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LA PASSIONE DI CRISTO Il film sulla passione di Cristo è ormai scivolato via però una riflessione è doverosa, dopo tutti gli affanni delle critiche e la creatività delle censure, e gli sforzi all’intorno per travestire di mutamenti antropologici i libri sacri, che invece non affittano maschere né interpretazioni a tempo. Il film di Mel Gibson è tacciato di violenza gratuita? Ha preferito del Cristo il martirio figurato e non quello meglio raccontato? Eppure il Re è stato inchiodato alla Croce, nell’ingiustizia dell’inumanità, Egli non ha sorriso alla morte, né di coraggio ha taciuto al dolore, anzi, ha gridato al cielo…. ostinato, il Suo male, la Sua resa, il Suo abbandono. Lo ha gridato al Regista da Maestro sgangherato, ma così perfetto e inavvicinabile nello stile di vita, che nelle rivoluzioni che sono seguite non vi è neppure l’ombra di un doppio possibile per tenacia e fortezza innanzi agli uomini, a se stesso, alla morte. Romantici e nostalgici, atei e credenti, in questo senso non hanno frecce nelle loro faretre, non posseggono campioni credibili da opporre a questo rivoluzionario Unico, che ha insegnato l’arte del vivere povero nella ricchezza e del morire per scelta di fede e di amore. Nonostante ciò, le sofferenze inumane sopportate da questo Signore umano, hanno creato sconcerto e imbarazzo, quasi paura per gli uomini che verranno….che forse dovranno solo essere uomini che al sangue versato sulla Croce non preferiranno un ricordo sbiadito. Siamo inondati di immagini da ieri a domani, e non ci scomponiamo oltremodo sul come e sul perché di tanti tragici eventi trapassati-ripetuti. Ne rammentiamo le urla per le percosse, i tagli, gli scavi nelle carni, ne ricordiamo in bella vista anche la disposizione dei fori di proiettile, mentre dimentichiamo l’odore del sangue raggrumato. Non è il rumore delle nocche infrante sulle labbra di Gesù che precede la profanazione della dignità di un uomo, non è il corpo piegato e piagato nell’insopportabile accettazione del dolore a renderci meno imbroglioni, quanto trattandosi di Dio meglio porgere la guancia attraverso la metafora, gli accenni, e lasciare alle spalle, cioè dietro gli occhi della storia, ogni cosa intessuta di in-umana colpa. Riconosciamo che qualcosa è bello, è vero, perché assume un suo particolare tono di voce, questo vale anche per i personaggi che ne fanno parte, ognuno con il suo abito mentale, ciascuno con il suo vissuto e la sua storia. Non siamo forse noi quelli che l’abbiamo crocifisso e umiliato? Allora perchè dobbiamo solo scriverne i comportamenti e non fotografarne le mosse, dove anche il cuore più impavido urla per il dolore, per la rabbia, per i rimorsi, e i pentimenti. Non occorre guardare il film della passione di Gesù con il dovere del rigore biblico o per alcuni a-morale dei nostri anni, infatti come ha detto un mio amico, non si può tornare sui passi per riviverne un pezzetto, ma forse neppure addolcirne il ricordo per la festa che verrà.
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