IL FUTURO …NON SIAMO NOI
" Alla William Woods University, nel Missouri, hanno scelto di andare contro corrente. L'ateneo compenserà in denaro gli studenti purché riprendano a frequentare concerti, spettacoli teatrali, incontri sportivi"……
La notizia della scelta CONTROCORRENTE dell’Università del Missouri di pagare gli studenti per "vivere" frammenti reali di vita ….in un teatro, ad un concerto o semplicemente praticando sport……..dovrebbe far saltare sulle sedie i caporedattori , i guru della pedagogia , gli psicologi , gli psichiatri, gli insegnanti di ogni ordine e grado , i saggi delle commissioni ministeriali , i filosofi, i teologi e via dicendo
Dovrebbe far riflettere sul business che ha indotto tante brave persone a lanciarsi come proiettili vaganti nel firmamento della rete come se il www fosse il luogo privilegiato in cui erigere le nuove frontiere delle avanguardie culturali o formative.
Dovrebbe far ragionare sulla insensatezza dei videogames , e di chi si appresta a darci una vita virtuale "completa".
Ma un problema reale di buona parte della cultura e della pedagogia italiana - oltre la sottomissione al pesante torchio di traffici politici insipienti - è l’atteggiamento tipico della provincia o della periferia : quello di occhieggiare ai centri di diffusione delle " novità "per adattarsele tout-court ….e pavoneggiarsi di una regalità più regale del re.
Quando invece si è intrisi di arretratezza – ce lo evidenzia il fenomeno della dispersione – non dovremmo esimerci
dal dovere di dare priorità alla soluzione degli elementi che trattengono una parte della popolazione scolastica in "carceri antidemocratiche " , luoghi di soppressione dei " diritti allo studio e alla cittadinanza secondo le norme costituzionali" .
E’ la "parità" che invochiamo da sempre.
L’ America ci precede nelle sperimentazioni ….".nel bene e nel male".
Basterebbe prendere atto perché ………….è legittimo pensare al futuro anzi e’ doveroso. …..ma IL FUTURO NON SIAMO NOI.
Allego a questa breve nota alcuni stralci di Interlinea che collegati insieme ….formano un pensiero.
Nadia Scardeoni Palumbo
http://www.edscuola.com/interlinea.html
NOTIZIA
L'università paga gli studenti per non navigare Ateneo del Missouri: fino a 5000 dollari agli allievi che seguiranno gli
eventi culturali dal vivo trascurando Internet
Basta con l'Internet, le chat, l'Mp3: se smettete di navigare siamo disposti a pagarvi.
Alla William Woods University, nel Missouri, hanno scelto di andare contro corrente. L'ateneo compenserà in denaro gli studenti purché riprendano a frequentare concerti, spettacoli teatrali, incontri sportivi. E' una mossa che sembra disperata, nell'epoca dell'Internet-generation e dei siti che offrono denaro a chi è disposto a navigare accettando di ricevere spot sul proprio schermo. Ma i dirigenti del college sono convinti di dover combattere fino in fondo una battaglia per la 'cultura dal vivo', dopo lo smacco subìto poco tempo fa. Al concerto di una famosa arpista, organizzato all'interno dell'università, si sono presentati appena tre studenti. La scena è stata umiliante e imbarazzante. Nessuno si aspettava una folla da evento rock, ma una così misera adesione a un appuntamento musicale non si era mai vista.
La ragione del clamoroso insuccesso l'ha spiegata uno dei tre ragazzi presenti in sala: "Sono tutti chiusi nelle loro stanze perché passano ore e ore coi videogames e la musica scaricata dalla rete". I professori, offesi e preoccupati al tempo stesso, hanno così deciso di rilanciare. "Vogliamo che i nostri studenti abbiano una maggiore esperienza della cultura vissuta dal vivo", ha spiegato il vice presidente dell'università, Lance Kramer. Così è partito il piano 'pagati per fare da spettatori'. Il programma prevede l'assegnazione di un punteggio per ogni evento seguito dal vivo. Un concerto di musica classica, ad esempio, vale tre punti: per ogni punto viene conteggiata una cifra, fino a un massimo di cinquemila dollari (circa dieci milioni) all'anno, corrispondenti a 45 punti. Il credito accumulato può essere detratto dalle tasse scolastiche oppure riscosso in moneta.
Riusciranno in Missouri a convincere l'Internet-generation che un concerto dal vivo o uno spettacolo teatrale valgono più di una serata passata davanti allo schermo di un computer? E soprattutto: la scelta della William Woods University è destinare a restare isolata o farà tendenza nei campus americani? Negli atenei Usa negli ultimi anni si è molto premuto per la diffusione delle nuove tecnologie, con l'allestimento di efficienti network telematici e specifiche campagne di formazione. Ma da qualche tempo l'entusiamo per la 'vita digitale' mostra segni di cedimento. Basti pensare alla crociata contro Napster e l'Mp3 lanciata da decine di atenei, dopo la scoperta che la maggiore parte del traffico nelle reti universitarie è legata allo scambio di file musicali.
di Lorenzo Guadagnucci
http://quotidiano.monrif.net/chan/web_reportage:885310:/2000/09/24
VILLAGGIO PLANETARIO O TORRE DI BABELE?
http://www.edscuola.com/archivio/interlinea/vilplan.html
di Riccardo Petrella
(sintesi e traduzione di Christine Callet)
Vi propongo alcune riflessioni sulle autostrade dell'informazione. Che cosa troviamo dietro questo battage? Della retorica; retorica sulla promessa dell'avventura. Solo i timorosi, i pigri e gli imbecilli rifiutano l'avventura. E' un'avventura fondata sulla mobilità che, contrariamente a ciò che si pensava 25 anni fa, è senza limite, grazie alle reti informatiche; quindi, la libertà di arrivare all'infinito.
