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Gruppo di Saggi
Sintesi del rapporto del Gruppo di Saggi, costituito dal Presidente della Commissione Europea, ottobre 2003 Per ripensare fin dalle sue radici il dialogo tra i popoli del Mediterraneo al fine di rilanciare su nuove basi una vera riflessione e comprensione reciproca delle culture che possa portare ad un progressivo sviluppo della relazioni euro-mediterranee, il Presidente della Commissione Europea ha costituito il cosidddetto “gruppo di Saggi” .
Si tratta di esperti, filosofi, uomini
di cultura e consulenti ad alto livello, incaricati di elaborare delle
proposte per rilanciare la partnership euro-mediterranea dopo i magri
esiti del processo di Barcellona e nel quadro della nuova politica di
vicinato dell’UE.
All'interno del Gruppo sono presenti due famosi esponenti della cultura italiana: Umberto Eco e Tullia Zevi.
Il Gruppo si é già riunito nei mesi di
gennaio, marzo, giugno e settembre 2003 per discutere tematiche
specifiche :
.incoraggiare e sviluppare il
dialogo tra le culture nell’area del Mediterraneo,
.elaborare delle iniziative
concrete per un nuovo approccio alla cooperazione tra le culture,
.combinare la coesione interna
delle società europee con un miglior dialogo tra i paesi del sud del
Mediterraneo,
.promuovere l’integrazione degli
immigrati legali nei paesi del Mediterraneo, assicurare una miglior
coerenza alle relazioni euromediterranee.
La necessità di un dialogo interculturale euro-mediterraneo emerge prepotentemente da un’analisi del contesto attuale, in quanto base necessaria per una concreta cooperazione tra i diversi paesi dell’area, attualmente divisi e frammentati sotto più profili. Il Gruppo dei Saggi ha un approccio molto critico rispetto all’attuale forma della partnership euro-mediterranea, sia nelle sue premesse che in alcuni suoi sviluppi.
Infatti, per quanto concerne le prime,
il rapporto dei Saggi sottolinea le reciproche discriminazioni
presenti, soprattutto a livello religioso,su
entrambe le sponde del Mediterraneo. Tali considerazioni vengono
riprese inoltre nel considerare l’insuccesso del processo di
Barcellona, “vittima delle sue ambiguità”, date le limitate risorse e
strutture predisposte.
In merito alle azioni il Gruppo critica gli accordi di associazione, in quanto frutto delle pure negoziazioni di rappresentanti governativi che, escludendo qualsiasi coinvolgimento della società civile, hanno precluso ogni possibilità di una comprensione e concreta collaborazione.
Proprio la dimensione culturale del
partenariato, aspetto fondamentale per rimediare a tali mancanze,é
stata a priori trascurata, come dimostrano i mancati incontri tra i
Ministri dell’Educazione e della Ricerca e le uniche due conferenze
dedicate alla Cultura.
I Saggi hanno analizzato quattro fattori del contesto attuale da cui partire per la ricerca delle “soluzioni”:
. la globalizzazione economica, che
pone nuove sfide alle società ed alle istituzioni sia nel Nord che nel
Sud e che, considerando in primo luogo l’aspetto politico e culturale,
trova un sud diviso rispetto ad un nord avvantaggiato dai progressi
dell’Unione Europea;
. l’allargamento dell’Unione Europea che lungi dall’essere una chiusura verso il Mediterraneo[1], si prospetta come un’apertura a nuove identità e a tavoli di cooperazione paralleli e complementari senza confini. L’evoluzione attuale dell’Unione verso una Costituzione viene considerata una garanzia di questa tendenza, in quanto superamento dell’identificazione tra cittadinanza e identità culturale;
.la presenza costante di comunità di
origine immigrata sul suolo europeo, che comporta la continua e
reciproca influenza tra le diverse culture;
