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GRIDA CHE NON SEMPRE RIUSCIAMO
A COGLIERE A frequentare gli spazi e le strutture della comunità
terapeutica e di servizio Casa del Giovane, c’è la possibilità di fare i
conti per intero con il disagio dilagante nel nostro paese, con quanto
piega ed a volte spezza il futuro dei più giovani, fino a rendere quasi
disumano lo sforzo per raggiungere la più dovuta delle speranze, una
vita equilibrata e decorosa. Nei piccoli sentieri, nei laboratori del lavoro,
nelle stanze del dialogo e dello studio, tante persone stanno insieme,
per affrontare senza paura l’insidia delle rese assai più facili della
lotta, della vita disperata perché mai del tutto vissuta. Uomini e donne, uno di fronte all’altro, senza più
filo spinato a mordere la carne e il cuore, a guardarsi negli occhi,
dentro la fatica non certo di vivere, ma nell’impegno
a ri-trovare e mantenere equilibrio e dignità, amore e stima per
se stessi e per chi c’è intorno, anche là dove lo sguardo muore. Non è semplice accorgersi del rifiuto che proviene
dai nostri figli, prendere atto della perdita a cui si è destinati, non
è facile davvero comprendere il disagio che buca ogni logica, siamo
tartassati da un riduzionismo irresponsabile, diventiamo soggetti
passivi, oppressi dal conflitto quotidiano proveniente dalla
comunicazione che ci è data in eredità, tra ciò che è vero e ciò che è
falso, nel frattempo i più giovani sbandano, qualche volta ci sfiorano,
ma non ci chiamano, noi rimaniamo prigionieri di una incredibilità, che
invece è la realtà della logica dei conti, dunque la meno accettabile. Droga, alcol, violenza, un fenomeno che non è più
sottotraccia, né può restare un prurito sottopelle, occorre farci i
conti con questo mostro multidimensionale che opera senza sosta per
depredare le nostre vulnerabilità, e ci impedisce di crescere, pensare,
agire, ci obbliga a
stare supini nelle nostre codardie socialmente inutili. Ciò che ci viene incontro da una società sopita e
indifferente, è uno stile di vita che non ha in dote il cambiamento, ma
le tragedie che derivano da
una umanità appena nata è già scossa alle fondamenta, costretta a
sbattere addosso alla sofferenza, con i polsi legati e privati del
coraggio necessario a ogni libertà, per diventare testimonianza nei
confronti dei limiti e dei sacrifici che cui siamo chiamati a onorare. In questa comunità, dentro al dolore mai
insonorizzato come quell’altro che straripa malamente in un carcere, non
ci sono ferite da costringere all’invisibilità, è invece necessario
sentirci più responsabili, meno mimetizzati nel malessere che assale
alle spalle i tanti professionisti di domani. La droga circola a scuola, a casa, nei luoghi di
lavoro, di svago, non fa sforzi per nascondersi, non solleva troppe
proteste, poco importa se è transitata da un’istanza protestataria a
un’altra più miserabilmente truffaldina, tanto da diventare una bugia
colossale che spaccia la roba da calare giù per una delle più ambite
libertà. Alla Casa del Giovane ragazzi sopravissuti a una vita
piccola per approdare a una vita grande, il male preso di petto, il bene
a volte in difficoltà, le ginocchia sbucciate, i sentimenti in apnea,
c’è vita di salita nelle scelte di riscatto e di amore, c’è vita di
discesa in chi non guarda solamente al traguardo della risalita, alla
recidiva da svuotare di ogni più cinico automatismo, ma al grido che non
sempre riusciamo a cogliere.
Vincenzo Andraous |
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