Su queste autostrade circoleranno delle macchine e, in tal modo, verrà sacralizzato l'oggetto simbolo del nostro secolo. Tutto sarà possibile per queste macchine, perfino penetrare i segreti della C.I. A, si potrà vedere tutto, il viaggio sarà consentito anche alle famiglie finora sedentarie. Si andrà in fretta, molto in fretta, con questa macchina virtuale, dalla propria poltrona, dove si vorrà, quando si vorrà, con chi si vorrà. Secondo elemento di retorica: il matrimonio, quello del telefono con la televisione, di essa con il computer, del computer con il libro, del libro con il telefono ecc. E da questi matrimoni nasceranno bambini, dovunque si vorrà, come si vorrà. Ma queste unioni saranno belliche: Sony e Philíps si sposano per uccidere Matsushita, il quale, alleato con Time-Warner o Murdoch, vuole distruggere Sony e Philips.
Autostrade, è stato detto? Allora, come su quelle vere, non si vedrà più ciò che è bello perché si andrà troppo veloce, passeremo accanto all'essenziale:
Invece di essere dei luoghi d'incontro, gl'incroci saranno dei posti pericolosi e che saranno da evitare. Vogliamo parlare seriamente? Ciò che fa davvero paura è che autostrade e matrimoni daranno vita, non alla Worid Wide Web ma a una Mafia finanziaria mondiale. C'è già una conseguenza di questa società d'informazione e di comunicazione: la criminalizzazione della finanza a livello mondiale, la mondializzazione del capitale finanziario che, ormai, sa, vuole e può produrre per chi vuole. Da tre anni si vedono già le crepe nella democrazia nazionale rappresentativa nel mondo, da quando la Mafia della speculazione finanziaria, in tre giorni, ha distrutto lo SNM grazie alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione che le permettevano di gestire istantaneamente più di mille miliardi di dollari nel mondo.
Ma verranno create queste autostrade, nonostante tutto, per il semplice motivo che c'è chi le vuole, c'è chi investe per esse: nel mondo è già stato deciso l'investimento di settecento miliardi di scudi per i prossimi dieci anni, dal pubblico e dal privato, dal Nord Arnerica, dall'Europa occidentale, dal Giappone, dalla Corea, da Taiwan, da Singapore, da Hongkong.
Ma il problema fondamentale è di sapere chi farà le autostrade, per chi e per che cosa. Allora si assiste all'abdicazione del mondo politico, non è il politico che prende qui l'iniziativa, esso si fa da parte per lasciare il palcoscenico ad altri attori. Negli Stati Uniti, sopra Clinton, sopra Al Gore, ci sono i nuovi giganteschi e dinamici industriali americani, la politica nazionale sembra incapace di rivalizzare con Time-Warner o Murdoch. Allora dov'è il bene
pubblico, dov'è l'interesse comune? Nel rapporto Bangemann si legge: " ... bisogna lasciare che siano i mercati a guidare le società europee verso la società dell'informazione; bisogna saper ascoltare i bisogni delle imprese per dotarsi delle attrezzature più efficaci ed essere cosi competitivi sui mercati mondiali. "
A poco a poco, ognuno di noi si trova davanti ad una difficoltà crescente nel volere definire l'ambito del sociale. Stiamo, a poco a poco, perdendo la nozione di cosa sia la società.
Certo, la Sig.a Thatcher ha già risposto: "Non esiste la società, esistono solo i mercati".
Non riusciamo più ad individuare questo processo nel quale io sono con te, coesisterò con te, mi svilupperò con te, finirò con te.
Ormai, tutti accettiamo questa perdita d'identità, è un'evoluzione che, per noi, è un dato di fatto, inevitabile. Andiamo verso queste autostrade mondiali della comunicazione, andiamo verso questa città mondiale, andiamo, senza meta precisa, verso questo spazio infinito.
Orbene, che cosa possiamo proporre?
La rivolta!
Tutti siamo troppo passivi: Ci vuole la rivolta, quella pacifica, certo. Ma, come, per far che cosa? Innanzi tutto appropriarsi dell'idea: creiamole, queste autostrade, ma appropriandocele, a partire dalla gente, pensando alla gente, cercando di farla partecipe. Proprio lì troveremo lo spazio sociale, il famoso " Social Cyberspace". Se dobbiamo mettere assieme questi otto miliardi di persone che saremo fra pochi anni, che non sia attraverso i mercati,
che non sia attraverso il privato. Partiamo assieme con uno spirito sociale mondiale che si definisca attraverso la volontà, il dovere di portare la dignità a miliardi di persone.
da INTERLINEA
STRALCI
Creatività e Rete
a cura di Nadia Scardeoni
Gli studi e il lavoro sulla creatività', iniziati sui banchi di scuola, come insegnante di Educazione Artistica mi indussero a sperimentare tecniche didattiche completamente nuove.
La più significativa e per certi versi rivoluzionaria fu la sperimentazione dell' Educazione al silenzio che si impose dentro la didattica della materia nel momento in cui, a fronte di studi ed osservazioni costanti sul campo, dedussi con chiarezza, che la causa primaria delle difficoltà espressive degli alunni era da individuarsi in una sorta di saturazione da "invasione dell'immaginario".
Ripercorrendo le tappe della mia storia personale individuai nell'educazione al silenzio una forma possibile di ricostruzione del centro vitale psicoaffettivo che si costituisce come fonte dell'energia creativa.
La mia sperimentazione ha dato risultati straordinari ed è stata presentata nei corsi di formazione docenti, organizzati dall' M.C.E. di Verona.
Queste sono in sintesi le premesse dell'intervento proposto in sede politica nell'agosto del 95, a Filaga, in Sicilia, nel corso del convegno della LIBERA
UNIVERSITA' DELLA POLITICA sull'economia.
Il tema della mercificazione dell'immaginario è stato da me proposto, anche in seguito, in varie sedi (dibattiti, interviste) come una delle principali forme di repressione e annichilimento della "consapevolezza del sé "e quindi causa di spaesamento relazionale e di caduta della motivazione.
Dentro questo tipo di ricerca sono anche da ospitarsi i "dialoghi" con vari esponenti della politica e della cultura che sono pubblicati nella sezione
Archivio di Educazione&Scuola.
Ritengo che il tema sia di vitale importanza e che si debba imporre ad un'attenzione costante affinche' non siano disperse, nell'ebbrezza da protesi tecnologica che ci avvolge, un concetto inalienabile: l'essere umano, e' inizio e principio del suo libero arbitrio.
La creatività quale risorsa fondamentale nell'economia dell'esistenza.
