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RICONSEGNARE ALLE PERSONE IL
LORO VALORE C’è un collante misterioso che tiene insieme tragedie
che in apparenza sembrano differenti. Un cittadino detenuto si toglie
la vita dentro un carcere sempre meno umano e vivibile. Un ragazzo va in coma etilico alle nove del mattino,
un altro in overdose nel pomeriggio. Adolescenti in gruppo picchiano e rompono nasi e
denti, devastano cose e proprietà, mettono sotto coetanei e coetanee con
l’arma della violenza, della prepotenza, del sopruso, infagottati da
un’omertà appresa qua e là. Dimensioni che non possono
essere relegate nei luoghi dell’invisibilità, neppure debbono suscitare
e allargare indifferenze colpevoli, mentre moralità, etica e onestà
intellettuale voltano le spalle alla
coerenza e alla generosità per vestire i panni degli interessi di
bottega, del consenso facile di partenza, antitesi, di quell’altro di
arrivo, che invece comporta fatica, impegno e amore di Giustizia. C’è qualcosa che tiene insieme l’ingiusto di questo
morire non raccontabile, così male inteso da essere accettato come
evento critico ineluttabile, peggio, come interpretazione più o meno
condivisibile. Forse occorre adoperarsi per una politica alta, per
una società più matura, per riconsegnare alle persone il proprio valore. Ragazzi e droga, giovani e
alcol, piccoli e grandi uomini alla ricerca di qualcosa, di qualcuno,
intimoriti dalla fragilità e inadeguatezza a affrontare un futuro
disperante ma non ancora
da apocalypse now. Numeri e contenitori, pena e
castigo, carcere e detenuti, non sono parole che possono essere lanciate
nel mucchio, quando si parla di Istituzioni e di persone, bisogna avere
più rispetto per le vittime e la loro esigenza di giustizia, e per chi
in prigione paga il proprio debito alla società,
per chi intende riparare, e lo fa
nonostante una galera ridotta a qualcosa che non è onesto declinare
sotto il segno della nostra Costituzione. Droga, violenza, carcere, un percorso di guerra che
ha nell’ottusità ideologica, il non rispetto di quella ovvia duplicità,
che sta nella prevenzione e nella conseguente risocializzazione,
obblighi assoluti e inderogabili, senza i quali si è destinati a
ripetute solitudini imposte. Sostanze stupefacenti non
sono altro che segnali di allarme
della nostra fallibilità genitoriale,
di una sfida educativa zoppicante, e come
ci ha lasciato detto qualcuno ci porta: “a ridurci profughi
senza casa nel nostro stesso mondo”. Ragazzi e ragazze confusi e
soli, senza il coraggio di parlare, di chiedere aiuto, di alzare la
mano, adolescenti oppressi dalla necessità di violare il limite, e
allontanarlo definitivamente da sè, dentro il desiderio di una libertà
che non risponde ad alcun richiamo, per cui diviene disperato il bisogno
di violare lo spazio altrui, di annullarsi con l’alcol,
nel calare giù polvere e pasticche degli
angeli, in uno stile di vita falsamente adrenalinico, una vera e propria
menomazione che fa rumore, schianto, perdita a volte per sempre. Nel nuovo anno da poco
iniziato sarà bene aver più cura di noi stessi, avere cura soprattutto
dei più giovani, sui quali abbiamo il dovere di scommettere e il diritto
di vincere la partita più importante, quale unico futuro possibile.
Vincenzo Andraous |
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