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EDUCARE PRIMA PER EDUCARE IN TEMPO Un Preside mi ha detto che nella sua scuola non ci
sono problemi di bullismo, non c’è alcun eccesso di aggressività
dirompente, neppure uso di sostanze stupefacenti, insomma un istituto
che non ha falle né disattenzioni da consegnare alle solite
giustificazioni. Un scuola vera in un paese
vero, dove l’intera comunità partecipa al bene di ogni adolescente. E’ confortante apprendere che non tutto è perduto, e
che addirittura un’accentuazione del problema non produce buona
prevenzione, ma distribuisce ulteriore paura di rimanerci incagliati
dentro. La scuola, la famiglia, la società, una triade che
forma le coscienze e consegna libertà, spingendo a formulare scelte e
stili di vita responsabili negli anni che dobbiamo riempire di
contenuti. Quel Preside non ritiene di
doversi preoccupare per la sua scuola, per i suoi studenti, è convinto
di esser al sicuro, il suo territorio scolastico
è uno spazio pulito che promuove
efficacia-efficienza educativa: ma proprio per questo perchè non
prendere in considerazione l’opportunità di
appropriarsi di strumenti idonei a
contrastare eventuali dinamiche che coinvolgono i più giovani? La scuola dovrebbe essere quella disegnata da questo
Preside, una parte importante del territorio che non cede metri
all’usura e allo sconquasso delle dimenticanze. Una scuola che non scivola nell’indifferenza, ma
combatte i rischi dell’incuria adolescenziale, fa si che si parli, si
ragioni senza veline o resistenze su cosa significa essere violenti,
cosa comporta avere nelle tasche una dose di droga, cosa potrebbe
avvenire a vivere nella illegalità, e infatti il carcere non è quello
rappresentato filmograficamente, ma ben peggio, è quello dove se
qualcuno ci muore nel silenzio, nessuno si sorprende. In quella scuola ognuno svolge il proprio ruolo con
intelligenza, la collettività è aperta allo scambio relazionale, perché
allora non munirsi di una formazione e di una conoscenza, allorquando
dovesse presentarsi sull’uscio l’ospite sgradito. Occorre parlarne, è
necessario farlo con un’analisi che non tralascia niente, con la
fermezza dei piedi ben piantati per terra, affinché i più giovani,
quelli sempre più spesso ammaliati
dal colpo sferrato dietro il mucchio, dallo
spinello provato e usato per rimanere dentro il quadrato, non abbiano a
issare bandiera bianca prima ancora di iniziare a vivere. Potrebbe essere salutare
prendere atto del dazio da pagare sbattendoci il grugno sulla storia,
sulla testimonianza,
sulla sequela degli errori, ai ragazzi
bisogna fare arrivare forte e chiaro cosa significa denudare dei diritti
un coetaneo, quali droghe-bugie assumiamo, quale sarà la batosta che ci
attende al varco, il dolore disperato perché dentro una galera
invivibile. Non è necessario affidare
alle minacce la speranza del futuro, ma dobbiamo
rifiutare di licenziare questa tragedia
definendola una risultanza prettamente sociale, quindi
costringendo le responsabilità a non
trovare cittadinanza nella scuola e nelle sue tre componenti cardinali:
genitori, insegnanti, studenti. Sono felice di constatare che
la scuola è anche e soprattutto quella del Signor Preside, ma proprio
per questo occorre partecipare ed essere pronti a intervenire, infatti
qualsiasi scelta di prevenzione si realizza con l’educazione, e
solamente con essa scaturisce la possibilità di educare prima, di
educare
in tempo.
Vincenzo Andraous |
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