E' bello incontrarci all'insegna della progettualità solidale intorno ad una necessità
fortemente condivisa: quella di ritrovare il senso, come é già accaduto in queste ore, di
un "circolo virtuoso", dentro l'economia dell'esistenza perché, ci piace ribadirlo, l'elemento di costruzione apparentemente meno citato e in realtà presente é l'uomo con le sue risorse davanti al suo percorso
esistenziale.
Allora nel vocabolario che andiamo pazientemente tessendo in questi giorni io scelgo di
fare alcune riflessioni sui fattori di degrado che mettono a rischio una risorsa
fondamentale dell'uomo: la creatività.
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Quanti dibattiti sono stati attivati in questo ultimo decennio sull'influenza dei mass-media, dalla televisione alla pornografia, alla pubblicità, senza che la coscienza collettiva avvertisse il pericolo allarmante che era nell'aria?
Il filosofo Karl Popper, poco prima di morire ha lanciato un appello accorato nel suo saggio "televisione cattiva maestra". Popper imputa alla televisione di essere il principale veicolo di violenza nella società paragonandola alla guerra per i suoi effetti devastanti.
La chiama fattore di perdita dei sentimenti normali del vivere.
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http://www.edscuola.com/archivio/interlinea/latouche2.html
Un pagano con la fede - Intervista a Serge Latouche a cura di Nadia Scardeoni
Abbiamo incontrato Serge Latouche, in agosto a Brentonico, al convegno della Rosa Bianca, e dopo il suo intervento sui "mercati globali" abbiamo avvertito la necessità di fare con lui una serie di riflessioni che avessero come punto di ricaduta ciò che ci sta più a cuore: " Quale futuro ci attende?"
NS. Cosa accadrà se non adeguiamo le tecniche pedagogiche alla necessità di erigere una diga contro il flusso estraniante della globalizzazione? Come porsi, preventivamente ai ripari da un superamento della relazione umana, decontestualizzata fino alle estreme conseguenze dalla telematica? Quale tipo di materialismo virtuale sta invadendo la mente sottraendo al cuore i suoi prodigi: i nostri sentimenti, le nostre emozioni?
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NS. Noi siamo deboli e debole è questa macchina, vuota di spirito, che sta andando a cozzare verso il vuoto esistenziale, ma quante vittime ci saranno sulla strada che stiamo percorrendo soprattutto per le debolezze che si stanno costruendo a partire dall'infanzia?
La massima debolezza consiste nell'essere attratti da tutto ciò che ci circonda senza sentire il fascino della nostra interiorità, del nostro silenzio senza solitudine.
Spesso anche i nostri rapporti apparentemente più spontanei sono mercificati dentro una sottaciuta regola di: do ut des.
Non è consolante l'idea che, chissà fra quanti anni, la macchina infernale andrà sicuramente a disfarsi.
Viviamo in un mondo di debolezza e i più deboli sono coloro che non sono consapevoli di esserlo.
Grazie all'intelligenza perversa di un marketing che non distingue il possibile dall'impossibile, oggi un bambino può essere influenzato e accattivato da un qualsiasi mito e anziché trattenerlo nella sfera della fantasia e utilizzarlo catarticamente, è spinto a "possederlo", nelle più svariate forme. Questi processi fissano il legame:
gratificazione = possesso e preparano, "per la vita", i giovani consumatori. Credo che sia utile attivare degli osservatori perché il fenomeno venga destrutturato alla base.
Ritieni anche tu che i pedagogisti debbano uscire finalmente dai loro polverosi soliloqui e avvertire gli "statisti" della evidente, quasi banale, indecenza programmata?
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NS. Quando, parecchi anni fa, partecipavo a concorsi, a mostre di pittura, quasi per gioco, tra di noi giovani pittori c'era solidarietà. Eravamo felici, allegri, niente affattoinvidiosi.
Poi i mercanti si sono messi in mezzo con le loro "rassicuranti" mediazioni e la critica d'arte ha fatto il resto.
Un certo mercato dell'arte ha distrutto con la sua spocchiosa e tracotante intelligenza interpretativa il disvelarsi leggero dei sentimenti sottili. Si sono creati altri generi artistici: quelli di campare sull'arte altrui.
Una certa arte sacra contemporanea, poi, è riuscita a combinare due incredibili "nonsense": l'indicibilità del contenuto e "il culto dell'immagine".
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NS. Il senso della vita, della morte, dell'esclusione, sono gli interrogativi che ci attendono al varco ogni qualvolta la nostra "normalità" viene destabilizzata da un dolore molto grande, da un lutto, da un "cataclisma" o da una guerra.
Allora, senza che nessuno ci diriga scatta la solidarietà, si spezzano gli steccati delle piccole appartenenze, dei piccoli egoismi. Retrocessi dal dolore in uno strato più profondo della nostra coscienza incontriamo un senso più chiaro dell'esistenza che si traduce, spontaneamente, in una più consapevole attenzione al bene collettivo, al bene di chi ci sta accanto.
Ecco che la solidarietà emerge come da una sorgente liberata dagli ostacoli, e induce, a volte, a gesti così belli e così incredibili che nessuna "codificazione della solidarietà" poteva prevedere.
Tutte le antinomie utilizzate per definire i rapporti di solidarietà, ricco - povero, colto - analfabeta, cittadino - suburbano, evidenziano la loro povertà pregiudiziale.
A quell'africano che ritiene impossibile tu possa vivere senza una religione sfugge un fatto sostanziale e cioè che tu abbia una vita spirituale, dei valori da portare avanti con fede, anche senza una paternità religiosa. Con questo pregiudizio abbiamo avallato i più mistificanti contrasti ideologici, mentre, sarebbe bene dirlo, una volta
per tutte : "la spiritualità è di tutti, la religione è di alcuni".
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NS. Non agire in conformità a tutto quello che abbiamo costruito di sbagliato fino ad ora è obbligatorio per liberare il futuro. Io credo che questo sia il compito della politica oggi: pensare non più ad auto finanziarsi, ad auto legittimarsi ma ad intervenire con competenza sulla complessità del degrado esistente e trovare soluzioni per una conversione ragionevole.
