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E’ uno di quei giorni…
E’ uno di quei giorni in cui la storia personale di ognuno pesa inequivocabilmente sulle responsabilità individuali di ciascuno. Uno di quei giorni in cui il dolore è così feroce da annebbiare le menti più preparate ai tanti accidenti: in cui l’emotività stravince con un secco tre a zero sulla razionalità. E’ stato ucciso un servitore dello Stato, un uomo posto a difesa della collettività, è stato colpito alle spalle, nella frazione di uno sparo, da un altro uomo, anch’egli morto, che non ha rispettato quel patto di lealtà stipulato con tutta la società; un uomo detenuto a cui era stata concessa una seconda possibilità, ritornare a essere un uomo nuovo, attraverso la dignità del lavoro e degli affetti recuperati, e che invece ha preferito la follia lucida del premere il grilletto della pistola per ottenere un’impunità davvero impossibile. Questo è un giorno in cui occorre avere il coraggio di uscire dalle ultime file, quelle comode, perché ben protette dall’anonimato e dal silenzio protratto, occorre farla finita con le veline dialettiche della galera, c’è necessità persino dentro una prigione di un nuovo modo di intendere la vita e quindi interpretare il futuro, al di là degli interessi di parte e delle omertà che ne incentivano le teatralità. Carceri sovraffollate, strumenti di rieducazione-risocializzazione assenti o nell’impossibilità di essere messi in campo, leggi e norme che esistono, ma non possono essere correttamente applicate per mancanza di investimenti appropriati, anomalie istituzionali, che si sommano alle lacerazioni delle tragedie, e non sono sufficienti a giustificare l’irreparabile. Né sono sufficienti a mascherare l’inaccettabilità dell’indifferenza, quando una scelta di cambiamento è stata fatta attraverso un riesame del passato e un mutamento interiore che portano a una nuova condotta sociale. Non sono sufficienti, perché l’uomo nuovo non può cavarsela con un’alzata di spalle o con un “ io non c’entro “. Oggi ciascuno di noi deve sentire sulla propria pelle l’urlo per la richiesta di Giustizia da parte delle vittime del reato, per sentire nel profondo l’esigenza di tutelare giorno dopo giorno il proprio tentativo di riparare al male fatto. Questo è un giorno in cui per ogni uomo detenuto le parole debbono impegnare i pensieri, e di conseguenza gli atteggiamenti quotidiani, affinché quei valori ritrovati e riconquistati a fatica con l’aiuto degli altri, non perdano significato fino a rimanere parole vuote.
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