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PROTESTE E VECCHI MERLETTI In questi giorni di proteste, di scontri in piazza,
di bombe carta e vecchi merletti, mi sono chiesto cos’è la libertà, se
esistono davvero uomini liberi.
Osservo i vecchi ribelli, i giovani in cammino, gli slogans, gli ordini
impartiti, le grida di gioia, le urla di dolore, i giusti e gli
ingiusti, mi chiedo dove sta la libertà
di non condividere né accettare deleghe in
bianco, dove sta la libertà di dissentire, di sottrarsi dall’effetto di
mille politiche confutate o che potranno esserlo in futuro. Libertà di manifestare, libertà di protestare,
libertà di non accettare, libertà di parola, e poi ancora libertà di
prenderle e di darle, libertà di morire in nome dei più alti ideali,
eppure in loro nome sono state commesse le nefandezze più inenarrabili.
Questa non è la trama di un film già visto altre volte, come qualcuno si
ostina a raccontare, è
una punteggiatura nuova di zecca, dell’era
digitale, e sebbene nulla del passato potrà mai ritornare, qui non c’è
la possibilità di gridare: “ehi regista fammi uscire dalla trama del
film, mi sono stancato. voglio ritornarmene a casa”. Con la mente ripercorro uno sceneggiato di tanti anni
addietro, dove utopie e romanticismi sociali sconvolsero drammaticamente
il paese, finchè si perse il conto dei morti e dei feriti. Ma quella fu
una degenerazione sociale fisiologica al sistema di allora, che
reclamava il giusto cambiamento, eppure pochi uomini condussero alla
eliminazione non solo di tante persone, ma addirittura di una intera
generazione.
Oggi lo scenario investe una libertà
che non è quella invocata ieri, perché
coinvolge confini, terre, mondi, uomini e
politiche; non ci sono più
quegli slogans né quei compartimenti
stagni. In questo presente dove le parole e gli stili di vita
sono di per sé diga insormontabile per qualunque ritorno al passato,
perchè non posseggono propri colori e brevetti, tanti uomini grandi per
autorevolezza hanno ribadito di non cadere nella trappola della
violenza, di non riesumare pagine di un libro ingiallito dal tempo. Ma non è un’arma a fare di un uomo un rivoluzionario,
so che una pistola fa di un uomo un futuro assassino, e quando questo
accade, non ci sono giustificazioni né attenuanti: c’è il baratro, da
cui risalire è assai difficile. So
che la
pace rappresenta il mondo umano senza
bisogno di tessere o bandiere, essa è una canzone che ha note di
evidenza reale che appartengono a tutti, potenti e non.
L'impressione che si ricava dalle lentezze e devastazioni interiori, è
che non solo è difficile ben operare a causa della marea di disagio
dilagante, ma lo è soprattutto per l'avanzare di nuove forme di
malessere, che non hanno più l'etichetta protestataria di un tempo. E'
un inverso ipnoticamente diritto che assale generazioni diverse, che si
insinua più facilmente in chi non ha strutture mentali formate, in chi
nell'evoluzione intellettuale ha ceduto sotto il peso di una libertà
inconsciamente percepita come una condanna, per l'incapacità ad onorare
reciprocamente le proprie responsabilità.
Non è con il bastone, con le bottiglie incendiarie, o peggio con il
fucile, che
le richieste di giustizia, di solidarietà,
di democrazia possono transitare da una istanza politica a una scelta
morale, ma con la fede della ragione, della mia, della tua, dell’altro:
questo può avvicinare a un’idea di imparzialità e giustizia.
Vincenzo Andraous |
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