GLI EFFETTI CULTURALI DELLA MONDIALIZZAZIONE UNIVERSALISMO CANNIBALE E TERRORISMO IDENTITARIO
di Serge Latouche, Università di Parigi XI
CENTRO DI PSICOLOGIA E ANALISI TRANSAZIONALE
Milano, 9 aprile 1999
STRALCIO
L'imperialismo economico e l'imperialismo dell'economia, che caratterizzano la surmodernità, nella fase attuale, stanno distruggendo il pianeta. E possibile osservarlo attraverso le vicende quotidiane, se non si è afflitti dalla miopia degli "stalinisti" ultraliberali delle istituzioni di Bretton Woods, gli stessi che giocano agli apprendisti stregoni... Questo economicismo ha ridotto la cultura a folklore e l'ha relegata nei musei.
Liquidando le culture, la mondializzazione provoca l'emergenza delle "tribù", dei ripiegamenti, degli etnicismi, e non la coesistenza e il dialogo. Il montare della violenza mimetica sulla base della vittimizzazione di capri espiatori è il corollario dell'omogeneizzazione e dei falsi meticciati. Amplificati dai media, questi fenomeni hanno provocato una tale repulsione, senza dubbio legittima, che ne risulta esaltato un universalismo beatificato e tutto d'un pezzo, di essenza esclusivamente occidentale, con la ripetizione magica di slogan vuoti come la democrazia e i diritti del uomo.
Tuttavia, dopo quarant'anni di occidentalizzazione economica del mondo, è ingenuo e in malafede recriminare sui suoi effetti perversi. Ci si è cosi chiusi in un manicheismo sospetto e pericoloso: etnicismo o etnocentrismo, terrorismo identitario o universalismo cannibale.
Se i disastri dei ripiegamenti identitari e dell'etnicismo devono essere denunciati, non si deve buttar via il bambino con l'acqua sporca. I loro meccanismi devono essere analizzati, in particolare quello di una assolutizzazione di differenze identitarie da parte di imprenditori senza scrupoli dell'identità. Simmetricamente, l'etnocentrismo arrogante e di nuovo trionfante della buona coscienza occidentale deve a sua volta essere smontato. Bisogna denunciare l'illusione di una cultura planetaria che sarebbe il sottoprodotto della mondializzazione tecno-economica. Per quale miracolo il cattivo mondiale non sarebbe che il doppio deforme e caricaturale del buono universale? La realtà dell'erosione e della distruzione dei valori da parte della megamacchina tecno-economica globale non è, in qualche modo, la verità dell'universale, dacché questo universale è unicamente e esclusivamente occidentale e dacché il suo nocciolo duro altro non è se non l'economicizzazione/mercatizzazione del mondo?
Questo dibattito sull'etnocentrismo è tanto più attuale quanto più i problemi di diritto da dirimere fanno irruzione nella nostra quotidianità, dal "chador" islamico all'escissione, dal montare del razzismo alla ghettizzazione delle periferie. La decentralizzazione cognitiva e la collocazione etero-riflessiva sono indispensabile, sotto pena di perdere la conoscenza di sé, pericolo provocato dalla mondializzazione culturale.
Conclusioni
Siamo al centro di un triangolo i cui tre vertici sono: la sopravvivenza, la resistenza e la dissidenza. Non dobbiamo dimenticare né privilegiare nessuna di queste tre dimensioni.
Prima di tutto dobbiamo sopravvivere. E' ovvio, senza ciò nessuna resistenza ne' dissidenza sarebbe possibile.
Sopravvivere significa adattarsi al mondo nel quale viviamo.
Come dice Woody Allen: "Odio il mondo nel quale vivo, ma è l'unico luogo dove è possibile farsi servire una bistecca corretta ..."...
Sopravvivere significa adattarsi al mondo, ma non significa che dobbiamo approvarlo né aiutarlo a funzionare, al di là del necessario.
Dobbiamo accettare dei compromessi nell'azione concreta e quotidiana, ma senza accettare le compromissioni nel pensiero.
Già questa è una forma di resistenza.
La resistenza mentale all'impresa del "lavaggio del cervello" da parte dei media e il dominio devastatore del "pensiero unico".
Dunque dobbiamo resistere... se pensiamo che siamo imbarcati in una megamacchina che fila a gran velocità senza pilota e quindi condannata a fracassarsi contro un muro.
Resistere significa allora, tentare di frenare, tentare di cambiare la direzione se è ancora possibile.
"Come", in verità nessuno lo sa.
Dobbiamo anche pensare di poter lasciare il bolide e saltare al momento opportuno: è questa la dissidenza.
Nei tre casi, il territorio, e il senso del limite sono molto importanti perché il patrimonio locale è la base della sopravvivenza, della resistenza e della dissidenza, così come è la sorgente del senso del limite.
Se la razionalità è legata alla trilogia "ingegnere/industriale/imprenditore", e da qui alla "dismisura", il ragionevole è legato alla trilogia "ingegnoso, industrioso, intraprendente", ed anche al territorio e perciò alla "misura", al senso del limite.
Se a breve termine la strategia della sopravvivenza è la più importante, a termine medio, lo sarà la strategia della resistenza e, a lungo termine, quella della dissidenza.
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La tecnica e la banalità del male
di Serge Latouche
"Non c'è da escludere, scrive Hannah Arendt nel suo libro "Eichmann a Gerusalem", che, se Adolf Eichmann avesse potuto dire che non era lui che organizzava i treni per mandare gli ebrei verso i forni crematori, ma una batteria di computer, non gli avrebbe mai chiesto di rispondere delle sue azioni".
Di sicuro, la tecnica contribuisce alla banalità del male nell'età moderna.
Naturalmente, non sono gli attrezzi stessi che sono colpevoli. Un coltello può tagliare il pane e uccidere. Un Laser può guidare dei missili o salvare un occhio. Ma non è l'attrezzo una categoria pertinente. Gli utensili appaiono in seno ad una organizzazione sociale: un laboratorio, una fabbrica, una società... fino alla megamacchina.
La megamacchina moderna è una organizzazione particolare sarebbe eccessivo dire che non c'è più etica. C'è infatti spesso una etica, ma è un'etica di secondo grado, una "etica tecnica".
