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IL PIZZO PER UN FUTURO CHE SCAPPA VIA Sono bambini che hanno messo sotto quel nero sulla
spiaggia, non razzisti, non delinquenti, non violenti e non intolleranti
di professione. Semplicemente bambini al mare
a ridere, a divertirsi, a fare quello che sentono a casa, a scuola, tra
una giostra e un panino al McDonald’s, senza fretta di risultare
protagonisti in qualche isola dei famosi,
bambini dentro un silenzio mai stato vigile
su quella spiaggia. Bambini mettono a soqquadro la calma piatta del
bagnasciuga, usano parole vetuste, incompatibili con la liquirizia che
sporca le labbra, scalciano come si fa a un pallone tra i piedi, fanno
male a chi è nel mezzo, diverso nel colore, distante nell’avere,
differente nell’onorare una gratitudine che non ci sarà. Lanciano addosso all’intruso parole dure, aspre,
gravide di dolore, lo fanno con il sorriso immacolato, ricercando
approvazione e merito per quel che sentono a pranzo, alla televisione, e
mettono in pratica con qualche difficoltà. D’improvviso la metastasi mai salutare averci a che
fare, tra gli sguardi disattenti degli adulti voltati da un’altra parte,
in fin dei conti non è successo nulla, poco più di una ragazzata, che
non è il caso di esagerare, amplificare, per di più il nero disturbava,
recava danno, costringeva a una fastidiosa sopportazione. Su quel fazzoletto di sabbia dorata è accaduto
qualcosa di ben peggio di una sperimentazione gruppettara tra minori
annoiati, c’è il sentore strisciante di una pochezza educativa che
espande una specie di tirannide rovesciata, e imputarla a dei bambini in
vacanza è solamente un esempio brutale e completamente sbagliato. Il nero accerchiato, umiliato, percosso, è il segnale
ripetuto, ma costantemente rimosso, del continuo degrado senza ritorno,
una demenza senile di partenza, una prepotenza intellettuale e
culturale, che fa mancare una vera alleanza, una condivisione, una
strategia e una passione, per riuscire a mettere un freno al disastro
che minaccia soprattutto i più giovani. E’ una scommessa educativa che non prende quota, un
salto qualitativo che non si realizza nonostante il decennio si concluda
in maniera impietosa. Il rischio è di rotolare in una
deresponsabilizzazione che non è di pochi, non è di qualcuno, ma di
quanti scambiano il dovere del rispetto per se stessi e gli altri, per
il diritto di poter sopraffare: aggirando e manipolando la giustizia,
che è condizione inappellabile per perseguire il benessere delle
persone, della collettività, è punto di partenza per schierarsi dalla
parte di chi non vede riconosciuti i propri diritti fondamentali, di
più, dalla parte di chi è calpestato nei propri diritti di vivere e non
sopravvivere. Quei bambini non sono gli uomini che hanno opposto la
disattenzione alla educazione, disarticolando il valore delle parole,
per rendere quella differenza di pelle, di stato, di ruolo, un punto di
arrivo per scacciare ciò che è diverso, ridotto a un non valore. Stiamo parlando di bambini
assediati dai gesti e dagli atteggiamenti di un pianeta adulto ben più
irresponsabile dei Peter Pan in calzoncini corti, ma che farà pagare a
caro prezzo
come sempre ai più giovani il pizzo per il
futuro che scappa via.
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