.le molteplici questioni d’identità che questi cambiamenti stanno riversando su entrambe le sponde del Mediterraneo. Non solo le sfide poste dalla globalizzazione sono simili, ma anche le risposte in termini di democrazia e trasparenza che i paesi e gli organismi internazionali stanno cercando di porre in essere: l’Unione, di fronte all’allargamento, procede verso una Costituzione che avvii un’integrazione politica che coinvolga direttamente i cittadini e la società civile; il partenariato mediterraneo, nello stesso tempo, ricerca uno sviluppo più democratico, come prova la creazione dell’Assemblea Parlamentare e i continui tentativi tesi ad un’ integrazione Sud-Sud, finora non riuscita. Proprio da queste identità in evoluzione nasce la necessità di un dialogo che si basi sulle culture (in senso antropologico), in quanto strumento per un rapporto egalitario, per una concreta integrazione (into their day-to-day life), per coinvolgere la società civile al fine di porre fine a discriminazioni e conflitti, ed infine per un processo di secolarizzazione che favorisca il rispetto reciproco tra culture e religioni diverse. Il dialogo, sviluppato attraverso la definizione di azioni e istituzioni,appare come l’unico strumento per risolvere i problemi interni su entrambe le sponde del Mediterraneo: per i problemi strutturali di un sud che deve divenire un “pieno” partner del nord[2]; e per un nord che si trova di fronte ad un impasse, una mancanza di punti di riferimento, causata dalla globalizzazione, che solo puo’ superare tramite un’ampliamento del dialogo culturale.[3] Dall’affermazione che il dialogo fondato sulle culture sia il modo migliore per evitare il relativismo culturale in termini di diritti umani, il gruppo di saggi ha definito un insieme di principi:
il rispetto dell’Altro,
l’Eguaglianza,
la Libertà di coscienza,
la Solidarietà,
la Conoscenza,che devono
costituire il “software” della Fondazione Euro-Mediterranea.
Ruolo della Fondazione sarà quello di “guardiano del principio di eguaglianza”, attraverso attività di studio e monitoraggio, mentre spetterà alle pubbliche autorità destinare le risorse e attivare azioni concrete, secondo le linee direttrici che il Gruppo stesso ha tracciato. Dai principi sopra citati, sono stati individuati tre fattori chiave per instaurare il dialogo interculturale: l’educazione alla diversità – essenziale nello stadio iniziale - ; la mobilità e lo scambio delle buone pratiche – come dialogo quotidiano che rappresenta il cuore del processo - ; ed infine i media – fondamentali per consolidare, pubblicizzare e sostenere il processo -. Da questi tre elementi discendono tre linee operative che, attraverso specifiche misure, con impatto di breve e lungo termine, mirano a garantire il successo del dialogo e a massimizzarne gli effetti attraverso la diffusione e la creazione di reti. In merito all’educazione alla diversità appaiono necessarie alcune misure: l’apprendimento delle lingue,
l’insegnamento comparativo di
religioni e culture,
la mobilità degli studenti,
la condivisione dei moduli di
insegnamento per creare programmi di conoscenza condivisa.
Inoltre la ridefinizione delle fondazioni di scienze umane e sociali[4] é considerata una misura immediatamente necessaria per sviluppare nel lungo termine una conoscenza condivisa. Infine la creazione di nuovi Centri di studio Euro-mediterraneo e di un network di professori universitari provvederà a consolidare la collaborazione tra le due sponde del Mediterraneo. Per quanto concerne il secondo fattore, mobilità e scambio di buone pratiche, vengono identificate altrettante misure:
la creazione e lo sviluppo di networks
di luoghi pubblici di incontro;
il sostegno ad un maggior ruolo
dell’associazionismo locale –soprattutto nel campo umanitario- e alla
creazione di loro propri network;
la creazione di un’unità di
monitoraggio delle buone pratiche e del dialogo interculturale stesso;
l’incoraggiamento al servizio
volontario dei giovani nell’area euro-mediterranea.
Infine, per il consolidamento e la diffusione, é necessario che i media siano strumenti di conoscenza reciproca ed egalitaria.
Per questo il Gruppo di Saggi propone
misure per educare sia il pubblico che gli autori -
attraverso corsi, seminari sulla diversità culturale, il
coinvolgimento dei giovani, la produzione di film di autori
mediterranei – e l’utilizzo del programma Audiovisual
Euromed, per la promozione di nuovi canali nel Sud e la creazione
di canali che leghino gli immigrati ai loro paesi di origine senza
ghettizzarli, ed infine per la creazione di canali multilingue
sui satelliti mediterranei e per un osservatorio dei media che
lavorerà a fianco della Fondazione.
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