Un'etica che si rivolge ai mezzi e non ai fini è il perfezionismo, la ricerca dell'efficienza per l'efficienza.
Lo sviluppo del genio genetico con i semi transgenici è un bell'esempio del perfezionismo coniugato all'oblio dei fini.
Non c'è differenza tra la criminalità della scienza hitleriana o staliniana e quella della ricerca nei laboratori di Novartis e Monsanto.
Non si deve dimenticare che più di 6000 scienziati nazisti che lavoravano nei laboratori segreti con gli schiavi del Reich, sono stati recuperati dagli americani, dai sovietici, dagli inglesi e dai francesi: sono stati discolpati.
Brescia, 10 settembre 1999
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Per la morte dell’amico Cornelius Castoriadis
di Serge Latouche
STRALCIO
………..Come noi, Castoriadis faceva sua una società alternativa. Egli vedeva la soluzione all’impasse attuale nella creazione di una società autonoma con la riscoperta della democrazia diretta. In una delle sue ultime pubblicazioni (l’avanzata del non senso, dove s’incrocia il labirinto) egli ricordava tutto ciò che implicava questa trasformazione in termini che non potevano lasciare indifferenti gli amici di Francois Partant.
"Ciò che è necessario è una nuova creazione immaginaria di una importanza senza confronti nel passato, una creazione che ponga al centro della vita umana significati diversi dalla produzione e dal consumo, che possa proporre obiettivi riconoscibili da tutti noi come ciò per cui vale la pena di vivere.
Questa è la grande difficoltà che dobbiamo affrontare. Noi dovremmo volere una società nella quale i valori economici cessino di essere centrali (o unici), dove l’economia venga rimessa al suo posto giusto come semplice mezzo della vita umana e non fine ultimo. Una società in cui si rinunci pertanto a questa corsa folle verso un consumo sempre più diffuso. Tutto ciò non è solo necessario per evitare la distruzione definitiva dell’ambiente terrestre
ma anche e soprattutto per uscire dalla miseria psichica e morale che definisce l’umanità contemporanea". La sua intransigenza intellettuale non escludeva una grande capacità di ascolto, accresciuta senza dubbio dalla pratica del suo ultimo mestiere, quello dello psicanalista, ed una squisita gentilezza nelle relazione sociali. Colui che i suoi famigliari chiamavano "la corneille" e i suoi adepti semplicemente "Casto" ha conquistato l’immortalità così come la concepivano i suoi antenati greci : "Egli vive nella nostra memoria".
COSTITUZIONE E SCUOLA: DIRITTI E DOVERI
di Lino Palmeri
I "diritti":
- Il diritto al "rispetto della persona" di ogni essere umano, chiunque esso sia (art. 32); riconoscendo a tutti i cittadini e le cittadine "pari dignità" sociale, civile e giuridica, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali" (art. 3).
* Ciò significa, per quanto riguarda la scuola, attribuire tale diritto ad ogni insegnante, ogni alunno/studente, ogni operatore coinvolto nella vita della scuola, riconoscendo e rispettando le "diversità" come ricchezza da valorizzare, e quindi considerando tutti come persone da non emarginare, escludere, selezionare, ma da aiutare a crescere, ciascuno nella sua specificità (sessuale, culturale, religiosa). Anche fra le generazioni si impongono diversità nella definizione dell'identità civile: i diritti e i doveri non sono gli stessi per un adolescente, per un adulto o per un anziano (L. Irigarai, La democrazia comincia a due, Bollati Boringhieri, '94, p. 64) e, considerando il fatto che i giovani partecipano
sempre più precocemente alla vita sociale, è opportuno attribuire loro un'identità propria non discendente dalla legittimazione offerta dai genitori ad un'età più giovanile" (id., id., p. 178: relazione di R. Imbeni). Di conseguenza, "una maggiore età civile più precoce" esigerebbe che ai giovani venissero affidate "proprie responsabilità civili", cioè che la loro "identità civile" ricevesse un "reale contenuto" (id., id., p. 66).
- Il diritto di tutti (anche "gli inabili ed i minorati") ad essere sostenuti nel cammino verso "il pieno sviluppo della persona umana", attraverso la rimozione degli "ostacoli di ordine economico e sociale", che limitano di fatto "la libertà e l'uguaglianza dei cittadini" (art. 3 e 38).
* Questo vuol dire "diritto allo studio", e in questo trovano fondamento la "centralità dello studente" e la "centralità della scuola". "Certamente tra gli ostacoli più terribili (perché, più occulto ed occultato) che limitano la possibilità di partecipare alla vita nazionale e che sarebbe compito della Repubblica rimuovere sta e primeggia l'incapacità di controllare la comunicazione scritta, di accedere pienamente alle informazioni necessarie per vivere e, a volte, sopravvivere, dunque di costruirsi un adeguato corredo critico e una reale capacità di comprensione e
controllo di ciò che accade intorno. Senza alfabeto niente democrazia. Senza alfabeto solo sottosviluppo" (T. De Mauro, Idee per il governo. La scuola, Laterza, '95,.39).
E' necessario, allora, che la scuola tenga conto delle ineguaglianze delle condizioni di partenza e in genere delle condizioni personali, familiari, ambientali, economiche, sociali e culturali degli alunni, e disponga pertanto di mezzi idonei a compensare per quanto possibile le suddette ineguaglianze, in misura inversamente proporzionale alle risorse dell'utenza. (Almeno per le scuole che sorgono nelle zone a "rischio" e nelle situazioni ambientali più svantaggiate, devono essere studiati e adottati provvedimenti di vario genere, che possono andare dall'apertura della scuola agli alunni anche nel pomeriggio - con la disponibilità delle attrezzature didattico-educative e di personale responsabile, al limite anche volontario -, all'introduzione di procedure innovative sul piano didattico - organizzativo).
- Il "diritto al lavoro", di "tutti i cittadini", per garantire il quale la Repubblica "promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto" (art. 4), e "cura la formazione e l'elevazione professionale" (art. 35).
* Si rende perciò necessaria una solida formazione generale (che integri cultura e professionalità di base, concretezza e astrazione, scienza e tecnologia, rigore logico e creatività) ed una formazione specificamente professionale a vari livelli (al termine dell'obbligo scolastico, dopo la maturità e dopo la laurea), cui faccia seguito un costante aggiornamento. La "qualità" della scuola e della formazione professionale specifica condizionano infatti non solo la formazione umana e civile, ma anche le possibilità di accesso al lavoro.
