I FIORI DEL SUD
di Nadia Scardeoni
E' impossibile parlare della scuola a Palermo senza parlare dei contesto culturale, sociale che caratterizza la città. E se questo è vero
dovunque, è particolarmente vero in una città come Palermo ove convivono esperienze così originali, diverse e contraddittorie da rendere
banale ogni facile semplificazione e quasi impraticabile l'uso di
categorie altrove efficaci.
Palermo è l'incontro irrisolto di esperienze storiche, sociali ed economiche tanto più eterogenee e distanti nel tempo quanto più solidamente intrecciate nello spazio.
E così accade che dentro il cerchio di poche centinaia di metri convivano, apparentemente senza scandalo, nelle «pietre» e nelle persone, le espressioni della cultura più raffinata, traboccante di memorie storiche complesse e affascinanti e la cultura del deserto, dell'abbandono e del degrado, istituzionale, sociale e culturale.
Un deserto «sui generis», brulicante di vita, sottoposto alle leggi ancestrali per la sopravvivenza, strette in un irresistibile abbraccio con l'altra legge, quella non scritta, ma così drammaticamente vera e viva, della cultura mafiosa.
Pietro Zullino nella sua Guida ai misteri e piaceri di Palermo ha scritto: «L'anima della città non è fissata alle sue pietre. Esse sono completamente mute. Palermo non è un museo; la sua scoperta si può fare solo in una dimensione psichica. Ma bisogna iniziarsi con serena umiltà: unico modo per arrivare pian piano a penetrare i misteri e a gustarne (perché ci sono) i raffinati, cerebrali, snervanti piaceri. La città offre visioni di sfacelo e di morte. Se riuscite a farle abbassare la maschera, vedete che sotto è ben viva.»
VIOLENTO E LIBERO
In una delle prime tappe di questo mio viaggio dentro l'universo scomposto che fa da matrice alla scuola palermitana, sono stata
accompagnata, da un'amica, al distretto socio-sanitario del quartiere dell'Albergheria, dove presta la sua opera la dottoressa Donatella
Natoli.
Al nostro arrivo alcuni ragazzi, forse una decina, intenti a rincorrere un pallone hanno improvvisamente interrotto il gioco e, come ubbidendo
ad un segnale, si sono precipitati sul cofano e sul tettuccio della nostra macchina urlando saltando e ballando. Una «festa»? Un'aggressione»?
Difficile dirlo. Ho avvertito come uno strappo repentino verso un mondo arcaico, violento, lontano, ma nel contempo gioioso, vitale,
sfrontatamente libero. Ci inoltriamo nell'ambulatorio del distretto mentre sfilano i pazienti con i loro drammi quotidiani.
Una giovane madre chiede il latte in polvere per il neonato, pensa che allattare non sia più di moda. Occorre convincerla a servirsi di ciò che la natura le offre spontaneamente ed in abbondanza. Un ragazzo alto e biondo viene a medicarsi una lieve ferita e intanto la dottoressa commenta: «Le pare possibile che questo bello picciotto non abbia la terza media?» «No», rispondo, «Con questa bella faccia intelligente, pare proprio impossibile». «Eppure è così! E come lui, tanti altri, troppi altri!. La dispersione scolastica è ancora alta, i dati ufficiali non sono, a mio parere, del tutto attendibili. Le cifre dell'abbandono spesso sfuggono in mancanza di un'anagrafe scolastica che li registri.»
Questo e' il dramma giovanile palermitano (nei così detti quartieri a rischio): bocciature, abbandoni, ricoveri in istituti privati, microcriminalità, tutte le tappe obbligate dell'emarginazione.
Sopraggiungono intanto alcune ragazze. Concertano una gita, sono eccitatissime, fanno grappolo sulla Natoli con l'invadenza di chi si sente amato, ascoltano i suggerimenti per l'equipaggiamento. Lei entra ed esce da questi scampoli di vita con una serenità che mi sorprende, senza perdere mai la misura, instancabile. E' suo il progetto «Ragazzi di strada quartiere Albergheria». Un progetto per la città che nasce dalla constatazione di marginalità in cui vive un gran numero di famiglie (circa 20.000) e che punta alla conquista della piena dignità di ciascuno. Un progetto quadro per una politica contro l'emarginazione giovanile, che ha come obiettivo quello di creare le strutture indispensabili capaci di alleggerire la pressione sulle famiglie disagiate con interventi a raggiera che si integrano rispetto alle specificità delle diverse ripartizioni: ripensamento della pedagogia scolastica, interventi strutturali sull'ambiente di vita, interventi per il lavoro, minimo vitale, luoghi di aggregazione, individuando strutture essenziali nei servizi di segretariato sociale, nell'istituzione di centri sociali polivalenti e nella costituzione di centri di artigianato e laboratori di lavoro.» Lasciamo il distretto sanitario con qualche speranza per questa «piazza» disadorna e semidisselciata, disgregata come tutti quei luoghi in cui non si ritrovano i segni di una comunità che gravita dentro lo spazio del proprio «abitare» senza che questo diventi patrimonio e «casa comune».
BOLLETTINO DI GUERRA
La seconda tappa è il carcere Malaspina e l'annesso Tribunale per i minorenni, una tappa obbligata dentro il mondo della microcriminalità.
