|
|
LA GIUSTIZIA GIUSTA
Una
studentessa mi ha chiesto cos’è la Giustizia, quale giustizia alberga
nel cuore di una società, quanta giustizia c’è nella vita di un
cittadino libero e di un altro detenuto. La
domanda è venuta perché la giovane ha chiesto collaborazione per la sua
tesi di laurea incentrata sulla effettiva possibilità di una
risocializzazione carceraria. Parrebbe
difficile dare una risposta lineare e quindi sensata, invece è proprio
dalla mia esperienza drammaticamente folle che può arrivare una
spiegazione consapevole, responsabile, infatti da quella in-giustizia
nasce l’esigenza di una riparazione. Il
crimine è sempre violazione intenzionale di una disposizione di legge,
lo è doppiamente quando la rottura del patto sociale avviene con un
atteggiamento criminogeno travestito di “giustizia” artigianale, fatta
in casa, dentro agglomerati di criminali in pectore. Con i
decenni chiusi dai chiavistelli e calati a piombo sulle spalle, la mente
ritorna agli anni affondati nelle storie anonime e blindate di tanti
uomini in catene, di altri che purtroppo non ci sono più. Sono
frammenti di vita che non vanno nascosti, né manipolati, rendono
trasparente il cammino da fare, quella mutazione possibile, accettabile,
che invita le persone ad andare incontro a una intera società. Quando
la Giustizia è lontana, non c’è richiamo o fronda che possa risvegliarne
equità e umanità, è distanza di ogni giorno, a ogni grido di aiuto
inascoltato, di ogni diritto annullato, anche solo per una frazione di
secondo, nella frazione di uno sparo.
Giustizia è un valore che non può rimanere fuori dall’uscio di alcun
abitato, neppure all’interno di una istituzione chiusa e refrattaria
alla trasparenza come il carcere, anche lì, la giustizia dovrebbe essere
assunta come obiettivo da perseguire pervicacemente per il benessere
della persona, di tutte le persone, facendoci schierare apertamente
dalla parte di chi non vede riconosciuti i propri diritti fondamentali,
cercando di comprendere e sostenere chi è calpestato quotidianamente nei
propri diritti e fin’anche nei propri doveri, perché non è consentito
appropriarsene per custodirne lo strumento riabilitante. In un
tempo definitivamente trapassato, quegli anni di piombo fuso che non
risparmiava niente e nessuno, neppure l’ultima volontà di un perdono, le
rivolte e il sangue segnavano i perimetri carcerari, in quella violenza
spesso indicibile, ribellioni e devastazioni nell’illusione di
umanizzare il carcere, invece servivano a fare il gioco di chi il
carcere lo voleva disumano
e disumanizzante. La
Giustizia non è una parola da intendere a proprio piacimento, neppure
paravento di una qualche e più grave ingiustizia, la vittima, il
colpevole, il cittadino libero e quello detenuto, è persona con il suo
valore, con la sua relazione, la storia di ieri, quella di oggi e di
domani: in quel prima, durante e dopo, è necessario fare vivere la
giustizia anche in carcere, elemento che determina la metodologia di
qualsiasi intervento repressivo e preventivo, che punisce la persona, ma
ne rispetta la dignità e la soggettività. In famiglia, a scuola, nella società, dentro un carcere, perché esso ne è parte importante, la Giustizia non è una figura retorica, una condizione precaria, ma compagna di viaggio di ognuno, è radice autorevole per ciascuno, perché consegna rispetto alla vita, infatti come ha detto qualcuno ben più lungimirante di me, “ il rispetto è una scelta, la paura un obbligo”.
Vincenzo Andraous |
La pagina
- Educazione&Scuola©