- Il diritto a partecipare effettivamente "all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese", ad "associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale" (art. 3 e 49).
* In questa prospettiva, la scuola deve essere aperta al presente, al rapporto col territorio e con i problemi locali, nazionali, dell'Europa e del mondo, ricorrendo alla conoscenza del passato in vista di una migliore comprensione del presente, a cui lo studente non deve sentirsi estraneo per poter contribuire alla costruzione di un mondo più umano.
- Il diritto alla "libertà personale...inviolabile", alla libera manifestazione del proprio pensiero "con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione", al libero esercizio e al libero insegnamento dell'arte e della scienza (art. 13, 21 e 33).
* Ciò richiede che, entro ciascuna istituzione scolastica e nel concreto "fare scuola", vengano riconosciuti come esigenze fondanti la funzione pubblica della scuola stessa, il pluralismo culturale e una chiara distinzione tra formazione culturale, sociale, civile conformemente ai principi e ai valori costituzionali, e indottrinamento ideologico e/o proselitismo confessionale.
Resta inteso che la libertà del docente non deve attuarsi come arbitrio individuale, ma come capacità di dare liberamente il proprio contributo attraverso il lavoro collegiale, oltre che quello personale.
- Il diritto di "accedere agli uffici pubblici...in condizione di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge" (art. 51).
* Ciò esige, ancora, per quanto riguarda una scuola che intenda vedere riconosciuta una funzione pubblica, il diritto per tutti di accedere all'insegnamento attraverso forme di reclutamento degli insegnanti contrassegnati da criteri oggettivi di professionalità.
I "doveri":
- Il dovere per tutti i cittadini di "svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società" (art. 4).
* Sarà quindi necessario, nella scuola, rendere effettiva per gli alunni la possibilità di scegliere la propria strada, orientando gradualmente lo studente verso scelte scolastiche che non siano premature rispetto all'età dell'alunno, non siano di fatto irreversibili o quasi, e presuppongano, quindi, una struttura tendenzialmente unitaria e flessibile del sistema scolastico.
- Il dovere di tutelare "il paesaggio" e "il patrimonio storico e artistico", di collaborare alla "difesa della Patria" e insieme di ripudiare la guerra "come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" e di promuovere "le organizzazioni internazionali" rivolte a costituire "un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni" (art. 9, 11 e 52).
* Ne consegue che la scuola debba tener conto di questi orientamenti valoriali, il cui conseguimento è essenziale, oggi come non mai, per la sopravvivenza delle persone, dei popoli, dell'umanità. La consapevolezza dell'esigenza primaria di rispettare la persona umana in quanto tale nella diversità delle persone, di operare per il suo pieno sviluppo in rapporto a se stessi e agli altri, quindi di agire secondo il criterio di solidarietà verso i più deboli (e cioè verso quegli individui e quei popoli il cui pieno sviluppo sia maggiormente ostacolato da condizioni interneed esterne di qualsiasi genere), questa consapevolezza - in quanto investe il piano etico/culturale - rinvia ad un'azione formativa da realizzare prioritariamente nelle scuole pubbliche, in quanto da essa viene condizionata la vita economica, sociale e politica in un paese democratico.
Tutto ciò viene a costituire il carattere fondante della funzione pubblica della scuola, che è scuola per tutti e di tutti i cittadini, e - in quanto tale - minentemente "scuola di stato", costituzionalmente unica garante del diritto allo studio. Di conseguenza la scuola di stato deve essere sottratta alla logica e ai meccanismi del "mercato". La Repubblica "istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi" (art. 33), in rapporto al diritto personale che ogni individuo ha, fin dalla nascita, al suo pieno sviluppo, all'educazione e all'istruzione; diritto personale di ciascuno cui corrisponde il "dovere" (e altresì il "diritto") dei genitori che non ne siano palesemente incapaci, di "mantenere, istruire ed educare i figli", mentre in caso contrario "la legge provvede a che siano assolti i loro compiti" (art. 30). "Senza oneri per lo Stato", poi, la Costituzione riconosce ad "Enti e privati" il "diritto di istituire scuole ed istituti di educazione" (art. 33).
Nell'ambito del sistema scolastico nazionale, il modello di riferimento è costituito, dunque, dalla scuola statale, a cui anche la scuola non statale deve rapportarsi sia per ottenere - sulla base dei requisiti richiesti per legge - la "parità", sia per poter essere integrata entro il sistema di istruzione pubblica.
La richiesta e il conseguimento della "parità" delle "scuole non statali" con la "scuola di stato" implica ancora "diritti e obblighi": la "piena libertà" e "un "trattamento scolastico equipollente" per i loro alunni, nel rispetto delle "norme generali sull'istruzione" (nel caso specifico, ci si potrà riferire alla normativa sulle autonomie d'Istituto, oltre che a tutte le norme relative alla progressione negli studi, alla validità dei titoli di volta in volta conseguiti, alle verifiche nazionali), della coerenza con le finalità, gli obiettivi e le condizioni previste per la scuola di stato e il rispetto di requisiti oggettivamente definiti per la nomina dei docenti. (art. 33).
Nell'ambito delle scuole non statali, occorre distinguere:
- le scuole istituite e gestite da altri Enti pubblici, alle quali si estende naturalmente l'esercizio della "funzione pubblica" propria della scuola statale, una volta che sia verificata la loro idoneità ad integrare il compito specifico dello Stato, di garantire per tutti il "diritto allo studio" nel rispetto delle "norme generali dell'istruzione", degli indirizzi e degli standard nazionali;
- e le scuole istituite e gestite da persone o enti privati o religiosi, per le quali non è di per sé naturale l'attribuzione della "funzione pubblica", potendo esse - proprio in quanto scuole private liberamente istituite e gestite - perseguire finalità non coincidenti, per aspetti non secondari, con quelli inerenti alla funzione pubblica della scuola (per es., scuole legate a interessi commerciali, oppure condizionate dal riferimento esclusivo a specifici status sociali, o appartenenze etniche, politico-ideologiche, o matrici confessionali).