Ospitato nel Palazzo Oneto di Sperlinga già residenza di Giovanni Stefano Oneto I Duca di Sperlinga nel '700. Dal 1761 fu Fabbrica di
Ceramiche e di Maioliche per poi essere adibito a Carcere delle Giovani Mendicanti e infine, prima della destinazione attuale, Ospizio per i
poveri. Restaurato in epoca recente, con molta sobrietà, vi si respira un raro senso di ordine e di efficienza.
L'appuntamento è con la dottoressa Antonella Pardo, giudice sostituto procuratore presso il tribunale per i minorenni. Entriamo subito nel vivo.
Chiedo alcuni dati ed è già un bollettino di guerra.
«A Palermo», dice, «1500 minori, fra i 14 e i 18 anni, ma forse di più, entrano annualmente in area penale. Provengono dai quartieri ad alto rischio, appartengono a quelle fasce sociali emarginate, composte da famiglie per lo più disastrate spesso con convivenze che favoriscono promiscuità sessuale, violenze ed incesti. Hanno spesso un padre o un fratello detenuto, una madre o una sorella prostituta. Sono ragazzi che hanno avuto un incontro-scontro con l'istituzione scolastica e, nel 70, 80% dei casi, non hanno adempiuto l'obbligo. Alcuni di loro, nemmeno della quinta elementare.»
Ma c'è una possibilità di recupero dentro l'istituzione carceraria?
C'è uno strumento in sé straordinario, di grande portata sociale che è 'la messa alla prova'. Quando si rendono disponibili vengono sottoposti ad un programma di recupero scolastico o di avviamento al lavoro o di intervento psicoterapeutico (se è il caso); superato il programma vengono completamente depenalizzati e non solo dei reati più lievi ma anche dei più rilevanti, omicidio compreso».
Con quanta efficacia?
«Il minore è disposto verso il programma ma ha un rifiuto totale verso la scuola; non ama ritornare dove è stato emarginato, sconfitto. Capo nella strada, nessuno nella scuola».
E l'avviamento al lavoro?
«Ciò che vanifica tutti i nostri sforzi è che poi il lavoro non c'è. Qui la piaga della disoccupazione produce effetti più letali di una condanna.
Purtroppo il problema più grave sta a monte, nella prevenzione, è quello delle risorse, dei servizi: asili, scuole, assistenza domiciliare. Disponiamo di sette assistenti sociali per un territorio vastissimo che comprende Palermo e provincia Agrigento e Trapani. Cosa possono fare sette assistenti? Inoltre a Palermo è mancata l'istituzione dell'affido familiare. Solo ora, con questa amministrazione si è predisposto un regolamento per l'affido, la formazione degli elenchi, la selezione e la formazione delle famiglie affidatarie»
Nel tragitto fra il carcere Malaspina e l'assessorato alla pubblica istruzione sotto una anomala pioggia sferzante, mi accorgo che dopo tanti anni di frequentazione di questa città, tanti incontri, tante letture, solo oggi, dopo questo «affondo», ho lo squarcio che svela la vastità del campo di battaglia con tutti i suoi feriti, con le sue innocenti «morti bianche».
Cosa fare? Da dove cominciare?
DEFICIT EDILIZIO
Per una amministrazione comunale che voglia incidere, recidere e magari tentare una terapia in un corpo così malato e smembrato si
presentano problemi enormi. Sanare le brutture lasciate incancrenire da decenni di cattive amministrazioni, di incuria politica, di arrogante
illegalità appare un'impresa troppo grande per chiunque.
Ma ci si sta provando...
...Un'impresa cui collaborano tutti quei volontari che, supportati dalle più svariate organizzazioni, si prodigano dentro la formazione organizzando doposcuola, animazione nel tentativo umile quotidiano di strappare energie preziose ad un destino disperatamente annunciato; primi fra tutti i sacerdoti antimafia che Saverio Lodato ha incontrato nella sua inchiesta sulle chiese di frontiera: «Dall'altare contro la mafia».
Nella «società civile», fra i cittadini che si sono automotivati ad elaborare strumenti di «liberazione» incontriamo Francesca Vassallo, che già da alcuni anni ha attivato una Ludoteca per sopperire alle carenze di spazi e di aree attrezzate con una proposta di gioco e di svago non solo diretto all'infanzia ma anche ad altre fasce d'età. Una «biblioteca del giocattolo», con un servizio di prestito e gioco alla presenza di operatori specializzati per chiunque abbia il desiderio di crescere giocando dentro laboratori creativi per inventare, costruire, sperimentare in una città assaltata dal cemento fuori da ogni logica di conservazione e tutela dei luoghi per incontrarsi.
Questa indagine vuole solo offrire elementi, per un itinerario più puntuale dentro una realtà così viva e complessa quale è la scuola nel Sud dell'Italia di cui Palermo è metafora.
Un Sud che di fatto è stato per decenni abbandonato a se stesso e che forse si è reso responsabile anche di una tiepida volontà di riscatto ma che oggi, rotto il guscio della cattiva coscienza, va incontro alla sua stagione più fertile con un patrimonio umano che l'«altra Italia», quella civilissima e fornitissima, dovrebbe saper accogliere per non chiudersi definitivamente nei paradisi ipertrofici delle sue raffinate «protesi tecnologiche».
1 aprile 1995
stralci da " École"
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