi a fatica, per non
morire una volta di più, donne da usare, da consumare, da svuotare
alla fossa scavata
dall’indifferenza, dalla distrazione, dall’attenzione deviata. Donne percosse in casa, sfruttate in strada,
scosse dalla ferita che non rimargina, a dissanguare, donne
afferrate e piegate, a cui non dare rispetto, né amore, donne come
oggetti che cambiano di posto, di interesse, di un comodo appoggio,
che non sanno ancora come siamo avversi e contrari al fiore che non
resiste alla bellezza del sole. Donne che passano di mano, mettono a nudo
l’assenza e la fuga di giustizia, di quanti parlano bene e agiscono
male, togliendo libertà
e dignità, che invece sono da proteggere, conseguire e consegnare a
chi ancora non ce l’ha.
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