Non è comunque riferibile al diritto allo studio e al correlato esercizio della funzione pubblica della scuola, il principio di "sussidiarietà" in modo tale da assegnare prioritariamente all'ambito del "privato" il compito di soddisfare una funzione pubblica essenziale alla formazione di ciascun cittadino/a e dell'intera comunità, riservando paradossalmente allo Stato e agli altri Enti Pubblici locali e regionali una funzione integrativa e suppletiva rispetto all'iniziativa privata.
In linea generale vale per persone o Enti privati o religiosi la facoltà loro riconosciuta di istituire liberamente scuole "senza oneri per lo Stato" e, corrispettivamente, vale per chiunque goda del diritto allo studio la facoltà di scegliere la scuola che ritiene più idonea alla propria formazione, nell'ambito di quanto l'offerta mette a disposizione della cittadinanza.
In rapporto al diritto di ciascuno allo studio, possono essere previsti i provvedimenti che si riterranno più opportuni, in favore degli alunni appartenenti alle famiglie meno abbienti, tanto che frequentino scuole pubbliche, quanto scuole private paritarie.
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EDUCARE
di Nadia Scardeoni
C’è un’affermazione di TEILHARD DE CHARDIN che vorrei porre come premessa in questa breve riflessione sul fondamento dell’educare:
"Il peggior nemico che possa temere l’umanità non è una catastrofe che venga dal di fuori, non è né la fame né la peste, è invece quella malattia spirituale, la più terribile, perché il più direttamente umano dei flagelli, che è la perdita del gusto di vivere".
La mia esperienza di educatrice, a contatto dell’età dell’infanzia e dell’adolescenza, le stagioni della vita che più dovrebbero incarnare la gioia di vivere, è segnata da una forte inquietudine che qui voglio esprimere.
In questi anni ho colto sempre più frequentemente l’emergere di una situazione diffusa di "sofferenza" in queste età, cui non corrisponde, da parte della scuola, e non solo della scuola, la capacità di dare risposte adeguate sul piano educativo e formativo.
"Giustificati" dalle necessità di un modello esistenziale che, via via, ha emarginato la relazione umana alterandone i tempi e gli spazi vitali, stiamo sottraendo all’infanzia di oggi, i luoghi e i tempi del silenzio, dell’ascolto, del desiderio, dell’attesa, del sogno, della fantasia e offriamo in cambio, una tavola perennemente imbandita di surrogati e di protesi accattivanti, inesauribili proprio per la loro intima inidoneità ad essere costruttivi e gratificanti.
Quanti semi di questa incuria educativa hanno prodotto inerzia, fragilità, solitudine….. frutti del malessere e della devianza?
Io credo che solo un progetto pedagogico che sia già terapeutico possa oggi produrre un’inversione radicale di tendenza dentro il sistema educativo, un progetto che accolga finalità che non siano decapitate in un funzionalismo cieco e deprivante ma siano risposta sensibile ai bisogni reali della popolazione scolastica.
Dice Pascal:
" L’uomo non è che un giunco, il più debole della natura, ma è un giunco che pensa. Non è necessario che l’universo intero si armi per
distruggerlo, un vapore, una goccia d’acqua basta ad ucciderlo, ma anche quando l’universo lo distrugge egli è ancora più nobile di chi lo
uccide perché è consapevole di morire. L’universo non sa niente."
Questa immagine di immensa bellezza a me pare ci indichi, con una sintesi di vertiginosa trasparenza, la forma e il fondamento dell’educare.
La forma?
Di quanta tenerezza e cura ci dobbiamo attrezzare per tutelare il fragile "giunco" che anche una sola goccia di rugiada può annientare’
Il fondamento?
Quanta "intelligenza" per creare i percorsi e gli strumenti idonei a colmare di consapevolezza questa "fragilità", per renderle la dignità e la nobiltà di cui è capace?
ATTI DEL CONVEGNO: "Scuola e democrazia"
Firenze, 13 marzo 1994
INTERVISTA ALLA RETE
QUELLI DELLA RETE MOVIMENTO PER LA DEMOCRAZIA SONO PROGRAMMI FATTI "COL CUORE".
GLI STUDENTI LAVORANO A FIANCO CON GLI INSEGNANTI. EDUCARE "IN PERDITA"
IL PROGRAMMA ELETTORALE DELLA RETE RIENTRA IN UNA BEN PIU’ AMPIA ELABORAZIONE DELLA " UNITA’ DI LAVORO NAZIONALE", CUI A FIANCO DEGLI INSEGNANTI PARTECIPANO ANCHE GLI STUDENTI ( PERCHE’ UNA VERA RIFORMA NON PUO’ ESSERE GESTITA DALL’ALTO)
IL PROGETTO SCUOLA DELLA RETE
Difesa del diritto allo studio in una scuola laica e pluralista. Innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni e potenziamento della formazione professionale di primo e secondo livello. Revisione delle norme sulle autonomie di istituto da vedere più sul piano progettuale che sul piano aziendalistico-gestionale.
Così suona alla voce "scuola", il programma approvato all’unanimità dall’Assemblea nazionale della Rete.
Come ogni programma elettorale, può sembrare arido e conciso. Tutto il contrario di come suonano le parole con cui ce lo spiega Nadia Scardeoni Palumbo.
Vive a Verona, divide le sue energie tra i corsi di "creatività" per i bambini e un’intensa attività in qualità di Coordinatrice Nazionale della Rete per il settore educazione, un settore che a partire dall’estate scorsa è stato indicato come uno dei prioritari.
Il suo maestro è Carl Rogers di Libertà nell’apprendimento, che propone un apprendimento non "dal collo in su", ma un apprendimento basato sull’esperienza, capace di destare nell’allievo interessi vitali, coinvolgendolo sul piano affettivo e stimolando il fascino della ricerca e della scoperta.
Alla Rete infatti, di politica scolastica si parla partendo dalla pedagogia ( così come in genere , si arriva alla politica in base ad un’idea "pedagogica" dell’agire sociale)
La scuola che l’unità di lavoro del movimento vuole delineare è un processo formativo basato sull’accettazione incondizionata della persona, aperto ai valori di cui ciascuno è portatore.
