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NUOVA QUOTIDIANITA’ DEL VIVERE CIVILERicordo le parole di
un grande Magistrato:, “ Il discorso sulla sicurezza è diventato
un'ossessione, ma non bisogna aspettarsi la soluzione dei problemi da un
maggior numero di caserme ( io aggiungerei di carceri ), e sebbene sia
giusta e congrua l'azione delle Forze dell'ordine, non dovremmo mai
perdere di vista l'essere umano, la fragilità della vita umana". Questo immobilismo è
oggi denominato come la patologia dell' oblomovismo. Infatti per chi varca la soglia di un carcere, la pena avrà un termine, quella persona uscirà, ma tutto quello che viene prima e deve venire dopo, deve riguardare un intervento che coinvolga l'intera società. Le scelte di politica
criminale non possono essere dissociate da precise politiche sociali.
Se ciò non è, allora equivale ad ammettere, per tecnici del diritto ed
editorialisti di fama, che reprimere e rinchiudere conviene assai di più
che recuperare, rieducare, risocializzare. Un carcere a misura di
uomo significa concedere la possibilità di rivedere con occhi e sguardi
nuovi ciò che è stato, e soprattutto di intendere il proprio riscatto e
riparazione, non come l'assunzione di un servizio statuale, che come
tale rimane uno scarabocchio sulla carta, ma dovrà essere inteso come
una vera e propria conquista di coscienza. Ritengo non più
dilazionabile l'urgenza di coniugare in modo autentico teoria e prassi,
sicurezza e risocializzazione, in quanto entrambe le istanze sono
elementi costitutivi della nostra collettività.
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