"Le proposte programmatiche vengono di conseguenza" ci spiega Nadia Palumbo. "Il nostro movimento è nato in una fase di grave crisi morale, politica e istituzionale, con l’obiettivo primario di difendere e sviluppare la democrazia. I temi della scuola e della cultura sono il presupposto fondamentale per l’educazione e la crescita della società, per il risveglio della coscienza civile, per una rinnovata cultura della legalità’"
Cosa proponete per il diritto allo studio e per la laicità e il pluralismo nella scuola?
L’innalzamento dell’obbligo ai 16 anni, con un biennio unitario. Un massimo di venti alunni per classe, e sedici quando c’è un portatore di handicap: "perché ci possa essere un vero rapporto pedagogico".
La revisione dell’autonomia di istituto, in modo che si configuri più come autonomia organizzativa e didattica che come autonomia gestionale di tipo aziendalistico. Il quadro di riferimento deve restare nazionale, per evitare che l’autonomia finanziaria e amministrativa possa dare luogo a sperequazioni incolmabili.
La formazione professionale deve cominciare solo dopo il biennio ( primo livello) e dopo la maturità (secondo livello)
Abbandono, mortalità scolastica, individualismo, emarginazione, tossicodipendenza, caduta di riferimenti valoriali sono espressioni di un disagio.
Per batterlo è però necessario dare all’istituzione scolastica non solo il massimo delle risorse possibili, ma anche un’autorevolezza culturale che le permetta di rispondere in modo costruttivo al potere ambiguo dei messaggi multimediali, alla perdita dei valori di solidarietà e legalità.
Gli Insegnanti, questo è un punto nodale per la Rete, dovranno essere messi in grado di adempiere ai loro nuovi compiti e avere in ambito universitario una specifica formazione teorico-pratica di uno o due anni, dopo il diploma magistrale o la laurea, con funzione anche abilitante. E la scuola dovrebbe educare alla duttilità e alla autonomia del pensiero, in modo che gli studenti possano interpretare e governare i cambiamenti, "all’interno di un processo
globale di educazione permanente".
MIMMO SAMUELE
PASQUALE PALMERI
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Così ti insegno la creatività
"Voglio che i bambini disegnino le proprie emozioni"
Le sorprendenti lezioni di educazione all'immagine di Nadia Scardeoni Palumbo
"Fin dalle elementari è la televisione che modella la fantasia dei ragazzi tutto questo va ripulito per far riemergere il loro desiderio di libertà…"
"Immaginate di essere colmi di gioia: La gioia è dentro di voi in tutto il corpo, inonda il capo, il collo, le spalle, le braccia, scende nel petto, nella schiena, nelle gambe e nei piedi. Ogni parte del vostro corpo è permeata di gioia che si diffonde intorno a voi e voi la partecipate a tutti nella vostra aula e fuori di essa, nel mondo intero. L'universo è colmo di gioia"
Qualcuno ha indovinato? No, non si tratta di training autogeno. Questa e' una lezione di educazione all'immagine secondo Nadia Scardeoni. E' una lezione che dà risultati sorprendenti. Lo scopo di questa tecnica, o meglio, come la chiama Nadia, di queste "esperienze" è far rinascere nei bambini la creatività. E' falso - spiega - credere che i bambini siano tabula rasa. In realtà , fin dalle elementari, arrivano con un magazzino iconico assunto in modo
istintivo, assimilato dalla tv e dai giochi. Per rimettere in moto la loro creatività bisogna fare pulizia". Da qui nasce la tecnica, trovata per caso in un libretto
di una pedagogista americana, Stephanie Herzog, delle "esperienze".
"Per prima cosa - dice ancora la Palumbo - la classe va coinvolta: si deve spiegare che cosa si vuole fare. Il secondo passo è l'educazione al silenzio. Al bambino si insegna a rilassarsi, a guardarsi dentro, a riscoprire, cioè, la propria interiorità.
A questo punto c'e' la lettura dell' "Immagina che".
Testi che scatenano le energie interiori, il desiderio di libertà E, infine, al bambino si chiede di disegnare, o anche scrivere, quello che ha provato".
Naturalmente alle parole si possono sostituire suoni o musiche. "E' successo di tutto - ricorda - ragazzi che scrivono poesie, bambini che fanno composizioni splendide".
Ex insegnante delle medie, Nadia Palumbo, che ora organizza corsi di aggiornamento per l'Mce, ha affermato di essere stata spinta a questa ricerca dal desiderio di mettere quelle basi che lei avrebbe sempre voluto trovare.
"Non è solo una questione di creatività - afferma - ma anche di differenze". Il bambino "saturo", che ripete immagini standardizzate non sviluppa il senso artistico, il valore intrinseco dell'arte. E anche le tecniche, che si possono insegnare, hanno poco senso se il bambino non sa "cosa dire" con gli strumenti acquisiti".
"Uno dei miei maggiori problemi - continua - è convincere le insegnanti a non valutare con il metro del voto, del più bello o più brutto, il risultato E le "esperienze" hanno valore anche perché‚ fanno sentire il bambino libero dal piacere o meno alla maestra. Lo fanno sentire valutato per quello che tira fuori da dentro. Il risultato è, oltre tutto, anche un rafforzamento della sua sicurezza, la creazione di un ambiente favorevole e positivo che si proietta sull'intera esperienza scolastica".
L'unica cosa su cui può intervenire l'insegnante è la liberazione dalle immagini ripetitive che bloccano la creatività….
"Capisco che così sarebbe difficile insegnare la grammatica - conclude Nadia Scardeoni - anche se non sono certa che non si potrebbe trovare un modo. Ma visto che nell'arte ognuno può usare la propria "grammatica" è un'occasione da non lasciarsi sfuggire".
Quest'anno è appena terminato il secondo corso di aggiornamento. E le valutazioni delle insegnanti, che per capire hanno provato su loro stesse l'effetto delle "esperienze", sono state entusiastiche: "Per molte è una vera rivoluzione. Una rivelazione, quasi, una scoperta. Per me è un cammino da proseguire, ed estendere, chissà…. ad altri settori".
Simonetta Taccuso
Da: " la Cronaca", dicembre 1993
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